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Giurisdizione – Giurisdizione esclusiva – Finanziamenti pubblici – Revoca -Sussiste Patti territoriali – Finanziamenti all’imprenditoria – Mancato rispetto del termine di conclusione dell’investimento – Revoca – Attività vincolata – Imputabilità del ritardo – Non rileva

    T.A.R. CAMPANIA, NAPOLI, SEZ III, SENTENZA 12 APRILE 2018, N. 2411

    Giurisdizione – Giurisdizione esclusiva – Finanziamenti pubblici – Revoca -Sussiste

    Patti territoriali – Finanziamenti all’imprenditoria – Mancato rispetto del termine di conclusione dell’investimento – Revoca – Attività vincolata – Imputabilità del ritardo – Non rileva

    La cognizione della controversia relativa all’impugnazione di un provvedimento di revoca del beneficio finanziario accordato ad una società per la realizzazione di un investimento produttivo in sede di approvazione di un “patto territoriale” appartiene alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in relazione al disposto di cui alla L. n. 241 del 1990, art. 11, co. ultimo, che demanda, in generale, a tale giurisdizione le questioni relative alla formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi integrativi e sostitutivi del provvedimento pubblico di erogazione di una sovvenzione economica. (1)

    Il provvedimento di revoca del finanziamento concesso nel quadro della programmazione negoziata attuata mediante il modulo pubblicistico negoziale dei c.d. Patti territoriali costituisce un atto vincolato ed è configurabile come decadenza accertativa (o automatica). Pertanto, nelle ipotesi in cui l’iniziativa imprenditoriale non venga ultimata nel termine di 48 mesi (eccezionalmente prorogabili per altri dodici mesi), l’Amministrazione – accertato l’inadempimento – è tenuta a revocare il finanziamento senza alcuna necessità di previa verifica dell’imputabilità del ritardo al beneficiario. (2)

    (1) Cfr. Cass. SS.UU., 8 luglio 2008, n. 18630; 1132 del 21 gennaio 2014; Consiglio di Stato, Sez. V, 27 dicembre 2013 n. 6277

     (2) Cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 10 febbraio 2006, n. 550; T.A.R. Lazio, sez. III ter, 19 gennaio 2010, n. 461 e 8 aprile 2010, n. 5917; T.A.R, Puglia, Lecce, sez. I, 11 gennaio 2006, n. 77.

    Massime a cura di:

    Avv. Valeria Aveta

    Avv. Vittoria Chiacchio

     

    Pubblicato il 12 aprile 2018

    02411/2018 REG.PROV.COLL

    01058/2013 REG.RIC.

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    REPUBBLICA ITALIANA

    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

    Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

    (Sezione Terza)

    ha pronunciato la presente

    SENTENZA

    sul ricorso numero di registro generale 1058 del 2013, proposto da:
    … Sas di … & C., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati … con domicilio eletto presso lo studio … in …, ….;

    contro

    Ministero …, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di …., domiciliato in …, …, …;
    Comunità Montana …., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato …, con domicilio eletto presso lo studio … in …, via …;

    per l’annullamento

    del decreto prot. n. 19762/2012 recante la revoca totale degli incentivi di cui alla l. 662/96 già concessi alla ricorrente per l’attuazione del “patto territoriale del …”.

    Visti il ricorso e i relativi allegati;

    Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero … e di Comunità Montana ….;

    Viste le memorie difensive;

    Visti tutti gli atti della causa;

    Relatore nell’Udienza smaltimento del giorno 13 febbraio 2018 il dott. Alfonso Graziano e uditi per le parti l’avv. … su delega di … per la parte ricorrente e l’avv. … per la Comunità Montana …;

    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

    FATTO e DIRITTO

    1. Con il ricorso in trattazione, notificato il 12.2.2013 e depositato il successivo 6 marzo, la ricorrente impugnava il decreto del Direttore generale del Dipartimento sviluppo e coesione economica – Direzione generale incentivazione attività imprenditoriali n. 19762 del 24.9.2012, con il quale veniva disposta la revoca totale degli incentivi di cui alla L. n. 662/1996 concessi alla ricorrente per l’attuazione del “Patto territoriale del …” con DD.MM: n. 2227/2004 e 3488/2004.

    1.1. Si costituiva il Ministero intimato, con memoria e produzione documentale dell’Avvocatura di Stato dell’11.3.2014.

    Anche il Soggetto attuatore, Comunità Montana del … si costituiva in giudizio per resistere al ricorso.

