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IMPIANTO DISTRIBUZIONE CARBURANTI E PIANO PARTICOLAREGGIATO

    TAR CAMPANIA, NAPOLI, SEZ. III – sentenza 12 ottobre 2016, n. 4681

    Impianto distribuzione carburanti e piano particolareggiato

    Ai sensi degli artt. 16 e 17 della Legge urbanistica n. 1150 del 1942, la decadenza del piano particolareggiato comporta che lo stesso non può più essere portato ad esecuzione per la parte in cui è rimasto inattuato, non potendosi pertanto più eseguirsi gli espropri, preordinati alla realizzazione delle opere pubbliche e delle opere di urbanizzazione primaria, né potendosi procedere all’edificazione residenziale; rimangono tuttavia ferme le prescrizioni previste nello stesso contenute, destinate ad essere applicate a tempo indeterminato anche in presenza di un piano urbanistico generale


    N. 04681/2016 REG.PROV.COLL.

    N. 02620/2015 REG.RIC.

    REPUBBLICA ITALIANA

    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

    Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

    (Sezione Terza)

    ha pronunciato la presente

    SENTENZA

    sul ricorso numero di registro generale 2620 del 2015, proposto da:
    D. e P. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, …, con sede legale in … (NA), rappresentati e difesi dagli avvocati … e …, con domicilio eletto presso quest’ultimo, in Napoli, via … n. ….;

    contro

    Comune di …, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato …, con domicilio eletto in Napoli, viale … presso lo studio dell’avv. …;

    per l’annullamento:

    del provvedimento del SUAP del Comune di … n…. del 25 marzo 2015 avente ad oggetto la domanda di autorizzazione per la realizzazione di un impianto di distribuzione carburanti

    per l’accertamento:

    dell’illegittimità del silenzio serbato sulle domande di voltura avanzate dalla P s.r.l. e della fondatezza della medesima istanza

    nonché per la condanna:

    del comune di … alla corresponsione dell’indennizzo, ai sensi dell’art. 2-bis, comma 1bis, L. n. 241 del 1990 e del risarcimento del danno da ritardo, ai sensi dell’art. 2-bis, comma 1, L. n. 241 del 1990.

    Visti il ricorso e i relativi allegati;

    Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di …;

    Viste le memorie difensive;

    Visti tutti gli atti della causa;

    Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 luglio 2016 il dott. Gianmario Palliggiano e uditi per le parti l’avv. … e l’avv. … per delega di …;

    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

    FATTO

    1.- Il ricorrente, S., aveva presentato al Comune di .. istanza prot. n. … del 4 febbraio 2013, per realizzare un impianto di distribuzione carburanti al Corso …, su area di proprietà, in Catasto al foglio …, p.11e …, … e ….

    Il progetto, all’epoca della presentazione, era coerente con le previsioni del Piano urbanistico comunale (PUC), adottato con delibera del Commissario Straordinario n. 9 del 12 aprile 2012.

    L’amministrazione comunale, con nota prot. n. … del 18 dicembre 2013, provvedeva alla liquidazione degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione a seguito dell’implicito rilascio del permesso di costruire che riportava l’identificativo di protocollo n. …./…./2013.

    Il ricorrente fa inoltre presente che, già nel 2001, il suo dante causa aveva ottenuto parere positivo per realizzare un consimile impianto sulla medesima area, come attestato dalla nota prot. n. 39050 del 2001, con la quale era appunto comunicato il parere favorevole della commissione edilizia comunale, di cui al verbale n. 55 del 10 settembre 2001.

    In base ad un contratto di comodato a titolo oneroso, S. cedeva alla società P. r.l., specializzata nel settore della commercializzazione dei prodotti petroliferi, l’uso del suolo destinato alla realizzazione dell’impianto di distribuzione di carburanti, di cui al menzionato permesso di costruire 134/A/2013.

    2.- In virtù di quanto sopra, con istanza assunta al protocollo dell’amministrazione comunale in data 20 maggio 2014, reiterata con sollecito dell’8 ottobre 2014, P s.r.l. chiedeva la voltura in proprio favore, ai sensi dell’art. 11 d.p.r. n. 380 del 2001, del permesso di costruire n. …/A/2013, di cui sopra. La medesima richiesta di voltura in favore di P. era formulata anche da S., con istanza assunta al protocollo dell’ente del 18 giugno 2014, reiterata con sollecito del 9 gennaio 2015.

    Sennonché, il Comune di …, con nota prot. n. … del 27 febbraio 2015, comunicava a S., ai sensi dell’art. 10-bis L. n. 241 del 1990, i motivi ostativi all’accoglimento della domanda concernente la realizzazione e l’esercizio dell’impianto di distribuzione di carburanti in … al Corso ….

    A fondamento del preannunciato diniego, il comune deduceva la sussistenza di motivi di incompatibilità urbanistica, posto che il progetto si poneva in contrasto con le previsioni di Piano regolatore generale (PRG) “…perché parte delle opere ricadono su suolo vincolato per viabilità di progetto”.

    S.  riscontrava la nota con memoria del 12 marzo 2015, alla quale il comune rispondeva con provvedimento di diniego, prot. n. 11073 del 25 marzo 2014.

    3.- S.  e P. s.r.l. con l’odierno ricorso, notificato il 14 maggio 2015 e depositato il successivo 20, hanno impugnato tale diniego, ai fini del suo annullamento.

