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T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI, SEZ. V, 2 GENNAIO 2020, N. 8.

    Sanità pubblica veterinaria e sicurezza alimentare – Decreto con il quale il Commissario ad Acta per l’attuazione del Piano di rientro dai disavanzi del SSR Campano ha approvato le “norme sul mantenimento della qualifica di regione indenne da Malattia Vescicolare del Suino (MVS)” – Prevalenza del principio di precauzione

     

    In caso di contestati livelli insufficienti di biosicurezza degli allevamenti, la sospensione dell’autorizzazione al trasporto fino al raggiungimento dei livelli prescritti e la revoca, in caso di mancato adempimento nei tempi stabiliti, costituiscono ragionevoli applicazioni del principio di precauzione; una volta accertato che, anche in un solo allevamento, non siano state rispettate le elementari misure di sicurezza la cui violazione ex se costituisce fonte di rischio di un probabile contagio, la sospensione, prima, e la revoca, poi, costituiscono, misure adeguatamente efficaci e dissuasive, potendo l’avvenuto lavaggio e disinfezione degli automezzi dimostrarsi insufficiente allo scopo.

     

    Deve, invero, essere accordata necessaria prevalenza -non ravvisandosi sotto tale profilo alcun vizio di eccesso di potere-, al generale principio di precauzione in applicazione del quale ogni qual volta non siano conosciuti con certezza i rischi indotti da un’attività potenzialmente pericolosa, l’azione dei pubblici poteri deve tradursi in una prevenzione precoce, -se necessario, anche anticipatoria rispetto al consolidamento delle conoscenze scientifiche-, di modo che la sussistenza di un pregiudizio – anche solo potenziale – alla igiene pubblica umana e/o animale giustifica l’adozione di misure, benché non siano tecnicamente consolidate, atte a prevenire o eliminare qualsiasi rischio.

     

    Massima a cura dell’avv. Claudia Piscione.

     

     

    Pubblicato il 02/01/2020

    00008/2020 REG.PROV.COLL.

    00880/2018 REG.RIC.

    REPUBBLICA ITALIANA

    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

    Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

    (Sezione Quinta)

    ha pronunciato la presente

    SENTENZA

    sul ricorso numero di registro generale 880 del 2018, proposto da
    …….., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati …., ….., con domicilio digitale ….; …. e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. …. in …

    contro

    Commissario ad acta per l’Attuazione del Piano di Rientro dai Disavanzi del S.S.R. Campano, Regione Campania, non costituiti in giudizio;
    Commissario ad acta per l’Attuazione del Piano di Rientro Sanitario della Regione Campania, Presidenza del Consiglio dei Ministri e Ministero della Salute, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Napoli, via Armando Diaz, 11;

    per l’annullamento

    1. del decreto del Commissario ad actaper l’attuazione del Piano di rientro dai disavanzi del S.S.R. Campano, in persona del Commissario p.t. n. 63/2017, ad oggetto “approvazione norme sul mantenimento della qualifica di regione indenne da Malattia Vescicolare del Suino (MVS)”;
    2. di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguente se ed in quanto lesivo degli interessi dei ricorrenti, ivi inclusi gli atti integranti l’istruttoria tecnico-amministrativa effettuata dalla Direzione generale per la tutela della salute e il coordinamento con il S.S.R., nonché dei decreti del P.G.R. n. 226/2009 e dei decreti Commissario ad actan. 2/2011, n. 93/2011 e n. 39/2012;

    Visti il ricorso e i relativi allegati;

    Visti gli atti di costituzione in giudizio del Commissario ad acta per l’Attuazione del Piano di Rientro Sanitario per la Regione Campania, della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero della Salute;

    Visti tutti gli atti della causa;

    Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 ottobre 2019 la dott.ssa Gabriella Caprini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

    FATTO e DIRITTO

    1. I ricorrenti, allevatori e mediatori commerciali operanti nel territorio regionale impugnano il decreto con il quale il Commissario ad actaper l’attuazione del Piano di rientro dai disavanzi del SSR Campano ha approvato le “norme sul mantenimento della qualifica di regione indenne da Malattia Vescicolare del Suino (MVS)”.

    I.1. Tali previsioni, in particolare, disciplinano, in modo rigoroso, tra gli altri aspetti, il trasporto dei suini, i livelli di biosicurezza e la marcatura individuale dei suini, integrante il cd. sistema suinicolo campano.

    1. A sostegno del gravame deducono i seguenti motivi di ricorso:
    2. a) violazione e falsa applicazione artt. 3, 5, 97, 117, 118 e 120 Cost., delle ll. n. 222/2007 e n. 191/2007, del D.lgs. 22 maggio 1999, n. 196, dell’ordinanza ministeriale del 12.04.2008 e delle decisioni CEE 2005/779/CEE e 2007/9/CE;
    3. b) incompetenza;
    4. c) eccesso di potere per inesistenza dei presupposti in fatto ed in diritto, difetto di istruttoria e di motivazione, illogicità, irragionevolezza, irrazionalità, sproporzione, disparità di trattamento e contraddittorietà.

    III. Si sono costituiti, tramite l’Avvocatura distrettuale, il Commissario ad acta per l’attuazione del Piano di rientro sanitario per la Regione Campania – Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero della Salute, tutti concludendo per il rigetto del ricorso.

    1. All’udienza pubblica dell’8.10.2019, fissata per la trattazione, la causa è stata introitata per la decisione.
    2. Il ricorso è infondato.

    V.1. Con il primo motivo di ricorso, parte ricorrente deduce l’assorbente vizio di incompetenza.

    V.1.1. Sostiene, in particolare, come, attraverso una mera comparazione tra la disciplina dell’atto commissariale e il mandato ricevuto, emerga chiaramente che il decreto oggetto di impugnazione sia viziato da incompetenza. Il Commissario ad acta avrebbe debordato dai limiti del proprio incarico, quale tracciato dai Piani Operativi nonché dalle previsioni di interventi atti a garantire l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza “nell’ambito della cornice normativa vigente”. Tale travalicamento sarebbe, nella specie, evidente con riguardo al complesso di misure integranti il cd. SSC (sistema Suinicolo Campano).

    Precisa, all’uopo, che:

    1. a) la deliberazione del Consiglio dei Ministri 10 luglio 2017, di nomina:
    2. ha assegnato “al Commissario ad actal’incarico prioritario di attuare i Programmi Operativi 2016-2018 e gli interventi necessari a garantire, in maniera uniforme sul territorio regionale, l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza in condizioni di efficienza, appropriatezza, sicurezza e qualità, nei termini indicati dai Tavoli tecnici di verifica, nell’ambito della cornice normativa vigente”;
    3. ha individuato, nell’ambito del più generale mandato sopra specificato, alcune azioni ed interventi comeactaai quali dare corso prioritariamente, tra cui, al punto XXIII: “l’adozione dei provvedimenti necessari alla regolarizzazione degli interventi di sanità pubblica veterinaria e di sicurezza alimentare”;
    4. b) i programmi operativi 2016-2018, approvati con decreto n. 14 del 01.03.2017 (in BURC n. 22 del 13 marzo 2017), per quanto di rilievo:
    5. hanno definito le azioni e le misure che, nei prossimi tre anni, si intendono porre in essere per garantire e migliorare la qualità dei “Livelli Essenziali di Assistenza” (cfr. pag. 6 del decreto n. 14/2017);
    6. hanno ascritto a tale specifico Obiettivo (n. 5 del documento), tra gli altri, il Programma n. 15 (Sanità Veterinaria e sicurezza alimentare);
    7. annoverano, nell’alveo del Programma n. 15, determinati interventi, tra i quali: l’Intervento 15.3. – “Attuazione dei Piani di profilassi per la Tubercolosi, Brucellosi e Leucosi bovina Enzootica (LEB) e acquisizione stato di territorio ufficialmente indenne e l’Intervento” 15.4 – “Verifica dell’efficacia dei controlli ufficiali nel campo della sicurezza alimentare”, nel cui ambito, comunque, non sarebbero incluse le misure di cui al decreto gravato.