    Alla pubblica Udienza del 13 febbraio 2018 la Comunità Montana eccepiva a verbale l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

    La causa veniva assegnata in decisione.

    2. Va brevemente premesso in fatto che per effetto dell’approvazione del Piano Territoriale del …” è stato riconosciuto in favore della … s.a.s. con sede in …, un contributo in via provvisoria pari ad € 1.640.471,59 a fronte di investimenti per complessivi € 2.831.733,18.

    Nel corso delle verifiche istruttorie, la Comunità Montana del …, in qualità di soggetto responsabile dell’omonimo Patto Territoriale, con nota prot. n.5971 del 17 novembre 2010, rilevata la mancata ultimazione dell’investimento entro i termini regolamentari previsti dall’art. 12 del D.M. n.320/2000, invitava il Ministero resistente e la Regione Campania ad adottare il provvedimento di revoca totale delle agevolazione concesse.

    Ciò anche in ragione del precedente diniego alla concessione del suddetto beneficio della sospensione del termine per l’ultimazione dell’investimento disposto dalla resistente Amministrazione e l’insussistenza delle condizioni per fruire della proroga dei termini, ai sensi di quanto previsto dall’art. 1, comma 862, della L. n. 296/2006 — Legge Finanziaria del 2007 e delle successive modifiche di cui all’art. 3, comma 35 della legge n. 244/2007, Legge Finanziaria del 2008 e dell’art. 43, comma 7- bis della L. n. 133/08.

    2.1. Con nota prot. n. 6177 del 17 febbraio 2011 il Ministero comunicava il formale avvio del procedimento, cui facevano seguito le osservazioni e le controdeduzioni del 28 aprile 2011 con le quali la società ricorrente lamentava l’omessa applicazione di quanto stabilito dall’art. 4, comma 2, del D.M. n. 215/06 – con cui è stato introdotto l’art. 12-ter, del d.m. n. 320/2000 – relativamente alla decorrenza del termine per il computo dei quarantotto mesi a far data dal rilascio da parte delle Amministrazioni competenti dell’ultima autorizzazione necessaria a dichiarare l’inizio dei lavori, nel caso di iniziative agevolate a valere sui Patti Territoriali, la cui realizzazione comporta complessità tali da richiedere più articolati e specifici procedimenti. Nello specifico, l’istante adduceva che il ritardo nello stato di realizzazione del programma agevolato era da imputarsi agli Enti locali nel rilascio dei necessari titoli abilitativi urbanistici.

    Le giustificazioni addotte dalla ricorrente non venivano accolte e pertanto il Ministero intimato, con nota prot. n. 26261 del 21 luglio 2011, esaminate ai sensi dell’art. 10 bis della L. n. 241/90 le controdeduzioni proposte dalla società istante, comunicava alla stessa l’impossibilità di revisione del procedimento sanzionatorio avviato, poiché il Comune di … aveva chiaramente espresso un giudizio negativo in ordine al rilascio sia della concessione edilizia in sanatoria richiesta, sia del parere di conformità sulla D.I.A. a causa della sussistenza di vincoli idrogeologici sull’area di edificazione del fabbricato.

    Con nota del 3 agosto 2011, … informava il Ministero resistente di non aver potuto rispettare l’ulteriore termine concesso per le repliche alla suddetta ultima nota ministeriale, sia a causa di lamentati disservizi nella consegna della corrispondenza, sia a causa delle precarie condizioni di salute del titolare della società, chiedendo all’uopo di prorogare il termine a tutto il mese di settembre.

    Non essendo tuttavia pervenute alla resistente P.A. ulteriori osservazioni da parte della ricorrente, veniva adottato il Decreto Dirigenziale n. 1392 del 13 settembre 2012, con cui veniva disposta la revoca totale delle agevolazioni, senza alcun obbligo di restituzione, attesa la mancata erogazione dei richiesti finanziamenti.

    3. Preliminarmente il Tribunale, a confutazione di a quanto eccepito apoditticamente e solo a verbale dell’odierna pubblica Udienza, dalla difesa del Soggetto Realizzatore Comunità montana del …, deve ritenere la propria giurisdizione nella controversia in esame in forza di consolidata giurisprudenza, da ultimo riaffermata con la sentenza della Corte di Cassazione a SS.UU. 27.10.2014, n. 22747 secondo cui: << La cognizione della controversia relativa all’impugnazione di un provvedimento di revoca del beneficio finanziario accordato ad una società per la realizzazione di un investimento produttivo in sede di approvazione di un “patto territoriale” appartiene alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in relazione al disposto di cui alla L. n. 241 del 1990, art. 11, co. ultimo, che demanda, in generale, a tale giurisdizione le questioni relative alla formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi integrativi e sostitutivi del provvedimento pubblico di erogazione di una sovvenzione economica >> (Cfr. anche Cass. SS.UU., 8.7.2008, n. 18630 e n. 1132 del 21.1.2014).

