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Sent. n. 4709/19 VII Sezione TAR Campania – Associazioni ambientaliste. Legittimazione ad agire in giudizio. Tipologie di atti impugnabili. Accertamento dei requisiti. Non necessarietà. L.R. n. 19/2009 cd Piano Casa e Put. Inderogabilità del secondo. Interventi di demolizione e ricostruzione e nuova costruzione. Criteri discretivi.

    1.Associazioni ambientaliste. Legittimazione ad agire in giudizio.

    L’epigrafata legittimazione è riconosciuta non solo nel caso di atti inerenti la materia ambientale, ma anche per quelli che “incidono sulla qualità della vita in un dato territorio(Cons. Stato, sez. IV, 14 aprile 2011, n. 2329; T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, 22 ottobre 2013, n. 2336). In particolare, tali associazioni sono state ritenute legittimate ad agire in giudizio non solo per la tutela degli interessi ambientali in senso stretto, ma anche per quelli ambientali in senso lato, comprendenti la conservazione e la valorizzazione dell’ambiente, del paesaggio urbano, rurale, naturale e dei centri storici “intesi tutti quali beni e valori idonei a caratterizzare in modo peculiare ed irripetibile un certo ambito geografico territoriale rispetto ad altri(Cons. Giust. Amm. Reg. Sic., sentenza n. 811/2012).

     

    2- Associazioni ambientaliste. Tipologie di atti impugnabili.

    Gli atti che costituiscono esercizio di pianificazione urbanistica, la localizzazione di opere pubbliche, gli atti autorizzatori di interventi edilizi, nella misura in cui possano comportare danno per l’ambiente ben possono essere oggetto di impugnazione da parte delle epigrafate associazioni ambientaliste, in quanto atti latamente rientranti nella materia “ambiente”, in relazione alla quale si definisce (e perimetra) la legittimazione delle predette associazioni (così Cons. Stato Sez. IV, 19-02-2015, n. 839), attesa “l’ormai pacifica compenetrazione delle problematiche ambientali in quelle urbanistiche(così Cons. Stato Sez. V, 28-07-2015, n. 3711).

     

    3- Legittimazione ad agire in giudizio delle Associazioni ambientaliste riconosciuta ex lege. Accertamento dei requisiti. Non necessarietà.

    Ove un’Associazione ambientalista sia inclusa nell’elenco delle associazioni di protezione ambientale riconosciute ai sensi dell’art. 13 della L. n. 349 del 1986, non è necessario accertare la sussistenza in capo a questa dei requisiti che, in mancanza del riconoscimento ex lege, sono ritenuti necessari per poter radicare, in capo all’associazione stessa, la legittimazione a ricorrere.

    Tali requisiti concernono: a) le finalità statutarie dell’ente, ovvero il perseguimento, in modo non occasionale, di obiettivi di tutela ambientale; b) la stabilità del suo assetto organizzativo; c) nonché la c.d. vicinitas rispetto all’interesse sostanziale che si assume leso per effetto dell’azione amministrativa e a tutela del quale, pertanto, l’ente esponenziale intende (recte: può essere ammesso ad) agire in giudizio (così anche questa Sezione, sent. N. 2025/2016).

     

    1. L.R n. 19/2009 cd Piano Casa e Put. Inderogabilità del secondo.

    Il PUT è inderogabile da normative speciali, ed in particolare non è derogabile nemmeno dalla cd. legge sul Piano Casa (l. reg. Campania n.). In tali sensi, medesima Sezione VII Tar Campania, Napoli :“ricostruita la ratio della legge de qua [L.R. n. 19/2009], in conformità del resto con il dato letterale, quale evincibile dalla lettura degli art. 4 e 5, che fanno riferimento alla sola deroga agli strumenti urbanistici, la stessa giammai potrebbe prevalere sulla l.r. n. 35/87 di approvazione del P.U.T., peraltro neppure richiamata nella l.r. n. 19/09.

     

    5- Interventi di “demolizione e ricostruzione” e”nuova costruzione”. Criteri discretivi.

    Il principale criterio discretivo tra le due tipologie di intervento è costituito, nel primo caso, dall’assenza di variazioni del volume, dell’altezza o della sagoma dell’edificio, per cui, in assenza di tali indefettibili e precise condizioni si deve parlare di intervento equiparabile a “nuova costruzione”, da assoggettarsi alle regole proprie della corrispondente attività edilizia.

    Tali criteri hanno un ancora maggiore pregio interpretativo a seguito dell’ampliamento della categoria della demolizione e ricostruzione operata dal D.Lgs. n. 301 del 2002 in quanto proprio perché non vi è più il limite della fedele ricostruzione si richiede la conservazione delle caratteristiche fondamentali dell’edificio preesistente nel senso che debbono essere presenti gli elementi fondamentali, in particolare per i volumi. per cui la ristrutturazione edilizia, per essere tale e non finire per coincidere con la nuova costruzione, deve conservare le caratteristiche fondamentali dell’edificio preesistente e la successiva ricostruzione dell’edificio deve riprodurre le precedenti linee fondamentali quanto a sagoma, superfici e volumi.

     

    Massima a cura dell’avv. Vittoria Chiacchio e della dott.ssa Fabia Balletta

     

    Pubblicato il 03/10/2019

    1. 04709/2019 REG.PROV.COLL.
    2. 00271/2017 REG.RIC.

    REPUBBLICA ITALIANA

    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

    Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

    (Sezione Settima)

    ha pronunciato la presente

    SENTENZA

    sul ricorso numero di registro generale 271 del 2017, integrato da motivi aggiunti, proposto da
    … – in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv…, domicilio pec come da Registri di Giustizia;

    contro

    Comune di…, in persona del Sindaco legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv…., domicilio pec come da Registri di Giustizia, domicilio fisico presso la Segreteria Tar;
    Ministero …, in persona del Ministro legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato Napoli, domicilio pec come da Registri di Giustizia; domicilio fisico in Napoli alla via ….n. … presso l’Avvocatura Distrettuale dello Stato;

    nei confronti

    … in liquidazione (già …), in persona del Liquidatore e legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv…., domicilio pec come da Registri di Giustizia, domicilio fisico in Napoli alla via … n. ..;

