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TAR CAMPANIA, NAPOLI, SEZ. VIII, 16 dicembre 2020, n. 6153

    I. Esecuzione del giudicato amministrativo e ricorso di impugnazione: è ammessa la proposizione concomitante entro i limiti dell’effetto vincolante del giudicato. 

    II. Interventi edilizi in zona agricola: approvabili a prescindere dalla destinazione d’uso dei fabbricati. L. 19/2009.

    III. Obbligo di motivazione. Motivazione sintetica e motivazione “tautologica” o apparente: provvedimento a contenuto autoreferenziale.

    IV. Domanda risarcitoria. Risarcimento del danno per lesione dell’interesse legittimo pretensivo. Presupposti e requisiti.

    Il concreto atteggiarsi del singolo giudicato nei confronti del sopravvenuto esercizio della funzione amministrativa deve essere rimesso alla analisi specifica della vicenda; è ammessa la proposizione concomitante di entrambi i rimedi della ottemperanza e del ricorso di impugnazione a fronte dell’adozione di atti non satisfattivi conseguenti ad un giudicato, ma il giudicato non può proiettare il suo effetto vincolante a situazioni nuove e non contemplate in precedenza, ragion per cui – laddove il provvedimento nuovo copra spazi lasciati vuoti dal giudicato – non può essere vagliato dal giudice della ottemperanza.

    Gli interventi di modifica della destinazione d’uso di fabbricati siti in zone agricole, ai sensi dell’art.6-bis della L.R. n.19/2009, possono essere assentiti a prescindere dall’utilizzazione agricola del fondo, come pure dalla qualificazione soggettiva del richiedente, così superandosi la preclusione insita nella precedente formulazione del testo normativo in esame che postulava la connessione ad un fondo agricolo e ad una conforme destinazione dello stesso.

    L’obbligo dell’amministrazione pubblica di esaminare le memorie e i documenti difensivi presentati dagli interessati …presuppone la necessaria esternazione motivazionale che renda nella sostanza percepibile la ragione del mancato adeguamento dell’azione amministrativa alle deduzioni partecipative dei privati. Si concretizza l’ipotesi di motivazione tautologica nell’ipotesi in cui l’amministrazione si limita ad un certo enunciato senza però che vengano in alcun modo ostese le ragioni poste a suo fondamento; in tal modo la motivazione è soltanto apparente, in quanto meramente assertiva di un postulato che, lungi dall’essere certo e pacifico, abbisogna invece di essere corroborato da tutta una serie di elementi fattuali idonei a confermarne le conclusioni. L’Amministrazione si è determinata nel senso indicato sulla base di un provvedimento a contenuto sostanzialmente autoreferenziale, che non consente in alcun modo di rendere ostensibili al destinatario le ragioni del detto diniego, la qual cosa si traduce, in definitiva, in una totale obliterazione dell’obbligo di motivazione in contrasto con la fondamentale previsione di cui al citato art. 3.

    Il risarcimento del danno non è, infatti, una conseguenza automatica e costante dell’annullamento giurisdizionale di un provvedimento amministrativo, ma richiede la verifica di tutti i requisiti dell’illecito (condotta, colpa, nesso di causalità, evento dannoso) e, nel caso di richiesta di risarcimento del danno conseguente alla lesione di un interesse legittimo pretensivo, è subordinato alla dimostrazione, secondo un giudizio prognostico, che il provvedimento sarebbe stato rilasciato in assenza dell’agire illegittimo della Pubblica Amministrazione. La prova della spettanza del bene della vita in presenza di annullamento dell’atto per vizi formali si raggiunge all’esito del riesercizio del potere in senso favorevole al richiedente: in tal caso, infatti, emerge in modo certo la spettanza del titolo.

    (1) cfr. Cons. Stato, A.P. n. 2/2013; Cons. Stato, sez. V, 27 maggio 2014, n. 2730; sez.VI, 8 marzo 2013, n. 1412.

    (2) Cfr. Tar Campania, Napoli, sez. VIII, 16 gennaio 2020, n. 194; sez. II, 17 gennaio 2018, n. 371.