    Oltre alla domanda di annullamento, i ricorrenti hanno chiesto anche l’accertamento dell’illegittimità del silenzio serbato dal comune di … sulle domande di voltura dagli stessi avanzate e sollecitate nonché della loro fondatezza nel merito; hanno infine formulato richiesta di condanna dell’amministrazione comunale alla corresponsione del risarcimento del danno ingiusto e dell’indennizzo da ritardo, ai sensi dell’art. 2-bis, commi 1 e 1-bis, L. n. 241 del 1990.

    4.- Resiste in giudizio il comune di … che, con memoria depositata l’8 giugno 2015, ha chiesto il rigetto del ricorso.

    Alla camera di consiglio dell’11 giugno 2015, i ricorrenti hanno rinunciato alla richiesta di provvedimento cautelare urgente. In data 13 gennaio 2016, hanno quindi depositato perizia tecnica giurata.

    Le parti hanno scambiato memorie, in vista dell’udienza pubblica del 23 febbraio 2016, data nella quale la causa è stata rinviata all’udienza pubblica del 5 luglio 2016, per essere quindi trattenuta per la decisione.

    DIRITTO

    1.- Parte ricorrente deduce ai fini dell’annullamento del diniego impugnato le censure di seguito esposte:

    1) Violazione degli articoli 1, 2 e 21-nonies L. n. 241 del 1990; eccesso di potere; violazione del giusto procedimento, abnormità.

    All’atto della comunicazione dei motivi ostativi, l’amministrazione, nel definire positivamente la richiesta di permesso di costruire n. 134/A/13, come si evince dalla comunicazione di determinazione del costo di costruzione e degli oneri di urbanizzazione, avrebbe già consumato l’esercizio del proprio potere, con la sola possibilità di adottare, se del caso, un provvedimento di secondo grado, in autotutela.

    2) Violazione dell’art. 97 Cost., violazione d. lgs. n. 32 del 1998, violazione dell’art. 9 Legge reg. Campania n. 6 del 2006; eccesso di potere per sviamento, inesistenza dei presupposti e carenza di potere.

    La domanda presentata dal ricorrente S. era provvista della documentazione necessaria, tale da realizzare l’ipotesi del silenzio-assenso, ai sensi dell’art. 9, comma 4, della menzionata legge regionale n. 6 del 2006, rafforzato con l’acquisizione dei pareri positivi.

    Ne consegue, come chiarito col primo motivo di censura, che l’amministrazione avrebbe consumato il potere di decisione sulla domanda della ricorrente, salva la possibilità di intervenire con poteri di autotutela, laddove sussistessero i presupposti.

    3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 9 d.p.r. 380 del 2001; violazione L. n. 1150 del 1942; violazione d.p.r. 380 del 2001; violazione d. lgs. 32 del 1998; violazione Legge regionale Campania n. 6 del 2006 e n. 8 del 2013; difetto d’istruttoria e di motivazione; eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà, inesistenza dei presupposti.

    2.- A fondamento del diniego impugnato, l’amministrazione resistente lamenta il contrasto dell’impianto progettato con le previsioni del PRG del comune, atteso che “…le opere ricadono su suolo vincolato per viabilità di progetto”.

    L’amministrazione sostiene che l’intervento contrasterebbe con le vigenti disposizioni urbanistiche e, pertanto, non potrebbe più essere assentito. Ed invero, per effetto della decadenza delle previsioni del PUC dovrebbe rivivere il precedente PRG che aveva classificato l’area controversa come zona F1, con vincolo di destinazione a strada di progetto. Da ciò derivano due rilevanti effetti:

    – il primo che, nella specie, non si sarebbe formato alcun titolo di assenso per silenzio, istituto che presuppone la conformità urbanistica, non sussistente nel caso specifico;

    – il secondo, che il Comune legittimamente avrebbe negato l’autorizzazione ad installare l’impianto di rifornimento carburanti, come conseguenza dell’insanabile contrasto con le previsioni del PRG che sull’area ha istituito il vincolo di viabilità di progetto, il quale continuerebbero ad operare anche laddove si intendesse qualificarlo di natura espropriativa e non conformativa.

    Nell’affermare ciò, l’amministrazione comunale fa leva sull’art. 17 Legge regionale Campania n. 8 del 30 luglio 2013, secondo cui “gli impianti di distribuzione carburati sono autorizzati… nelle zone omogenee previste sdagli strumenti urbanistici, ad eccezione delle zone A”.

    Il punto sarebbe decisivo perché, alla scadenza del vincolo espropriativo (dopo cinque anni), l’area, sebbene non rientri nella zona A, andrebbe comunque configurata come zona c.d. bianca, in quanto tale non equiparabile ad una zona omogenea, perché priva di regolamentazione o destinazione urbanistica; nella fattispecie in esame, dunque, non ricorrerebbero le condizioni previste dal menzionato art. 17 Legge regionale 8 del 2013 (ubicazione nelle zone omogenee previste dagli strumenti urbanistici) per l’installazione dell’impianto distribuzione carburanti in discussione.