    …. , in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati… , domicilio pec come da Registri di Giustizia, domicilio fisico in Napoli al… ;

    e con l’intervento di

    ad adiuvandum: …., rappresentato e difeso dall’Avv.to …, domicilio pec come da Registri di Giustizia;

    per l’annullamento

    Per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

    1. a) della delibera del Consiglio comunale di … n. 130 del 22 novembre 2016, pubblicata nell’albo pretorio nel mese di dicembre, avente ad oggetto “Approvazione dello schema di convenzione per il progetto inerente la riconversione del complesso produttivo dismesso sito in … alla via … sede degli impianti della società ex… . per la realizzazione di un insediamento abitativo con un’aliquota destinata ad housing sociale”;
    2. b) del provvedimento dirigenziale – Ufficio del Paesaggio del Comune di … n. 111, reso nella pratica n. 335/11, del 24 giugno 2013 con il quale si rilascia a …, nella qualità di procuratrice speciale della società … l’autorizzazione, ai sensi e per gli effetti dell’art. 146 del D.lgs. n. 42/2004, in relazione al solo vincolo paesistico di cui al D.lgs. n. 42/2004 per le opere da realizzare in … alla località …;
    3. c) lo sconosciuto parere favorevole prot. n. 0008732 del 27.3.2013 – 34.19.07/83.2 reso dal Ministero dei Beni Culturali e delle Attività culturali e del Turismo – Soprintendenza per i beni Architettonici, Paesaggistici, Storici, Artistici e Etnoantropologici per Napoli e Provincia; nonché di ogni altro atto comunque presupposto, connesso o consequenziale;

    nonché, con motivi aggiunti depositati in data 02.08.2018,

    1. d) del Permesso di costruire n. 24 del 4 dicembre 2017, conosciuto a seguito di deposito in giudizio in data 21.05.2018;
    2. e) della Convenzione tra la …. (ex …) e il Comune di …, avente ad oggetto “Progetto per la riconversione del complesso produttivo dismesso sito in … alla via… , sede degli impianti della società … .”;
    3. f) dell’avviso di selezione degli assegnatari delle abitazioni di housing sociale del 16 aprile 2018; nonché di ogni altro atto comunque presupposto, connesso o consequenziale;

    nonché, con motivi aggiunti depositati in data 21.12.2018,

    1. g) del permesso a costruire n. 21/18 in variante del precedente permesso a costruire n. 24/17 rilasciato al sig. … quale Amministratore e legale rappresentante della … e procuratore della società … . in data 15 ottobre 2018 dal Dirigente ad interim del IV Dipartimento del Comune di…, avente ad oggetto la realizzazione di un intervento edilizio convenzionato consistente nella Sostituzione/Ristrutturazione edilizia e riconversione funzionale del preesistente capannone destinato ad attività produttiva, già di proprietà della società… , ubicato in … in via … , in un nuovo complesso edificato a destinazione residenziale con annesse autorimesse pertinenziali e prevedente una riserva del 30 % del volume ristrutturato da destinare ad Housing Sociale;
    2. h) del parere favorevole espresso dalla Soprintendenza al BB.AA. di Napoli con nota del 3/8/2018 prot. 12562;
    3. i) dell’autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Responsabile del Paesaggio del Comune di … in data 2.10.2018 con provvedimento n. 97/18;
    4. l) della nota prot. 44978 dell’8.10.2018 con cui il Responsabile dell’Ufficio del Paesaggio ha chiarito l’applicabilità al provvedimento emesso con l’autorizzazione paesaggistica n. 97/18 delle procedure semplificate di cui al combinato disposto del D. Lgs 42/04 e del DPR 31/17;
    5. m) del provvedimento prot. 42719 del 21.09.2018, del parere espresso dall’Ufficio Legale con prot. 45821 del 12.10.2018, della concessione in sanatoria n. 26/95 e della successiva autorizzazione 13/98, del parere della Commissione Comunale Edilizia Integrata del 12.6.1997 e del parere della Soprintendenza BB. AA. di Napoli prot. 35536 del 20.10.1997 e di tutti gli atti precedenti, preordinati o connessi.

     

    Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

    Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di… ; della … in Liquidazione; del Ministero dei Beni e delle Attivita’ Culturali e del Turismo; della … S.r.l., della … S.r.l. e di… ;

    Visti tutti gli atti della causa;

    Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 luglio 2019 il dott. Guglielmo Passarelli Di Napoli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

     

    FATTO

    Con ricorso iscritto al n. 271 dell’anno 2017, la parte ricorrente impugnava i provvedimenti indicati in epigrafe. A sostegno delle sue doglianze, premetteva:

    di essere un’associazione riconosciuta dal Ministero dell’Ambiente con decreto del 29 marzo 1994, con il fine di tutelare i valori paesistici, ambientali, architettonici, storici e culturali del Paese, e legittimata a ricorrere ai sensi degli artt. 13 e 18 della Legge 8 luglio 1986, n. 349;

    che la Società “… in liquidazione” (ex … SpA) è proprietaria di un immobile a destinazione produttiva sito in … alla via…, e riportato in catasto al fg. 3 pr. 417;

    che tale immobile era stato oggetto di concessione edilizia in sanatoria n. 26 del 26.03.1995, rilasciata ai sensi dell’ex art.31 della legge 47/85;

    che, in data 31/08/2011, con prot. n. 30598 la Soc. … , oggi …SpA, inoltrava istanza per l’ottenimento di un Permesso di Costruire convenzionato, allegando il progetto e la relativa proposta di schema di convenzione urbanistica, onde poter trasformare l’immobile produttivo dismesso in un edificio residenziale, demolendo l’intera struttura e ricostruendo un nuovo edificio;

    che tale intervento veniva ricondotto alla fattispecie di cui alla legge regionale denominata “Piano Casa” (L. R. n. 19/2009), in particolare delle disposizioni di cui all’art. 7 comma 5, secondo cui per gli immobili dismessi sono consentiti interventi di sostituzione edilizia a parità di volumetria esistente, pur nel rispetto delle procedure vigenti;

    che, a seguito dell’esame della Commissione per il Paesaggio, si rendeva necessario sostituire il menzionato progetto con uno nuovo, che prevedesse una riduzione dell’altezza complessiva del fabbricato in modo da migliorare l’impatto con il paesaggio circostante;

    che, in data 29.05.2012, con prot. n. 22921, il progetto veniva quindi ripresentato al Comune di …, la cui Commissione Locale per il Paesaggio rilasciava il parere favorevole n.138, in data 02.08.2012;

    che, in data 10.01.2013, il progetto veniva trasmesso dal Comune di … alla Soprintendenza BB.AA. di Napoli per l’acquisizione del parere preventivo e vincolante ai sensi del comma 7 dell’art.146 del D. Lgs. n. 42/2004;

    che, in data 20.02.2013, con Prot. 4565 la Soprintendenza ai BB.AA. di Napoli, ai sensi dell’art.10-bis della legge n. 241/90, avviava un procedimento di preavviso finalizzato alla emissione di un nuovo parere sfavorevole, comunicandolo direttamente alla parte interessata ai sensi dell’art.146 c.8° 2° capoverso del D.Lgs. n. 42/2004;

    che, dunque, in data 07.03.2013, con prot. n. 6364 la soc. … provvedeva alla presentazione di memorie e alla rielaborazione di una nuova soluzione progettuale e, contestualmente, ne dava informativa al Comune di … con nota acquisita al protocollo generale con il n. 11333;