    (3) cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 3 febbraio 2020, n. 494; Salerno, sez. II, 4 novembre 2019, n.1898.

     

    Massime a cura dell’Avv. Benedetta Leone e della dott.ssa Fabia Balletta

     

    Pubblicato il 16/12/2020

    06153/2020 REG.PROV.COLL.

    01962/2020 REG.RIC.

    REPUBBLICA ITALIANA

    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

    Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

    (Sezione Ottava)

    ha pronunciato la presente

    SENTENZA

    sul ricorso numero di registro generale 1962 del 2020 proposto dal Sig. …, rappresentato e difeso dall’avvocato … e con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

    contro

    Comune di … in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv… ed elettivamente domiciliato presso lo studio … in …, Via … n. …;

    nei confronti

    …, non costituito in giudizio;

    per l’annullamento previa sospensione dell’efficacia,

    1) del provvedimento prot. n.3934 del 25/05/2020 recante il diniego della richiesta del permesso di costruire per la demolizione e ricostruzione e cambio di destinazione d’uso dell’immobile di proprietà; 2) della nota prot. n. 2167 del 16/03/2020 con la quale si rigetta l’adeguamento del progetto secondo il dictum dello stesso Ufficio; 3) di ogni ulteriore atto presupposto, preparatorio, connesso, conseguente e/o consequenziale, comunque lesivo degli interessi del ricorrente,

    nonché per il risarcimento dei danni subiti e subendi da parte del ricorrente per effetto degli atti impugnati con il presente ricorso, con richiesta di espressa condanna in via solidale del Comune di … e del funzionario.

    Visti il ricorso e i relativi allegati;

    Vista l’ordinanza di questo Tribunale n.1435 del 2020 di accoglimento della domanda di sospensione;

    Vista la costituzione del Comune di …;

    Vista l’istanza di parte ricorrente di esecuzione dell’ordinanza cautelare;

    Vista la memoria del Comune di …;

    Vista la documentazione depositata dal Comune di …;

    Vista la memoria del Comune di …;

    Vista la memoria di parte ricorrente;

    Viste le note di passaggio in decisione depositate da parte ricorrente;

    Visti gli atti tutti della causa;

    Data per letta nella Camera di Consiglio del 14 dicembre 2020, celebrata nelle forme di cui all’art.25 del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, la relazione del consigliere Gabriele Nunziata, e trattenuta la causa in decisione sulla base degli atti;

    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

    FATTO e DIRITTO

    1.Con il ricorso in esame, notificato il 22/6/2020 e depositato in pari data, parte ricorrente – premesso di essere proprietaria di immobile rurale in zona agricola realizzato prima del 1967 come da documentazione depositata nel ricorso innanzi a questo Tribunale Rg. n.3488 del 2018, che a causa dell’inagibilità della residenza urbana decideva di abitare nell’opificio rurale previo cambio di destinazione d’uso e che l’istanza del 21/5/2018 per la demolizione e la ricostruzione ai sensi della L.R. n.19/2009 veniva denegata con provvedimento annullato da questa Sezione con sentenza n.194 del 2020 – espone che la richiesta di Permesso di costruire nei termini di cui alla citata pronuncia giurisdizionale è stata oggetto di preavviso di diniego e, nonostante le osservazioni di parte ricorrente, di diniego del Permesso sebbene l’esponente avesse inteso adeguarsi ai rilievi mossi dal Comune.

    Avverso i provvedimenti impugnati è insorta la ricorrente chiedendone l’annullamento siccome illegittimi rassegnando le seguenti censure:

    1.1 VIOLAZIONE DEGLI ARTT.3 E 10-BIS DELLA LEGGE N.241/1990 E DELL’ART.20, COMMA 4, DEL DPR N.380/2001. ECCESSO DI POTERE. VIOLAZIONE DEL GIUSTO PROCEDIMENTO.