    V.1.2. Con il decreto n. 63/2017, il Commissario ad acta ex art. 4, co. 2, D.L. n. 159/2007, convertito in Legge n. 159/2007, avrebbe, di contro, adottato un “Piano di sorveglianza della malattia vescicolare del suino”, con validità fissata al 31.12.2019, che si struttura, sostanzialmente, in due macro-misure: a) da un lato, si dettano prescrizioni stringenti in tema di identificazione dei suini (singolarmente intesi) e degli allevamenti [art. 1], nonché in tema trasporto [art. 2] dei suini stessi, accompagnandosi le corrispondenti previsioni ad un trattamento sanzionatorio variegato (artt. 1, 2 e 3); dall’altro (art. 4, commi da 3 a 10, e art. 5), “viene mantenuto ed incentivato il sistema di tracciabilità dei suini denominato “sistema Suinicolo Campano (SSC)”, al quale possono aderire in forma volontaria i proprietari delle aziende suinicole da riproduzione a ciclo chiuso e a ciclo aperto, da ingrasso per la movimentazione e da ingrasso per macello, attivato ai sensi dei decreti del Commissario ad acta n. 93/2001 e 39/2012”, con la precisazione (art. 4 co. 10) che “l’adesione al SSC rappresenta un elemento di valutazione positiva nella pianificazione dei suini da ingrasso”.

    Le misure all’esame, già emanate in via straordinaria allorché la Campania non era accreditata ovvero indenne per MVS, risultano, cioè, essere state, a parere della parte ricorrente, immotivatamente e illegittimamente reiterate nonostante la Commissione Europea abbia ormai riconosciuto la Campania quale regione indenne dalla Malattia Vescicolare del Suino (decisione n. 2017/1910 del 17.10.2017) e benché la loro adozione non sembri rientrare, per le precisazioni sopra esposte, nei programmi operativi, 2016-2018, attualmente vigenti. Quest’ultimi costituirebbero, invece, l’unico perimetro del mandato ricevuto dal Commissario.

    L’adozione del complesso delle misure integranti il SSC, in particolare, travalicherebbe il mandato commissariale tracciato considerando, altresì, che l’accreditamento/o qualifica consente la libera movimentazione dei suini verso altre regioni e il solo controllo a campione degli allevamenti cd. da ingrasso.

    V.2. La censura è priva di pregio.

    V.2.1. La deliberazione del Consiglio dei Ministri del 10 luglio 2017, assegna quale incarico, oltre alla prioritaria attuazione dei predetti Programmi operativi, più in generale, l’adozione tutti gli interventi tesi a garantire l’omogeneità regionale dei livelli di essenziali di assistenza, che includono, nell’ambito del più generale mandato, anche “l’adozione dei provvedimenti necessari alla regolarizzazione degli interventi di sanità pubblica veterinaria e di sicurezza alimentare”.

    Con tale provvedimento, in particolare, si vuole, ragionevolmente, “garantire la persistente osservanza delle misure straordinarie che hanno consentito il riconoscimento della qualifica, al fine del relativo mantenimento”.

    Nella specie, “per il raggiungimento delle condizioni necessarie per l’ottenimento della qualifica si è reso necessario adottare idonei provvedimenti diretti a regolare la correttezza della gestione zootecnica e sanitaria delle aziende suinicole come: innalzamento del livello di biosicurezza, procedure straordinarie nel trasporto degli animali, abbattimento senza indennizzo degli animali sprovvisti di identificazione, marcatura individuale dei suini su base volontaria attraverso l’adozione dei “Sistema Suinicolo Campano”.

    V.3. Con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente lamenta la violazione del d.lgs. n. 196/1999, censurando, nella specie, l’art. 1, punto a) del Piano di Sorveglianza della malattia vescicolare suina (MVS) gravato.

    Dispone tale norma:

    “I Servizi Veterinari delle AA.SS.LL. campane garantiscono l’inserimento e l’aggiornamento nella Banca Dati Nazionale suina di tutti gli allevamenti suini, ad esclusione delle aziende da autoconsumo che detengono solo un capo, nonché la completezza dei dati anagrafici e sanitari relativi ai singoli allevamenti, ivi compresi l’indicazione delle coordinate geografiche dell’allevamento, l’indirizzo produttivo e la capacità potenziale, nonché la qualifica sanitaria nei riguardi delle malattie soggette a controllo sanitario”.

    V.3.1. Tanto premesso, osserva, in particolare, parte ricorrente, che:

    1. A) ai sensi dell’art. 4 dell’ordinanza ministeriale 12 aprile 2008, recante “misure sanitarie di eradicazione della malattia vescicolare del suino e di sorveglianza della peste suina classica”, un’azienda, per essere accreditata per MVS, deve, tra l’altro, “essere registrata in BDN”. La Banca dati nazionale, che è una banca dati informatizzata collegata in rete, risulta disciplinata dal D.lgs. 22 maggio 1999, n. 196, attuativo della direttiva comunitaria 97/12/CE che modifica e aggiorna la direttiva 64/432/CEE “relativa ai problemi di polizia sanitaria in materia di scambi intracomunitari di animali delle specie bovina e suina” (in senso omologo disporrebbe il d.lgs. n. 200/2010). L’art. 12 co. 1, 3 e 4, stabilisce le informazioni che devono essere registrate in BDN come segue:

    “3. In relazione agli animali della specie suina sono indicati:

    1. a) il numero di registrazione dell’azienda d’origine o dell’allevamento d’origine, nonché il numero del certificato sanitario, quando prescritto; b) il numero di registrazione dell’ultima azienda o dell’ultimo allevamento e, per gli animali importati da Paesi terzi, dell’azienda di importazione.
    2. In relazione a ciascuna azienda sono indicati:
    3. a) il numero di identificazione che deve contenere, oltre la sigla IT che individua lo Stato italiano, un codice che non superi i dodici caratteri;
    4. b) il nome e l’indirizzo del proprietario, della persona fisica o giuridica responsabile”;
    5. B) l’art. 1 del Piano di Sorveglianza MVS, approvato con l’impugnato decreto n. 63/2017, prescrive, in aggiunta, l’inserimento e l’aggiornamento nella Banca Dati Nazionale suina di “tutti gli allevamenti suini … nonché la completezza dei dati anagrafici e sanitari relativi ai singoli allevamenti, ivi compresi l’indicazione delle coordinate geografiche dell’allevamento, l’indirizzo produttivo e la capacità potenziale, nonché la qualifica sanitaria nei riguardi delle malattie soggette a controllo sanitario”.

    V.3.2. Tanto premesso, l’ulteriore ultimo adempimento imposto con il decreto gravato sarebbe, a parere di parte ricorrente, contrastante con la normativa vigente.

    V.3.3. Lo stesso sarebbe, altresì, irragionevolmente sproporzionato, posto che, conseguentemente, e, peraltro, solo nella Regione Campania, nella BDN dovrebbero essere registrate non (solo) le aziende (come da diritto euro-unionale), ma pure gli allevamenti, peraltro, con “l’indicazione delle coordinate geografiche dell’allevamento, l’indirizzo produttivo e la capacità potenziale”.

    Tali oneri costituirebbero un irragionevole autolimite all’organizzazione imprenditoriale, essendo destinati a riverberarsi sul piano dei controlli e delle sanzioni, considerando che:

    1. ai sensi dell’art. 7, co. 1 lett. c) dell’ordinanza ministeriale 12 aprile 2008, tra l’alto, “un’azienda mantiene la sua qualifica se…c) è registrata in banca dati nazionale …” e, per inciso, secondo le relative modalità;
    2. a norma dell’art. 3 del Piano di sorveglianza impugnato in parte qua, il potere di ordinanza di abbattimento dei capi (ex art. 3 co. 1) e la revoca dell’accreditamento aziendale per MVS (art. 4 co. 1) si fondano anche in ragione delle carenze/irregolarità in merito alle indicazioni imposte dal Piano di sorveglianza come quelle descritte.

    V.3.4. Tale ultimo regime, inoltre, è, su assunto della medesima parte ricorrente, autonomamente censurabile per illogicità sanzionando, come detto, l’inadempimento alle prescrizioni di cui ai punti 1, 2 e 3 dello stesso art. 3 non solo con la revoca dell’accreditamento dell’azienda (così dispone l’art. 7 co. 2 dell’ordinanza ministeriale 12 aprile 2008), ma pure con l’abbattimento del capo di bestiame.

    Sottolinea, parte ricorrente, come, di contro, l’ordinanza ministeriale contempli la macellazione coattiva quale estrema ratio (artt. 7 e 12), in costanza di contagi o pericoli di contagio.

    V.3.5. La censura è priva di pregio.

    V.3.6. Invero, il richiamo al d.lgs. n. 196/99 (recante l’attuazione della direttiva 97/12/CE che modifica e aggiorna la direttiva 64/432/CEE relativa ai problemi di polizia sanitaria in materia di scambi intracomunitari di animali) è improprio in quanto la norma di riferimento per le misure d’identificazione delle aziende suinicole è il d.lgs. n. 200/2010 (allegato 1, di produzione avversa) concernente, più propriamente, invece, l’“Attuazione della direttiva 2008/71/Ce relativa all’identificazione e alla registrazione dei suini”.

