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TAR CAMPANIA NAPOLI, SEZ. VII-24 gennaio 2020- n. 336/2020

    1-Interventi edilizi di restauro e risanamento conservativo: l’essenzialità degli elementi tipologici, formali e strutturali. Il restauro e risanamento conservativo ai sensi dell’art. 3 co. 1 lett. c) d.P.R. 380/2001 consiste in quegli interventi edilizi “rivolti a conservare l’organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’organismo stesso, ne consentano anche il mutamento delle destinazioni d’uso purché con tali elementi compatibili, nonché conformi a quelle previste dallo strumento urbanistico generale e dai relativi piani attuativi. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio, l’inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell’uso, l’eliminazione degli elementi estranei all’organismo edilizio”. Ciò posto, dunque, un intervento di tale natura esige il rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’organismo edilizio: tale requisito tuttavia viene meno con la realizzazione ex novo di un manufatto come un porticato che va senz’altro qualificato come di ristrutturazione edilizia (T.A.R. Sicilia Catania Sez. I, 16/02/2018, n. 381).

    2-Intervento edilizio: necessaria compresenza dell’autorizzazione paesaggistica e della conformità (dell’intervento) alla normativa urbanistica ed edilizia. Se è vero che l’autorizzazione paesaggistica costituisce un atto autonomo rispetto al permesso di costruire (e, in genere, rispetto al titolo edilizio) è altrettanto vero che, per realizzare l’intervento, occorrono tanto l’autorizzazione paesaggistica quanto la conformità dell’intervento alla normativa urbanistica ed edilizia. Mancando quest’ultima, l’intervento non potrebbe essere comunque realizzato: dunque, il diniego non può essere ritenuto illegittimo sol perché la pratica non è stata inviata alla Soprintendenza o è stata decisa da un dirigente di un diverso settore.

    Massima a cura dell’Avv. Vittoria Chiacchio e della dott.ssa Fabia Balletta

     

    Pubblicato il 24/01/2020

    00336/2020 REG.PROV.COLL.

    04107/2018 REG.RIC.

     

     

     

    REPUBBLICA ITALIANA

    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

    Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

    (Sezione Settima)

    ha pronunciato la presente

    SENTENZA

    sul ricorso numero di registro generale 4107 del 2018, proposto da

    …, rappresentato e difeso dal …, dall’Avv. … e dall’Avv. …, domicilio pec come da Registri;

    contro

    Comune di …, in persona del Sindaco legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. …, domicilio pec come da Registri, domicilio fisico eletto in …, alla Via … n. …, presso lo studio dell’avv. …

    per l’annullamento

    1. a) del provvedimento prot. n. 15458/18 del 03.07.2018 – Pratica n. PE/2017/01360/AP_ORD-, notificato in data 04.07.2018, a firma del dirigente del Settore 9 urbanistica, con la quale il Comune di … ha respinto l’istanza per il rilascio di autorizzazione paesaggistica ai sensi dell’art. 146 d.lgs. n. 42/04 per la costruzione di un porticato aperto a servizio dell’attività commerciale esercitata dal ricorrente nell’immobile sito al … n. …;
    2. b) dell’atto a firma dell’Assessore all’Urbanistica e del Sindaco p.t. prot. n. 24501 del 5 ottobre 2017 con il quale viene richiesto agli uffici di “acquisire un nuovo parere prima della trasmissione in Soprintendenza”;
    3. c) Dell’atto di indirizzo n. 24237 del 06. 10. 2016 nella parte in cui prevede che “Il responsabile dell’Ufficio Urbanistica, dopo l’istruttoria relativa alla correttezza della documentazione presentata a corredo della pratica trasmetterà, solo se necessario ed in assenza di diversi motivi ostativi alla realizzazione degli interventi, all’Ufficio competente per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica”; nonché di ogni altro atto comunque presupposto, connesso o consequenziale;

    nonché per la condanna dell’Amministrazione al risarcimento dei danni derivanti dagli atti impugnati.