    In sintesi sarebbe stato eluso il giudicato formatosi sulla sentenza n.194 del 2020 ed il Comune avrebbe trascurato che, come da documentazione depositata dal ricorrente il 17/4/2020, la parte intendeva adeguarsi alle prescrizioni circa la distanza dai confini e la mancata destinazione del 20% a pertinenze agricole.

    2.Il Comune di … si è costituito successivamente alla trattazione in fase cautelare, resistendo alla richiesta di esecuzione dell’ordinanza di accoglimento della domanda di sospensione; in previsione della trattazione del merito l’Amministrazione ha replicato ai motivi di ricorso, negando l’esistenza di un obbligo per l’Amministrazione di confutare in sede procedimentale le argomentazioni spiegate dalla parte privata

    3.Con ordinanza del 22 luglio 2020, n.1435 è stata favorevolmente esitata la domanda cautelare con la seguente motivazione:

    “Ritenuto che, ad un primo esame proprio della fase cautelare, la domanda di sospensione merita accoglimento al fine della conclusione del procedimento da parte del Comune di … in esito all’integrale valutazione della documentazione in atti, dal momento che – in disparte quanto già affermato da questa Sezione con sentenza n.194 del 2020 – i provvedimenti impugnati non motivano circa la non accoglibilità delle proposte di cui all’integrazione acquisita dal Comune il 17/4/2020, ciò in previsione della trattazione del merito che viene fissata per l’udienza pubblica del 13 gennaio 2021,

    P.Q.M.

    Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava) ACCOGLIE la istanza di sospensione nei sensi di cui in motivazione.

    FISSA l’udienza pubblica del 13 gennaio 2021.

    Compensa le spese della fase cautelare”.

    4.Dopo che in sede di esame dell’istanza di esecuzione della misura cautelare è stata disposta l’anticipazione della data di trattazione del merito, all’udienza del 14 dicembre 2020 il Collegio si è riservata la decisione allo stato degli atti.

    5.Il ricorso è fondato e merita accoglimento nei termini che seguono.

    5.1 Preliminarmente va evidenziato che si contesta la violazione del giusto procedimento, anche a seguito della precedente sentenza di questo Tribunale, e l’omessa valutazione delle proposte di adeguamento formulate da parte del ricorrente.

    Così sinteticamente riassunta la questione oggetto di contenzioso, appare opportuno richiamare in questa sede le coordinate ermeneutiche elaborate dalla giurisprudenza in materia.

    5.2 In via preliminare la Sezione evidenzia che l’individuazione di un equilibrato assetto tra giudicato e riedizione del potere amministrativo non può che essere delineato sul piano dei principi, poiché il concreto atteggiarsi del singolo giudicato nei confronti del sopravvenuto esercizio della funzione amministrativa deve essere rimesso alla analisi specifica della vicenda (così Cons. Stato, A.P. n.2/2013); è ammessa la proposizione concomitante di entrambi i rimedi della ottemperanza e del ricorso di impugnazione a fronte dell’adozione di atti non satisfattivi conseguenti ad un giudicato, ma il giudicato non può proiettare il suo effetto vincolante a situazioni nuove e non contemplate in precedenza, ragion per cui – laddove il provvedimento nuovo copra spazi lasciati vuoti dal giudicato – non può essere vagliato dal giudice della ottemperanza (così Cons. Stato, V, 27.5.2014, n. 2730; VI, 8.3.2013, n.1412).

    6.Con tali premesse il Collegio ritiene, ai fini dell’accoglimento del ricorso, di dover muovere dalla pronuncia della Sezione (16.1.2020, n.194), nella quale già si richiamava precedente del Tribunale (n.371 del 2018) nel senso che gli interventi di modifica della destinazione d’uso di fabbricati siti in zone agricole, ai sensi dell’art.6-bis della L.R. n.19/2009, possono essere assentiti a prescindere dall’utilizzazione agricola del fondo, come pure dalla qualificazione soggettiva del richiedente, così superandosi la preclusione insita nella precedente formulazione del testo normativo in esame che postulava la connessione ad un fondo agricolo e ad una conforme destinazione dello stesso.

