Vai al contenuto
Home » Articoli » Giurisdizione per ritardata assunzione – domanda risarcitoria – annullamento del provvedimento di assunzione – danno risarcibile

Giurisdizione per ritardata assunzione – domanda risarcitoria – annullamento del provvedimento di assunzione – danno risarcibile

    TAR NAPOLI, SEZ III – sentenza 18 ottobre 2018, n. 6098

    GIURISDIZIONE PER RITARDATA ASSUNZIONE – DOMANDA RISARCITORIA – ANNULLAMENTO DEL PROVVEDIMENTO DI ASSUNZIONE – DANNO RISARCIBILE

    Appartiene al G.A. la domanda risarcitoria per ritardata assunzione, qualora essa si ricolleghi all’annullamento del provvedimento che precludeva l’assunzione medesima. In questo caso, la domanda risarcitoria si atteggia a mero strumento di completamento di una tutela piena ed effettiva per la riparazione del danno subito a causa della ritardata o omessa assunzione, quale unico strumento a disposizione dell’interessato che avrebbe dovuto essere il legittimo vincitore della procedura, ma che non lo è stato in conseguenza di un vizio/errore commesso dall’amministrazione.

    A tal proposito, il danno risarcibile per equivalente non si identifica nella mancata erogazione della integrale retribuzione e della relativa contribuzione, non potendo non tenersi conto del fatto che, per il periodo di mancata assunzione, la parte ricorrente non ha dovuto impegnare le proprie energie nell’esclusivo interesse dell’amministrazione, ma ha potuto rivolgerle alla cura di ogni altro interesse, sia sul piano lavorativo che del perfezionamento culturale e professionale.

    Massima a cura del dott. Claudio Esposito e dell’Avv. Giovanna Sestile

    Pubblicato il 18/10/2018

    06098/2018 REG.PROV.COLL.

    00528/2013 REG.RIC.

    logo

    REPUBBLICA ITALIANA

    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

    Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

    (Sezione Terza)

    ha pronunciato la presente

    SENTENZA

    sul ricorso numero di registro generale 528 del 2013, proposto da:
    …, rappresentata e difesa dall’avvocato …, con domicilio eletto presso lo stesso in …, alla Via … e domicilio digitale: …;

    contro

    …, in persona del Presidente pro tempore della Giunta legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato …, con domicilio eletto con la stessa presso la sede dell’… in …, alla Via … e domicilio digitale: …;

    per la declaratoria

    del diritto della ricorrente al risarcimento del danno conseguente alla ritardata assunzione in servizio.

    Visti il ricorso e i relativi allegati;

    Visto l’atto di costituzione in giudizio della …;

    Viste le produzioni delle parti;

    Visti tutti gli atti della causa;

    Relatore per l’udienza pubblica del giorno 17 luglio 2018 il dott. Giuseppe Esposito e uditi per le parti gli avvocati … e … per delega dell’avvocato …;

    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

    FATTO

    1. – Con atto di citazione notificato il 15/4/2010, la … conveniva in giudizio la … innanzi al Tribunale Civile di Napoli, reclamando nei suoi confronti il risarcimento del danno per le esposte vicende (che appresso si riepilogheranno) concernenti la sua ritardata assunzione nei ruoli regionali.

    In particolare, veniva chiesto di accertare la responsabilità della … per l’illegittima esclusione dal concorso riservato ex L.R. n. 32 del 1984 e la mancata assunzione a far data dall’1/9/1986, con condanna …:

    – al risarcimento pari alle retribuzioni che sarebbero state percepite (per il periodo tra l’inquadramento ai fini giuridici e l’effettiva immissione in servizio, dall’1/9/1986 al 1/6/1998, oppure in subordine a decorrere dalla pubblicazione in data 5/6/1992 della sentenza del TAR di cui si dirà, fino all’immissione in servizio), con ogni accessorio di legge, rivalutazione e interessi;

    – in ogni caso, al pagamento del danno conseguente alla mancata progressione di carriera e al mancato raggiungimento dell’anzianità di servizio, in misura non inferiore a € 50.000,00 o alla diversa somma equitativamente stabilita, oltre rivalutazione monetaria ed interessi.

    Il giudizio civile si concludeva con la sentenza n. 281 del 22/10/2012 della X Sezione del Tribunale di Napoli, che ha declinato la propria giurisdizione in applicazione dell’art. 69, comma 7, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165.

