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Sent. n. 4056/19 VII Sezione TAR Campania – Concessioni demaniali marittime. Obbligatorietà di procedure concorsuali di evidenza pubblica. Rideterminazione durata temporale di concessione rilasciate. Art. 34 duodecies, co. 1 L. 221/12

    1-Concessioni demaniali marittime. Obbligatorietà di procedure concorsuali di evidenza pubblica.

    I principi comunitari che impongono procedure concorsuali trasparenti e non discriminatorie si applicano alle concessioni demaniali, anche a prescindere dal recepimento in specifiche norme comunitarie, nazionali e regionali di attuazione e nonostante l’esistenza nel diritto degli Stati membri di disposizioni in contrasto, le quali sono destinate a recedere di fronte alla prevalenza del diritto europeo (TAR Campania, sez. VII, 13.4.2015, n. 3673).

    L’ANAC ha confermato la necessità dell’adozione di procedure ad evidenza pubblica anche per il rilascio di concessioni demaniali affermando che “tutte le volte in cui, attraverso il rilascio della concessione marittima, si realizza l’affidamento di una concessione di costruzione e gestione di opere pubbliche o di servizi pubblici, la concessione demaniale è soggetta sia agli obblighi di comunicazione all’Osservatorio e di contribuzione verso l’Autorità sia agli obblighi di tracciabilità dei flussi finanziari” (parere del 15.02.2013 reso all’Autorità Portuale di Cagliari ).

     

    2- Rideterminazione durata temporale di concessioni rilasciate. Art.34 duodecies, co.1 L.221/12.

    L’ epigrafato articolo (di conversione del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179) ha esteso fino al 31 dicembre 2020 la proroga già contenuta all’art. 1, comma 18, del D.L. n. 194/09.

    La legittimità — rispetto ai principi tanto della normativa europea quanto del diritto interno — di tale unica disposizione di favore, rispetto alla ulteriore vigenza delle concessioni in atto, può ritenersi tale solo alla luce della necessità del legislatore nazionale di disporre di un congruo periodo di tempo per conformare la normativa nazionale a quella comunitaria.

    Il legislatore italiano ha definitivamente espunto dal nostro ordinamento qualsivoglia norma che consentisse proroghe o rinnovi delle concessioni (il rinnovo di cui all’art. 1, comma 2, del D.L. n. 400/93, è stato, infatti abrogato ad opera dell’articolo 11 della L. n. 217/11), e ciò proprio al fine di evitare la sanzione a comminarsi da parte della Comunità Europea. Allo stato, quindi, non esiste alcuna norma che possa consentire alla P.A. di rideterminare la durata temporale delle concessioni già rilasciate.

     

    Massima a cura dell’Avv. Vittoria Chiacchio e della dott.ssa Fabia Balletta

    Pubblicato il 24/07/2019

    1. 04056/2019 REG.PROV.COLL.
    2. 01360/2016 REG.RIC.

    REPUBBLICA ITALIANA

    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

    Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

    (Sezione Settima)

    ha pronunciato la presente

    SENTENZA

    sul ricorso numero di registro generale 1360 del 2016, proposto da
    …, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa da…, domicilio pec come da Registri di Giustizia, domicilio fisico in Napoli … presso lo studio dell’avv. …;

    contro

    Comune di …, in persona del Sindaco legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso da…, domicilio pec come da Registri di Giustizia, domicilio fisico in Napoli alla via …;

    per l’annullamento

    del provvedimento di rigetto dell’istanza di rideterminazione durata della concessione demaniale avanzata dal ricorrente adottata dal Comune di…in data 14 gennaio 2016, prot. n. 1335, notificata in data 16.01.2016; nonché di ogni altro atto comunque presupposto, connesso o consequenziale

     

    Visti il ricorso e i relativi allegati;

    Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di…;

    Visti tutti gli atti della causa;

    Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 giugno 2019 il dott. Guglielmo Passarelli Di Napoli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