    V.3.7. Quest’ultimo decreto legislativo, all’art. 3, rubricato “Elenco informatizzato delle aziende”, prescrive che: “2. Le modalità e le procedure operative relative alla registrazione delle aziende nella BDN, comprese le informazioni da registrare che contengono necessariamente l’indicazione del detentore degli animali di ciascun allevamento, anche ai fini dell’applicazione della decisione 2000/678/CE della Commissione del 23 ottobre 2000, sono riportate nell’allegato I, paragrafo 1”.

    L’allegato I. paragrafo 1, lettera a (coordinate geografiche) e b (tipologia di struttura-allevamenti), prevede, nella specie, proprio la registrazione delle aziende e degli allevamenti supportata dalla contestata localizzazione geografica al fine di consentire una maggiore tracciabilità e mantenere, se già ottenuta, la qualifica di Regione indenne.

    In particolare, secondo quanto prescritto nel predetto allegato, “Il Servizio Veterinario provvede a registrare in BDN le seguenti informazioni relative a:

    1. a) azienda: codice aziendale; indirizzo dell’azienda; coordinate geografiche dell’azienda;
    2. b) struttura zootecnica:

    – tipologia di struttura (allevamento; stalla di sosta; fiera e mercato; centro di raccolta; punto di sosta; centro materiale genetico);

    – denominazione o ragione sociale;

    – nome, indirizzo e codice fiscale del proprietario degli animali o del detentore strutture zootecniche (in caso di stalla di sosta, centro materiale genetico, centro di raccolta, ecc);

    – nome, indirizzo e codice fiscale del detentore degli animali;

    – capacità della struttura (numero massimo di animali che è possibile detenere per ogni ciclo);

    – animali detenuti in quel momento (maiali e/o cinghiali)”.

    V.3.8. Quanto alle ulteriori prescrizioni concernenti l’indicazione dell’“indirizzo produttivo” e la “capacità potenziale”, il Collegio non ravvisa alcuna irragionevole limitazione o pregiudizio alla libera esplicazione della sottesa attività imprenditoriale, trattandosi, invero, di una mera comunicazione e rappresentandosi, altresì, che, quanto alla censurata capacità, l’ampia formula utilizzata nell’allegato di cui al richiamato decreto, “numero massimo di animali che è possibile detenere per ogni ciclo”, consente una lettura omnicomprensiva sia attuale che programmata.

    V.3.9. Con riferimento alla dedotta violazione e falsa applicazione del predetto d.lgs. n. 196/99 nella parte in cui il decreto impugnato prevede l’abbattimento coattivo per l’inosservanza delle prescrizioni di cui alla BDN (Banca dati nazionale) – fatte salve le premesse che precedono quanto all’esatta individuazione della normativa applicabile -, le censure sono parimenti infondate.

    V.3.10. Orbene, il Regolamento (CE) n. 882/2004 (allegato 2, dell’Amministrazione resistente) relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali, all’art. 54, prevede che, qualora individui una non conformità, l’autorità competente (Ministeri della salute – Regione – AASSLL) intervenga per assicurare che l’operatore ponga rimedio alla situazione.

    Nel decidere, la medesima autorità tiene conto della natura della non conformità e dei dati precedenti relativi a detto operatore per quanto riguarda la non conformità.

    Tale azione comprende, a seconda dei casi, le seguenti misure: 1. l’imposizione di procedure di igienizzazione o di qualsiasi altra azione ritenuta necessaria per garantire la sicurezza del mangime e degli alimenti o la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali; 2. la restrizione o il divieto dell’immissione sul mercato, dell’importazione o dell’esportazione il monitoraggio e, se necessario, la decisione del richiamo, del ritiro e/o della distruzione di mangimi o alimenti; 3) l’autorizzazione dell’uso di mangimi o di alimenti per fini diversi da quelli originariamente previsti; 4) la sospensione delle operazioni o la chiusura in toto o in parte dell’azienda interessata e la sospensione o il ritiro del riconoscimento dello stabilimento; 5) le misure di cui all’articolo 19 sulle partite provenienti da paesi terzi; 6) qualsiasi altra misura ritenuta opportuna dall’autorità competente.

    Nell’ambito di quest’ultima categoria può ben inquadrarsi, ove debitamente motivata, la misura dell’abbattimento dei capi.

    V.3.11. Parte ricorrente controdeduce, con memoria, osservando che, quanto al richiamato art. 54:

    1. a) lo stesso introduce espressamente un criterio di proporzionalità nella definizione della misura (cfr. 54 co. 1 cit. “nel decidere l’azione da intraprendere, l’autorità competente tiene conto della natura della non conformità e dei dati precedenti relativi a detto operatore per quanto riguarda la non conformità”) estraneo invece all’automatismo tracciato dall’art. 3 del Piano di Sorveglianza;
    2. b) non esclude che un atto generale dello Stato nazionale preveda le modalità operative del meccanismo sanzionatorio (nella specie, l’ordinanza ministeriale 12.04.2008), al quale atto deve conformarsi anche il Piano di Sicurezza, qui impugnato;
    3. c) nello spettro di tale norma, la misura ex lettera h) ha carattere residuale e non si cumula con diversa altra sanzione (nella specie, chiusura dello stabilimento e/o revoca dell’accreditamento);
    4. d) tanto l’art. 54, co. 1 e co. 2 lett. h) (“nel decidere l’azione da intraprendere, l’autorità competente tiene conto della natura della non conformità”) quanto l’O.M. del 12.04.2008 (art. 7 e 12 al ricorrere ipotesi di contagi o pericoli in tal senso) impongono una valutazione del caso concreto che, per contro, l’automatismo della avversata sanzione ex art. 3 del Piano di Sorveglianza esclude.

    V.3.12. Orbene, con riferimento alla mancanza di ogni automatismo nella normativa comunitaria, si osserva che il comma 3 del medesimo art. 54 si limita esclusivamente a prevedere, in caso di accertata non conformità, la comunicazione della decisione intrapresa e dei possibili rimedi esperibili, senza alcun riferimento a decisioni puntuali che tengano conto del caso concreto.

    Recita, per quanto d’interesse, il predetto comma: “3. L’autorità competente trasmette all’operatore interessato o a un suo rappresentante: a) notifica scritta della sua decisione concernente l’azione da intraprendere a norma del paragrafo 1, unitamente alle relative motivazioni; b) informazioni sui diritti di ricorso avverso tali decisioni e sulla procedura e sui termini applicabili.

    V.3.13. Con riferimento al regime sanzionatorio, l’articolo 55 del medesimo regolamento dispone, sul punto, esclusivamente che “1. Gli Stati membri stabiliscono le regole in materia di sanzioni applicabili in caso di violazione della normativa sui mangimi e sugli alimenti e di altre disposizioni comunitarie concernenti la tutela della salute e del benessere degli animali e prendono tutte le misure necessarie per assicurare che siano attuate. Le sanzioni previste devono essere effettive, proporzionate e dissuasive”.

    V.3.14. Tali sono le misure previste dall’organo straordinario statale a livello regionale con le disposizioni di cui all’art. 3 del Piano di Sorveglianza gravato, a norma del quale:

    “E’ obbligatorio l’abbattimento e la distruzione, senza indennizzo e con spese a carico del proprietario o detentore dei capi, entro 72 ore dalla notifica di apposita Ordinanza di abbattimento emessa dall’Autorità Sanitaria competente per territorio degli animali della specie suina nei seguenti casi:

    1. suini privi di identificativi e/o certificazione che ne attesti la provenienza; 2. suini con identificativi o documentazione contraffatti; 3. suini non correttamente identificati o con irregolarità documentale per i quali il proprietario o detentore non fornisca, entro il termine di sette giorni lavorativi, idonea certificazione attestante l’origine degli animali, la loro identificazione e l’effettiva destinazione alla propria azienda.

    Nelle aziende in cui sono stati rinvenuti i suini di cui ai punti 1, 2 e 3 viene revocato l’accreditamento per MVS con conseguente divieto di movimentazione di tutti gli altri suini eventualmente presenti. Il provvedimento viene revocato solo a completamento delle operazioni di riacquisizione della qualifica di azienda accreditata per MVS condotte con i criteri di cui all’O.M. 12 aprile 2008 e alla Decisione della Commissione 2005/779/CE e successive modifiche”.

