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Attivazione del meccanismo revisionale dei prezzi negli appalti di servizi – Onere del privato contraente – rimedi in caso di silenzio della P.A. 

    TAR NAPOLI, SEZ V, sentenza 17 ottobre 2018, N. 6048

     (Presidente Scudeller, Estensore D’Alterio)

    Attivazione del meccanismo revisionale dei prezzi negli appalti di servizi – Onere del privato contraente – rimedi in caso di silenzio della P.A. 

    Il procedimento di revisione dei prezzi negli appalti di servizi e forniture, ai sensi dell’art. 115 del decreto legislativo n. 163 del 2006, ha una struttura bifasica poiché in capo all’appaltatore è configurabile una posizione di interesse rispetto all’attività autoritativa dell’amministrazione volta all’accertamento dell’an della pretesa, e di diritto soggettivo rispetto al quantum, una volta riconosciuta la spettanza di un compenso revisionale.

    Alla riconosciuta connotazione autoritativa del potere di verifica della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del compenso revisionale, consegue, in termini di tutela giurisdizionale, che il privato contraente potrà avvalersi solo dei rimedi e delle forme tipiche di salvaguardia dell’interesse legittimo, di talché:

    – sarà sempre necessaria l’attivazione, su istanza di parte, di un procedimento amministrativo nel quale l’Amministrazione dovrà svolgere l’attività istruttoria volta all’accertamento della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del compenso revisionale, compito che dovrà sfociare nell’adozione del provvedimento che riconosce il diritto al compenso revisionale e ne stabilisce anche l’importo, il quale deve essere impugnato nel termine decadenziale di legge;

    – in caso di inerzia da parte della stazione appaltante, a fronte della specifica richiesta dell’appaltatore, quest’ultimo potrà impugnare il silenzio inadempimento prestato dall’Amministrazione nel termine di cui all’art. 31 c.p.a., ma non potrà demandare in via diretta al giudice l’accertamento del diritto, non potendo questi sostituirsi all’amministrazione rispetto ad un obbligo di provvedere gravante su di essa.

    Massima a cura degli Avv.ti Fabrizia Iovino e Paolo Scannavino

    Pubblicato il 17/10/2018

    06048/2018 REG.PROV.COLL.

    01322/2014 REG.RIC.

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    REPUBBLICA ITALIANA

    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

    Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

    (Sezione Quinta)

    ha pronunciato la presente

    SENTENZA

    sul ricorso numero di registro generale 1322 del 2014, proposto da
    … s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato …., con domicilio eletto presso lo studio legale ….. in Napoli, ….;

    contro

    Asl ….;

    per l’accertamento

    del diritto della ricorrente, per la propria quota parte pari al 18,77% alla revisione del prezzo di appalto ai sensi dell’art. 115 d.lgs. n. 163/2006 con riferimento al contratto 24 ottobre 2000 rep. n. 1471, nonché per la condanna dell’Asl …. al pagamento delle somme dovute a titolo di revisione del prezzo.

    Visti il ricorso e i relativi allegati;

    Visti tutti gli atti della causa;

    Relatore la dott.ssa Maria Grazia D’Alterio e uditi nell’udienza pubblica del giorno 17 luglio 2018 per le parti i difensori come specificato nel verbale;

    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

    FATTO e DIRITTO

    1. La società … ha partecipato in A.t.i. con la società … ad una procedura di gara indetta dalla ASL … per l’affidamento del servizio di pulizia dei locali dei presidi ospedalieri e delle strutture sanitarie e amministrative esistenti nel comprensorio della predetta ASL, risultando aggiudicataria.

    1.1 Il contratto, di durata triennale, è stato stipulato in data 24 ottobre 2000 per un canone annuo di £ 5.759.400.000 (la quota percentuale della ricorrente era del 18,77% per un importo annuo di £ 1.081.039.380 oltre Iva) e prorogato sino al 31 marzo 2008.

    1.2 Benché nel contratto d’appalto non fosse contenuta la clausola di revisione dei prezzi di cui all’art. 6 della legge n. 537/1993 (trasfuso nell’art. 115 del d.lgs. n. 163/2006), nel corso degli ultimi anni (da ultimo, con lettera raccomandata del 22 ottobre 2013), la ricorrente ha presentato alla amministrazione sanitaria diverse richieste di pagamento delle somme dovute a titolo di revisione prezzi, per un credito stimato, in base a perizia giurata basata sugli indici Foi, di € 628.045,88 al 31 marzo 2013, per il periodo 1° settembre 2000 – 31 marzo 2008, senza tuttavia ottenere alcuna risposta.