     

    FATTO

    Con ricorso iscritto al n. 1360 dell’anno 2016, la parte ricorrente impugnava i provvedimenti indicati in epigrafe. A sostegno delle sue doglianze, premetteva:

    di essere titolare di una concessione relativa all’occupazione di un’area demaniale, allo scopo di mantenervi uno stabilimento balneare;

    che tale concessione è stata automaticamente prorogata sino al 31 dicembre 2020 in forza della legge di conversione 26 febbraio 2010, n. 25 (art. 1, comma 18, del decreto legge 30 dicembre 2009, n. 194), nonché dell’art. 34-duodecies, comma 1, D.L. 18 ottobre 2012, n 179, convertito con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221 e, successivamente, dell’art. 1, comma 547, L. 24 dicembre 2012, n. 228, per le concessioni in scadenza al 31 dicembre 2013;

    di aver quindi presentato al Comune di … un’istanza volta ad ottenere la rideterminazione della durata del proprio atto concessorio per un periodo di venti anni, a far data dal rilascio del titolo pluriennale richiesto, impegnandosi al tempo stesso ad apportare al bene ogni miglioria necessaria;

    che, tuttavia, il Comune respingeva l’istanza, ritenendo la proroga in contrasto col diritto dell’Unione Europea.

    Instava quindi per l’annullamento degli atti impugnati con vittoria di spese processuali.

    Si costituiva l’Amministrazione per resistere al ricorso, con memorie il cui contenuto sarà più specificamente indicato oltre.

    All’udienza pubblica del 26.06.2019, il ricorso è stato assunto in decisione.

    DIRITTO

    La parte ricorrente impugnava i provvedimenti in epigrafe per i seguenti motivi:

    1) carenza di motivazione; la motivazione è infatti generica e stereotipata, priva di elementi specifici;

    2) l’affidamento di beni del demanio marittimo resta escluso dal campo di applicazione non solo della direttiva servizi del 2006 ma anche della direttiva concessioni del 2014; occorre garantire, come previsto anche dal legislatore comunitario, l’equilibrio economico-finanziario nel suo complesso secondo un principio di corrispettività e normale redditività della concessione medesima;

    3) carenza di motivazione, atteso che il diniego non dà conto né delle garanzie di proficua utilizzazione della concessione, né dell’entità e della rilevanza economica delle opere da realizzare;

    4) violazione dell’art. 10 bis l. n. 241/90, attesa l’omessa comunicazione, prima dell’adozione del provvedimento di diniego, dei motivi ostativi all’accoglimento della domanda.

    L’Amministrazione eccepiva che la ricorrente aveva dapprima presentato un’istanza di proroga della concessione fino al 31.12.2020, ai sensi dell’art. 34-duodecies del D.L. legge 179/12, convertito dalla L. n. 221/12. Eccepiva inoltre che la ricorrente aveva poi presentato poi una diversa ed ulteriore istanza con cui chiedeva, in presunta applicazione del comma 4 bis dell’art. 3 del D.L. 400/93 conv. L. 494/93 (come inserito dal comma 253 dell’art. 1 L. n. 296/06 e modificato dall’art. 11, comma 1 lettera c) della L n. 217/11), di “ottenere la rideterminazione della durata della concessione in oggetto per un periodo di anni venti” e ciò in ragione degli investimenti fatti ed a farsi. Tale seconda proroga non poteva essere concessa – ed infatti veniva negata, col provvedimento impugnato – perché una rideterminazione ventennale di una concessione già in corso contrasterebbe in primo luogo con la stessa ratio della norme invocata, in quanto da applicarsi solo alle future concessioni a rilasciarsi tramite procedure di evidenza pubblica; ed in secondo luogo con i principi comunitari e di diritto interno di libera concorrenza e par condicio, concretizzando di fatto una proroga della concessione demaniale, non prevista dalla normativa.

    Il ricorso non è fondato.