    V.3.15. D’altro canto, secondo il disposto di cui al d.lgs. n. 200/2010:

    1. A) art. 4, “Registro aziendale di carico e scarico e modello IV”:
    2. a) “Il detentore degli animali, ad eccezione del caso previsto all’articolo 3, comma 5, tiene ed aggiorna il registro aziendale degli animali conformemente a quanto indicato nell’allegato II del presente decreto; il registro è composto da pagine numerate progressivamente e contiene altresì le seguenti informazioni: a) numero di animali presenti in allevamento; b) movimentazioni, con l’indicazione del numero di animali interessati a ogni operazione di entrata e di uscita, specificando la loro provenienza e la loro destinazione, nonché la data delle movimentazioni stesse” (comma 1);
    3. b) “I detentori degli animali mettono a disposizione dell’autorità competente le informazioni sull’origine, l’identificazione e la destinazione degli animali posseduti, detenuti, trasportati, commercializzati tramite registrazione delle stesse nella BDN conformemente a quanto descritto nell’allegato I, paragrafi 3 e 4 (art. 4, comma 3).
    4. B) il mezzo di identificazione è costituito da: “tatuaggio, marca auricolare o altro mezzo apposto sull’animale senza comprometterne il benessere, che consente di identificare l’animale e l’azienda di origine per tutta la durata della sua vita” (art. 2, lett.g);
    5. C) “gli animali sono identificati, a cura del detentore, entro il settantesimo giorno di vita ed in ogni caso prima di lasciare l’azienda nella quale sono nati, con il mezzo di identificazione di cui all’allegato I, paragrafo 2” (art. 5, comma 1).

    V.3.16. Non vi, quindi, in definitiva, alcuna palese discrasia rispetto al dettato della normativa comunitaria che detta esclusivamente i principi: nell’osservanza di tali dettami, l’Amministrazione è titolare di un ampio potere discrezionale, anche sanzionatorio, il cui esercizio, nel caso di specie, non appare censurabile sotto il profilo di una manifesta irragionevolezza. Attesa la ratio sottesa all’adozione del Piano di Sorveglianza di mantenimento, mediante la reiterazione delle misure già intraprese, della qualifica di Regione indenne, si tratta di sanzioni adeguatamente “proporzionate e dissuasive”.

    V.4. Con il terzo motivo di ricorso, parte ricorrente lamenta la violazione del d.lgs. n. 196/1999 e l’eccesso di potere per difetto di istruttoria e illogicità.

    V.4.1. Sostiene, in particolare, che l’art. 1 del gravato Piano di Sorveglianza comprenda una distinzione, “aziende suinicole familiari per autoconsumo” (fino ad un massimo di due suini l’anno in un unico allevamento per codice aziendale) e “aziende suinicole da vita” estranea alla vigente cornice normativa e comunque illogica e priva di base istruttoria, irragionevolmente limitativa della libertà di impresa. Nella specie, l’atto ministeriale richiamato (art. 2 “definizioni”, lett. b, c e d) distinguerebbe esclusivamente tra l’azienda da riproduzione (cd. Sito I), sub distinta in azienda di produzione a ciclo aperto e ciclo chiuso, e l’azienda da ingrasso (cd. sito III).

    V.4.2. La censura è inammissibile, non avendo parte ricorrente dimostrato l’interesse ad agire ovvero la lesione attuale e concreta che deriverebbe dalla contestata previsione né, tantomeno, l’utilità che la stessa potrebbe trarre dall’eventuale annullamento della previsione.

    V.5. Con il quarto motivo di ricorso, la parte lamenta la violazione della ordinanza ministeriale del 12.04.2008 nonché l’eccesso di potere, in particolare, sotto il profilo della disparità di trattamento.

    V.5.1. Sostiene parte ricorrente che l’art. 1, commi 3 e 4, del Piano di Sorveglianza gravato preveda, in relazione alle aziende suinicola da vita, un regime di sospensione/revoca abnorme ed irrazionale, risultando connesso alla registrata mera “insufficienza delle misure di biosicurezza”.

    Il Piano, infatti, non specificherebbe né quali sarebbero le misure di sicurezza né quando si materializzerebbe l’insufficienza e, tanto, in evidente violazione dei principi generali secondo i quali ogni misura sanzionatoria richiede, invece, un rigore oggettivo nella descrizione della condotta, rimettendone, di contro, la determinazione e la valutazione ai diversi Servizi Veterinari delle AA.SS.LL.. Posto, poi, che non tutte le misure di biosicurezza sono da intendersi funzionali all’accrescimento del rischio di accendere un focolaio di MVS, illogicamente si verrebbe a creare una unificazione di trattamento sanzionatorio anche per violazioni semplicemente di procedura.

    Diversamente, l’ordinanza ministeriale 12 aprile 20089 (art. 7) ricondurrebbe le ipotesi di sospensione/revoca della qualifica sanitaria a parametri oggettivi.

    Tali ipotesi si riferiscono ad irregolarità nella tenuta del registro aziendale o in BDN ovvero alla presenza di animali non correttamente identificati (sospensione ex art. 7 co. 2 ord. cit); alla rilevazione di sieropositività anche al controllo di screening (sospensione ex art. 7 co. 3, ord. cit, salvo comunque il complesso regime di “riverifica” tracciato dall’ordinanza ministeriale (sospensione ex art. 7 co. 2 ord. cit); ancora, alla presenza di suini privi di certificati attestanti provenienza/destinazione (revoca ex art. 7 co. 4 ord. cit).

    Ciò posto, dal differente regime sanzionatorio si dovrebbe inferire, sempre a parere di parte ricorrente, una differente consistenza ontologica tra le “misure di biosicurezza” ex art. 1 del Piano di Sorveglianza gravato e le misure costituenti l’attività di sorveglianza di cui all’allegato II della citata ordinanza ministeriale del 12 aprile 2018. Ove, poi, vi fosse una coincidenza tra le misure nei due atti, quello Commissariale regionale, gravato, e quello ministeriale da individuarsi nell’ordinanza citata, la medesima parte censura il primo nella parte in cui finisce con il prevedere un regime sanzionatorio assente nella seconda, introducendo, peraltro, una disparità di trattamento tra gli altri operatori del settore, a livello nazionale.

    V.5.2. Il motivo è infondato.

    V.5.3. Dispone, per quanto di interesse l’art. 1, lett. c) e d), del Piano di Sorveglianza della malattia vescicolare suina (MVS) gravato:

    “c. Alle aziende suinicole da vita, per le quali il Servizio Veterinario ufficiale constati l’insufficienza delle misure di biosicurezza presenti viene sospesa la qualifica sanitaria e viene concesso un termine massimo di 60 giorni per l’adeguamento necessario alle prescrizioni impartite. Durante tale periodo sono consentite esclusivamente movimentazioni dirette di animali verso stabilimenti di macellazione. Trascorso il termine predetto il Servizio Veterinario competente per territorio verifica attraverso una visita ispettiva in loco che le prescrizioni siano state adeguatamente eseguite e in tal caso ripristina la qualifica sanitaria e revoca il blocco di movimentazione. Nel caso in cui si verifichi persistenza delle carenze e mancato adeguamento alle prescrizioni impartite, l’Autorità sanitaria competente dispone che tutti gli animali eventualmente presenti in azienda siano avviati ad uno stabilimento di macellazione entro 7 giorni, senza indennizzo, e che l’azienda venga classificata d’ufficio come allevamento familiare per autoconsumo, con possibilità di allevamento di un numero massimo di due capi per anno, e come tale registrata nella BDN”.

    V.5.4. Orbene, le misure di biosicurezza citate nel Decreto del Commissario ad acta impugnato discendono dal Reg. n. 429/CE/2016 (allegato 3, di parte resistente), relativo alle malattie trasmissibili, che modifica e abroga la normativa in materia in sanità animale; in particolare, l’art. 10 del citato Regolamento fissa le forme di responsabilità e l’adozione delle misure di biosicurezza.