    che, in data 27.03.2013, con prot. n. 8732, la Soprintendenza ai BB.AA. di Napoli esprimeva parere favorevole definitivo sul progetto, come modificato;

    che, in data 24.06.2013 con il n. 111 il responsabile dell’Ufficio del Paesaggio del Comune di … rilasciava l’Autorizzazione Paesaggistica ai sensi dell’art.146 del D.Lgs. 42/2004, su conforme parere della Soprintendenza ai BB.AA. di Napoli del 27.03.2013;

    che, in data 22 novembre 2016, il Consiglio comunale di … approvava con delibera n. 130 il progetto presentato dalla società controinteressata e l’allegato schema di convenzione urbanistica, riconoscendo allo stesso una finalità di perseguimento dell’interesse pubblico ai sensi dell’art. 14 T.U. Edilizia, e dichiarando la delibera di immediata eseguibilità;

    che, come si evince dalla relativa relazione paesaggistica, il progetto prevede un numero complessivo di 56 alloggi, distribuiti su 5 piani con annessi 3 piani interrati destinati ad autorimessa;

    di aver dunque provveduto ad impugnare tale delibera;

    che, in data 21 maggio 2018, il Comune di … depositava in giudizio il permesso di costruire n. 24 del 2017, con cui si dava attuazione alla delibera n. 130 del 22 novembre 2016;

    di aver dunque impugnato anche tale permesso di costruire con motivi aggiunti;

    che veniva stipulata anche la relativa Convenzione Urbanistica, differente da quella approvata con la delibera n. n. 130 del 22 novembre 2016, prevedendo un numero inferiore di alloggi destinati ad housing sociale – in numero di 19 anziché di 20);

    che il Dirigente del IV Dipartimento del Comune di…, con nota del 13 luglio 2018, annullava in autotutela il permesso a costruire impugnato e rigettava la nuova proposta progettuale presentata in data 27 Giugno 2018, con prot. n. 30224, dalla società … , subentrata alla … titolare del permesso a costruire 24/17;

    che, in base a tale annullamento in autotutela, il Tar Campania Napoli, all’udienza camerale dell’11.09.2018, con ordinanza cautelare n. 1180/2018, respingeva l’istanza di sospensiva, ritenendo non più sussistente il pericolo di un danno grave ed irreparabile;

    che, in data 02.10.2018, il Responsabile dell’Ufficio del Paesaggio del Comune di…, rilasciava, previa acquisizione del parere favorevole della Soprintendenza BB. AA. di Napoli, formulato con procedura semplificata il 3.8.2018, l’autorizzazione paesaggistica;

    che a tale autorizzazione paesaggistica seguiva, il 15 ottobre, il rilascio del permesso a costruire in variante n. 21 che “integra e sostituisce” il precedente permesso a costruire n. 24/17;

    di aver pertanto impugnato anche tali atti, con secondi motivi aggiunti.

    Instava quindi per l’annullamento degli atti impugnati con vittoria di spese processuali.

    Si costituivano l’Amministrazione e le società controinteressate per resistere al ricorso, con memorie il cui contenuto sarà più specificamente indicato oltre.

    Si costituiva anche, con intervento ad adiuvandum, il sig. …, chiedendo l’accoglimento del ricorso.

    All’udienza camerale dell’11.09.2018, con ordinanza cautelare n. 1180/2018, l’istanza cautelare è stata respinta.

    All’udienza pubblica del 23.07.2019, il ricorso è stato assunto in decisione.

    DIRITTO

    La parte ricorrente impugnava i provvedimenti in epigrafe per i seguenti motivi:

    1)la delibera è illegittima per inderogabilità del Piano Urbanistico Territoriale dell’Area Sorrentino-Amalfitana di cui alla L. R. 27 giugno 1987, n. 35; la giurisprudenza del TAR ha costantemente affermato che la legge regionale n. 19 del 2009 sul c.d. “piano casa” è inidonea a derogare le disposizioni del PUT di cui alla legge regionale n. 35 del 1987; il PUC del Comune di … ha qualificato la zona de qua come zona “D/1”, destinata ad insediamenti produttivi artigianali o a piccole industrie di trasformazione dei prodotti agricoli; quand’anche si ammettesse, in forza dell’art. 7 l. reg. n. 19/2009, il contestuale mutamento della destinazione d’uso (da zona produttivo-artigianale a residenziale, appunto), resterebbe pur sempre la necessità, imposta dal PUT per la zona C (espansione residenziale), di una quantificazione documentata sulla base dell’anagrafe edilizia dei vani residenziali di cui si necessita la costruzione; inoltre, le quantità volumetriche così determinate devono essere modulate nello spazio dai Piani esecutivi del PUC; invece, le predette determinazioni sia quantitative (il numero dei vani) che qualitative (la disposizione nello spazio dei volumi sulla base dei Piani esecutivi) risultano del tutto assenti; se invece si assume un mutamento di destinazione d’uso alla zona B (residenziale satura), l’intervento potrà considerarsi legittimo – relativamente al PUT – soltanto laddove esso rientri nella nozione di “ristrutturazione edilizia”; orbene, la nozione di ristrutturazione edilizia va individuata nella legislazione nazionale e cioè nel d.P.R. n. 380/2001, atteso che – per costante giurisprudenza della Consulta – le Regioni non possono definire le diverse categorie degli interventi edilizi; nel caso di specie, il nuovo edificio ad uso residenziale, si compone di tre piani interrati e cinque piani fuori terra (per un totale complessivo di 8 piani), sicché è evidente che non rispetta la sagoma e la configurazione planovolumetrica dell’edificio precedente; dunque, l’intervento previsto non è qualificabile come ristrutturazione;

    2) violazione dell’art. 3 l. reg. n. 19/2009, atteso che l’intervento in parola si colloca al confine con la zona qualificata come “R4”, ovvero di “rischio molto elevato potenziale”;

    3) violazione dell’art. 146 d.lgs. 42/2004, atteso che il parere favorevole della Soprintendenza risulta privo di motivazione; infatti, l’autorizzazione n. 111 si richiama al parere della Commissione Locale per il Paesaggio emanato in data 02.08.2012: in tale richiamo la Commissione, dopo aver espresso il parere favorevole “Limitatamente ed esclusivamente per quanto attiene l’aspetto ambientale e paesaggistico dell’intervento e del suo inserimento nel contesto edificato circostante”, si preoccupa di indicare un’opinione dissenziente ben argomentata. In particolare, viene messo in luce come l’intervento in questione sia in violazione della normativa sul PUT prevista per la Zona territoriale 4 anche sotto il profilo dei parametri edilizi previsti dall’art. 19 PUT (che richiede l’emanazione di Piani esecutivi del PUC, il rispetto di precisi parametri di densità residenziale e spazi riservati alla viabilità, nonché di limiti massimi per le altezze degli edifici: tutti requisiti su cui l’autorizzazione non spende alcuna motivazione);