    Visti il ricorso e i relativi allegati;

    Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di …;

    Visti tutti gli atti della causa;

    Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 dicembre 2019 il dott. Guglielmo Passarelli Di Napoli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

    FATTO

    Con ricorso iscritto al n. 4107 dell’anno 2018, la parte ricorrente impugnava i provvedimenti indicati in epigrafe. A sostegno delle sue doglianze, premetteva:

    – di essere proprietaria di una porzione di fabbricato sita in … sito in … n. …, adibito in parte a ristorante ed in parte a struttura ricettiva extra alberghiera;

    – di aver inoltrato al Comune, al fine di poter meglio utilizzare una terrazza a servizio di detta attività commerciale, domanda di autorizzazione paesaggistica ai sensi dell’art. 146 D. Lgs. 42/04, prot. 20397 del 14. 08. 2017, avente ad oggetto la realizzazione di un porticato aperto su tre lati;

    – che la pratica edilizia – contrassegnata con il numero 1360/2017 – nella seduta del 28/09/2017 otteneva il parere favorevole della Commissione Locale per il Paesaggio come da Verbale n. 117/2017;

    – di aver, pertanto, con nota del 02.10.2017, ricevuto la comunicazione della proposta di provvedimento favorevole n. 112/2017 per la rimozione del vincolo paesaggistico di cui all’art. 146 D.Lgs. 42/04; la stessa nota, oltre ad esso ricorrente, veniva indirizzata anche alla Soprintendenza;

    – che, tuttavia, solo con la comunicazione di avvio del procedimento del 31 maggio 2018, di cui meglio si dirà di seguito, egli apprendeva che l’inoltro alla Soprintendenza della nota veniva “bloccato” e detta nota mai inviata alla stessa;

    – che, invero, a distanza di tre giorni dall’adozione del sopra riportato parere favorevole, senza che ad esso ricorrente venisse comunicato alcunché, i Dirigenti dei due Uffici coinvolti nel procedimento ricevevano il provvedimento impugnato sub b), con il quale il Sindaco e l’Assessore all’Urbanistica nel richiamare l’atto di indirizzo impugnato sub c) chiedevano agli uffici competenti di “acquisire un nuovo parere prima della trasmissione in Soprintendenza”;

    – che l’intervento del sindaco e dell’assessore all’urbanistica di fatto causava l’arresto del procedimento giunto ormai nella fase finale;

    – che il parere non veniva trasmesso alla Soprintendenza ma neppure veniva nuovamente portata in commissione la pratica al fine di acquisire un “nuovo parere”;

    – di aver quindi invitato il Responsabile del Procedimento a provvedere al formale rilascio dell’Autorizzazione Paesaggistica;

    – di aver ricevuto, in data 31 maggio 2018, la comunicazione di avvio del procedimento di diniego con la quale veniva avvisato che, successivamente al parere della C.L.P., su sollecitazione del dirigente dell’Ufficio Urbanistica, a sua volta sollecitato da sindaco e assessore, era stato chiesto parere legale al consulente esterno dell’Ente, depositato in data 23 marzo 2018;

    – che il Comune, sulla scorta delle conclusioni del predetto parere, si determinava per comunicare l’avvio del procedimento di diniego dell’autorizzazione paesaggistica; il parere commissionato all’avvocato dell’Ente di fatto finiva per sostituirsi al precedente parere della C.L.P. contenendo, a ben vedere, delle conclusioni tutt’altro che giuridiche: “…in sostanza le dimensioni dell’opera la rendono un’alterazione strutturale e formale dell’edificio…”;

    – di aver presentato, ai sensi dell’art. 10 bis L. 241/90, le proprie osservazioni al preavviso di diniego che, tuttavia, nella sostanza non venivano tenute in alcun conto dall’Amministrazione;

    – che, in data 3 luglio, a distanza di quasi due anni dalla richiesta di autorizzazione paesaggistica (06. 10. 2016), veniva adottato il provvedimento di diniego che – senza tener in alcun conto del parere favorevole della C.L.P., pienamente valido ed efficace in quanto mai annullato in autotutela – rigettava la pratica di autorizzazione paesaggistica sulla scorta di motivazioni di carattere prettamente urbanistiche;