    Si riporta il testo del citato art. 10, rubricato “Responsabilità per la sanità animale e le misure di biosicurezza” del Regolamento (Ue) 2016/429 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 9 marzo 2016 relativo alle malattie animali trasmissibili e che modifica e abroga taluni atti in materia di sanità animale («normativa in materia di sanità animale»):

    “1. Gli operatori:

    1. a) per quanto riguarda gli animali detenuti e i prodotti sotto la loro responsabilità, sono responsabili:
    2. i) della sanità degli animali detenuti;
    3. ii) dell’uso prudente e responsabile dei medicinali veterinari, fatto salvo il ruolo e la responsabilità dei veterinari;

    iii) della riduzione al minimo del rischio di diffusione delle malattie;

    1. iv) delle buone prassi di allevamento;
    2. b) se del caso, adottano le misure di biosicurezza riguardo agli animali detenuti e ai prodotti sotto la loro responsabilità opportune per:
    3. i) le specie e le categorie di animali detenuti e prodotti;
    4. ii) il tipo di produzione; e

    iii) i rischi connessi, tenendo conto:

    — dell’ubicazione geografica e delle condizioni climatiche; e

    — delle circostanze e delle prassi locali;

    1. c) se del caso, adottano misure di biosicurezza riguardo agli animali selvatici.
    2. I professionisti degli animali si adoperano per ridurre al minimo il rischio di diffusione delle malattie nel contesto del loro rapporto professionale con gli animali e i prodotti …
    3. Le misure di biosicurezza di cui al paragrafo 1, lettera b), sono attuate, a seconda dei casi, mediante:
    4. a) misure di protezione fisica, che possono comprendere:
    5. i) separazioni, recinzioni, tetti, reti, a seconda dei casi;
    6. ii) pulizia, disinfezione, lotta agli insetti e derattizzazione;

    iii) nel caso degli animali acquatici, se del caso:

    — misure in materia di approvvigionamento idrico e di eliminazione delle acque di scarico;

    — barriere naturali o artificiali rispetto ai corsi d’acqua circostanti che impediscano agli animali acquatici di entrare o uscire dallo stabilimento interessato, comprese misure contro le inondazioni e le infiltrazioni d’acqua dai corsi d’acqua circostanti;

    1. b) misure di gestione, che possono comprendere:
    2. i) procedure per l’ingresso nello stabilimento e l’uscita dallo stabilimento degli animali, dei prodotti, dei veicoli e delle persone;
    3. ii) procedure per l’uso delle attrezzature;

    iii) condizioni per i movimenti basate sui rischi;

    1. iv) condizioni per l’introduzione di animali o prodotti nello stabilimento;
    2. v) misure di quarantena, isolamento o separazione degli animali introdotti di recente o malati;
    3. vi) un sistema per lo smaltimento sicuro dei cadaveri di animali e degli altri sottoprodotti di origine animale.
    4. Gli operatori, i professionisti degli animali e i detentori di animali di compagnia cooperano con l’autorità competente e i veterinari nell’applicazione delle misure di prevenzione e controllo delle malattie di cui al presente regolamento…”.

    V.5.5. Nel caso di specie, il Direttore Generale del Ministero della Salute, in chiusura della fase di valutazione tecnica e dell’avvio della procedura amministrativa di riconoscimento della Regione Campania quale territorio indenne da MVS (allegato 4 di parte resistente) aveva già richiesto ai Servizi veterinari territoriali di rafforzare i controlli nelle aziende relativamente al rigoroso rispetto delle procedure di biosicurezza.

    V.5.6. Né vale a confutare quanto esposto l’argomentazione adotta da parte ricorrente secondo la quale l’art. 10 par. 6 del regolamento comunitario, proprio per evitare diffomi applicazioni (anche) delle misure di biosicurezza nei territori degli Stati Membri, rinvii ai cd. atti di esecuzione, senz’altro assenti alla data di adozione del decreto commissariale impugnato.

    Invero, il richiamato paragrafo 6 dispone esclusivamente che: “6. La Commissione può, mediante atti di esecuzione, stabilire i requisiti minimi necessari per l’applicazione uniforme del presente articolo”, aggiungendosi, altresì: “Tali atti di esecuzione riflettono le misure di cui al paragrafo 1, lettera b). Essi sono adottati secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 266, paragrafo 2”.

    V.5.7. Orbene, dal dettato normativo emerge che, dato, peraltro, il livello di dettaglio del regolamento stesso come sopra descritto, la fissazione, mediante atti di esecuzione, di requisiti minimi per una applicazione uniforme tra gli Stati membri sia solo eventuale. Conseguentemente l’assenza non ne pregiudica l’immediata e diretta applicazione (self executing) secondo le modalità operative delineate discrezionalmente dalle Autorità competenti nel territorio.

    V.5.8. Irrilevanti solo allora le ulteriori deduzioni, invero, inammissibili in quanto introdotte con memoria, sulla asserita ultrattività delle previgenti e variegate direttive UE, destinate a cessare la propria efficacia secondo un regime differenziato, in parte transitorio (artt. 270 e ss.). Parimenti, quanto, poi, al potere di previsione di misure sanzionatorie anche più rigorose di quelle previste a livello comunitario, riservato agli Stati membri dalle disposizioni di cui agli artt. 268 e sg. del medesimo Regolamento, giova rammentare che il Commissario ad acta per il Piano di rientro di disavanzi del SSR è, comunque, organo statale, tanto da essere stato nominato con deliberazione del Consiglio dei Ministri del 10.07.2017, sicché la relativa adozione rientra tra le proprie competenze.

    V.6. Con il quinto motivo di ricorso, parte ricorrente censura, per violazione di legge ed eccesso di potere la disposizione di cui all’art. 1, lett d) del Piano Sorveglianza, sostenendo che la previsione determinerebbe un illogico collegamento tra l’autorizzazione al trasporto dei suini e la constatazione di “livelli insufficienti di biosicurezza” registrati in un singolo allevamento.

    V.6.1. Dispone, in proposito, la disposizione censurata:

    “d. Qualora i titolari degli allevamenti nei quali siano stati constatati livelli insufficienti di biosicurezza siano anche titolari di mezzi di trasporto per suini o sia tenuta presso gli allevamenti stessi autorimessa di tali mezzi, si procede alla sospensione dell’autorizzazione al trasporto per i suddetti mezzi fino al raggiungimento dei livelli biosicurezza prescritti. In caso di mancato adeguamento alle prescrizioni impartite nei tempi stabiliti, l’Autorità Sanitaria competente revoca l’autorizzazione al trasporto di suini per tutti i mezzi detenuti”.

    V.6.2. Parte ricorrente evidenzia, in particolare, che tale previsione pone illogicamente in correlazione, da un lato, dell’essere al contempo, il titolare dell’allevamento, in cui è stato registrato un non sufficiente livello delle condizioni di biosicurezza, e il titolare dell’autorizzazione al trasporto, e dall’altro, la circostanza dell’essere l’autorimessa localizzata presso l’allevamento de quo.

    La previsione -concernente, prima, la sospensione e, poi, la revoca dell’autorizzazione al trasporto- sarebbe abnorme per le seguenti ragioni:

    1. a) se intesa quale misura cautelare, ponendo un collegamento, di natura soggettiva, tra titolare dell’autorizzazione al trasporto e il titolare dell’allevamento, non considererebbe che il titolare dell’autorizzazione al trasporto può essere tale anche per due o più allevamenti di cui uno soltanto potrebbe avere fatto registrare la contestata insufficienza, sicché la misura sarebbe sproporzionata, potendosi meramente evitare il carico presso l’allevamento infetto ovvero prescrivere misure di sanificazione degli automezzi, senza che ciò incida sul titolo autorizzatorio;
    2. b) se intesa quale misura di carattere sanzionatorio, sarebbe parimenti sproporzionata prevedendo per lo stesso evento, nonostante l’autonomia strutturale e funzionale, una doppia sanzione da riferire tanto al titolo abilitativo al trasporto quanto alla qualifica sanitaria.

    L’illogicità sarebbe tanto più evidente nell’ipotesi in cui l’autorimessa sia localizzata presso l’allevamento.

    Permarrebbe, più in generale, un difetto di istruttoria e di motivazione della previsione nonché una intrinseca illogicità laddove si consideri che localizzazione presso l’allevamento controindicato non dice in sé nulla ai fini dei valori perseguiti dal Piano, quando, come nella specie, non si compiano/prescrivano accertamenti sui mezzi di trasporto impiegati ovvero sulle condizioni logistico-sanitarie dell’autorimessa onde sia paventabile un pericolo almeno potenziale.

    L’irragionevolezza della previsione si coglierebbe ponendo in correlazione le previsioni dell’art. 1 lett. d), da ultimo censurato, con quelle del successivo art. 2, lett. b) e c) che, tra l’altro, impongono pesanti misure in tema di pulizia, lavaggio e disinfestazioni dei mezzi – oggetto di apposita certificazione – dei mezzi di trasporto.

    Vi sarebbe da chiedersi come possano razionalmente giustificarsi le misure cautelari/sanzionatorie ex art. 1 lett. d) del Piano di Sorveglianza allorché siano state rispettate quest’ultime previsioni in relazione alle modalità di pulizia e lavaggio prescritte.