    1.1.Con la prima e con la terza censura, che per ragioni di economia processuale possono essere esaminate congiuntamente, la parte ricorrente si duole, sotto diversi profili, della carenza di motivazione del diniego impugnato.

    1.2. Le censure non sono fondate. Il diniego si basa su due considerazioni: in primo luogo, le norme invocate da parte ricorrente si applicano solo alle future concessioni a rilasciarsi tramite procedure di evidenza pubblica; in secondo luogo, la proroga contrasta con i principi comunitari e di diritto interno di libera concorrenza e par condicio, concretizzando di fatto una proroga della concessione demaniale, non prevista dalla normativa.

    1.3. Tale motivazione appare immune dai vizi di genericità lamentati dalla parte ricorrente. E, d’altronde, se sono fondati i presupposti richiamati dall’Amministrazione, la proroga non può essere rilasciata, senza che sia necessario valutare le garanzie di proficua utilizzazione della concessione, o l’entità e della rilevanza economica delle opere da realizzare.

    2.1. Con la seconda censura, la parte ricorrente sostiene che le norme comunitarie (che impongono la scelta del concessionario con una procedura di evidenza pubblica, con conseguente illegittimità del cd. rinnovo automatico della concessione) non si applicherebbero all’affidamento di beni del demanio marittimo. Anzi, nel caso di specie, non si tratterebbe, a ben guardare, di una proroga o di un rinnovo ma di un semplice adeguamento di una concessione già rilasciata; adeguamento necessario a garantire l’equilibrio economico-finanziario nel suo complesso secondo un principio di corrispettività e normale redditività della concessione medesima.

    2.2. Anche la seconda censura è infondata. Per giurisprudenza costante di questa Sezione, i principi comunitari che impongono procedure concorsuali trasparenti e non discriminatorie si applicano anche alle concessioni demaniali, anche a prescindere dal recepimento in specifiche norme comunitarie, nazionali e regionali di attuazione e nonostante l’esistenza nel diritto degli Stati membri di disposizioni in contrasto, le quali sono destinate a recedere di fronte alla prevalenza del diritto europeo (TAR Campania, sez. VII, 13.4.2015, n. 3673). Contrariamente a quanto sostenuto dalla parte ricorrente, anche l’ANAC, nel parere del 15/02/2013 reso all’Autorità Portuale di Cagliari, ha confermato la necessità dell’adozione di procedure ad evidenza pubblica anche per il rilascio di concessioni demaniali. L’ANAC afferma piuttosto che “tutte le volte in cui, attraverso il rilascio della concessione marittima, si realizza l’affidamento di una concessione di costruzione e gestione di opere pubbliche o di servizi pubblici, la concessione demaniale è soggetta sia agli obblighi di comunicazione all’Osservatorio e di contribuzione verso l’Autorità sia agli obblighi di tracciabilità dei flussi finanziari” (parere del 15.02.2013). Ma, come correttamente rilevato dalla difesa del Comune, ciò non significa affatto che alla concessione demaniale marittima non debba obbligatoriamente accedersi tramite una procedura di evidenza pubblica che ne regoli l’affidamento.

    2.3. È noto che il diritto dell’Unione Europea, conformemente ai principi di libertà di stabilimento (art. 49), libertà di prestazione dei servizi (art. 56), parità di trattamento e divieto di discriminazione in base alla nazionalità (articoli 49 e 56), trasparenza e non discriminazione (art. 106) esige che, qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, l’autorizzazione sia rilasciata in base ad una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e di trasparenza e preveda, in particolare, un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento (direttiva 2006/123/CE, art. 12 comma 1).