    Infatti il citato art.6-bis come modificato dispone che:

    “1. Nelle zone agricole sono consentiti i mutamenti di destinazione d’uso di immobili o di loro parti, regolarmente assentiti, per uso residenziale del nucleo familiare del proprietario dell’immobile o a chi abbia titolo per richiederli ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia)o per attività connesse allo sviluppo integrato dell’azienda agricola, compreso strutture agrituristiche, che non determinino nuova edificazione e che non comportino consumo di suolo.

    2.Per gli immobili di cui al comma 1 è possibile applicare le disposizioni dell’articolo 4 o dell’articolo 5 della presente legge, con l’obbligo di destinare non meno del venti per cento della volumetria esistente ad uso agricolo.

    3.Le opere di urbanizzazione primaria, nelle zone agricole e nelle zone classificate “E” interessate dagli interventi previsti dal presente articolo, sono realizzate a spese dei soggetti richiedenti i singoli interventi secondo le disposizioni della vigente normativa in materia edilizia.

    4.L’applicazione del presente articolo si attua anche mediante il cumulo delle volumetrie di più edifici ricadenti nell’ambito fondiario unitario, formato da particelle contigue, di proprietà del medesimo richiedente già alla data dell’entrata in vigore legge regionale 1/2016. Le aree oggetto di demolizione, rimaste libere, devono essere oggetto di apposito ripristino ambientale da realizzarsi prima della costruzione del nuovo immobile.

    5.In deroga agli strumenti urbanistici vigenti, al fine di adeguare, incentivare e valorizzare l’attività delle aziende agricole, è consentita la realizzazione di nuove costruzioni ad uso produttivo nella misura massima di 0,03 mc/mq di superficie aziendale”.

    6.1 Come correttamente rilevato dalla difesa di parte ricorrente, si faceva propria la possibilità di prescindere dall’utilizzazione agricola del fondo, come pure – trattandosi di un mutamento di destinazione d’uso a scopo residenziale – sarebbe stato contraddittorio richiedere la preesistenza della residenza (la disposizione consente, infatti, i mutamenti di destinazione d’uso anche di interi immobili e non solo di loro parti). Il citato comma 2 stabilisce comunque un preciso limite alla demo-ricostruzione con ampliamento dell’immobile (artt. 4 e 5 della L.R. n.9/2009) da sottoporre a mutazione di destinazione per uso residenziale, ossia l’obbligo di destinare non meno del 20 per cento della volumetria esistente ad uso agricolo.

    6.2 Tuttavia, dopo che con nota n.2167 del 16/3/2020 l’Amministrazione aveva ribadito la sussistenza di elementi ostativi al rilascio del titolo di cui all’istanza n.4112-2018, richiamando le considerazioni di cui alla relazione istruttoria prot. n.9371 del 9/11/2018 (dunque antecedente alla pubblicazione della citata sentenza n.194 del 2020), parte ricorrente manifestava in data 17/4/2020 la disponibilità a traslare il fabbricato di progetto rispetto al confine sud del lotto, a ruotare in senso orario la sagoma del fabbricato in progetto e a destinare a pertinenze agricole le superfici originariamente proposte per ripostiglio, guardaroba ed in parte disimpegno. Del loro mancato accoglimento non si dà, però, conto nel diniego poi adottato il successivo 25 maggio 2020, laddove la condivisa giurisprudenza ritiene che “l’obbligo dell’amministrazione pubblica di esaminare le memorie e i documenti difensivi presentati dagli interessati …presuppone la necessaria esternazione motivazionale che renda nella sostanza percepibile la ragione del mancato adeguamento dell’azione amministrativa alle deduzioni partecipative dei privati” (T.A.R. Campania, Napoli, V, 3.2.2020, n.494; Salerno, II, 4.11.2019, n.1898), sebbene “a fronte di controdeduzioni procedimentali dell’interessato, il provvedimento a questo sfavorevole possa legittimamente fondarsi su di una motivazione sintetica, non essendo invece richiesta un’analitica confutazione delle osservazioni” (Cons. Stato, V, 30.10.2018, n. 6173; T.A.R. Campania, Napoli, II, 22.01.2018, n.448).