    3.- In senso opposto, i ricorrenti, già in sede di contraddittorio procedimentale, avevano rilevato la decadenza, per decorso del quinquennio, del vincolo di viabilità, posta la natura espropriativa e non conformativa dello stesso. Su questa constatazione, sostengono ora con l’odierno ricorso, in particolare, che:

    – la previsione della strada di piano non potrebbe più applicarsi, perché, risolvendosi in un vincolo preordinato all’esproprio, risulterebbe decaduto per decorso del quinquennio senza che sia stato apposto nuovamente dall’amministrazione comunale; quest’ultima, al contrario, lo ha definitivamente espunto in sede di piano particolareggiato (PP) per le Zone “C”, approvato in esecuzione del PRG con delibera consiliare di n. 4 del 18 marzo 1988, reso esecutivo dalla deliberazione della Commissione Straordinaria n. 136 del 17 ottobre 1989, pubblicato sul BURC n. 60 del 12 dicembre 1994 e, pertanto, in vigore sino al 12 dicembre 2004; ricorda altresì parte ricorrente che, anche in sede di adozione del successivo PUC, in seguito decaduto per mancata sua approvazione, la previsione di vincolo non era comunque più presente;

    – benché decaduto, il PP determinerebbe per gli aspetti di contenuto non espropriativo, l’indirizzo di sviluppo urbanistico della zona, in virtù del principio di ultrattività;

    – il d. lgs. 32 del 1998 che disciplina, in un’ottica di liberalizzazione, la realizzazione degli impianti di distribuzione di carburante impedisce la loro localizzazione esclusivamente per le aree insistenti nella zona A del PRG.

    4.- Illustrate in sintesi le posizioni delle parti sullo specifico aspetto controverso, può passarsi all’esame dei motivi di ricorso, i quali possono ricevere trattazione congiunta, in considerazione delle ragioni di connessione tra gli stessi presenti ed anche alla luce delle controdeduzioni dell’amministrazione comunale.

    La domanda impugnatoria per l’annullamento del diniego appare fondata.

    4.1.- Come sopra chiarito, il Comune di … è dotato di PRG, adottato con Deliberazione Consiliare n. 49 del 15 marzo 1979 ed approvato con D.P.G.R.C. n. 8462 del 26 ottobre 1982.

    Sul lotto di terreno su cui è stato richiesto il permesso di costruire per l’impianto di distribuzione di carburante, il PRG localizza una strada di piano, con conseguente apposizione sulla relativa area di un vincolo preordinato all’esproprio, vincolo diventato efficace per decorso del quinquennio dall’atto di approvazione del PRG.

    In seguito, con delibera di n. 4 del 18 marzo 1988, il Consiglio comunale aveva approvato il PP per le Zone “C”, reso esecutivo dalla deliberazione della Commissione Straordinaria n. 136 del 17 ottobre 1989, pubblicata sul BURC n. 60 del 12 dicembre 1994 e, pertanto, in vigore sino al 12 dicembre 2004.

    Poiché l’approvato PP delle zone “C” non contemplava più l’asse viario, previsto invece dal PRG, l’intera zona si è comunque trasformata e sviluppata senza la realizzazione della strada.

    Allo stato attuale, a seguito della decadenza del PP, il territorio comunale è governato dalle previsioni del PRG, salvo l’obbligo di osservare nella costruzione di nuovi edifici e nella modificazione di quelli esistenti, gli allineamenti e le prescrizioni di zona stabiliti dal PP di esecuzione.

    La zonizzazione dello strumento urbanistico generale comporta per le particelle interessate dalla richiesta di permesso di costruire due diverse destinazioni (C1 ed F1) ed un vincolo relativo alla realizzazione di una strada.

    Come chiarito nella perizia tecnica giurata di parte, non smentita sul punto dall’amministrazione comunale, di ben mq 4.839,00, mq 1.186,00 sono destinati all’asse stradale, mq. 1.200,00 a verde ed attrezzature (zona F1), e, quindi, per sottrazione, mq 2.396,00 da destinare alla riqualificazione di primo grado (zona C1).

    4.2.- Orbene, nel caso di decadenza dei piani particolareggiati di esecuzione, questi diventano inefficaci per la parte di territorio in cui non hanno avuto attuazione; tuttavia, ai sensi dell’art. 17 della legge urbanistica, permane l’obbligo di osservare nella costruzione di nuovi edifici e nella modificazione di quelli esistenti sia gli allineamenti stabiliti dal preesistente PP sia le prescrizioni di zona da esso stabilite.

    L’affermazione esige qualche precisazione.

    4.2.1.- Il PP di esecuzione, la cui disciplina normativa si rinviene negli artt. 13 e seguenti della L. n. 1150 del 1942 (legge Urbanistica), svolge una funzione essenzialmente attuativa delle previsioni del PRG.

    L’art. 13 L. n. 1150 del 1942 – dedicato al “Contenuto dei piani particolareggiati” – prescrive che il PRG è attuato a mezzo di piani particolareggiati di esecuzione nei quali devono essere indicate le reti stradali ed i principali dati altimetrici di ciascuna zona oltre ad essere determinati una serie di elementi edilizi, urbanistici e strutturali (es., masse e altezze delle costruzioni lungo le principali strade e piazze, spazi riservati ad opere od impianti di interesse pubblico, edifici destinati a demolizione o ricostruzione), tra cui “gli elenchi catastali delle proprietà da espropriare o da vincolare”.

    L’art. 16 L. n. 1150 del 1942 (“Approvazione dei piani particolareggiati”), al comma 5, dispone infatti che l’atto di approvazione del P.P. deve fissare il tempo, non superiore a dieci anni, entro il quale il piano medesimo dev’essere attuato ed entro il quale dovranno essere compiute le relative espropriazioni.