    2.Con il ricorso in esame …, deducendo violazione dell’art. 6 della legge n. 537/1993 (trasfuso nell’art. 115 del d.lgs. n. 163/2006), chiede:

    a) l’accertamento del suo diritto alla revisione prezzi in relazione al rapporto contrattuale sopra richiamato;

    b) la condanna della A.s.l. … (già A.s.l. …) al pagamento delle somme dovute per il rapporto contrattuale intercorso tra il 1° settembre 2000 e il 31 marzo 2008, maggiorate degli interessi e della rivalutazione monetaria nonché il risarcimento del danno asseritamente spettante ai sensi dell’art. 1218 c.c..

    La A.s.l. …, ancorché formalmente intimata, non si è costituita in giudizio.

    All’udienza pubblica del 25 gennaio 2018 il Collegio ha prospettato a verbale ai sensi dell’art. 73 c. 3 del c.p.a. “profili di inammissibilità con riguardo agli artt. 117 e 31 del c.p.a. in particolare relativamente alla domanda di revisione dei prezzi indirizzata all’Amministrazione”, contestualmente concedendo termini a difesa e disponendo il richiesto rinvio.

    La società ricorrente ha presentato articolata memoria in vista dell’udienza pubblica del 17 luglio 2018, all’esito della quale la causa è stata incamerata per la decisione.

    Preliminarmente ed in rito il Collegio deve farsi carico di valutare l’ammissibilità dell’azione di accertamento e di condanna spiegata dalla ricorrente in relazione alla controversia de qua, involgente il riconoscimento del compenso revisionale nell’ambito di un appalto di servizi, azionata sul presupposto della titolarità di una posizione di diritto soggettivo.

    6.1 In termini generali gioverà precisare che la pretesa azionata dalla società ricorrente si fonda sulle disposizioni di cui all’art. 115 del decreto legislativo n. 163 del 2006 (che riprende la formulazione già contenuta nell’art. 6 della legge 24 dicembre 1993 n. 537), per cui “Tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo. La revisione viene operata sulla base di una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell’acquisizione di beni e servizi sulla base dei dati di cui all’articolo 7, comma 4, lettera c) e comma 5″.

    Nella giurisprudenza amministrativa è ormai costante l’affermazione secondo cui la predetta norma ha carattere imperativo, in quanto attinente all’ordine pubblico-economico, sicché la stessa si sostituisce di diritto ad eventuali pattuizioni contrarie (o mancanti) nei contratti pubblici di appalti di servizi e forniture ad esecuzione periodica o continuativa (cfr. ex multis, Consiglio Stato, Sez. V, 20 agosto 2008 n. 3994, 16 giugno 2003 n. 3373, 19 febbraio 2003 n. 916 e 8 maggio 2002 n. 2461).

    La ratio della normativa in esame è stata rinvenuta nell’esigenza di munire i contratti di forniture e servizi di un meccanismo che, a cadenze determinate, comportasse la definizione di un “nuovo” corrispettivo per le prestazioni oggetto del contratto riferito alla dinamica dei prezzi registrata in un dato arco temporale di riferimento, con beneficio di entrambi i contraenti, poiché l’appaltatore vede ridotta, anche se non eliminata, l’alea propria dei contratti di durata, e la stazione appaltante vede diminuito il pericolo di un peggioramento di una prestazione divenuta onerosa o, addirittura, di un rifiuto dell’appaltatore a proseguire nel rapporto, con inevitabile compromissione degli interessi pubblici (cfr. Cons. St., Sez. III, 9 aprile 2014 n. 1697).

    6.2 In ragione del concorso di situazioni di interesse legittimo e di diritto soggettivo, l’intera disciplina della revisione prezzi rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, così come disegnata dall’art. 133 c.p.a., comma 1, lett. e) n. 2, (ma già precedentemente attribuite a detta giurisdizione esclusiva ai sensi dell’art. 244, terzo comma, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163).

    Tuttavia, l’individuazione del giudice amministrativo quale giudice competente per le questioni relative alla clausola di revisione del prezzo e al relativo provvedimento applicativo” nonché “ai provvedimenti applicativi dell’adeguamento prezzi ai sensi dell’art. 133, commi 3 e 4 del d.lgs. n. 163 del 2006”, non certo incide sui mezzi di difesa offerti alla parte che chiede tutela giurisdizionale, atteso che le azioni esperibili restano scriminabili a seconda della natura della posizione soggettiva che si assume lesa.