    1.1. Con il presente ricorso in riassunzione (notificato a mezzo del servizio postale in data 22/1/2013, pervenuto alla … il 24/1/2013 e depositato l’1/2/2013), la … ha riproposto in questa sede l’azione promossa innanzi al giudice civile.

    1.2. La … si costituiva in giudizio il 21/3/2013 per resistere alla pretesa.

    2. – Le parti depositavano scritti difensivi per l’udienza pubblica del 5 aprile 2016 all’esito della quale, con ordinanza collegiale del 7/4/2016 n. 1743, è stato formulato alle parti l’avviso, ex art. 73, terzo comma, c.p.a., sul ravvisabile profilo di inammissibilità della domanda per la decadenza stabilita dall’art. 69, comma 7, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165.

    La ricorrente produceva memoria in data 18/4/2016.

    2.1. Con ordinanza collegiale del 24/5/2016 n. 2655 è stata sollevata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 69, comma 7, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, per le motivazioni in essa contenute (“nella parte in cui non consente di proporre al G.O. senza incorrere in decadenza, dopo il 15/9/2000, l’azione relativa a fatti connessi al rapporto di impiego anteriori al 30/6/1998, in relazione all’art. 117, primo comma, della Costituzione”), disponendo per l’effetto la sospensione del giudizio.

    2.2. La questione è stata dichiarata inammissibile dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 6 del 2018.

    3. – La ricorrente ha chiesto la fissazione dell’udienza di discussione per la prosecuzione del giudizio con istanza depositata il 13/4/2018.

    Fissata la nuova udienza per la discussione, le parti hanno prodotto memorie.

    All’udienza pubblica del 17 luglio 2018 la causa è stata assegnata in decisione.

    DIRITTO

    1. – Giova innanzitutto riepilogare i fatti dell’articolata vicenda contenziosa.

    1.1. La ricorrente, a partire dal 5/12/1980, aveva prestato servizio in qualità di docente nei corsi di formazione professionale gestiti dall’… di …, la quale le comunicava il licenziamento il 21/10/1982.

    Successivamente era promulgata la L.R. 9 luglio 1984, n. 32, prevedente “l’istituzione del ruolo regionale della formazione professionale con l’inserimento in esso di tutto il personale in servizio presso i centri di formazione professionale ed in quanto titolare di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato già maturato alla data del 29.9.1981” (art. 1).

    La … chiedeva quindi di essere inquadrata nel suddetto ruolo regionale e di partecipare al concorso per titoli ed esami, da cui veniva esclusa con D.G.R. n. 3580 del 24/4/1985, su proposta della Commissione giudicatrice, per assenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con il Centro di formazione professionale alla data del 29/9/1981 e non essendo in servizio alla data di entrata in vigore della legge regionale (cfr. la nota dell’Assessore regionale prot. n. 5532/50 del 5/7/1985, nella produzione della ricorrente nel giudizio civile).

    1.2. Il Pretore di … in funzione di Giudice del lavoro, con sentenza n. 42/89 del 24/2/1989, dichiarava illegittimo il licenziamento operato dall’… di …, “con il conseguente obbligo dell’ente medesimo di mantenere la ricorrente nel ruolo della formazione professionale”.

    1.3. Nel frattempo, la … aveva impugnato l’esclusione dal concorso innanzi a questo TAR che, con sentenza della Sez. IV n. 65 del 5/6/1992, sussistendo il rapporto di lavoro a tempo indeterminato con l’… (come accertato dal Pretore di …), statuiva che la ricorrente aveva titolo per essere ammessa al concorso.

    La sentenza è stata confermata dal Consiglio di Stato che, con decisione della Sez. IV n. 150/96 del 13/2/1996, ha sottolineato “la correttezza della conclusione alla quale il primo giudice è già pervenuto sulla base del contenuto e dell’efficacia della sentenza pretorile”, considerando che quest’ultima “ha riconosciuto alla … il diritto di mantenere senza soluzione di continuità il rapporto di lavoro a tempo indeterminato intercorso con l’… e, quindi, a permanere nel ruolo della formazione professionale al fine del passaggio alle dipendenze della …”, per cui conseguentemente “detto rapporto di lavoro doveva considerarsi sussistente, come richiesto dalla L.R. n. 32 del 1984, sia alla data del 29 settembre 1981 che alla data del 17 luglio 1984”.