    In merito alla validità dei piani particolareggiati, l’art. 17 chiarisce che, “Decorso il termine stabilito per la esecuzione del piano particolareggiato questo diventa inefficace per la parte in cui non abbia avuto attuazione, rimanendo soltanto fermo a tempo indeterminato l’obbligo di osservare nella costruzione di nuovi edifici e nella modificazione di quelli esistenti gli allineamenti e le prescrizioni di zona stabiliti dal piano stesso.”.

    4.2.2.- Si rammenta che, con la sentenza n. 55 del 9 maggio 1968, la Corte costituzionale dichiarò l’illegittimità costituzionale degli articoli 7, comma 1, nn. 2, 3 e 4 e 40 della legge n. 1150 del 1942 nella parte in cui non prevedevano alcun indennizzo per l’imposizione di vincoli a tempo indeterminato nei confronti di diritti reali.

    Per effetto di tale sentenza, il legislatore emanò la legge 19 novembre 1968, n. 1187 contenente “Modifiche ed integrazioni alla legge urbanistica 1150 del 1942”, il cui art. 2, al comma 1, vigente ratione temporis, prescrive che: “Le indicazioni del piano regolatore generale, nella parte in cui incidono su beni determinati ed assoggettano i beni stessi a vincoli preordinati all’espropriazione od a vincoli che comportino l’inedificabilità, perdono ogni efficacia qualora entro cinque anni dalla data di approvazione del piano regolatore generale non siano stati approvati i relativi piani particolareggiati od autorizzati i piani di lottizzazione convenzionati. L’efficacia dei vincoli predetti non può essere protratta oltre il termine di attuazione dei piani particolareggiati e di lottizzazione.”.

    4.2.3.- In seguito, la Corte costituzionale, con sentenza 20 maggio 1999, n. 179, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del descritto art. 2, comma 1, L. n. 1187/1968, dell’art. 7, numeri 2, 3 e 4 nonché dell’art. 40 della Legge urbanistica nella parte in cui consentivano all’Amministrazione di reiterare i vincoli urbanistici scaduti, preordinati all’espropriazione o che comportino l’inedificabilità, senza la previsione di alcun indennizzo.

    L’ art. 2, comma 1, L. n. 1187 del 1968 è stato successivamente abrogato dall’art. 58, d.p.r. 8 giugno 2001, n. 327, a decorrere dal 30 giugno 2003, ai sensi dell’art. 2 del decreto legge 20 giugno 2002, n. 122, convertito con modificazioni, nella Legge 1° agosto 2002, n. 185.

    Allo stesso modo, il d.p.r. 327 del 2001 ha soppresso gli articoli della Legge urbanistica 1150 del 1942 riguardanti per l’appunto i piani particolareggiati – in particolare proprio i menzionati artt. 16 e 17 – tuttavia con l’espressa indicazione, è importante rimarcare, che l’abrogazione è limitata alle norme in essi contenute relative alla materia espropriativa.

    Ciò significa, raccordando tra di loro i menzionati articoli 16 e 17, che non sono abolite le norme individuabili nei menzionati articoli 16 e 17 secondo cui, anche dopo il decorso del termine per l’esecuzione del piano particolareggiato, rimane intatta la sua efficacia, stabilita dall’atto di approvazione, per tutti gli altri profili urbanistici non contenenti effetti espropriativi.

    Questa regola risponde al principio di “ultrattività” del piano particolareggiato, nel senso che, sebbene decaduto per il decorso del decennio, esso continua a dettare le norme di uso del territorio, salvo esclusivamente le previsioni di contenuto espropriativo, destinate ad estinguersi per mancata loro attuazione, per gli evidenti effetti di limitazione sine die del diritto di proprietà.

    4.2.4.- Sul punto, l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza 20 luglio 2012 n. 28, ha chiarito che “la perdita di efficacia di un piano di zona per l’edilizia economica e popolare, quale piano urbanistico attuativo, comporta che lo stesso non può più essere portato ad esecuzione per la parte in cui è rimasto inattuato, non potendosi pertanto più eseguirsi gli espropri, preordinati alla realizzazione delle opere pubbliche e delle opere di urbanizzazione primaria, né potendosi procedere all’edificazione residenziale, fermo restando invece che devono continuare ad osservarsi le prescrizioni previste dallo stesso, destinate ad essere applicate a tempo indeterminato anche in presenza di un piano urbanistico generale (C.d.S., sez. IV, 27 ottobre 2009, n. 6572; 12 dicembre 2008, n. 6182; sez. V, 20 marzo 2008, n. 1216).”

    4.2.5.- II principio enunciato dall’Adunanza plenaria è stato d’altronde anticipato dallo stesso legislatore che, con l’art. 5, comma 8-bis, della L. n. 106/2011 (di conversione del D.L. 70/2011), ha aggiunto, al citato art. 17 della Legge urbanistica, il comma 3. Quest’ultima disposizione chiarisce che: “Qualora, decorsi due anni dal termine per l’esecuzione del piano particolareggiato non abbia trovato applicazione il secondo comma nell’interesse improcrastinabile dell’Amministrazione di dotare le aree di infrastrutture e servizi, il comune, limitatamente all’attuazione anche parziale di comparti o comprensori del piano particolareggiato decaduto, accoglie le proposte di formazione e attuazione di singoli sub-comparti, indipendentemente dalla parte restante del comparto, per iniziativa dei privati che abbiano la titolarità dell’intero sub-comparto, purché non modifichino la destinazione d’uso delle aree pubbliche o fondiarie rispettando gli stessi rapporti dei parametri urbanistici dello strumento attuativo decaduti. I sub-comparti di cui al presente comma non costituiscono variante urbanistica e sono approvati dal consiglio comunale senza l’applicazione delle procedure di cui agli articoli 15 e 16”.