    – che, infatti, le opere oggetto della richiesta autorizzazione paesaggistica venivano ritenute di ristrutturazione edilizia e, in virtù di tale inquadramento, non assentibili in zona A;

    – di aver invece evidenziato, negli scritti difensivi, che: A) il terrazzo oggetto di intervento non ricadeva in zona A ma in zona F; B) che, in ogni caso, l’intervento fosse da inquadrare nell’ambito della categoria del risanamento conservativo; C) che le N.T.A. invocate dal Comune avevano ormai perso efficacia per non aver il Comune stesso mai adottato i relativi piani attuativi.

    Instava quindi per l’annullamento degli atti impugnati con vittoria di spese processuali.

    Si costituiva l’Amministrazione per resistere al ricorso, con memorie il cui contenuto sarà più specificamente indicato oltre.

    All’udienza camerale del 20.11.2018, con ordinanza n. 1681/2018, l’istanza cautelare veniva respinta.

    All’udienza pubblica del 5.12.2019, il ricorso è stato assunto in decisione.

    DIRITTO

    La parte ricorrente impugnava i provvedimenti in epigrafe per i seguenti motivi:

    1) violazione dell’art. 146 d.lgs. 42/2004, atteso che l’autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio; il Comune non poteva, pertanto, non inviare la pratica alla Soprintendenza per motivazioni di carattere edilizio ed urbanistico; nel caso di specie, inoltre, la CLP aveva espresso parere favorevole, e solo successivamente, a causa dell’intervento del Sindaco e dell’Assessore che – travalicando le proprie competenze – erano intervenuti nella gestione della pratica, incaricando un dirigente di altro settore di richiedere un parere legale che veniva ritenuto prevalente al parere della C.L.P., il procedimento veniva concluso da dirigente appartenente ad altro settore e, dunque, incompetente; veniva infine completamente ignorato il parere della C.L.P. a tutt’oggi valido ed efficace in quanto mai annullato;

    2) l’atto è comunque illegittimo anche sotto il profilo della normativa invocata, atteso che la realizzazione del porticato va qualificato come intervento non di ristrutturazione ma di restauro e risanamento conservativo, dunque consentito nella zona; e, comunque, anche a voler qualificare l’intervento come ristrutturazione, anche questa non può ritenersi preclusa dall’art. 31 delle N.T.A. del P.R.G., perché il Comune di … non ha mai adottato il piano di recupero e dunque sono maturate le condizioni di cui all’art. 28 comma 3 l. n. 457/1978.

    L’Amministrazione eccepiva che l’intervento, per le sue caratteristiche, va qualificato come ristrutturazione e non come restauro e risanamento conservativo; dunque, è senz’altro vietato dall’art. 17 l. n. 35/1987, che – per giurisprudenza costante – prevale sulla normativa urbanistica.

    Il ricorso non è fondato e va respinto per i motivi di seguito precisati.

    Preliminarmente, occorre precisare che l’intervento che il ricorrente intende realizzare (un porticato aperto su tre lati), come emerge dalla stessa relazione Tecnico/Paesaggistica allegata alla presentata richiesta di autorizzazione paesaggistica, ricade in zona A di PRG, e in Zona Territoriale 4-2 di PUT, atteso che il limite di zona “curva di livello taglia il fabbricato”.

    Orbene, il detto intervento non può essere qualificato come un restauro e risanamento conservativo.

    Infatti, ai sensi dell’art. 3 co. 1 lett. c) d.P.R. 380/2001, il restauro e risanamento conservativo consiste in quegli interventi edilizi “rivolti a conservare l’organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’organismo stesso, ne consentano anche il mutamento delle destinazioni d’uso purché con tali elementi compatibili, nonché conformi a quelle previste dallo strumento urbanistico generale e dai relativi piani attuativi. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio, l’inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell’uso, l’eliminazione degli elementi estranei all’organismo edilizio”. Il restauro e risanamento conservativo esige, dunque, il rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’organismo edilizio; requisito che viene meno con la realizzazione ex novo di un porticato. Tale intervento, quindi, va senz’altro qualificato come di ristrutturazione edilizia (T.A.R. Sicilia Catania Sez. I, 16/02/2018, n. 381).