    V.6.3. I motivi sono infondati.

    V.6.4. I richiesti interventi, censurati in quanto ritenuti in violazione e falsa applicazione dell’Ordinanza Ministeriale 12/4/2008 –concernente la pulizia, la disinfezione, il trasporto e il declassamento delle aziende suinicole- non sono misure da ascrivere a detta Ordinanza quanto, piuttosto, all’applicazione del citato art. 54 del Reg. 882/2004, prescritte, nel caso specifico, a livello regionale dall’autorità statale competente.

    V.6.5. In caso di contestati livelli insufficienti di biosicurezza degli allevamenti, la sospensione dell’autorizzazione al trasporto fino al raggiungimento dei livelli prescritti e la revoca, in caso di mancato adempimento nei tempi stabiliti, costituiscono ragionevoli applicazioni del principio di precauzione; una volta accertato che, anche in un solo allevamento, non siano state rispettate le elementari misure di sicurezza la cui violazione ex se costituisce fonte di rischio di un probabile contagio, la sospensione, prima, e revoca, poi, costituiscono, misure adeguatamente efficaci e dissuasive, potendo l’avvenuto lavaggio e disinfezione degli automezzi dimostrarsi insufficiente allo scopo.

    Deve, invero, essere accordata necessaria prevalenza -non ravvisandosi sotto tale profilo alcun vizio di eccesso di potere-, al generale principio di precauzione in applicazione del quale ogni qual volta non siano conosciuti con certezza i rischi indotti da un’attività potenzialmente pericolosa, l’azione dei pubblici poteri deve tradursi in una prevenzione precoce, -se necessario, anche anticipatoria rispetto al consolidamento delle conoscenze scientifiche-, di modo che la sussistenza di un pregiudizio – anche solo potenziale – alla igiene pubblica umana e/o animale giustifica l’adozione di misure, benché non siano tecnicamente consolidate, atte a prevenire o eliminare qualsiasi rischio.

    V.7. Con il sesto motivo di ricorso, parte ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del decreto ministeriale del 12.04.2008 nonché l’eccesso di potere censurando, nello specifico, le disposizioni di cui all’art. 2 del medesimo Piano di Sorveglianza.

    V.7.1. Dispongono le lettere a, b e c dell’art. 2:

    “E’ resa obbligatoria:

    1. la dotazione a cura dei trasportatori dei suini, pena la revoca dell’autorizzazione al trasporto, di apposito registro per ciascuno automezzo, vidimato dal Servizio Veterinario territorialmente competente, nel quale annotare tutte le movimentazioni di suini effettuate includendo i codici delle aziende d’origine e di destinazione degli animali, indipendentemente dalla durata e dalla distanza dei trasporti effettuati;
    2. la certificazione a cura dei trasportatori dei suini, progressivamente numerata, dell’avvenuto lavaggio e disinfezione degli automezzi adibiti al trasporto dei suini, da rilasciare sia all’azienda di origine che di destinazione degli animali, tenuta in copia agli atti per un anno e annotata nel registro di cui al precedente punto a. Il mancato adempimento a questo provvedimento comporta la sospensione per almeno trenta giorni dell’autorizzazione al trasporto di suini;
    3. l’implementazione a cura dei titolari degli stabilimenti di macellazione dei suini del manuale di autocontrollo con specifiche procedure per la pulizia e disinfezione degli automezzi utilizzati per il trasporto dei suini, sia per i periodi ordinari, sia per i periodi nei quali sono attivate aree di restrizione per malattie infettive. Tali procedure devono essere formalmente approvate dai servizi Veterinari competenti”.

    V.7.2. Ora, sostiene parte ricorrente che dette previsioni del Piano di Sorveglianza oggetto di censura, non stabilendo che le sue disposizioni sostituiscano quelle di matrice statale recate dall’ordinanza ministeriale citata, introdurrebbero un concorrente sistema certificativo in tema di trasporto dei suini.

    In modo sproporzionato, illogico ed in violazione del principio di parità di trattamento, si determinerebbe, a carico degli operatori campani, un nuovo irragionevole onere burocratico.

    V.7.3. Il motivo è infondato.

    V.7.4. Quanto al contestato sistema certificativo che sarebbe stato introdotto con le previsioni di cui all’art. 2, si precisa quanto segue.

    V.7.5. L’invocato art. 16 dell’ordinanza ministeriale 12.04.2008, rubricato “pulizia e disinfezione” stabilisce che “1. Le stalle di sosta, i centri di raccolta, le stalle annesse ai macelli, nonché i veicoli utilizzati per il trasporto degli animali devono essere sottoposti ad accurata pulizia e disinfezione, utilizzando prodotti di provata efficacia nei confronti della MVS elencati nell’Allegato III e secondo le procedure di cui al piano all’Allegato II. L’avvenuto lavaggio e la disinfezione degli automezzi vengono accertate su apposito certificato di cui all’Allegato IX”.

    Trattasi di un sistema certificativo preciso, rigoroso, dettagliato ed uniforme quanto alla pulizia e sanificazione rispetto al quale le censurate richieste di dotazione di un registro per ciascun automezzo, di certificazione progressivamente numerata dell’avvenuto lavaggio e disinfezione, di implementazione del manuale di autocontrollo con specifiche procedure per la pulizia e la disinfezione degli automezzi utilizzati, da approvarsi dai Servizi veterinari competenti, non introducono alcuna significativa innovazione, meramente agevolando, a tutela dell’interesse pubblico, il monitoraggio dell’adempimento di oneri sostanzialmente già prescritti.

    V.8. Con il settimo motivo di ricorso, la parte lamenta la violazione di legge e l’eccesso di potere.

    V.8.1. Premette, a tal proposito, che l’art. 4, comma 3, del Piano di Sorveglianza approvato con il decreto n. 63/2017, gravato, dispone di mantenere e incentivare “il sistema di tracciabilità dei suini denominato “Sistema Suinicolo Campano (SSC)” al quale possono aderire in forma volontaria i proprietari delle aziende suinicole da riproduzione a ciclo chiuso e a ciclo aperto, da ingrasso per movimentazione e da ingrasso per macello attivato ai sensi dei Decreti del Commissario ad acta n. 93/2011 e 39/2012 e lo stesso è mantenuto alle condizioni di seguito riportate”.

    V.8.2. Tale sistema di tracciabilità, ulteriore rispetto a quello previsto a livello nazionale, consente di usufruire di una serie di agevolazioni sgravando di alcuni oneri procedurali le aziende.

    In particolare:

    1. a) “l’adesione al SSC rappresenta un elemento di valutazione positiva nella pianificazione dei controlli dei suini da ingrasso” (cfr. art. 4 comma 10, del Piano);
    2. b) i proprietari degli allevamenti da ingrasso aderenti al SSC che movimentano suini verso altri allevamenti possono derogare a quanto previsto:
    3. all’articolo 4, punto 1, e, dunque, sottrarsi alla previsione per cui “nelle aziende suinicole della regione Campania da riproduzione a ciclo aperto al momento dell’introduzione di suini riproduttori, provenienti da altri allevamenti, a seguito di comunicazione del proprietario dell’azienda, i Servizi Veterinari procedono a controllo sierologico dei riproduttori introdotti” (art. 5);
    4. all’articolo 4 punto 2 e, quindi, alla previsione per la quale “nelle aziende suinicole della Regione Campania da ingrasso che movimentano suini verso altri allevamenti è obbligatorio detenere gli animali per un periodo minimo di 30 giorni. In tali aziende deve essere rispettato un periodo di tutto-vuoto di minimo 7 giorni da attuarsi almeno una volta ogni due mesi” (art. 5).

    V.8.3. L’inserimento/mancata cancellazione degli operatori nell’apposito registro/elenco (di cui all’art. 4, co. 4) è, tuttavia, subordinato alla marcatura individuale auricolare di ciascun suino interessato. Le caratteristiche tecniche delle marche auricolari individuali sono descritte nell’allegato 2 del decreto e consistono, sostanzialmente, nell’applicazione di uno sperone (parte del cd. maschio dell’apparecchio) nei tessuti costituenti l’orecchio del suino perché si colleghi, in modo indelebile, alla parte cd. femmina dell’apparecchio. Nel dettaglio, “s) sulla parte “maschio” dell’identificativo auricolare è impresso col laser, a caratteri di colore nero, la sigla IT, tre cifre per il codice ISTAT del Comune, due lettere per la sigla della Provincia, un numero progressivo assegnato all’azienda su base comunale (tre cifre), ed un numero progressivo assegnato all’azienda dal produttore sulla base del numero di marche richieste composto da 5 cifre (da 00001 a 99999); t) sulla parte “femmina” dell’identificativo auricolare è impresso col laser, a caratteri di colore nero, la sigla IT, tre cifre per il codice ISTAT del Comune, due lettere per la sigla della Provincia, un numero progressivo assegnato all’azienda su base comunale (tre cifre)”.