    6.3 Dunque, onde individuare gli appropriati strumenti di tutela giurisdizionale offerti dal sistema e azionabili dall’appaltatore che invoca il diritto alla revisione prezzi, occorrerà precisare quale sia la consistenza della posizione giuridica di cui lo stesso è titolare.

    Sul punto, il Collegio intende richiamare la consolidata giurisprudenza la quale, rimarcando la struttura bifasica del procedimento di revisione prezzi, afferma che in capo all’appaltatore è configurabile una posizione di interesse rispetto all’attività autoritativa dell’amministrazione, in quanto volta all’accertamento dell’an della pretesa e di diritto soggettivo rispetto al quantum, una volta riconosciuta la spettanza di un compenso revisionale (cfr. da ultimo Consiglio di Stato, sez. III, 22 giugno 2018, n. 3827; Tar Campania, Sez. II, 30 agosto 2107, n. 4204).

    Più in dettaglio si è chiarito che:

    – l’istituto della revisione prezzi si atteggia secondo un modello procedimentale volto al compimento di un’attività di preventiva verifica dei presupposti necessari per il riconoscimento del compenso revisionale, al quale è sotteso l’esercizio di un potere autoritativo tecnico-discrezionale nei confronti del privato contraente, potendo quest’ultimo collocarsi su un piano di equiordinazione con l’amministrazione solo con riguardo a questioni involgenti l’entità della pretesa;

    – l’obbligatoria inserzione di una clausola di revisione periodica del prezzo, da operare sulla base di un’istruttoria condotta dai competenti organi tecnici dell’amministrazione, non comporta anche il diritto all’automatico aggiornamento del corrispettivo contrattuale, ma soltanto che l’Amministrazione proceda agli adempimenti istruttori normativamente sanciti (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 22 dicembre 2014, n. 6275 e 24 gennaio 2013 n. 465);

    – la posizione dell’appaltatore è di interesse legittimo, quanto alla richiesta di effettuare la revisione in base ai risultati dell’istruttoria, poiché questa è correlata ad una facoltà discrezionale riconosciuta alla stazione appaltante (ex multis Cass. SS.UU. 31 ottobre 2008 n. 26298), che deve effettuare un bilanciamento tra l’interesse dell’appaltatore alla revisione e l’interesse pubblico connesso al risparmio di spesa ed alla regolare esecuzione del contratto aggiudicato;

    – di conseguenza, la domanda giudiziale deve essere definita secondo un’indagine di tipo bifasico (cfr., in tal senso, ex multis TAR Lazio, Sez. Seconda Quater, 13 aprile 2015, n. 5360; Sez. III, 15 giugno 2012 n. 5505).

    6.4 Alla riconosciuta connotazione autoritativa del potere di verifica della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del compenso revisionale, consegue, dunque, in termini di tutela giurisdizionale, che il privato contraente potrà avvalersi solo dei rimedi e delle forme tipiche di salvaguardia dell’interesse legittimo, di talché:

    – sarà sempre necessaria l’attivazione, su istanza di parte, di un procedimento amministrativo nel quale l’Amministrazione dovrà svolgere l’attività istruttoria volta all’accertamento della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del compenso revisionale, compito che dovrà sfociare nell’adozione del provvedimento che riconosce il diritto al compenso revisionale e ne stabilisce anche l’importo, il quale deve essere impugnato nel termine decadenziale di legge (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 27 novembre 2015 n. 5375; 24 gennaio 2013 n. 465);

    – in caso di inerzia da parte della stazione appaltante, a fronte della specifica richiesta dell’appaltatore, quest’ultimo potrà impugnare il silenzio inadempimento prestato dall’Amministrazione, ma non potrà demandare in via diretta al giudice l’accertamento del diritto, non potendo questi sostituirsi all’amministrazione rispetto ad un obbligo di provvedere gravante su di essa (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 24 gennaio 2013, n. 465).

    6.5 Va da sé, dunque, l’impossibilità per questo giudice amministrativo, in forza della richiamata giurisprudenza, condivisa pienamente dal Collegio, di procedere all’accertamento e alla condanna rispetto ad una pretesa che, nella sua fase iniziale, presuppone l’esercizio di attività amministrativa e si connota, pertanto, in termini di interesse legittimo.