    Il Consiglio di Stato si era già posto sulla stessa linea ermeneutica in punto di giurisdizione sui provvedimenti di revoca di finanziamenti concessi nell’ambito dell’attuazione dei Patti territoriali di cui alla L. n. 662/1996, poi disciplinati in via di dettaglio dal D.M. n. 320/2000, statuendo che “

    La cognizione della controversia relativa all’impugnazione di un provvedimento di revoca del beneficio finanziario, accordato per la realizzazione di un investimento produttivo in sede di approvazione di un “patto territoriale”, costituente una delle possibili forme di programmazione negoziata tra parti pubbliche e parti private – in cui è, tra l’altro, necessario definire gli accordi programmatici ai sensi dell’art. 27 l. n. 142 del 1990 e individuare le convenzioni necessarie per l’attuazione di detti accordi – appartiene alla giurisdizione esclusiva del g.a. alla stregua dell’art. 11, ultimo comma, l. 7 agosto 1990 n. 241, che demanda, in generale, a tale giurisdizione le questioni relative alla formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi integrativi e sostitutivi del provvedimento pubblico di erogazione di una sovvenzione economica.” (Consiglio di Stato sez. V 27 dicembre 2013 n. 6277).

    La Sezione ha affermato la sussistenza della giurisdizione del Giudice amministrativo già con la sentenza 7/09/2015, n. 4393 su cui infra per lo scrutinio del merito e l’ha ribadita con le recenti sentenze 26.8.2016 n. 4107 e 30.6.2017 n. 3529.

    Fa eco all’indirizzo della Sezione anche altro T.A.R., secondo cui “Rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 11 della L. n. 241 del 7 agosto 1990, le controversie concernenti la revoca di contributi assegnati nell’ambito dell’attuazione dei patti territoriali costituenti programmazione negoziata ai sensi della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (art. 2, comma 203), volta a prevedere una regolamentazione concordata tra una pluralità di soggetti pubblici, ovvero tra il soggetto pubblico competente e altri soggetti, pubblici o privati, per l’attuazione di interventi tesi a finalità di promozione dello sviluppo economico locale.” T.A.R. Sardegna, Sez. I,12 marzo 2015 n. 427).

    Da quanto precisato consegue l’infondatezza e il conseguenziale rigetto dell’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione sollevata a verbale di udienza dalla difesa della Comunità Montana del ….

    4. Approdando al merito dell’azione, conviene preliminarmente segnalare che sulla quaestio iuris vertente sulla rilevanza o meno dell’attribuibilità del mancato completamento del programma di investimento alla sfera di dominio del privato e in particolare all’imputabilità ad egli, consta un recente precedente in termini della Sezione, di cui alla sentenza T.A.R. Campania – Napoli, Sez. III, 7/09/2015, n. 4393, secondo cui “Non occorre una motivazione particolare sul pubblico interesse alla “revoca” (trattandosi di c.d. revoca per inadempimento – atto vincolato) ed è applicabile l’art. 12 comma 3, lett. e), Regolamento dettato con il d.m. 31 luglio 2000 n. 320, specificamente in tema di Patti Territoriali, che impone la revoca totale del finanziamento nell’ipotesi di iniziativa imprenditoriale non ultimata entro 48 mesi eccezionalmente prorogabili per altri dodici mesi, indipendentemente dalla colpa del sovvenzionato.”

    4.1. Orbene, rammentato che la revoca del finanziamento è stata decretata con il provvedimento ministeriale impugnato, per “mancata ultimazione entro il termine massimo previsto” del programma di investimenti (D.M. 1392 del 13.9.2012; doc. 9 produzione Avvocatura di Stato del 11.3.2014), in sintesi, con un unico motivo la società ricorrente, rubricando violazione dell’art. 4, dm 215/06 (c. c. m. dal dm n. 65 del 4.2.09), della circolare del Ministero dello sviluppo economico prot. 8133/gc del 4.8.06, degli artt. 12 e 12-ter del dm 320/2000 nonché delle disposizioni del Parco regionale del Taburno, difetto di motivazione, contraddittorietà, illogicità, carenza di interesse pubblico alla revoca, lamenta che:

    – sebbene le opere non risultino ultimante, le ragioni del mancato completamento del progetto risiedono nelle difficoltà sino ad oggi incontrate con l’amministrazione comunale di … circa la regolarità del progetto in sanatoria, della successiva DIA, nonché relativamente agli effetti della sentenza penale con la quale è stato revocato l’ordine di demolizione precedentemente adottato dal medesimo Comune sulle opere de quibus. La società al riguardo ha dimostrato in sede di partecipazione al procedimento che queste ultime risultavano autorizzate con concessioni edilizie nn. 1266/7 del 5.5.1980 e 3325/1 del 19.2.1983, rilasciate dal Comune di … per la realizzazione rispettivamente di una civile abitazione (due piani fuori terra) e di una pertinenza agricola, nonché da DIA prot. 4943 del 28.11.06; concessioni, le prime due, corredate di successivi provvedimenti nn. 5135 e 5136 dell’8.9.99; in ragione delle riportate autorizzazioni la ricorrente otteneva le agevolazioni per cui è causa; domanda, come innanzi rilevato, sulla quale era stata svolta apposita istruttoria, nel corso della quale nulla era emerso circa ipotetiche irregolarità urbanistiche delle opere assentite dal Comune. Il programma d’investimento era stato valutato pertanto positivamente, anche in ragione della creazione di nuovi posti di lavoro in zona depressa del Paese;

    – Le indicate circostanze evidentemente legittimano il richiesto differimento dei termini per il completamento dei programmi d’investimento in ragione delle evidenti difficoltà nell’ultimazione, come disposto dall’art. 4, co. 2, D.M. n. 215 del 27.4.2006, data la necessità in primo luogo di acclarare la conformità sotto il profilo urbanistico dell’intervento, il cui precedente riconoscimento ha, tra l’altro, ingenerato un legittimo affidamento nella ricorrente circa la certezza dell’accertata regolarità della domanda di finanziamento;

    – la disposizione invocata a sostegno della domanda di sospensione avanzata è caratterizzata dalla ratio di rendere la decorrenza dei termini di realizzazione dei programmi d’investimento – come nel caso di specie, superiori a 1,5 milioni di euro – di particolare complessità, tali da richiedere più articolati e specifici procedimenti autorizzativi, indipendente dai tempi di rilascio delle relative autorizzazioni, appunto ancorandola all’ultima autorizzazione necessaria.

    Per la ricorrente siffatta disposizione deve regolare la fattispecie in esame, non potendo l’assunta carenza sotto il profilo urbanistico del progetto d’investimento ad oggi ancora definirsi conclusa e pertanto a sua volta il termine di ultimazione dell’investimento non potrà ritenersi spirato; tutto ciò anche – e maggiormente – in considerazione della domanda di accertamento di conformità urbanistica dell’opera per cui è causa, sulla quale l’amministrazione comunale di … non si sarebbe ancora pronunciata.

    Conclusivamente per la …, la mancata applicazione alla fattispecie in esame del differimento dei termini per il completamento dei programmi – di cui all’art. 4 del D.M. n. 215/2006 (modificativo del Dm. 31/7/2000, n. 320), e la conseguente revoca delle agevolazioni di cui al “Patto Territoriale” in oggetto, appare priva di un fondamento di razionalità, sottraendo di significato la stessa disciplina più favorevole invocata, non ravvisandosi i presupposti per pronunciare la decadenza, sulla cui valenza senz’altro influisce la situazione soggettiva del beneficiario per le maggiori complessità procedimentali incontrate per far valere la conformità urbanistica dell’opera, preliminare alla realizzazione del progetto.

    In estrema sintesi dunque, la particolare complessità del procedimento autorizzatorio edilizio contrassegnante la vicenda in esame, impone l’applicazione dell’art. 4, comma 2 del D.M. 27.5.2006 n. 2156 a termini del quale il termine di ventiquattro o quarantotto mesi per portare a compimento l’intervento finanziato decorre dalla data del rilascio dell’ultima autorizzazione necessaria a dichiarare l’inizio dei lavori.