    1.4. Sancito quindi il diritto all’inquadramento nei ruoli regionali, con delibera di G.R. n. 2893 del 20/5/1998 era disposto l’inquadramento nei ruoli regionali della ricorrente, ai fini giuridici dall’1/9/1986 e gli effetti economici dalla data di effettivo espletamento delle mansioni (l’1/6/1998 assumeva servizio presso il Servizio Tecnico Amministrativo provinciale di …).

    La suddetta deliberazione veniva impugnata con ricorso R.G. 9355/98, respinto con sentenza della Sez. IV di questo Tribunale n. 2061 del 6/3/2003 (confermata dal Consiglio di Stato con decisione della Sez. V n. 1752 del 23/3/2009), sconfessando la pretesa della ricorrente ad ottenere la retrodatazione dell’immissione in ruolo dall’instaurazione del rapporto a tempo indeterminato con l’… e considerando che la domanda di retrodatazione agli effetti economici configura un’azione di responsabilità per danni, da proporre al Giudice fornito di giurisdizione.

    Come detto, la ricorrente proponeva dunque il giudizio civile e ne effettuava la riassunzione a questo TAR, finché veniva sollevata la questione di legittimità costituzionale dichiarata inammissibile con la sentenza C. Cost. n. 6 del 2018.

    2. – Tanto riepilogato, si può quindi passare all’esame della domanda.

    2.1. È preliminare l’indagine sull’applicabilità alla fattispecie in esame dell’art. 69, settimo comma, del d.lgs. n. 165 del 2001 (già art. 45, comma 18, del d.lgs. n. 80 del 1998).

    2.1.1. Con l’ordinanza di rimessione alla Corte Costituzionale, questa Sezione ha già valutato che l’azione proposta appartiene alla giurisdizione amministrativa, inerendo non occasionalmente al rapporto di pubblico impiego e, trattandosi di fatti anteriori al 30/6/1998, ricade nell’ambito di applicazione della disposizione appena richiamata (pagg. 4 ss. dell’ordinanza n. 2655 del 24/5/2016); il che conduce a dover ritenere l’azione irricevibile per decadenza, essendo stata proposta oltre il termine del 15/9/2000, anche a tener conto della conservazione degli effetti processuali della domanda originariamente rivolta al G.O. con l’atto di citazione del 15/4/2010 (pag. 7).

    Invero, nella specie il fatto generatore della responsabilità è individuabile nel momento in cui è avvenuta l’assunzione (1/6/1998), secondo una ricostruzione avallata dalla giurisprudenza, anche di recente, in tema di danni per ritardata assunzione (cfr. Cass., SS.UU., 4/4/2017 n. 8687: “il petitum sostanziale è rappresentato nella fattispecie dalla richiesta di risarcimento del danno patrimoniale per ritardata assunzione, danno costituito dalle retribuzioni che il B. avrebbe percepito, detratto l’aliunde perceptum, se fosse stato tempestivamente assunto sin dalla data del 15.2.1989 prevista dalla procedura concorsuale. Quindi, posto che la lesione del diritto azionato in giudizio si è consumata attraverso la tardiva assunzione del 28.4.2006, il cui contratto prevedeva la decorrenza degli effetti economici solo da 2.5.2006, è a tale atto e a tale data che occorre far riferimento per l’individuazione della giurisdizione, considerato il discrimine temporale dell’1.7.1998 D.Lgs. n. 165 del 2001, ex art. 69, comma 7, e stante la lesione di un diritto soggettivo di contenuto patrimoniale, perpetrata tramite un provvedimento sostanzialmente elusivo del giudicato amministrativo”).