    4) violazione dell’art. 14 comma 1 bis d.P.R. 380/2001, atteso che l’adibizione del 30% delle residenze a finalità di housing sociale non è sufficiente a configurare il predetto requisito di interesse pubblico: infatti, in primo luogo tale percentuale è già espressamente indicata come requisito della deroga agli strumenti urbanistici ex art. 7, comma 5, L.R. 19/2009; dunque, la motivazione in ordine al requisito di legislazione nazionale deve costituire un quid pluris rispetto a quello richiesto dalla legislazione regionale; in secondo luogo, se anche la destinazione del 30% delle residenze ad housing sociale potesse considerarsi elemento giustificatorio di entrambe, occorre notare come la destinazione del 30% delle residenze a finalità sociali sia, in base alla convezione stipulata tra il Comune e la … s.p.a., soltanto eventuale, ben potendosi disporre la locazione a prezzo di mercato di detti immobili laddove la vendita degli stessi non si sia prodotta entro un termine da definire (circostanza assai probabile nell’attuale situazione di crisi del mercato immobiliare); infine, la norma in questione si applica solo ad interventi di ristrutturazione, e quello realizzato nel caso di specie non può essere considerato tale;

    5) violazione dell’art. 12 d.P.R. 380/2001, atteso che l’intervento di edificazione massiva in parola (54 alloggi disposti su 5 Piani cui si aggiungono 3 piani interrati) è sprovvisto di idonee opere di urbanizzazione primaria che necessariamente devono assisterlo, al fine di compensare il considerevole aumento del carico urbanistico e insediativo che conseguirebbe alla realizzazione degli interventi previsti e di renderne efficace la fruizione da parte dei cittadini;

    6) violazione del DM n. 1444/1968, atteso che il requisito di distanza minima di 10 mt. previsto da siffatta disciplina non è rispettato nel caso di specie; anche il DM n. 1444/1968 è inderogabile da parte della l. reg. n. 19/2009, come si evince del resto all’art. 7 co. 5 della legge regionale in questione;

    7) incompetenza, atteso che l’autorizzazione di cui all’art. 7 comma 5 l. reg. 19/2009 avrebbe dovuto essere adottata dal dirigente comunale e non dal consiglio; infatti, siamo qui in presenza non di una deroga agli strumenti urbanistici, ma di un’autorizzazione rilasciata in deroga agli strumenti urbanistici: la deroga è realizzata a monte dalla legge regionale c.d. Piano Casa, mentre nessuna valutazione politica residua in capo all’amministrazione;

    8) la delibera è dotata di una clausola di immediata eseguibilità, senza che l’amministrazione abbia motivato l’urgenza;

    nonché per i seguenti motivi aggiunti, depositati in data 02.08.2018:

    1) illegittimità derivata da quella degli atti presupposti;

    2) violazione dell’art. 12 d.P.R. n. 380/2001, atteso che il Comune di … ha cercato di superare le illegittimità evidenziate nel ricorso introduttivo imponendo alla società 30 condizioni / prescrizioni; tuttavia, tali condizioni non afferiscono semplicemente alla modalità di realizzazione dell’intervento, ma riguardano la possibilità stessa della contestata edificazione, e ciò non è ammissibile;

    3) la deroga disposta con la delibera n. 130/2016 si riferiva a uno schema urbanistico attuativo nei contenuti diverso da quello cui si riferisce il permesso di costruire n. 24 del 2017; infatti, mentre lo schema di convenzione, oggetto di approvazione con Delibera n. 130/2016 prevedeva un numero di 20 di alloggi destinati ad housing sociale, la convenzione allegata al permesso di costruire ne prevede ora soltanto 19; non si tratta di particolare trascurabile, atteso che proprio la destinazione ad housing sociale di parte consistente dell’edificazione rappresenta la causa giustificativa dell’intervento de quo, che pone a proprio preteso presupposto l’art. 7, co. 5, della L. R. n. 19/2009 (c.d. Piano Casa). Dunque, la diminuzione del numero di alloggi destinati ad housing sociale incide inevitabilmente sul rapporto consequenziale che dovrebbe sussistere tra il permesso di costruire n. 24 del 2017 e la delibera di approvazione della Convenzione urbanistica n. 130 del 2016;

    nonché per i seguenti motivi aggiunti, depositati in data 21.12.2018:

    1) illegittimità derivata da quella degli atti già impugnati col ricorso introduttivo e con i primi motivi aggiunti;

    2) violazione e falsa applicazione art. 7 L.R. n. 19/09 in relazione all’art. 17 L.R. n. 35/87, nonché degli artt. 4-7 della l. reg. n. 19/2009 in relazione al DM 1444/1968; eccesso di potere per difetto e/o falsità del presupposto e di istruttoria, per contraddittorietà intrinseca ed estrinseca e per illogicità e irrazionalità manifeste; per un verso, si assume che l’intervento possa derogare, in virtù dell’art. 12 bis della L.R. 16/14, al PUT e, per l’altro, che non disattenda il proporzionamento previsto dall’art. 9 della L.R. 35/87 perché il “vigente PUC redatto in conformità al PUT e l’annessa anagrafe consentirebbero di poter realizzare sul territorio comunale di … altri 435 vani che al momento della redazione del PUC furono provvisoriamente inutilizzati”; ma tale assunto è errato, poiché il PUC di Sorrento consente vani residenziali solo in zona C ed unicamente per soddisfare, come prevede l’art. 9 della L.R. 35/87, le esigenze di chi abita vani malsani e/o fatiscenti o, ancora, vani sovraffollati; lo strumento urbanistico comunale non individua zone di espansione residenziale privata ma solo una zona C dove, peraltro, al momento risulta approvato, per realizzare altro intervento di Housing Sociale, un PUA annullato dal TAR Campania Napoli, sez. VII, con la sentenza n. 6699 del 19 Novembre 2018; i vani di cui è prevista la realizzazione devono essere tutti di edilizia economica e popolare e tutti da edificare nella zona C individuata in località… ; non è in alcun modo possibile far rientrare nell’ambito dei 435 vani (la cui edificazione è prevista dallo strumento urbanistico generale solo per soddisfare l’esigenza derivante dall’esistenza sul territorio di vani malsani o sovraffollati) quelli che compongono gli attici di lusso con piscina e giardino pensile progettati nell’edificio di …;

    3) violazione dell’art. 14 d.P.R. n. 380/2001, atteso che il Comune, pur avendo la possibilità – accertata in sede di pianificazione – di edificare 435 vani per soddisfare le esigenze di chi vive in vani malsani o sovraffollati, con gli atti gravati, ha immotivatamente rinunziato all’opportunità offertale dal proprio strumento urbanistico preferendo un intervento che privilegia, almeno al 70% dell’edificato, l’edilizia privata di tipo speculativo;