    5. Ad avviso del Collegio gli illustrati sintetizzati profili di doglianza non si prestano a favorevole considerazione e vanno conseguentemente disattesi, impattando, conviene anticipare le conclusioni cui si perverrà, con lo stadio ormai definito – come si vedrà sulla scorta dei provvedimenti emessi dal Comune di … sulla pratica edilizia – del procedimento autorizzatorio edilizio di sanatoria concernente il progetto e il programma oggetto dell’intervento della ricorrente inizialmente ammesso a finanziamento, procedimento che non è più in fieri e in divenire, di talché appaia logico e coerente con l’impianto dell’art. 4, D.M. n. 215/2006 infondatamente invocato, ancorare il dies a quo di decorrenza del termine di ultimazione, dall’ultima autorizzazione occorrente all’inizio dei lavori. Il procedimento autorizzatorio è stato infatti da tempo definito in senso negativo alla ricorrente dal Comune di …, ragion per cui non si apprezza l’emersione di uno spazio di consentita applicazione della disposizione invocata che presuppone versarsi in ipotesi di procedimento autorizzatorio edilizio particolarmente complesso e pluriarticolato e che sia, preliminarmente e necessariamente ancora in essere e non già concluso.

    5.1. Orbene, venendo in medias res va evidenziato che il Ministero intimato, a seguito delle osservazioni endoprocedimentali ex art. 8, L. n. 241/1990 fatte pervenire dalla ricorrente in riscontro della comunicazione di avvio del procedimento di revoca del finanziamento del 17.2.2011 prot. 6177, ha evidenziato le ragioni per le quali le stesse non erano meritevoli di accoglimento con nota del 21.7.2011 prot. 26261 (Doc. 7 produzione Avvocatura di Stato del 11.3.2014), precisando che l’art. 4 del D.M. n. 215/2006 che detta disposizioni in tema di proroga e differimento dei termini di realizzazione degli investimenti è applicabile nelle ipotesi in c ui per la complessità dei programmi, l’iter burocratico volto all’ottenimento dei permessi edilizi non sia ancora concluso e pertanto i termini di ultimazione decorrono dalla data dell’ultima autorizzazione occorrente a dichiarare l’inizio dei lavori.

    Viceversa, la P.A. procedente ha rammentato alla … che il Comune di …, con nota prot. 3286 del 29.5.2009 (doc. 11 produzione Avvocatura cit.) ha comunicato alla stessa che il procedimento autorizzatorio edilizio era da ritenersi concluso negativamente poiché la richiesta di concessione in sanatoria prot. 4703 del 5.9.2001 era stata definitivamente archiviata come comunicato alla ricorrente con nota prot. 3233 del 26.5.2009 e il cambio di destinazione d’uso da fienile a civile abitazione concernente l’immobile oggetto del programma finanziato richiesto con DIA del 28.11.2006 non era assentibile poiché non era stato rilasciato il parere di conformità in quanto dal 18.11.2006 il fabbricato ricade in zona A4, area di alta attenzione per il rischio idrogeologico.

    5.2. Orbene, la disposizione che rileva nella fattispecie è costituita dall’art. 4 co. 2,del D.M. n. 3320/2000, che disciplina specificamente i programmi d’investimento di importo superiore a € 1.500.000 quali quello all’esame e che stabilisce “Per i programmi d’investimento, relativi ad iniziative agevolate a valere sui Patti Territoriali e sui Contratti d’Area, superiori a 1,5 milioni di euro, la cui realizzazione comporta complessità tali da richiedere più articolati e specifici procedimenti autorizzativi, i quarantotto mesi o, in caso di rimodulazione, i ventiquattro mesi di cui al comma 1 decorrono dalla data di rilascio da parte delle amministrazioni competenti dell’ultima autorizzazione necessaria a dichiarare l’inizio dei lavori”.

    Il tenore testuale della norma non lascia adito a dubbi in ordine alla circostanza che debba essersi al cospetto di “più articolati e specifici procedimenti autorizzativi” richiesti da interventi particolarmente complessi; procedimenti che necessariamente debbono essere ancora in fieri, atteso che l’ultima parte della disposizione fa decorrere il termine di ventiquattro mesi fissato per l’ultimazione delle opere, dalla data di rilascio dell’ultima autorizzazione occorrente.

    Il che pone la fattispecie all’esame al di fuori dell’ambito di applicazione della norma, posto che come sopra illustrato, il procedimento edilizio avente ad oggetto il programma di investimenti della ricorrente, si era già concluso al momento della presentazione dell’istanza di differimento o proroga del termine, come attesta la nota del Comune di … del 29.5.2009 inviata alla Comunità Montana del … (doc 11 produzione Avvocatura di Stato del 11.3.2014).

    Viene dunque individuata una prima fondamentale ragione di rigetto dell’istanza della ricorrente e conseguentemente del ricorso in scrutinio.