    La disposizione sopra descritta introduce a livello normativo il menzionato “principio di ultrattività” dei piani particolareggiati decaduti, in virtù del quale è ammessa l’attuazione di singoli sub-comparti ad iniziativa privata, pur sempre nel rispetto delle previsioni urbanistiche contenute nel più generale piano regolatore, salve sempre le previsioni di natura espropriativa.

    5.- Orbene, dalla sintetica descrizione della normativa applicabile e degli orientamenti giurisprudenziali, che hanno trovato conforto nella stessa Adunanza plenaria, può concludersi nel senso che il vincolo preordinato all’esproprio per la realizzazione della strada di piano, previsto dal PRG, si è ormai estinto, atteso che il Comune, con l’approvazione del PP esecutivo (che interveniva a distanza di 5 anni, ovvero a “decadenza maturata”), non solo non contemplava più il predetto vincolo ma lo espungeva in via definitiva, inglobando la relativa area nella zona Fl.

    5.1.- D’altronde, il certificato di destinazione urbanistica rilasciato dal comune di …. il 18 aprile 2013 (all. 8 all’atto introduttivo del ricorso), attesta che l’area contestata:

    1) non ricade né in zona territoriale omogenea, totalmente edificata, individuata come zona A secondo il vigente PRG né in zone di completamento o di espansione dell’aggregato urbano, con indice di edificabilità superiore a 3 mc/mq;

    2) ricade parzialmente in zona F1.

    Pertanto, una volta confermata dallo stesso comune di …. la vigenza delle previsioni di cui al PRG in esito alla certificazione, risulta ammissibile la costruzione di un impianto di distribuzione di carburanti, anche senza l’adozione dei piani particolareggiati, i quali sono richiesti laddove trattasi di realizzare edifici con volumi ed altezze superiore ai limiti fissati dall’art. 41-quinquies, comma 6, L n. 1150 del 1942.

    5.2.- Deve peraltro considerarsi che il PUC – adottato con delibera del commissario straordinario n. 9 del 12 aprile 2012, tuttavia decaduto, come sopra già illustrato, per mancata approvazione dello stesso nel termine di un anno dall’adozione, al pari del PP, non prevedeva per il suolo oggetto di richiesta una strada e, pertanto, un vincolo espropriativo.

    Ciò lascia intendere come il richiamo dell’amministrazione comunale al vincolo di viabilità appaia non conferente, posto che allo stesso non è stata mai data concreta attuazione nel PP né confermato dal successivo PUC.

    Decaduto a sua volta il PP per il decorso del decennio, le norme urbanistiche da applicare (in termini di allineamenti e di prescrizioni di zona), non possono che essere quelle di cui al medesimo PP, le quali dunque classificano il suolo del ricorrente come ricadente in zona C1 e parzialmente in zona F1, senza vincoli di sorta.

    5.3.- La giurisprudenza infatti è del consolidato parere che: “Le previsioni dello strumento attuativo (anche se non più eseguibile per il decorso del tempo), hanno quindi stabilmente determinato l’assetto definitivo e di dettaglio della parte del territorio interessato, su cui quindi non possono incidere le previsioni, e proprio perché tali, di carattere programmatorio del piano regolatore generale.

    Pertanto, anche per la localizzazione degli edifici, le prescrizioni del piano esecutivo (malgrado la scadenza) continuano ad essere rilevanti per coloro che — non avendo ancora realizzato le costruzioni — intendano tardivamente chiedere il titolo abilitativo” (cfr. Cons. Stato, sez, IV, 27 ottobre 2009, n. 6572; si veda anche T.A.R. Campania, Salerno, sez. II, 19 febbraio 2014, n. 410).

    5.4.- Ciò chiarito in via generale, giova ricordare che nel caso specifico, sul medesimo lotto, il Comune di … nel 2001 aveva rilasciato (in favore di Se.Cu., dante causa del ricorrente) parere favorevole alla realizzazione di un impianto di distribuzione carburanti (cfr. nota prot. 39059 del 2001, all. 15 all’atto introduttivo del ricorso), confortato dal parere positivo della Commissione edilizia comunale, come da verbale n. 55 del 10 settembre 2001, a conferma dell’insussistenza di ragioni di contrasto specifico.

    6.- In ogni caso, pur volendo ammettere, in adesione alla tesi sostenuta dall’amministrazione comunale, il permanere del vincolo viabilistico preordinato all’esproprio, l’area non potrebbe comunque essere qualificata come “zona bianca”, ai sensi dell’art. 9 d.p.r. 380 del 2001 (ex art. 4 L. n. 10/1977).

    6.1.- La richiamata disposizione – nel disciplinare l’ “attività edilizia in assenza di pianificazione edilizia” – statuisce che “nei comuni sprovvisti di strumenti urbanistici sono consentiti:

    a) gli interventi previsti dalle lettere a), b) e c) del primo comma dell’articolo 3 che riguardino singole unità immobiliari o parti di esse;

    b) fuori dal perimetro dei centri abitati, gli interventi di nuova edificazione nel limite della densità massima fondiaria di 0.03 metri cubi per metro quadro; in caso di interventi a destinazione produttiva, la superficie coperta non può comunque superare un decimo dell’area di proprietà”.