    Ciò ha comportato il contrasto dell’art. 37 cod. nav. (che attribuiva preferenza, al momento della scadenza della concessione, al vecchio concessionario) con gli artt. 43 e 81 del Trattato CE (ora artt. 49 e 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea-TFUE), perché tale “diritto di insistenza” in capo a chi era già titolare della concessione costituiva un ostacolo all’accesso al mercato di nuovi operatori economici del settore. Di qui l’apertura, da parte della Commissione europea, della procedura d’infrazione comunitaria n. 2008/4908, per il mancato adeguamento all’articolo 12, comma 2, della direttiva 12 dicembre 2006, n. 2006/123/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai servizi nel mercato interno), il quale vieta qualsiasi forma di automatismo che, alla scadenza del rapporto concessorio, possa favorire il precedente concessionario.

    2.4. Come rilevato dall’Amministrazione nella memoria depositata in data 26.04.2016, “Il legislatore italiano, onde evitare una conclusione sfavorevole del procedimento di infrazione, è intervenuto con l’art. 1, comma 18, del D.L. n. 194/09, prevedendo, da un lato, l’abrogazione dell’articolo 37, comma 2, seconda parte, cod. nav., nella parte in cui riconosceva il diritto di insistenza; dall’altro lato, disponendo la proroga al 31 dicembre 2015 delle concessioni per finalità turistico-ricreative, in scadenza prima di tale data”. La proroga veniva giustificata dalla necessità di prevedere un periodo di transizione, nelle more del procedimento di revisione del quadro normativo in materia di rilascio delle concessioni di beni demaniali marittimi. Successivamente, l’articolo 34 duodecies, comma 1, della L. n. 221/12, (di conversione del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179) ha esteso fino al 31 dicembre 2020 la proroga già contenuta all’art. 1, comma 18, del D.L. n. 194/09.

    2.5. Orbene, come correttamente sostenuto dalla difesa dell’Amministrazione nella citata memoria, “La legittimità — rispetto ai principi tanto della normativa europea quanto del diritto interno — di tale unica disposizione di favore, rispetto alla ulteriore vigenza delle concessioni in atto, può ritenersi tale solo alla luce della necessità del legislatore nazionale di disporre di un congruo periodo di tempo per conformare la normativa nazionale a quella comunitaria”. Se, invece, sulla base della suddetta normativa, si procedesse a rideterminare in venti anni la durata delle concessioni in atto, si determinerebbe una sostanziale elusione della normativa comunitaria, ed in particolare dell’art. 12 della direttiva, pure formalmente recepito dall’art. 16 del D.Lgs. n. 59/2010. Come, infatti, eccepito dalla difesa dell’Amministrazione, “il legislatore italiano ha definitivamente espunto dal nostro ordinamento qualsivoglia norma che consentisse proroghe o rinnovi delle concessioni (il rinnovo di cui all’art. 1, comma 2, del D.L. n. 400/93, è stato, infatti abrogato ad opera dell’articolo 11 della L. n. 217/11), e ciò proprio al fine di evitare la sanzione a comminarsi da parte della Comunità Europea. Allo stato, quindi, non esiste alcuna norma che possa consentire alla P.A. di rideterminare la durata temporale delle concessioni già rilasciate” (memoria depositata in data 26.04.2016).

    2.6. Inoltre, come condivisibilmente osservato dall’Amministrazione resistente, è infondata la pretesa di parte ricorrente, secondo cui la rideterminazione della concessione in essere in venti anni sarebbe del tutto legittima ai sensi dell’articolo 1, comma 253, della L. n. 296/06, il quale — nell’introdurre il comma 4 bis all’art. 3 del D.L. n. 400/93 cit. — disponeva che le concessioni in esame non potessero avere durata superiore a venti anni “in ragione dell’entità e della rilevanza economica delle opere da realizzare e sulla base dei piani di utilizzazione delle aree del demanio marittimo predisposti dalle regioni“. Nel senso indicato da parte resistente si è infatti espressa la Corte costituzionale, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di diverse norme legislative regionali, che per l’appunto garantivano lo stesso risultato perseguito dalla parte ricorrente. In particolare, la Consulta, nella sentenza n. 213/2011, ha precisato che “Tale comma [il comma 1, art. 4, della legge della Regione Marche n. 7 del 2010] stabilisce che ai sensi dell’articolo 03, comma 4-bis, del d.l. n. 400 del 1993, i Comuni, su richiesta del concessionario, possono estendere la durata della concessione fino ad un massimo di venti anni, in ragione dell’entità e della rilevanza economica delle opere realizzate e da realizzare, in conformità al piano di utilizzazione delle aree del demanio marittimo vigente.