    4) il PUT a …, come negli altri Comuni dell’area, consente l’edificazione di nuovi vani residenziali solo se ciò sia consentito dal proporzionamento dello strumento urbanistico comunale nel rispetto del dimensionamento conseguente all’applicazione dei criteri fissati dagli artt. 9 e ss. della L.R. 35/87; orbene, il PUC di …, coerente con il PUT e con i limiti indicati dalle disposizioni del PUT in materia di dimensionamento e proporzionamento dello strumento urbanistico generale, prevede solo ed unicamente edilizia residenziale di recupero ovvero quella individuata dalle lettere b) e c) dell’art. 9 richiamato e previa redazione di piano particolareggiato di iniziativa pubblica; dunque, sarebbe stato forse possibile, in zona C), realizzare nuovi vani residenziali ma solo se in sostituzione di quelli accertati come sovraffollati o fatiscenti e non per accrescere, di fatto, il numero dei vani residenziali violando i criteri di dimensionamento indicati dal piano paesistico;

    5) il fabbricato da realizzare ha un’altezza complessiva di circa 21 metri, il che viola l’altezza massima consentita dall’art.19 del PUT; lo stesso art.19 del PUT anche con riguardo alle altezze massime previste per ciascuna sub-area (in quella … 14.40 ml.) precisa che siano “da adottare compatibilmente con le situazioni ambientali” mentre l’Ufficio del Paesaggio, quello urbanistico e la Soprintendenza BB.AA. hanno dato il loro benestare ad un progetto che prevede un edificio di circa 21 ml di altezza senza motivare circa la sua compatibilità con l’ambiente; sono poi violate le distanze prescritte dal DM 1444/1968, atteso che ci sarà una distanza – rispetto al capannone preesistente – di 5 mt mentre la distanza minima dovrebbe essere di 10 mt.;

    6) violazione e falsa applicazione dell’art.146 D.lgs. 42/04 ed art.3 comma 1 dell’allegato B ai punti B2 e B3 1 DPR 31/17; per acquisire il parere paesaggistico è stata seguita la procedura prevista dall’art. 3 del DPR 31/17, ovvero quella semplificata; le ragioni di questa scelta non sono state chiaramente indicate ma, come meglio emerge dal parere favorevole reso dalla Soprintendenza e dalla relazione istruttoria dello stesso Ufficio del Paesaggio in data 2.7.2018, sarebbero da individuare nella circostanza che per il progetto in variante (secondo le valutazioni del Responsabile del Procedimento del Comune di … e del Soprintendente BB.AA. di Napoli), necessario per consentire l’arretramento del fabbricato ed il rispetto delle distanze del D.M. 1444/68, non fosse necessario il procedimento ordinario trattandosi di “una modesta variazione volumetrica in minus rispetto a quella già assentita con la dislocazione in altra parte dell’edificio di una piccola parte di volumi eliminati con l’arretramento”; tuttavia, la “nuova soluzione progettuale” (tale la qualifica la stessa nota in oggetto a pag.7) proprio perché nuova avrebbe richiesto l’iter ordinario, non rientrando in alcuna delle ipotesi previste per il procedimento semplificato; e, comunque, è indubbio che per applicare la procedura semplificata non possa aversi riguardo solo al criterio quantitativo; mentre, nel caso di specie, le variazioni del permesso a costruire 21/18 introducono modifiche di prospetti e sagoma significative tali da far assumere al complesso un aspetto esteriore notevolmente diverso da quello scaturente dal permesso a costruire 24/17;

    7) violazione dell’art. 3 l. reg. n. 19/2009; in realtà, infatti, il capannone continua ad essere abusivo perché le prescrizioni previste dall’originaria concessione edilizia 26/95, coerenti con quelle poste dal parere ex art.32 della L.47/85 espresso dalla Soprintendenza non sono state affatto rimosse e, peraltro, a ciò non era atto idoneo l’autorizzazione edilizia 13/98; sarebbe infatti stato necessario l’annullamento della concessione edilizia 26/95, o quanto meno il rilascio di una concessione edilizia in variante, ciò che non è accaduto; il parere della Soprintendenza n. 35536 del 20.10.1997 e l’autorizzazione edilizia 13/98 sono viziate da carenza di motivazione e da contraddittorietà in quanto intervengono a modifica di precedenti provvedimenti consolidati senza che siano adeguatamente esplicitate le ragioni della loro adozione; l’art. 3 della l. reg. 19/09 richiede, ai fini dell’ammissibilità dell’intervento ai sensi del successivo articolo 7, che il manufatto oggetto di intervento sostitutivo sia, urbanisticamente e paesaggisticamente, legittimo e ciò non accade nel caso di specie.

    Il Comune di … eccepiva l’irricevibilità, per tardività, delle censure mosse contro l’autorizzazione paesaggistica perché atto ormai inoppugnabile; infatti, il Decreto n. 111/2013, che ha concluso l’iter ex art.146 D.lgs.n.42/2004, è stato oggetto di regolare affissione all’Albo Pretorio del Comune di … dal 24.06.2013 al 09.07.2013 e pertanto l’Ente ne ha consentito la piena e legale conoscibilità ad ogni effetto di legge, sicché l’impugnativa avverso tale atto è ormai tardiva. L’Amministrazione osservava inoltre che l’intervento edilizio progettato non comporta aumenti di volumetria (ma solo variazione di sagoma) e che è finalizzato ad assolvere finalità residenziali di ‘housing sociale’ ai sensi della L. Reg. Campania n.19/2009. Il Comune rilevava, ancora, che il PUT Campania, quantomeno in relazione alla ‘Zona D/1’ (recepita dal PUC con autonoma disciplina all’art.13) non contempla affatto alcuna disposizione in contrasto con il dettato di cui al citato art. 7 comma V L.Reg. Campania n.19/2009.

    In memorie depositate in data 28.12.2018, in data 11.01.2019 ed in data 21.06.2019 la parte ricorrente ribadiva la fondatezza del ricorso introduttivo e per motivi aggiunti.

    In memoria depositata in data 11.01.2019 il Comune di … ribadiva l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, e l’infondatezza del ricorso e dei motivi aggiunti, evidenziando come i precedenti richiamati dalla parte ricorrente siano riferibili a situazioni diverse.

    In memorie depositate in data 11.01.2019 ed in data 21.06.2019 la parte controinteressata … eccepiva l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, e l’infondatezza del ricorso e dei motivi aggiunti; in memoria di replica depositata in data 02.07.2019 la … ribadiva l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso introduttivo e dell’atto di motivi aggiunti.

    In memoria depositata in data 07.02.2019 la … si costituiva e chiedeva il rigetto del ricorso; in memoria depositata in data 21.06.2019 la … eccepiva la perenzione del ricorso, perché la parte ricorrente – una volta ottenuta la cancellazione della causa dal ruolo (anche cautelare), avrebbe dovuto proporre una nuova istanza di prelievo; e ribadiva l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso.