    La disposizione prevede in sostanza che la speciale misura di salvaguardia è operante in mancanza di disciplina urbanistica.

    Il regime delle “zone bianche” opera quindi laddove difetti la programmazione d’uso del territorio e rappresenta una salvaguardia al possibile riespandersi indifferenziato dello ius aedificandi, insito nel diritto di proprietà: nella specie, in presenza del piano attuativo decaduto non può che farsi riferimento alla norma di cui all’art. 17 della L. n. 1150 del 1942 legge urbanistica e, dunque, alle previsioni del medesimo piano il quale perde la propria efficacia per le sole previsioni di natura espropriativa ma la preserva per il resto, con l’effetto di essere “ultrattivo” ossia di potere dettare la disciplina d’uso del territorio.

    Nel caso specifico, non può trascurarsi che è possibile localizzare un impianto di distribuzione di carburanti in qualsiasi zona, ad esclusione della zona “A” e dunque, teoricamente, anche in “zona bianca”.

    6.2.- La normativa urbanistica generale e quella che concerne l’edificazione nelle c.d. “zone bianche”, necessitano peraltro di essere coordinate con la specifica disciplina che regola l’installazione e l’esercizio di impianti di distribuzione dei carburanti.

    Al riguardo il d.lgs. 11 febbraio 1998 n. 32 – col quale il legislatore ha inteso razionalizzare il sistema di distribuzione dei carburanti – ha chiarito all’art. 1 che l’installazione e l’esercizio di impianti di distribuzione dei carburanti sono attività liberamente esercitate sulla base dell’autorizzazione comunale, subordinata esclusivamente alla verifica della conformità alle disposizioni del piano regolatore, alle prescrizioni fiscali e a quelle concernenti la sicurezza sanitaria, ambientale e stradale, alle disposizioni per la tutela dei beni storici e artistici nonché alle norme di indirizzo programmatico delle regioni.

    E’ importate rammentare che l’art. 2, comma 1-bis, del suddetto decreto legislativo stabilisce che “La localizzazione degli impianti di carburanti costituisce un mero adeguamento degli strumenti urbanistici in tutte le zone e sottozone del piano regolatore generale non sottoposte a particolari vincoli paesaggistici, ambientali ovvero monumentali e non comprese nelle zone territoriali omogenee A”.

    Dal tenore delle disposizioni normative sopra descritte può quindi ricavarsi una chiara tendenza del legislatore a liberalizzare e semplificare le procedure burocratiche preordinate all’installazione e all’esercizio dei distributori di carburanti e, nel contempo, a dettare una disciplina urbanistica speciale che consente la loro localizzazione in qualsiasi zona, ad eccezione della zona A e comunque nel rispetto di determinati vincoli a presidio di interessi pubblici irrinunciabili.

    7.- Infine, con la memoria depositata il 22 gennaio 2016, il Comune di …. rileva che l’intervento programmato dai ricorrenti, presentato durante la vigenza delle norme di salvaguardia del PUC, “era coerente con le previsioni del PUC” (cfr. pag. 3, ultimo capoverso della memoria) ma non con il PRG, ritornato applicabile dopo che il PUC non era stato approvato; ciò avrebbe comportato, ad avviso del comune, che non si sarebbe potuto formare il silenzio-assenso sulla domanda in quanto, nelle more del periodo di 90 giorni, previsti dalla legge per il formarsi del silenzio significativo, decadute le norme del PUC, il progetto sarebbe divenuto incompatibile sotto il profilo urbanistico con le norme del PRG.

    L’assunto non è condivisibile posto che l’art. 20, comma 8, d.p.r. 380 del 2001, letto in coordinamento con l’art. 17 Legge regionale Campania n. 8 del 2013, fissa quale unico limite alla formazione dell’assenso tacito, la sussistenza di vincoli ambientali, paesaggistici o culturali.

    Nel caso di specie, non ricorrendo siffatti vincoli, la domanda era da considerarsi già favorevolmente assentita per decorso del termine, con la conseguente illegittimità del diniego; l’amministrazione tuttalpiù avrebbe potuto fare uso del potere di autotutela.

    8.- Può quindi passarsi all’impugnazione del silenzio serbato sulle istanze di voltura, presentate sia da S. sia da P.

    8.1.- Come illustrato nel fatto, S. concedeva a P. s.r.l. in comodato a titolo oneroso il suolo identificato in NCT del Comune di … al foglio …, p.lle …- ….- …., perché il comodatario potesse “servirsene per l’uso cui [i relativi immobili] sono destinati nonché al fine di realizzarvi l’impianto di distribuzione carburanti di cui al permesso di costruire n. …./A/2013”; autorizzava quindi “P. s.r.l. “ad eseguire … le opere di cui al pdc n. …./ A/13″, nonché “alla voltura in suo favore del pdc n. ../A/ 13 del Comune di …. e della correlata autorizzazione all’esercizio dell’attività”.

    In virtù di quanto sopra, P. e S. presentavano e reiteravano richieste voltura in favore del primo, ai sensi dell’art. 11 d.p.r. n. 380 del 2001, del permesso di costruire n. …./A/2013

    A fronte di tali richieste, il Comune di Acerra è rimasto inerte, fino a quando si è espresso con l’impugnato provvedimento di diniego del 25 marzo 2015.