    V.8.4. Tale pratica, a parere della parte ricorrente, risulterebbe contraria alla normativa, di derivazione comunitaria, in tema di benessere animale, in generale, e dei suini, in particolare.

    Invero:

    1. a) ai sensi dell’art. 2 co. 1 lett. a) del d.lgs. 26 marzo 2001, n. 146, recante attuazione della direttiva 98/58/CE relativa alla protezione degli animali negli allevamenti “Il proprietario o il custode ovvero il detentore deve: a) adottare misure adeguate per garantire il benessere dei propri animali e affinché non vengano loro provocati dolore, sofferenze o lesioni inutili”;
    2. b) ai sensi del punto 8) dell’allegato n. 1, parte I, del d.lgs. 122/2011, recante attuazione della direttiva 2008/120/CE che stabilisce le norme minime per la protezione dei suini, “sono vietate tutte le operazioni effettuate per scopi diversi da quelli terapeutici o diagnostici o per l’identificazione dei suini e che possono provocare un danno o la perdita di una parte sensibile del corpo o un’alterazione della struttura ossea”;
    3. c) il d.lgs. n. 200/2010 – di attuazione della direttiva 2008/71/CE relativa all’identificazione e alla registrazione dei suini – all’all. 1, punto 2, stabilisce quanto segue: “l’identificazione degli animali è effettuata nel rispetto delle condizioni di benessere, secondo la seguente modalità: esecuzione di un tatuaggio all’orecchio sinistro, a livello del padiglione auricolare in maniera che risulti leggibile. In alternativa il tatuaggio potrà essere effettuato sulla parte esterna delle cosce, secondo le modalità stabilite dal relativo disciplinare per i suini allevati in aziende che aderiscono a consorzi di tutela della denominazione d’origine dei prosciutti. E’ consentito, in aggiunta al tatuaggio, l’uso di una marca auricolare in materiale non deteriorabile da apporre al padiglione auricolare dell’orecchio destro. Il tatuaggio e, ove presente, la marca auricolare riportano il codice identificativo dell’azienda di nascita (o dell’azienda di prima destinazione per gli animali importati da Paesi terzi e destinati a rimanere sul territori nazionale) di cui al paragrafo 1 del presente allegato. L’altezza minima dei caratteri del codice identificativo è di almeno 8 mm. E’ consentita l’utilizzazione di un ulteriore carattere per i suini allevati in aziende che aderiscono a consorzi di tutela della denominazione d’origine dei prosciutti. Altri mezzi di identificazione potranno essere utilizzati previa autorizzazione del Ministero della Salute”.

    V.8.5. Tanto precisato, la marca auricolare del SSC, introdotta dal Decreto n. 63/2017, non sarebbe stata autorizzata dal Ministero della Salute, si presenterebbe funzionale a riprodurre una serie di informazioni già riconducibili alla obbligatoria identificazione nazionale dei suini e non perseguirebbe, in difetto di congrua istruttoria e motivazione, alcun apprezzabile interesse, rivelandosi, per converso, pratica manifestamente sproporzionata.

    V.8.6. Le censure sono infondate.

    V.8.7. Si osserva preliminarmente che, quanto alle condizioni generali di benessere degli animali, le stesse sono adeguatamente assicurate con le prescrizioni di cui al richiamato allegato 2 del decreto censurato, il quale, nel descrivere le caratteristiche del marchio auricolare, specifica che:

    1. a) deve essere “di materiale plastico flessibile, atossico e resistente” (lett. a);
    2. b) “progettato in modo da essere applicato con il minor stress possibile per l’animale e rimanere fissato senza nuocergli” (lett. d);
    3. c) “il chiodo ha un battente che impedisce lo schiacciamento dell’orecchio e l’eventuale irritazione” (lett. h);
    4. d) “il peso complessivo di ogni marchio deve essere compreso tra 2,0 e 7,5 grammi” (lett. m);
    5. e) “dopo 1 anno dall’applicazione, all’esame visivo, la superficie deve essere esente da saldature, bolle, screpolature, fessure e altri difetti” (lett. q);

    V.8.8. L’applicazione del marchio auricolare rientra, peraltro, nelle operazioni consentite dal punto 8 dell’allegato n. 1, parte I, del d.lgs. n. 122/2011 essendo effettuata proprio “per l’identificazione dei suini” né, in base alle modalità sopra descritte, provoca “un danno o la perdita di una parte sensibile del corpo o un’alterazione della struttura ossea”.

    V.8.9. “E’ consentito, in aggiunta al tatuaggio, l’uso di una marca auricolare in materiale non deteriorabile da apporre al padiglione auricolare” e solo “altri mezzi di identificazione potranno essere utilizzati previa autorizzazione del Ministero della salute”, quindi, altri mezzi diversi da quello in esame, espressamente disciplinato (all. 1, punto 2, del d.lgs. n. 200/2010).

    In definitiva, la pratica della marcatura individuale dei suini, su cui si basa il SSC, non è un atto contrario alla normativa sul benessere animale bensì è prevista, come sopra illustrato, nel d.lgs. n. 200/2010.

    V.8.10. Se, infine, è vero che la marca auricolare del SSC si limita a riprodurre una serie di informazioni già riconducibili alla obbligatoria identificazione nazionale dei suini, l’assenza di una lesione concreta ed attuale priva la censura, sul punto, di ogni interesse e rende la censura inammissibile.

    V.8.11. L’interesse perseguito, quello dell’identificazione del singolo animale per agevolare i controlli sanitari onde prevenire e circoscrivere il diffondersi di malattie infettive tra gli stessi, dannose anche e soprattutto per la salute pubblica, è socialmente e giuridicamente apprezzabile e prevalente su quelli privati di natura prettamente economica, tanto da doversi ritenere ragionevole e giustificabile l’adozione delle misure contestate senza che sia palesabile alcun eccesso di potere.

    V.8.12. Ciò posto, dall’esame delle disposizioni censurate emerge che il Sistema Suinicolo Campano (SSC) di tracciabilità è fonte di obblighi esclusivamente per gli allevatori che vi aderiscono in forma volontaria. L’adesione implica l’identificazione dei singoli suini in aggiunta all’identificativo aziendale già previsto dalla norma nazionale.

    Ora, tale identificativo, garantendo maggiori certezze sulla tracciabilità dei suini e, quindi, sulle movimentazioni degli stessi, consente di non imporre alcune delle condizioni previste ai sensi del Reg. Ce 882/2004, dal decreto impugnato, in quanto non necessarie per una valutazione del rischio già ridotto per le aziende aderenti.

    V.9. Con l’ottavo motivo di ricorso, parte ricorrente censura, per eccesso di potere, le previsioni di cui agli artt. 5 e 9 del Piano di sorveglianza gravato.

    V.9.1. Stabilisce l’art. 5, ultimo periodo, del Piano di Sorveglianza che la deroga a quanto previsto dall’art. 4, punti 1 e 2 (controllo sierologico dei riproduttori introdotti e detenzione degli animali per un minimo di 30 giorni oltre ad un periodo di tutto vuoto per un minimo di 7 giorni), comunque, “non è applicabile agli allevamenti da ingrasso ad elevato turnover di cui all’art. 9”.

    Specifica il predetto art. 9, con riferimento alla richiamata definizione, quanto segue: “in aggiunta al campione di cui all’art. 8, la Regione, in collaborazione con l’OERV, individua, con cadenza annuale, gli allevamenti suinicoli da ingrasso “ad elevato turnover” (HTO), intesi come allevamenti da ingrasso, non inseriti in un sistema di allevamento multisito, che nell’anno solare precedente abbiano avuto un numero di contatti diretti statisticamente superiore agli altri allevamenti commerciali, attraverso movimentazioni da vita di suini in entrata e/o in uscita. Tali allevamenti dovranno essere controllati mensilmente tramite prelievo di sangue e feci, con il medesimo protocollo previsto per le stalle di sosta”.

    In base al combinato disposto delle due disposizioni, dunque, pur quando l’operatore aderisse al SSC, non di meno sarebbe assoggettato alle previsioni dell’art. 4 punti 1 e 2 ove qualificabile come allevamento da ingrasso “ad elevato turn over”.