    In memoria di replica depositata in data 02.07.2019 la … ribadiva l’infondatezza del ricorso, atteso che, come ritenuto dal Tar Campania Napoli, Sez. VII, n. 2805/2017, nella zona D1 non sono consentiti solo interventi di restauro e risanamento conservativo, e che nel caso di specie non si versa in una ipotesi di edificazione di area libera ma semplicemente di recupero di un edificio già esistente con aumento di volumetria legittimato dall’art. 7 comma 5 l. reg. Campania 19/2009.

    1.1.Preliminarmente, occorre respingere le eccezioni di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, opposte dall’Amministrazione resistente e dalla … Infatti, la ricorrente è un’associazione legittimata ai sensi degli artt. 13 e 18 della Legge 8 luglio 1986, n. 349. E, secondo una consolidata giurisprudenza, la legittimazione ex lege delle associazioni ambientaliste può esser riconosciuta non solo nel caso di atti inerenti la materia ambientale, ma anche per quelli che “incidono sulla qualità della vita in un dato territorio” (Cons. Stato, sez. IV, 14 aprile 2011, n. 2329; T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, 22 ottobre 2013, n. 2336); tali associazioni sono state ritenute legittimate ad agire in giudizio non solo per la tutela degli interessi ambientali in senso stretto, ma anche per quelli ambientali in senso lato, comprendenti la conservazione e la valorizzazione dell’ambiente, del paesaggio urbano, rurale, naturale e dei centri storici “intesi tutti quali beni e valori idonei a caratterizzare in modo peculiare ed irripetibile un certo ambito geografico territoriale rispetto ad altri” (Cons. Giust. Amm. Reg. Sic., sentenza n. 811/2012). Dunque, per un verso non può escludersi, nel caso in esame, il “danno ambientale” – atteso che trattasi comunque di un intervento edilizio molto invasivo – per altro verso non può sostenersi che la legittimazione ex lege n. 349/1986, stante la sua natura eccezionale, debba essere limitata soltanto alla deduzione di censure che concernono direttamente l’assetto normativo di tutela dell’ambiente oppure la violazione di norme poste a salvaguardia dell’ambiente. Al contrario, la giurisprudenza riconosce che gli atti che costituiscono esercizio di pianificazione urbanistica, la localizzazione di opere pubbliche, gli atti autorizzatori di interventi edilizi, nella misura in cui possano comportare danno per l’ambiente ben possono essere oggetto di impugnazione da parte delle associazioni ambientaliste, in quanto atti latamente rientranti nella materia “ambiente”, in relazione alla quale si definisce (e perimetra) la legittimazione delle predette associazioni (così Cons. Stato Sez. IV, 19-02-2015, n. 839), attesa “l’ormai pacifica compenetrazione delle problematiche ambientali in quelle urbanistiche” (così Cons. Stato Sez. V, 28-07-2015, n. 3711). Né può sostenersi che manchi la legittimazione per mancanza di uno specifico legame dell’associazione col territorio della penisola …. Infatti, come ritenuto da giurisprudenza costante, quando si è in presenza di una legittimazione riconosciuta ex lege (cioè per effetto dell’inclusione nell’elenco delle “associazioni di protezione ambientale riconosciute” ai sensi dell’art. 13 della L. n. 349 del 1986, come accade nel caso di specie) non è necessario accertare la sussistenza dei requisiti che, in mancanza del riconoscimento ex lege, sono ritenuti necessari per poter radicare, in capo all’associazione, la legittimazione a ricorrere in base ad una valutazione caso per caso: requisiti che sono relativi, per l’appunto, a) alle finalità statutarie dell’ente, ovvero al perseguimento, in modo non occasionale, di obiettivi di tutela ambientale; b) alla stabilità del suo assetto organizzativo; c) nonché alla c.d. vicinitas rispetto all’interesse sostanziale che si assume leso per effetto dell’azione amministrativa e a tutela del quale, pertanto, l’ente esponenziale intende (recte: può essere ammesso ad) agire in giudizio (così anche questa Sezione, sent. N. 2025/2016).

    1.2. Va respinta anche l’eccezione di tardività del ricorso, opposta dal Comune, quanto all’impugnativa dell’autorizzazione paesaggistica. Se è vero che “Il termine decadenziale per l’impugnativa di una delibera comunale decorre dalla data di notifica o comunicazione dell’atto o di quella della piena conoscenza con riferimento solo ai soggetti direttamente contemplati nell’atto o che siano immediatamente incisi dai suoi effetti anche se in esso non contemplati, mentre, per quanto concerne gli altri soggetti indirettamente ed eventualmente incisi dall’atto, il termine decadenziale dell’impugnativa decorre dalla data di pubblicazione nell’albo pretorio ai sensi dell’art. 41, comma 2 del D.Lgs. n. 104/2010” (tra le tante, T.A.R. Campania Napoli Sez. V, 15/07/2019, n. 3908), è altrettanto vero che, nel caso di specie, la delibera di CC è stata tempestivamente impugnata, ed assieme ad essa, in qualità di atto presupposto, l’autorizzazione paesaggistica (che non è una delibera ma un atto dirigenziale).

    1.3. Va respinta anche l’eccezione – opposta dalla …– di perenzione del ricorso, perché la parte ricorrente, una volta ottenuta la cancellazione della causa dal ruolo (anche cautelare), avrebbe dovuto proporre una nuova istanza di prelievo.

    Ai sensi dell’art. 81 c.p.a., “Il ricorso si considera perento se nel corso di un anno non sia compiuto alcun atto di procedura. Il termine non decorre dalla presentazione dell’istanza di cui all’articolo 71, comma 1, e finché non si sia provveduto su di essa, salvo quanto previsto dall’articolo 82”. Nel caso di specie, l’istanza è stata presentata in data 27.01.2017, e non si riferisce alla trattazione dell’istanza cautelare ma alla “discussione del ricorso”. Non appare pertanto condivisibile la tesi della società controinteressata, secondo cui, dopo la cancellazione della causa dal ruolo delle istanze cautelari, la ricorrente avrebbe dovuto proporre una nuova istanza ex art. 71 c.p.a.: quest’ultima si riferisce all’udienza pubblica, e non può essere vanificata da una rinunzia all’istanza cautelare.