    5.3. Giova comunque richiamare in materia la sopra citata pronuncia della Sezione che il Collegio fa propria e condivide, resa sulla stessa fattispecie normativa in ossequio alla quale l’Amministrazione delle Attività produttive ha disposto la revoca con il decreto impugnato, ha chiarito, in aderenza a precedente decisione del giudice d’appello, che “Nella vicenda in esame la normativa di riferimento circa il rispetto dei tempi per il completamento dell’investimento (la più volte citata norma di cui all’art. 12, comma 3, lettera e), del d.m. n 320/2000) non lascia alcun spazio per eventuali cause di non imputabilità addebitabili al beneficiario di incentivi pubblici.”

    Va rammentato che precedente giurisprudenza ha ritenuto nella materia della revoca di finanziamenti pubblici concessi ne quadro della programmazione negoziata attuata mediante il modulo pubblicistico negoziale dei c.d. Patti territoriali o contratti d’area disciplinati dal D.M. n. 320/2000, irrilevante la questione della imputabilità o meno al beneficiario del mancato rispetto del termine di completamento dell’intervento rilevando che “Non occorre una motivazione particolare sul pubblico interesse alla “revoca” (trattandosi di c.d. revoca per inadempimento-atto vincolato) ed è applicabile l’art. 12 terzo comma lett. e) del Regolamento dettato con D.M. 31.7.2000, n. 320 specificamente in tema di Patti Territoriali che impone la revoca totale del finanziamento nell’ipotesi di iniziativa imprenditoriale non ultimata entro 48 mesi eccezionalmente prorogabili per altri dodici mesi, indipendentemente dalla colpa del sovvenzionato”(T.A.R, Puglia, Lecce, sez. I, 11.1.2006, n. 77; T.A.R. Lazio, sez. III ter, 19.1.2010, n. 461 e 8.4.2010, n. 5917).

    Anche il T.A.R. Lazio aveva delineato un principio di irrilevanza esimente dell’eventuale mancanza di colpa del beneficiario della provvidenza in ordine al mancato completamento delle opere afferenti al programma finanziato rispetto ai tempi normativamente prescritti, condivisibilmente statuendo che “Al fine di ottenere la proroga dei termini di ultimazione dei lavori devono ravvisarsi impedimenti di carattere straordinario da giustificare l’interruzione dei termini stabiliti per la realizzazione dell’iniziativa. Va considerato, a mente dell’art. 12 comma 3, sub lett. e) d.m. n. 320 del 2000, che va disposta la revoca delle agevolazioni “qualora l’iniziativa non venga ultimata entro 48 mesi dalla data di inizio dell’istruttoria, convenzionalmente identificata con la data di presentazione della relativa richiesta, salvo che il termine stesso sia prorogato; la proroga può essere concessa una sola volta e per un periodo non superiore a 12 mesi (…)”; altresì, i programmi debbono concludersi, per i patti di prima generazione, dalla data dei singoli decreti di concessione provvisoria.” (T.A.R. Lazio – Roma, Sez. III, 3/12/2007, n. 12100).

    5.4. Particolarmente pertinente alla fattispecie in esame, per una corretta interpretazione dell’art. 12, comma 3, lett. e) del D.M. n. 320/2000 e dell’art. 9, comma 1, del D.L. vo n. 123/1998 è la motivazione offerta dal Consiglio di Stato in sede di appello sulla suddetta sentenza n. 77/2006 del T.A.R. Puglia, rilevando che:” L’appello è, tuttavia, infondato e come tale va respinto. Come correttamente ritenuto dal Tribunale amministrativo regionale, l’esaminata fattispecie è riconducibile all’ipotesi di cui all’art. 12, terzo comma, del regolamento approvato con D.M. 31 luglio 2000, n. 320, secondo il quale, fermo restando quanto previsto dall’art. 9 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 123, il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica provvede alla revoca delle agevolazioni (tra l’altro) quando l’iniziativa non venga ultimata entro quarantotto mesi dall’inizio dell’istruttoria. Di modo che, nel caso in esame, stante l’accertamento – peraltro non contestato – del mancato completamento dell’impianto per la cui esecuzione era stato disposto il finanziamento, all’amministrazione competeva il potere – dovere di disporre la revoca del contributo, senza alcuna necessità di previa verifica dell’imputabilità del ritardo al beneficiario e di particolare motivazione in ordine alle particolari ragioni di pubblico interesse che giustificassero l’adozione dell’atto, correttamente qualificato di decadenza accertativa….La mancanza di discrezionalità dell’Amministrazione nell’adozione della revoca, e la qualificazione del provvedimento quale revoca decadenziale, rendendo, inoltre, del tutto ininfluenti le ulteriori censure dedotte dall’appellante in merito all’asserita necessità di una previa verifica sull’imputabilità dolosa o colposa della mancata realizzazione del programmato impianto. Né infine può aderirsi alla tesi dell’appellante secondo la quale l’intervenuto sequestro penale dello stabilimento avrebbe dovuto essere qualificato come factum principis preclusivo della declaratoria di decadenza o comunque comportante necessariamente l’obbligo di una concessione di proroga del termine assegnato per la realizzazione dell’impianto; la decadenza, infatti, è stata pronunciata non già e, comune, non soltanto, a causa dell’indagine penale che aveva portato al sequestro dell’impianto, quanto anche e soprattutto a seguito della verifica straordinaria del responsabile del competente ufficio dell’amministrazione che ha concluso per la non fattibilità dell’iniziativa” (C. di S. sez. VI, 10.2.2006, n. 550).”