    2.1.2. È, tuttavia, riscontrabile il diverso orientamento della giurisprudenza amministrativa, che ha statuito che appartiene al G.A. la domanda risarcitoria per ritardata assunzione, qualora essa si ricolleghi all’annullamento del provvedimento che precludeva l’assunzione (come nel caso in esame, per effetto della sentenza n. 65 del 1992 sull’esclusione dal concorso riservato; cfr. Cons. Stato, sez. V, 26/4/2017 n. 1930: “la domanda di cui si discute non riguarda affatto una pretesa patrimoniale connessa ad un rapporto di pubblico impiego privatizzato, così rientrante nella potestas iudicandi del giudice ordinario, quanto piuttosto il risarcimento del danno che l’interessato deduce di aver subito dalla accertata (con sentenza passata in giudicato) illegittimità della graduatoria del concorso pubblico indetto nel 1992 dall’amministrazione comunale di … per un posto di operaio manutentore riservato agli invalidi civili. La domanda risarcitoria, indipendentemente da ogni giudizio sulla sua fondatezza, si atteggia pertanto a mero strumento di completamento della tutela nell’ottica di effettività della tutela, quale unico strumento a disposizione dell’interessato, che avrebbe dovuto essere il legittimo vincitore della procedura e che non lo è stato per un vizio/errore dell’amministrazione, per la riparazione del danno subito a causa della ritardata o omessa assunzione. In tale prospettiva ad avviso della Sezione la domanda de qua appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo, stante l’evidente logico – giuridico con la domanda di annullamento, peraltro già accolta”).

    2.2. L’esistenza dei diversi orientamenti passati in rassegna induce il Collegio a ritenere sussistenti i presupposti per la concessione dell’errore scusabile, come peraltro espressamente riconosciuto con la sentenza della Corte Costituzionale n. 6 del 2018 (punto 20.3, in fine).

    2.3. Nel merito, la domanda è parzialmente fondata, nei seguenti termini.

    2.3.1. La pretesa ad ottenere il risarcimento del danno dall’1/9/1986 non può essere accolta.

    Difatti, sino alla sentenza di questo Tribunale n. 65 del 1992 non è chiaramente rinvenibile il presupposto dell’imputabilità dell’evento dannoso alla …, la quale aveva escluso la ricorrente dalla partecipazione al concorso riservato sulla base di un dato (assenza di rapporto di lavoro con l’…), che era a quel momento sussistente.

    2.3.2. Diversamente, è imputabile alla … il danno da ritardata assunzione, a partire dalla pubblicazione della suindicata sentenza n. 65 in data 5/6/1992, con la quale veniva annullata (relativamente alla posizione della ricorrente) la delibera regionale recante la sua esclusione dal concorso ed affermato che la … aveva titolo ad esservi ammessa (pag. 6).

    La sentenza, confermata dal Consiglio di Stato con la decisione n. 150/96 e la cui esecutività non risulta sospesa, comportava l’obbligo per la Regione di provvedere all’assunzione della ricorrente, in ossequio al principio per cui i provvedimenti giurisdizionali hanno efficacia esecutiva e pongono a carico del destinatario dell’ordine del Giudice (correlato alla pronuncia di annullamento) il preciso obbligo di conformarsi a quanto deciso.

    2.4. Pertanto, a far data dal 5/6/1992 e sino all’assunzione avvenuta l’1/6/1998, compete alla …, a titolo di risarcimento del danno, una quota percentuale dei ratei stipendiali che avrebbe potuto percepire e che non ha riscosso a causa dell’inadempimento colpevole della Regione.

    A tal proposito, è consolidata la regola per cui il risarcimento del danno non può corrispondere all’integrale importo delle retribuzioni (cfr. per tutte, di recente, la sentenza della Sez. V di questo TAR dell’1/3/2018 n. 1348: “La giurisprudenza amministrativa ha da tempo chiarito che nelle ipotesi di omessa o ritardata assunzione, il danno risarcibile per equivalente non si identifica nella mancata erogazione della integrale retribuzione e della relativa contribuzione, non potendo non tenersi conto del fatto che per il periodo di mancata assunzione la parte ricorrente non ha dovuto impegnare le proprie energie nell’esclusivo interesse dell’amministrazione, ma ha potuto rivolgerle alla cura di ogni altro interesse, sia sul piano lavorativo che del perfezionamento culturale e professionale (Consiglio di Stato, Sez. IV, 11 novembre 2010, n. 8020; Sez. VI^, 29 ottobre 2008 n. 5413; Sez. V, 25 luglio 2006 n. 4645)”).

    Circa la misura del danno spettante, reputa il Collegio di dover tener conto dei seguenti elementi:

    a) la circostanza addotta dalla ricorrente (non contraddetta) di non aver prestato attività lavorativa nel periodo considerato;

    b) la mancanza di ulteriori indicazioni sull’effettivo pregiudizio economico, ovverossia di non aver proficuamente impiegato il tempo in altre occupazioni e di aver subito un danno concretamente misurabile, per l’impossibilità di ricevere gli emolumenti;

    c) la difficoltà, derivante dal notevole lasso di tempo intercorso, di poter accertare l’effettiva incidenza negativa della mancata percezione delle retribuzioni nella sfera economica della ricorrente.