    2.1. Nel merito, il ricorso introduttivo è fondato e va accolto nei limiti che verranno esposti.

    2.2. È infatti fondata la prima censura. Sul punto, giova preliminarmente ricordare che, per giurisprudenza costante, il PUT è inderogabile da normative speciali, ed in particolare non è derogabile nemmeno dalla cd. legge sul Piano Casa (l. reg. Campania n. 19/2009). Come ritenuto da questa Sezione, “ricostruita la ratio della legge de qua [L.R. n. 19/2009], in conformità del resto con il dato letterale, quale evincibile dalla lettura degli art. 4 e 5, che fanno riferimento alla sola deroga agli strumenti urbanistici, la stessa giammai potrebbe prevalere sulla l.r. n. 35/87 di approvazione del P.U.T., peraltro neppure richiamata nella l.r. n. 19/09.

    La generalizzata previsione di cui all’art. 12 comma 2 bis pertanto non potrebbe in alcun modo leggersi come deroga al P.U.T. – sia pure in relazione a quelle sole zona sottoposte a vincoli di inedificabilità relativa – anche in considerazione del rilievo che una norma eccezionale e premiale, quale quella sul “piano casa”, destinata pertanto ad applicarsi solo in relazione alle fattispecie e nei limiti temporali espressamente previsti, non potrebbe giammai derogare, in forza del disposto dell’art. 14 sulle disposizioni della legge in generale, in mancanza di espresso riferimento – fatta peraltro salva la questione di legittimità costituzionale della deroga medesima – ad una normativa speciale quale quella recata dalla l.r. n. 35/87, riferita alla tutela di un bene specifico, quale il paesaggio, e relativa ad un territorio circoscritto della Regione Campania con particolare rilevanza paesaggistica.

    In questo senso, peraltro, ed in mancanza di espressa deroga, depone anche la necessità, alla luce di quanto innanzi osservato, di optare per una interpretazione costituzionalmente orientata, da privilegiarsi senza dubbio laddove, come detto, l’interpretazione letterale e sistematica non deponga per una deroga espressa al P.U.T. … In termini conclusivi, il Tribunale rileva che la normativa premiale ed eccezionale di cui alla l.r. n. 19/09 giammai può porsi come derogatoria rispetto alla speciale disciplina di cui alla l.r. n. 35/87, adottata peraltro in esecuzione della L. n. 431/1985 a tutela del Paesaggio, la quale peraltro, anche per espressa dizione normativa, si impone alle Regioni, ai sensi dell’art. 2 della legge medesima, in quanto contenente norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica (secondo la dizione normativa atta a vincolare anche le Regioni a statuto speciale)” (T.A.R. Campania Napoli, Sez. VII, sent. n. 3318/2015).

    Successivamente, la Corte costituzionale (sent. n. 11/2016), con riferimento all’art. 145 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, dedicato al “Coordinamento della pianificazione paesaggistica con altri strumenti di pianificazione” – il quale precisa che “le previsioni dei piani paesaggistici … non sono derogabili da parte di piani, programmi e progetti nazionali o regionali di sviluppo economico, sono cogenti per gli strumenti urbanistici dei comuni, delle città metropolitane e delle province, sono immediatamente prevalenti sulle disposizioni difformi eventualmente contenute negli strumenti urbanistici, stabiliscono norme di salvaguardia applicabili in attesa dell’adeguamento degli strumenti urbanistici e sono altresì vincolanti per gli interventi settoriali” e che “per quanto attiene alla tutela del paesaggio, … sono comunque prevalenti sulle disposizioni contenute negli atti di pianificazione ad incidenza territoriale previsti dalle normative di settore, ivi compresi quelli degli enti gestori delle aree naturali protette” (co. 3) – ha chiarito che:

    – tale norma “esprime un principio di “prevalenza dei piani paesaggistici” sugli altri strumenti urbanistici”;

    – il Codice dei beni culturali e del paesaggio “definisce dunque, con efficacia vincolante anche per le regioni, i rapporti tra le prescrizioni del piano paesaggistico e le prescrizioni di carattere urbanistico ed edilizio – sia contenute in un atto di pianificazione, sia espresse in atti autorizzativi puntuali, come il permesso di costruire – secondo un modello di prevalenza delle prime, non alterabile ad opera della legislazione regionale“;

    – “l’eventuale scelta della regione (compiuta nella specie dalla Campania) di perseguire gli obiettivi di tutela paesaggistica attraverso lo strumento dei piani urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei valori paesaggistici non modifica i termini del rapporto fra tutela paesaggistica e disciplina urbanistica, come descritti, e, più precisamente, non giustifica alcuna deroga al principio secondo il quale, nella disciplina delle trasformazioni del territorio, la tutela del paesaggio assurge a valore prevalente. Il progressivo avvicinamento tra i due strumenti del piano paesaggistico “puro” e del piano urbanistico-territoriale con specifica considerazione dei valori paesaggistici – giunto alla sostanziale equiparazione dei due tipi operata dal codice dei beni culturali e del paesaggio (art. 135, comma 1) – fa sì che oggi lo strumento di pianificazione paesaggistica regionale, qualunque delle due forme esso assuma, presenti contenuti e procedure di adozione sostanzialmente uguali“.

    2.3. Posto che il PUT non è in alcun modo derogabile, neanche in forza delle disposizione della l. reg. Campania n. 19/2009, occorre verificare se l’intervento sia compatibile con le previsioni del PUT sopra indicato.

    È incontestato che l’intervento debba essere realizzato in zona 4 – D1 del PUT; tale zona è destinata ad insediamenti produttivi artigianali o a piccole industrie (n. max nuovi addetti 50) di trasformazione dei prodotti agricoli.

    2.4. Secondo l’Amministrazione comunale e le società controinteressate, l’intervento assentito sarebbe compatibile con il PUT perché il PUT non prevede alcuna disposizione ostativa all’intervento in questione: per un verso, infatti, la sentenza di questa Sezione n. 6699/2018 (con cui è stato ritenuto incompatibile col PUT un altro intervento di housing sociale), è relativa alla zona C e non a quella D1. Per altro verso, proseguono l’Amministrazione e le parti controinteressate, altra sentenza di questa Sezione (la n. 2805/2017) avrebbe espressamente ritenuto possibile il cambio di destinazione d’uso.

    2.5. La tesi dell’Amministrazione resistente e delle parti controinteressate non è condivisibile. In primo luogo, occorre osservare che l’inderogabilità del PUT da parte della cd. legge sul Piano casa è stata affermata in termini generali, senza distinguere tra le varie zone. Sotto tale aspetto, dunque, è irrilevante che la zona in cui l’intervento è stato assentito sia la zona D1 e non la zona C.

    In secondo luogo, il riferimento alla sentenza di questa Sezione n. 2805/2017 non appare pertinente. Tale sentenza respingeva il ricorso proposto avverso un permesso di costruire con cui si autorizzava un intervento di ristrutturazione edilizia (di un immobile esistente) con un cambio di destinazione d’uso; e si sosteneva che non era fondata la censura con cui parte ricorrente sosteneva che in zona D1 fossero consentiti soli interventi di restauro e risanamento conservativo.