    Ora, parte ricorrente, confidando nell’annullamento giurisdizionale del suddetto diniego, ha chiesto in via gradata a questo Tribunale, l’accertamento dell’illegittimità del silenzio serbato dall’amministrazione sulla richiesta di voltura a P. nonché sulla fondatezza della richiesta medesima.

    8.2.- La domanda merita accoglimento, anche con riferimento alla fondatezza nel merito della pretesa.

    L’art. 2, comma 1, l. n. 241 del 1990, stabilisce che, ove il procedimento consegua in via obbligatoria ad un’istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo mediante l’adozione di un provvedimento espresso. Se ravvisano la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza della domanda, le pubbliche amministrazioni concludono il procedimento con un provvedimento espresso redatto in forma semplificata, la cui motivazione può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo.

    L’obbligo di provvedere su un’istanza è configurabile, a prescindere dall’esistenza di una specifica disposizione normativa che lo imponga, ogni volta che, nelle ipotesi che discendono dai principi generali o dalla peculiarità del caso, sia riscontrabile in capo al privato una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni di quest’ultima, in ossequio al dovere di correttezza e di buon andamento dell’amministrazione pubblica (ex multis, recente, Consiglio di Stato, sez. III, 2 maggio 2016, n. 1660).

    Peraltro l’eventuale formazione di un silenzio – assenso non è ostativa alla pretesa del soggetto interessato di ottenere la declaratoria dell’obbligo a carico dell’amministrazione di provvedere comunque alla formazione del titolo documentale, utile nei rapporti con i soggetti terzi oltre che nei confronti della stessa amministrazione (cfr. TAR Lazio, sez. II, 16/5/2016, n. 5789).

    8.3.- Nel caso in esame si è dinanzi ad un’attività ormai priva di contenuti di discrezionalità, essendosi questa ormai esaurita perché esercitata sia, a monte, negli atti di programmazione urbanistica sia, a valle, nell’esame della richiesta ai fini del rilascio del permesso di costruire, con la conseguenza che la voltura del titolo edilizio non richiede più alcuna ulteriore valutazione di interessi da parte dell’amministrazione comunale, salvo la verifica della sussistenza dei requisiti soggettivi in capo al nuovo titolare (Cons. Stato, sez. VI, 4 gennaio 2016, n. 11).

    Secondo pacifica giurisprudenza, invero, la richiesta di voltura di un permesso già rilasciato comporta l’avvio di un procedimento nel quale l’esercizio del potere da parte dell’Amministrazione competente è di tipo vincolato, non potendosi confondere la modifica soggettiva del titolare dell’autorizzazione, a suo tempo rilasciata, con l’esercizio del potere di rilascio di una nuova autorizzazione, che costituisce attività tipicamente discrezionale.

    La voltura non implica il rilascio di un nuovo ed autonomo titolo edilizio e non richiede, né presuppone, una nuova verifica in ordine alla compatibilità del progetto con la normativa urbanistico-edilizia ma solo un riscontro, a contenuto non discrezionale, in ordine alla trasferibilità del titolo ai successori o aventi causa (cfr.: T.A.R. Lazio, Latina I, 12 gennaio 2010, n. 3).

    Alla luce di quanto sopra, il silenzio sull’istanza di voltura si pone, pertanto, quale ingiustificato inadempimento.

    8.4.- Va quindi fissato il termine di trenta giorni, dalla comunicazione o, se precedente, dalla notificazione della presente sentenza per disporre la voltura, una volta riscontrata la rispondenza dei requisiti soggettivi, in favore di P., del permesso …./2013 già rilasciato a S., permesso che recupera pienamente la sua validità ed i suoi effetti a seguito dell’annullamento giurisdizionale, disposto con l’odierna sentenza, del provvedimento di diniego espresso dal SUAP il 25 marzo 201.

    Nel caso del protrarsi dell’inadempimento dell’amministrazione comunale, il Collegio ravvisa l’opportunità di nominare sin d’ora, quale Commissario ad acta, il dirigente preposto alla Direzione generale per il governo del territorio della Regione Campania, con facoltà di delega a dirigente o funzionario della medesima Direzione, che agisca in sostituzione dell’intimata amministrazione comunale inadempiente, perché provveda in luogo ed a spese di quest’ultima, nell’ulteriore termine di giorni trenta (30) dalla comunicazione – a cura di parte ricorrente – dell’inadempimento; in favore del Commissario verrà corrisposto, con separato provvedimento, un compenso in relazione all’attività svolta ed alle spese documentate sostenute.

    9.- Il Collegio non ravvisa, invece, i presupposti per accogliere la richiesta di riconoscimento dell’indennizzo da ritardo, previsto dall’art. 2-bis, comma 1-bis, della L. n. 241 del 1990, né quella di risarcimento del danno, di cui al precedente comma 1, invocate da parte ricorrente, per mancato rilascio della voltura.

    9.1.- Riguardo al riconoscimento del diritto all’indennizzo, se questo prescinde dalla dimostrazione degli elementi costitutivi della responsabilità extracontrattuale (prova del danno, del comportamento colposo dell’amministrazione, del nesso di causalità), tuttavia, una volta scaduti i termini per la conclusione del procedimento, l’istante, entro la scadenza perentoria dei successivi venti giorni, deve ricorrere all’autorità titolare del potere sostitutivo – di cui all’art. 2, comma 9 bis, L. n. 241 del 1990 – alla quale richiedere l’emanazione del provvedimento non adottato.