    7. Nel caso in esame, tuttavia non è possibile obliterare la circostanza che la società ricorrente ha proceduto alla formalizzazione di plurime istanze rivolte all’Amministrazione, in vista dell’attivazione del procedimento per il riconoscimento della pretesa azionata, di talché ben può interpretarsi l’istanza ultima del 22 ottobre 2013 come richiesta di avvio del procedimento di revisione prezzi, e l’azione promossa come tendente, nella sua misura minima, all’accertamento dell’illegittimità del silenzio-inadempimento rispetto a detta richiesta, così come del resto richiesto in via subordinata dalla ricorrente con memoria del 15 giugno 2018.

    7.1 Ritiene, pertanto, il Collegio potersi far applicazione dell’articolo 32, comma 2, c.p.a. a mente del quale “Il giudice qualifica l’azione proposta in base ai suoi elementi sostanziali. Sussistendone i presupposti il giudice può sempre disporre la conversione delle azioni”, sicché, sussistendone i presupposti di legge ben può disporsi la conversione dell’azione spiegata dalla società … (di accertamento del diritto alla revisione prezzi e conseguente condanna), da intendersi anche rivolta, in ragione del principio per cui il più contiene il meno, a conseguire l’accertamento dell’obbligo dell’amministrazione resistente di provvedere sull’istanza presentata dalla società, nei termini di cui all’azione disciplinata dall’art. 117 c.p.a..

    Né a tale soluzione è di ostacolo l’adozione del rito ordinario, giacché esso comporta un surplus di tutela rispetto alla trattazione della causa con il rito camerale del silenzio e non incide in senso invalidante sul rapporto processuale.

    7.2 Ciò posto, va dunque dichiarata l’illegittimità del silenzio serbato dall’Amministrazione sulla predetta istanza della società, risultando certamente censurabile il comportamento silente dell’ASL che, pur a fronte di uno specifico obbligo di provvedere nell’ambito del procedimento attivato dalla ricorrente, è rimasta silente, stimandosi del tutto irrilevante la mancata previsione contrattuale della clausola di revisione prezzi, atteso, per quanto esposto innanzi, il suo carattere imperativo e la sua forza eterointegrativa.

    Invero, l’Amministrazione aslina era certamente tenuta, in forza della normativa innanzi richiamata ed invocata dalla società a procedere agli adempimenti istruttori normativamente previsti al fine di una preventiva verifica dei presupposti necessari per il riconoscimento del compenso revisionale e, dunque, a dare adeguato e tempestivo riscontro alle specifiche istanze formulate dalla ricorrente.

    8. Quanto all’ulteriore istanza di cui all’ultima memoria di parte ricorrente, con cui si insiste per l’accertamento della fondatezza della pretesa sottesa all’istanza rimasta inevasa dall’Amministrazione, il Collegio ritiene che la stessa non può ricevere favorevole scrutinio, mancando i presupposti previsti dall’art. 31, comma 3, cod. proc. amm..

    Infatti, per quanto è emerso, nel caso sottoposto all’esame del Collegio non si verte nell’ambito di attività vincolata, permanendo ampi margini di discrezionalità tecnica in capo all’Amministrazione, cui competono, comunque, in relazione alle istanze di cui si tratta, necessari ulteriori adempimenti istruttori.

    9. In conclusione il ricorso è in parte accolto, dovendosi inoltre fissare il termine di 60 giorni dalla comunicazione o notifica della presente sentenza affinché l’Amministrazione si pronunci con provvedimento espresso sull’istanza de qua

    Le spese di lite sono poste a carico dell’ASL … e di esse è fatta liquidazione in dispositivo.

    P.Q.M.

    Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, sede di Napoli, Sez. V, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, previa riconversione dell’azione ex art. 32 c.p.a., lo accoglie in parte e, per l’effetto, accerta l’illegittimità del silenzio serbato sull’istanza della ricorrente del 22 ottobre 2013, contestualmente ordinando all’Amministrazione di provvedere con provvedimento espresso entro il termine di 60 giorni dalla comunicazione o notifica della presente sentenza.

    Condanna l’Asl … alla refusione delle spese di lite che liquida in complessivi €. 1.500,00, oltre accessori come per legge.

    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

    Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 17 luglio 2018 con l’intervento dei magistrati:

    Santino Scudeller, Presidente

    Diana Caminiti, Consigliere

    Maria Grazia D’Alterio, Primo Referendario, Estensore

     
     
    L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
    Maria Grazia D’Alterio Santino Scudeller
     
     
     
     
     

    IL SEGRETARIO

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