    V.9.2. A parere di parte ricorrente, tale previsione sarebbe illogica ed irrazionale in quanto finirebbe per vanificare il significato del SSC, confinandolo a realtà imprenditoriali di modesta entità. Le aziende “ad elevato turn over” sarebbero peraltro identificabili, senza alcuna adeguata istruttoria e motivazione, con un meccanismo di conoscibilità ex post (“nell’anno solare precedente abbiano avuto un numero di contatti…”), utilizzando, infine, una formula comunque criptica. La successiva individuazione, ad opera della Regione, degli allevamenti ad elevato turn-over sarebbe non più frutto di una delega commissariale, ma esercizio di arbitrio, posto che l’art. 9 del Piano omette ogni minimale chiarimento sul concetto di turn-over.

    V.9.3. La censura è priva di pregio.

    Orbene, in merito agli allevamenti ad elevato turn-over (HTO), per i quali è stato valutato un rischio più elevato circa la diffusione delle malattie infettive per le numerose movimentazioni di suini da vita, il decreto impugnato, equiparandoli ragionevolmente ai centri di raccolta ex art 2 Decisione 2005/779/CE, ha applicato i medesimi controlli previsti da tale Decisione.

    Alcuna illogicità, assenza di motivazione e disparità di trattamento (che implica diversità di regolamentazione in caso di ipotesi identiche da parte della stessa Amministrazione, caso che non ricorre nel caso di specie) è dunque ravvisabile, essendo ragionevole la previsione di maggiori controlli ove la movimentazione sia statisticamente più alta rispetto alla media tanto da aumentare il rischio potenziale di possibile contagio.

    V.10. Con il nono motivo di ricorso parte ricorrente deduce, più in generale, la violazione e falsa applicazione delle decisioni 2005/779/CEE e 2007/9/CE nonché dell’ordinanza ministeriale del 12.04.2008 oltre che il difetto di istruttoria, la sproporzione, l’illogicità, l’irrazionalità e la disparità di trattamento.

    V.10.1. Le descritte misure sono concepite dal Commissario ad acta come funzionali a mantenere la qualifica (riconosciuta dalla decisione n. 2017/1910 del 17 ottobre 2017) di “regione accreditata per MVS”.

    V.10.2. Ciò posto, come, invero, già in parte dedotto, osservano i ricorrenti che:

    1. A) nate come misure straordinarie (ex decreti del Commissario ad acta 93/2011 e n. 39/2012) onde ottenere l’accreditamento in sede euro-unitaria (necessario per consentire “la libera movimentazione dei suini verso altre regioni ed il controllo a campione degli allevamenti da ingrasso”), esse, nella prospettiva del Piano impugnato, sarebbero state mantenute anche in via ordinaria.

    Ciò sarebbe avvenuto, pur nella consapevolezza della natura “straordinaria” di quelle misure (nate quando la Campania non era MVS free), senza chiarire, perché, anche per il futuro, il settore regionale disciplinato meritasse misure tanto stringenti e perché esso non potesse, invece, essere governato, quanto alla correttezza della gestione zootecnica e sanitaria del fenomeno (per il conseguimento degli obiettivi di eradicazione e prevenzione della diffusione MVS), da misure ordinarie come quelle poste dalle citate decisioni della Commissione Europea ovvero dalla normativa nazionale di cui all’ordinanza ministeriale del 12.04.2008;

    1. B) le stesse si discosterebbero dall’ordinanza ministeriale 12 aprile 2008 ovvero dal provvedimento con cui, nel territorio della Repubblica, sono state operativamente regolamentate le misure che la Commissione Europea (con le decisioni 2005/779/CEE e 2007/9/CE) aveva impartito attraverso “nuove norme in materia di misure sanitarie di protezione contro la malattia vescicolare dei suini in Italia” e “talune misure sanitarie di protezione contro la malattia vescicolare dei suini in Italia”;
    2. C) la regolamentazione introdotta sarebbe illegittima perché, in violazione del principio nazionale e comunitario di proporzionalità, introdurrebbe a carico delle aziende campane del settore, senza alcuna motivazione, misure restrittive e ben più rigorose di quelle previste – sia a livello nazionale sia a livello comunitario – per garantire la sorveglianza della malattia vescicolare del suino;
    3. D) tale sistema renderebbe la filiera campana del settore meno competitiva e la Regione Campania meno attrattiva per gli investimenti.

    V.10.3. Il decreto impugnato si paleserebbe illegittimo per le ulteriori seguenti ragioni:

    1. a) benché astrattamente sia funzionale a regolamentare/rafforzare i LEA, impingerebbe nella materia trasversale della “concorrenza”, la quale, in quanto materia riservata alla competenza legislativa statale esclusiva, vede, invece, radicata la potestà regolamentare dello Stato;
    2. b) la trasversalità degli interessi intercettati dalla disciplina riconducibile all’impugnato decreto renderebbe, invero, evidente come solo un intervento uniforme a livello nazionale sarebbe in grado di scongiurare la disparità di trattamento che, viceversa, esso introduce;
    3. c) irrazionalmente, con difetto di istruttoria e di motivazione, l’impugnato decreto non si farebbe carico – in violazione del principi di appropriatezza e della cornice normativa vigente, entrambi richiamati dalla deliberazione di Consiglio di Ministri del 10.07.2017 – di verificare l’impatto della sua regolamentazione sul tessuto imprenditoriale di riferimento, sia nella prospettiva di evitare una disparità di condizioni e di trattamento tra operatori campani e non campani, sia nella diversa prospettiva di evitare un fenomeno sostanzialmente espulsivo di nuovi insediamenti della filiera sul territorio.

    V.10.4. Le censure sono prive di pregio.

    V.10.5. Si rinvia, quanto ai punti A), B) e C), alle argomentazioni già espresse con riferimento al primo motivo di ricorso, puntualizzando, altresì, quanto segue.

    V.10.6. Quanto al difetto di istruttoria e di motivazione, gli adempimenti impugnati dai ricorrenti per il mantenimento della qualifica per MVS:

    1. a) trovano fonte normativa nella citata Decisione 2005/779/CE (allegati nn. 5 del ricorso e 6, di parte resistente);
    2. b) hanno un preciso limite temporale fissato dal decreto impugnato per il 31/12/2019 al fine di consolidare le condizioni che hanno determinato l’acquisizione della qualifica sanitaria di regione indenne da MVS.

    La possibile perdita di tale qualifica, -ove quest’ultima non fosse sostenuta con le azioni previste dal decreto commissariale, peraltro, pro tempore-, determinerebbe notevoli danni economici per l’intero sistema suinicolo non solo regionale ma anche nazionale, con conseguente blocco delle esportazioni.

    V.10.7. Con riferimento alla complessiva illogicità, irrazionalità e disparità di trattamento, si osserva che, contrariamente a quanto asserito, il riconoscimento della qualifica da parte della CE consente la libera movimentazione dei suini verso le altre regioni mentre le misure previste dal Decreto del Commissario ad acta, condivise prima della promulgazione con il Ministero della Salute e con il Centro di referenza nazionale per l’MVS, sono tese a garantire la sola correttezza della gestione zootecnica e sanitaria delle aziende suinicole.

    V.10.8. Non appare ultroneo infine osservare che:

    1. a) l’impugnato decreto commissariale sia formalmente un atto statale sebbene regionale per portata ed effetti sicché non vi sarebbe alcuna violazione nel riparto delle materia in relazione alla trattazione di una materia trasversale quale quella della concorrenza;
    2. b) un intervento uniforme sul piano nazionale non terrebbe conto delle specifiche esigenze di profilassi regionali, sicché alcuna difformità di trattamento è ravvisabile in presenza di diverse realtà territoriali;
    3. c) la verifica dell’impatto della regolamentazione non attiene alla valutazione del tessuto imprenditoriale di riferimento ma al conseguimento degli obiettivi di eradicazione e prevenzione della diffusione MVS, con mantenimento, una volta raggiunti, della qualifica di Regione indenne.
    4. Sulla base delle sovraesposte considerazioni, il ricorso non è meritevole di accoglimento.

    VII. La complessità e tecnicità della materia trattata inducono, tuttavia, il Collegio a disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

    P.Q.M.

    Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

    Spese compensate.

    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

    Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 8 ottobre 2019 con l’intervento dei magistrati:

    Santino Scudeller, Presidente

    Pierluigi Russo, Consigliere

    Gabriella Caprini, Consigliere, Estensore

    L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
    Gabriella Caprini Santino Scudeller

    IL SEGRETARIO

     

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