    Nel caso di specie, tale autorità è individuabile nella Regione in forza degli articoli 13, comma 2, e 21 d.p.r. 380 del 2001.

    Ebbene, i ricorrenti, sebbene abbiano entrambi formulato e sollecitato richiesta di voltura, non hanno adempiuto allo specifico onere di attivazione del potere sostitutivo di cui sopra, sicché non possono accedere all’indennizzo.

    9.2.- Anche la richiesta di risarcimento del danno ingiusto subito per effetto del mancato rilascio della voltura non può ricevere favorevole accoglimento.

    9.2.1.- Come chiarito da consolidata giurisprudenza, l’ingiustizia e la sussistenza stessa del danno cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento non possono, in linea di principio, presumersi iuris tantum, in meccanica ed esclusiva relazione al ritardo o al silenzio nell’adozione del provvedimento amministrativo.

    Il danneggiato, ai sensi dell’art. 2697 cod. civ., deve provare la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della relativa domanda e, in particolare, dei presupposti di carattere oggettivo – prova del danno e del suo ammontare, ingiustizia dello stesso, nesso causale – e di quello di carattere soggettivo (dolo o colpa del danneggiante); in particolare, in relazione alla colpa, la sua sussistenza non può essere dichiarata in base al solo dato oggettivo dell’illegittimità del provvedimento adottato o dell’illegittimo ed ingiustificato procrastinarsi dell’adozione del provvedimento finale, essendo necessaria anche la dimostrazione che la Pubblica amministrazione abbia agito con dolo o colpa grave, in modo che il difettoso funzionamento dell’apparato pubblico sia riconducibile ad un comportamento gravemente negligente o ad una intenzionale volontà di nuocere, in palese ed inescusabile contrasto con i canoni di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa, di cui all’art. 97 Cost.. Per converso, non sussiste l’elemento soggettivo della colpevolezza nelle ipotesi in cui la violazione sia riconducibile ad errore scusabile, per la ricorrenza di contrasti giurisprudenziali, per l’incertezza del quadro normativo o per la complessità della situazione di fatto (ex multis, recente, Cons. Stato, sez. V, 21 aprile 2016, n. 1584).

    Nel caso di specie, per quanto vi sia stato inadempimento dell’amministrazione nel provvedere, tuttavia, la scansione procedimentale testimonia che il silenzio non è stato dettato da negligente e colposa inerzia dell’amministrazione, bensì dall’oggettiva incertezza su quale soluzione adottare, in relazione alla sovrapposizione di discipline programmatorie urbanistiche comunali, succedutesi nel tempo e tra loro in contrasto.

    9.2.2.- Va peraltro osservato che il ricorrente S. si limita a richiedere, a titolo di risarcimento per danno ingiusto, la corresponsione dell’importo di: “€ 70,96, a titolo di interessi e rivalutazione per l’immobilizzo di somme, il cui investimento è risultato vano, essendo esse il corrispettivo per il rilascio del permesso di costruire …denegato o nella diversa somma che sarà ritenuta equa e di giustizia”.

    Ebbene, in disparte quanto già sopra chiarito circa il difetto dell’elemento soggettivo della colpa a carico dell’amministrazione comunale, il Collegio rileva altresì che non vi è alcuna dimostrazione in merito all’immobilizzo del sopra indicato importo; al contrario, anche in relazione alla sua relativa esiguità, appare del tutto plausibile ipotizzare che la somma richiesta a titolo di risarcimento del danno ingiusto non abbia comportato alcun effettivo immobilizzo ed anzi permanga nella quotidiana disponibilità di parte ricorrente che è pur sempre un soggetto imprenditoriale.

    10.- La determinazione sulle spese di giudizio segue il criterio della soccombenza che risulta, in relazione all’accoglimento della domanda impugnatoria e di quella sul silenzio, decisamente prevalente a carico dell’amministrazione comunale.

    P.Q.M.

    Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Terza)

    definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così dispone:

    1) accoglie la richiesta di annullamento del provvedimento impugnato prot. n. 11073 del 25 marzo 2015;

    2) accoglie, nei sensi e nei termini di cui in motivazione, la domanda di accertamento dell’illegittimità del silenzio serbato dall’amministrazione comunale sulle domande di voltura avanzate da P. s.r.l. e da S.; conferisce mandato per la nomina del Commissario ad acta, nei sensi e per gli effetti di cui in motivazione; dispone, a cura della Segreteria, la trasmissione della presente decisione in via telematica alla Procura regionale della Corte dei Conti ai sensi dell’art. 2, co. 8, della legge n. 241 del 1990;

    3) rigetta le richieste di indennizzo e di risarcimento del danno da ritardo, ai sensi dell’art. 2-bis, commi 1 e 1-bis, L. n. 241 del 1990;

    4) condanna il comune di Acerra al pagamento, in favore dei ricorrenti, delle spese del presente giudizio che quantifica in complessivi € 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori come per legge e rimborso del contributo unificato.

    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

    Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 5 luglio 2016 con l’intervento dei magistrati:

    Fabio Donadono, Presidente

    Gianmario Palliggiano, Consigliere, Estensore

    Alfonso Graziano, Consigliere

    L’ESTENSORE

    IL PRESIDENTE

    Gianmario Palliggiano

    Fabio Donadono

    IL SEGRETARIO

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