    Il legislatore regionale, nel sancire la possibilità di estendere la durata delle concessioni demaniali in corso, ha posto una disciplina che, violando quella introdotta dall’art. 1, comma 18, del d.l. n. 194 del 2009, eccede dalle sue competenze.

    Quest’ultima disposizione, infatti, rende solo possibile – in ragione dell’entità e della rilevanza economica delle opere da realizzare – il rilascio di nuove concessioni di durata superiore a sei anni e comunque non superiore a venti anni.

    La norma impugnata, diversamente, prevede la possibilità di estendere la durata delle concessioni in atto fino al limite di venti anni.

    Il legislatore regionale attribuisce, dunque, al titolare della concessione la possibilità di ottenerne la proroga (seppure in presenza dei presupposti indicati dal richiamato art. 3) e, in tal modo, «viola l’art. 117, primo comma, Cost., per contrasto con i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario in tema di diritto di stabilimento e di tutela della concorrenza. Infatti, la norma regionale prevede un diritto di proroga in favore del soggetto già possessore della concessione, consentendo il rinnovo automatico della medesima. Detto automatismo determina una disparità di trattamento tra gli operatori economici in violazione dei principi di concorrenza, dal momento che coloro che in precedenza non gestivano il demanio marittimo non hanno la possibilità, alla scadenza della concessione, di prendere il posto del vecchio gestore se non nel caso in cui questi non chieda la proroga o la chieda senza un valido programma di investimenti» (sentenza n. 180 del 2010).

    Né, al fine di escludere l’illegittimità della norma impugnata, valgono gli argomenti utilizzati dalla Regione secondo i quali le concessioni non sarebbero prorogate automaticamente, ma previa valutazione caso per caso, in considerazione degli investimenti effettuati, in quanto tale disciplina, per le ragioni indicate, pone un ostacolo all’accesso di altri potenziali operatori economici nel mercato relativo alla gestione di tali concessioni (sentenza n. 340 del 2010)”.

    3.1. È, infine, infondata anche la quarta censura. Per giurisprudenza costante, l’art. 21 octies comma 2 l. n. 241/1990 è infatti applicabile anche in caso di mancata comunicazione del cd. preavviso di diniego di cui all’art. 10 bis l. n. 241/1990, qualora il provvedimento non possa avere un contenuto diverso da quello in concreto adottato (Cons. Stato Sez. VI, 30/04/2019, n. 2809; Cons. Stato Sez. VI, 02/11/2018, n. 6219).

    Le spese processuali vanno poste a carico della parte soccombente e si liquidano come in dispositivo.

    P.Q.M.

    Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Settima Sezione di Napoli, definitivamente pronunciando, disattesa e respinta ogni diversa istanza, domanda, deduzione ed eccezione, così provvede:

    1. Respinge il ricorso n. 1360 dell’anno 2016;
    2. Condanna la parte ricorrente a rifondere al Comune di … le spese del presente giudizio, che liquida in complessivi € 3.000 (tremila) oltre I.V.A., C.N.A.P. e rimborso spese generali.

    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

    Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 26 giugno 2019 con l’intervento dei magistrati:

    Rosalia Maria Rita Messina, Presidente

    Guglielmo Passarelli Di Napoli, Consigliere, Estensore

    Cesira Casalanguida, Primo Referendario

     
     
    L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
    Guglielmo Passarelli Di Napoli Rosalia Maria Rita Messina
     
     
     
     
     

    IL SEGRETARIO

     

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