    Ciò premesso, la prima censura è infondata. Infatti, la parte ricorrente ha chiesto l’autorizzazione paesaggistica per realizzare un intervento edilizio; orbene, se è vero che l’autorizzazione paesaggistica costituisce un atto autonomo rispetto al permesso di costruire (e, in genere, rispetto al titolo edilizio) è altrettanto vero che, per realizzare l’intervento, occorrono tanto l’autorizzazione paesaggistica quanto la conformità dell’intervento alla normativa urbanistica ed edilizia. Mancando quest’ultima, l’intervento non potrebbe essere comunque realizzato: dunque, il diniego non può essere ritenuto illegittimo sol perché la pratica non è stata inviata alla Soprintendenza o è stata decisa da un dirigente di un diverso settore. Anche perché, nel caso di specie, ciò che preclude la possibilità di realizzare l’intervento richiesto è l’incompatibilità col PUT; dunque, anche in applicazione del principio di cui all’art. 21 octies comma 2 l. n. 241/1990 (trattandosi di attività vincolata), il diniego non sarebbe comunque annullabile.

    È infatti infondata anche la seconda censura. Posto che l’intervento va qualificato come una ristrutturazione edilizia, esso è precluso dall’art. 17 l. n. 35/1987. Tale norma, infatti, non consente tale tipo di intervento nella zona in questione. Né si può ritenere che il Comune di …, non avendo mai adottato il piano di recupero, abbia dunque fatto maturare le condizioni di cui all’art. 28 comma 3 l. n. 457/1978.

    Ai sensi di tale norma, “Ove la deliberazione del consiglio comunale di cui al comma precedente non sia assunta, per ciascun piano di recupero, entro tre anni dalla individuazione di cui al terzo comma del precedente articolo 27, ovvero non sia divenuta esecutiva entro il termine di un anno dalla predetta scadenza, l’individuazione stessa decade ad ogni effetto. In tal caso, sono consentiti gli interventi edilizi previsti dal quarto e quinto comma del precedente articolo 27”: tra questi, per l’appunto, c’è anche la ristrutturazione edilizia.

    Tale norma, tuttavia, non appare applicabile al caso di specie. La mancata approvazione del piano di recupero non può infatti consentire, in deroga alla speciale disposizione di natura legislativa costituita dall’art. 17 l. reg. n. 35/1987, di realizzare una tipologia di intervento in assoluto preclusa anche “a regime” (ovvero una volta superato il periodo transitorio).

    Il rigetto della domanda di annullamento degli atti impugnati comporta anche l’infondatezza della domanda risarcitoria; infatti, la legittimità del diniego non consente di configurare un fatto illecito produttivo di danni risarcibili.

    Le spese processuali vanno poste a carico della parte soccombente e si liquidano come in dispositivo.

    P.Q.M.

     

    Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Settima Sezione di Napoli, definitivamente pronunciando, disattesa e respinta ogni diversa istanza, domanda, deduzione ed eccezione, così provvede:

    1. Respinge il ricorso n. 4107 dell’anno 2018;
    2. Respinge la domanda risarcitoria;
    3. Condanna la parte ricorrente a rifondere al Comune di … le spese del presente giudizio, che liquida in complessivi € 2.500 (duemilacinquecento/00) oltre I.V.A., C.N.A.P. e rimborso spese generali, come per legge, e contributo unificato, se ed in quanto versato.

    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

    Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 5 dicembre 2019 con l’intervento dei magistrati:

    Michelangelo Maria Liguori, Presidente

    Guglielmo Passarelli Di Napoli, Consigliere, Estensore

    Cesira Casalanguida, Primo Referendario

     

    L’ESTENSORE                     IL PRESIDENTE

    Guglielmo Passarelli Di Napoli                     Michelangelo Maria Liguori

     

    IL SEGRETARIO

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