    Nel caso di specie, invece, ci troviamo di fronte ad un intervento di nuova edificazione. È pacifico, infatti, che l’immobile esistente (un capannone industriale dismesso) sia del tutto diverso dall’immobile che si progetta di costruire (una palazzina a destinazione residenziale). Il punto decisivo, dunque, è che non è possibile – in una zona in cui il PUT consente espressamente insediamenti produttivi e piccole industrie – demolire un capannone e costruire, al posto di quest’ultimo, una palazzina di tre piani interrati e cinque piani fuori terra, a destinazione residenziale. Ed un simile intervento edilizio deve ritenersi incompatibile con la destinazione impressa dal PUT alla zona D1; non potendo lo stesso essere qualificato come un mero intervento di ristrutturazione con cambio di destinazione d’uso. Piuttosto, si tratta di un intervento di nuova costruzione, atteso che – per giurisprudenza costante – «Il criterio discretivo tra l’intervento di “demolizione e ricostruzione” e la “nuova costruzione” è costituito proprio, nel primo caso, dall’assenza di variazioni del volume, dell’altezza o della sagoma dell’edificio, per cui, in assenza di tali indefettibili e precise condizioni si deve parlare di intervento equiparabile a “nuova costruzione”, da assoggettarsi alle regole proprie della corrispondente attività edilizia. Tali criteri hanno un ancora maggiore pregio interpretativo a seguito dell’ampliamento della categoria della demolizione e ricostruzione operata dal D.Lgs. n. 301 del 2002 in quanto proprio perché non vi è più il limite della fedele ricostruzione si richiede la conservazione delle caratteristiche fondamentali dell’edificio preesistente nel senso che debbono essere presenti gli elementi fondamentali, in particolare per i volumi per cui la ristrutturazione edilizia, per essere tale e non finire per coincidere con la nuova costruzione, debba conservare le caratteristiche fondamentali dell’edificio preesistente e la successiva ricostruzione dell’edificio debba riprodurre le precedenti linee fondamentali quanto a sagoma, superfici e volumi» (così Cons. Stato Sez. II, 20/05/2019, n. 3208; in senso analogo Tar Lazio, Roma, Sez. II quater, n. 10729/2018).

    Ne consegue la non pertinenza della sentenza di questa Sezione n. 2805/2017 al caso di specie, di ben diversa natura.

    Le restanti censure possono essere assorbite.

    Il ricorso introduttivo va dunque accolto e, per l’effetto, vanno annullati i provvedimenti impugnati sub a), b) e c) in epigrafe.

    3.1. Il ricorso per motivi aggiunti depositato in data 02.08.2018 va invece dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse. Infatti, il permesso di costruire n. 24/2017 è stato annullato in autotutela e sostituito dal permesso di costruire n. 21/2018 (impugnato, quest’ultimo, con motivi aggiunti depositati in data 21.12.2018).

    4.1. Il ricorso per motivi aggiunti depositato in data 21.12.2018 è fondato nei limiti che verranno esposti.

    Risulta in primo luogo fondata la prima censura (illegittimità derivata da quella della delibera n. 130/2016).

    4.2. Risulta altresì fondata la quinta censura. Sul punto, si osserva che è controverso, tra le parti, se il fabbricato superi l’altezza massima consentita dal PUT oppure no. In particolare, la … ha osservato che, se si considerano solo i piani fuori terra e le premialità che la norma sul contenimento dei consumi energetici, di cui al d.lgs. 102/14, offre ai fini del rispetto dei criteri di efficienza energetica, l’altezza media del fabbricato scende al di sotto dei 14 mt.

    È tuttavia da escludere che la norma sul contenimento dei consumi energetici possa prevalere sulle disposizioni in materia paesaggistica di cui alla l. reg. Campania 35/1987. Per giurisprudenza costante, infatti, “Il divieto di incremento dei volumi esistenti, imposto ai fini di tutela del paesaggio, si riferisce a qualsiasi nuova edificazione comportante creazione di volume, senza che sia possibile distinguere tra volume tecnico ed altro tipo di volume, sia esso interrato o meno” (tra le tante, Cons. Stato Sez. VI, 03/06/2019, n. 3732). Da tale principio si evince, pertanto, che le premialità di cui al d.lgs. n. 102/2014 non possono consentire il superamento dei limiti fissati dalla l. reg. n. 35/1987.

    Comunque, indipendentemente dall’altezza esatta del fabbricato, ed anche ove si ammettesse che la suddetta norma sul contenimento dei consumi energetici prevale sulle disposizioni in materia paesaggistica di cui alla l. reg. Campania 35/1987, è incontestato che sia stato assentito un edificio che raggiunge quasi l’altezza massima consentita (anzi, la supera: solo non conteggiando nell’altezza massima le premialità di cui d.lgs. 102/2014 è forse possibile scendere al di sotto della soglia massima fissata dal PUT).

    4.3. Orbene, l’art.19 del PUT prevede che le altezze massime siano “da adottare compatibilmente con le situazioni ambientali”. Sul punto, è fondata la censura di parte ricorrente, secondo cui tale valutazione è mancata. Infatti, né nell’autorizzazione paesaggistica n. 111 del 2013, né nel parere della Soprintendenza (nota 12562 / 2018), né nell’autorizzazione paesaggistica del 2.10.2018, è dato riscontrare un apprezzamento specifico sull’impatto ambientale e paesaggistico di un edificio che raggiunge (o meglio, come sopra ricordato, supera) l’altezza massima fissata dal PUT.

    4.4. Le altre censure possono essere assorbite.

    I motivi aggiunti in esame vanno dunque accolti e, per l’effetto, va annullato il provvedimento sub g) in epigrafe.

    Sussistono giusti motivi, attesa la complessità e la natura interpretativa delle questioni trattate, per compensare interamente tra le parti le spese del giudizio.

    P.Q.M.

    Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Settima Sezione di Napoli, definitivamente pronunciando, disattesa e respinta ogni diversa istanza, domanda, deduzione ed eccezione, così provvede:

    1. Accoglie il ricorso introduttivo n. 271 dell’anno 2017 e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati sub a), b) e c) in epigrafe;
    2. Dichiara il ricorso per motivi aggiunti depositati in data 02.08.2018 improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse;
    3. Accoglie il ricorso per motivi aggiunti depositati in data 21.12.2018 nei limiti di cui in motivazione e per l’effetto annulla il provvedimento sub g) in epigrafe;
    4. Compensa integralmente le spese tra le parti.

    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

    Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 23 luglio 2019, 01.10.2019 con l’intervento dei magistrati:

    Rosalia Maria Rita Messina, Presidente

    Guglielmo Passarelli Di Napoli, Consigliere, Estensore

    Valeria Ianniello, Primo Referendario

     
     
    L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
    Guglielmo Passarelli Di Napoli Rosalia Maria Rita Messina
     
     
     
     
     

    IL SEGRETARIO

     

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