    Nel concorso di detti elementi, il Tribunale ritiene equo stimare l’entità del danno nella percentuale del 25% (venticinque per cento) delle retribuzioni che sarebbero spettate alla ricorrente per il periodo compreso tra il 5/6/1992 e l’1/6/1998.

    Le somme per il periodo dal 5/6/1992 al 31/12/1994 dovranno essere maggiorate degli interessi legali e della rivalutazione monetaria, sino alla data di pubblicazione della presente sentenza.

    Infatti, per gli emolumenti stipendiali maturati in epoca anteriore al 31 dicembre 1994, conformemente alle statuizioni della decisione dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato del 15 giugno 1998 n. 3, gli interessi e la rivalutazione sui crediti maturati possono essere cumulati, ma vanno computati separatamente sulla sorte capitale secondo i seguenti criteri:

    – gli interessi legali sono dovuti sugli importi nominali dei singoli ratei, dalla data di maturazione fino al soddisfo secondo i tassi in vigore alle relative scadenze; detti interessi non possono produrre ulteriori interessi, stante il divieto di anatocismo di cui all’art. 1283 c.c., e non sono soggetti a rivalutazione, non facendo parte della sorte capitale;

    – anche la rivalutazione monetaria deve essere calcolata sull’importo nominale dei singoli ratei; sulle somme dovute a titolo di rivalutazione non spettano né gli interessi né la rivalutazione ulteriore.

    Le somme per il periodo successivo al 31/12/1994 e fino all’1/6/1998 dovranno essere incrementate, sino alla pubblicazione della presente sentenza, dei soli interessi legali, stante il divieto di cumulo tra rivalutazione ed interessi, introdotto, in materia retributiva, dall’art. 22, comma 36, della legge 23 dicembre 1994 n. 724 (potendosi riconoscere la rivalutazione monetaria unicamente se superiore alla somma dovuta per interessi e con esclusione, in questo caso, della spettanza di questi ultimi).

    Dalla pubblicazione della presente sentenza e sino al soddisfo competono gli interessi al tasso legale sulla somma complessivamente dovuta.

    Alla ricorrente deve essere, altresì, riconosciuto il diritto alla regolarizzazione della posizione contributiva e previdenziale, ovviamente nei limiti delle somme retributive spettanti

    2.5. Nessun ulteriore danno va riconosciuto alla ricorrente e, in particolare, deve essere disattesa la pretesa ad ottenere il risarcimento per la mancata progressione in carriera e il mancato raggiungimento dell’anzianità di servizio (in misura non inferiore a € 50,000,00 o in diversa misura: cfr. pag. 16 del ricorso), poiché la determinazione del danno nei suesposti termini è comprensiva di ogni spettanza a tale titolo ed è, peraltro, sfornita di specifica prova la richiesta relativa a questa ulteriore voce di danno.

    3. – Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso va dunque accolto in parte, nei termini di cui in motivazione, con condanna della … a corrispondere il risarcimento del danno con gli accessori, provvedendo altresì alla regolarizzazione della posizione contributiva e previdenziale, nella misura di cui al precedente punto 2.4.

    In ragione dell’accoglimento parziale, sussistono valide ragioni per disporre l’integrale compensazione delle spese di giudizio, ponendo a carico della Regione il rimborso in favore della ricorrente del contributo unificato.

    P.Q.M.

    Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte, nei sensi e termini di cui in motivazione.

    Compensa interamente tra le parti gli onorari e le spese di giudizio, ponendo a carico della Regione, in persona del legale rappresentante pro tempore, il rimborso in favore della ricorrente del contributo unificato.

    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

    Così deciso in Napoli nelle camere di consiglio del 17 luglio e del 18 settembre 2018 con l’intervento dei magistrati:

    Fabio Donadono, Presidente

    Francesco Guarracino, Consigliere

    Giuseppe Esposito, Consigliere, Estensore

         
         
    L’ESTENSORE   IL PRESIDENTE
    Giuseppe Esposito   Fabio Donadono
         
         
         
         
         

    IL SEGRETARIO

    Condividi su