    La Sezione, nella pronuncia segnalata ha condivisibilmente delineato la ratio del cennato automatismo decadenziale – revocatorio, individuante quasi una sorta di responsabilità oggettiva per il fatto del mancato rispetto dei termini fissati per l’ultimazione dell’intervento: “emerge la presenza non di discrezionalità amministrativa, ma di un potere vincolato nella specie esercitato dall’Amministrazione, come emergente dalle rigorose disposizioni comminatorie della decadenza “accertativa” (o automatica) contenute nell’art. 12 del D.M. n. 320/2000; ciò è coerente con la ratio delle stesse disposizioni, tenuto conto che la disciplina delle agevolazioni attiene al particolare istituto dei “Patti Territoriali”, rientranti nel quadro della c.d. “Programmazione negoziata” di cui alla legge 23 dicembre 1996, n. 662 e regolamentati con deliberazione del C.i.p.e. 21 marzo 1997, nell’ambito dei quali sono unitariamente ricompresi una pluralità di interventi finalizzati allo sviluppo dell’area territoriale interessata (nel settore dell’industria, dei servizi, dell’agricoltura, del turismo, ecc.) tra loro strettamente integrati e connessi, e che pertanto devono tutti essere, inderogabilmente, completati entro un margine temporale rigidamente prefissato in via regolamentare nei suoi limiti massimi, onde consentire il concreto raggiungimento del risultato prefissato, id est, l’impulso economico dell’area interessata”.

    6. Tutto ciò precisato in chiave più generale, ritiene tuttavia il Collegio di svolgere delle precisazioni, sulle quali non si rinviene giurisprudenza specifica, in ordine alla ricognizione dei presupposti fissati dalla normativa dettata con il D.M. n. 320/2000 ai fini della concessione del beneficio della proroga dei termini per l’ultimazione degli interventi ammessi ai finanziamenti di cui ai Patti territoriali o contratti d’area regolamentati con il predetto decreto ministeriale.

    Orbene, presupposto basilare ed indefettibile è l’aver realizzato almeno il 50% dell’investimento al momento della presentazione dell’istanza di proroga dei termini (Art. 12 – ter, comma 1, D.M.).

    Ebbene, l’art.12- ter del Decreto ministeriale – 31/07/2000, n.320, inserito dall’articolo 4 del D.M. 27 aprile 2006, n. 215, come modificato dall’articolo 1 del D.M. 4 febbraio 2009, n. 65, è rubricato “Differimento dei termini per il completamento dei programmi” e così dispone:

    “1. Per le iniziative imprenditoriali agevolate a valere sui patti territoriali e sui contratti d’area, qualora queste alla data di ultimazione, ovvero alla scadenza dei 48 mesi o, in caso di rimodulazioni, dei 24 mesi, entrambi eventualmente prorogati di 12 mesi, risultino realizzate in misura non inferiore al 50 per cento degli investimenti ammessi, è disposto, su richiesta dell’impresa interessata, un differimento dei termini per il completamento del programma, comunque non superiore a ulteriori 12 mesi. Per la dimostrazione della realizzazione del predetto limite si applicano le disposizioni di cui all’articolo 12-bis. In sede di prima applicazione, il predetto limite del 50 per cento deve essere accertato alla data del 31 dicembre 2005” . A sua volta il comma 2 detta una specifica disposizione per i programmi d’investimento di importo superiore ad € 1.500.000 stabilendo che “2. Per i programmi d’investimento, relativi ad iniziative agevolate a valere sui Patti Territoriali e sui Contratti d’Area, superiori a 1,5 milioni di euro, la cui realizzazione comporta complessità tali da richiedere più articolati e specifici procedimenti autorizzativi, i quarantotto mesi o, in caso di rimodulazione, i ventiquattro mesi di cui al comma 1 decorrono dalla data di rilascio da parte delle amministrazioni competenti dell’ultima autorizzazione necessaria a dichiarare l’inizio dei lavori.”.

    E’ evidente che la seconda norma presuppone comunque che sia integrata la fattispecie generale definita al comma 1, la quale si caratterizza fondamentalmente per la circostanza che l’impresa beneficiaria della provvidenza abbia realizzato un importo dei lavori non inferiore al 50% degli investimenti ammessi; solo una volta traguardata tale soglia, nel caso di programmi di importo superiore ad € 1.500.000 di complessità tale da richiedere più articolati e specifici provvedimenti autorizzativi edilizi, il termie di ultimazione decorrerà dall’ottenimento dell’ultima autorizzazione occorrente a dichiarare l’inizio dei lavori.

    Ma la precondizione affinché possa essere riconosciuta la proroga o il differimento è data comunque dall’avere l’impresa beneficiaria realizzato almeno il 50% dell’importo dell’intervento, senza la quale l’istanza di proroga o differimento non risulta neanche ammissibile.

    Orbene, la ricorrente non versava all’atto della presentazione dell’istanza di proroga, nella condizione delineata al primo comma dell’art. 12 –ter del D.M. n. 320/2000, non avendo a quella data realizzato almeno il 50% dell’importo totale dell’investimento.

    Invero, come essa stessa afferma in ricorso, “nel maggio del ’09 la società richiedeva l’erogazione della I° quota del predetto contributo di cui era beneficiaria in relazione all’avvenuta esecuzione a proprio carico, in conformità al programma approvato per l’ investimento, delle opere murarie sulla struttura da adibire ad albergo – ristorante con completamento del primo piano, per un importo sostenuto di € 549.110,00 regolarmente contabilizzato”, poi precisando che “Tale istanza faceva seguito alla domanda di proroga dei termini di realizzazione del progetto presentata nell’aprile del 2009 dalla ricorrente”(Ricorso, pag. 2).

    Ne consegue che ad aprile 2009, all’atto della presentazione dell’istanza di proroga, la deducente aveva realizzato solo la suindicata somma di € 549.110,00 a fronte di un importo finanziato di € 1.640.471,59.

    La ricorrente non aveva pertanto diritto alla proroga del termine di ultimazione dell’intervento, non avendo realizzato almeno il 50% dell’importo predetto.

    6.1. Il che è ragione sufficiente alla pronuncia di rigetto dell’istanza di proroga, fermo restando che, come più sopra chiarito, non risulta applicabile alla fattispecie nemmeno il comma 2 dell’art 12-ter, infondatamente invocato in ricorso, atteso che il procedimento autorizzatorio edilizio di particolare complessità che tale norma vuole che sia ancora in essere, risultava già concluso – e in senso negativo all’istante – come si attesta nella nota del 29.5.2009 del comune di … più sopra esaminata.

    In definitiva, al di là della imputabilità o meno del mancato rispetto del termine di ultimazione, alla sfera di dominio della ricorrente, stante la delineata circostanza ostativa afferente al mancato raggiungimento della quota del 50% dell’importo dei lavori, la … non aveva diritto a conseguire la proroga o il differimento del termine di ultimazione dell’intervento ammesso a finanziamento.

    Per le suesposte ragioni, pertanto, il ricorso si profila radicalmente infondato e va conseguentemente respinto.

    Le spese seguono la soccombenza nell’importo liquidato in dispositivo.

    P.Q.M.

    Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

    Condanna la ricorrente a pagare le spese di lite, che liquida in € 1.500,00 (millecinquecento) oltre accessori di legge a favore del Ministero … e in € 1.500,00 (millecinquecento) oltre accessori di legge a favore della Comunità Montana del ….

    Ordina che la presente Sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

    Così deciso in Napoli nella Camera di consiglio del giorno 13 febbraio 2018 con l’intervento dei Magistrati:

    Gianmario Palliggiano, Presidente FF

    Alfonso Graziano, Consigliere, Estensore

    Giuseppe Esposito, Consigliere

     
     
    L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
    Alfonso Graziano Gianmario Palliggiano
     
     
     
     
     

    IL SEGRETARIO

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