    6.3 In definitiva, ad avviso del Collegio, va denunciata l’assenza di un corredo motivazionale idoneo a confutare gli elementi di modifica forniti dalla parte privata, non risultando che la Pubblica Amministrazione abbia svolto il necessario approfondimento istruttorio e motivazionale. D’altronde, ai sensi dell’art.3 della Legge n.241/90, ogni provvedimento – salvo eccezioni – è soggetto a motivazione, con riferimento ai presupposti di fatto e ragioni giuridiche della decisione; le esigenze di trasparenza, democraticità e verificabilità dell’attività amministrativa sottese all’obbligo di motivazione – a sua volta corollari dei principi costituzionali di buon andamento e imparzialità della stessa (art. 97 Cost.), nonché dell’imprescindibile diritto di difesa, espressione del diritto al c.d. giusto processo (art. 111 Cost; 6 CEDU) – sono da ritenersi approdi del tutto pacifici in giurisprudenza. A tal riguardo, si è condivisibilmente affermato che “l’obbligo di motivazione degli atti amministrativi (vincolati e non), la cui valenza primaria è stata affermata anche a livello comunitario dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (art. 41) e dall’art. 296 comma 2, trattato UE, sia pure con riferimento agli “atti giuridici”, non è volto soltanto a consentire il sindacato in sede giurisdizionale sul modo in cui l’Amministrazione ha esercitato i suoi poteri, discrezionali o vincolati, ma è anche rispondente al più generale dovere di trasparenza dell’Amministrazione in modo che il suo agire sia comunque intellegibile da parte dei destinatari” (TAR Lazio, Roma, II, 7.5.2012, n. 4103). In particolare, sia pure nella diversa varietà di contenuti suscettibili di mutare in ragione della diversa tipologia di provvedimenti di volta in volta interessati dall’obbligo di motivazione, detto obbligo presenta un nucleo irriducibile, rappresentato dalla necessità che l’Amministrazione esterni, sia pur succintamente, le ragioni che l’hanno indotta a determinarsi in una data maniera; invero la giurisprudenza amministrativa ha chiarito che “ai sensi dell’art. 3 comma 1, l. 7 agosto 1990 n. 241 l’atto amministrativo deve recare l’indicazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che ne hanno determinato l’adozione in relazione alle risultanze dell’istruttoria, con la conseguenza che sussiste il difetto di motivazione quando non è possibile ricostruire il percorso logico giuridico seguito dall’Autorità emanante e sono indecifrabili le ragioni sottese alla determinazione assunta” (Cons. Stato, V, 31.3.2012, n. 1907).

    6.4 Nella fattispecie, visto l’operato del Comune di …, si versa nel più tipico caso di motivazione tautologica, tale dovendosi ritenere quella che si limita ad un certo enunciato senza però che vengano in alcun modo ostese le ragioni poste a suo fondamento; in tal modo la motivazione è soltanto apparente, in quanto meramente assertiva di un postulato che, lungi dall’essere certo e pacifico, abbisogna invece di essere corroborato da tutta una serie di elementi fattuali idonei a confermarne le conclusioni. In sostanza, l’Amministrazione si è determinata nel senso indicato sulla base di un provvedimento a contenuto sostanzialmente autoreferenziale, che non consente in alcun modo di rendere ostensibili al destinatario le ragioni del detto diniego, la qual cosa si traduce, in definitiva, in una totale obliterazione dell’obbligo di motivazione in contrasto con la fondamentale previsione di cui al citato art. 3.

    7.Viceversa non merita positiva valutazione la domanda di risarcimento dei danni formulata in sede introduttiva del giudizio: per tacere della genericità di tale richiesta, a parere del Collegio rileva che parte ricorrente, proprio paventando il pericolo di un danno grave e irreparabile, ha conseguito innanzi al giudice amministrativo una tutela “in forma specifica” mediante la sospensione dell’esecuzione dell’atto e la sollecita fissazione della trattazione del merito, come disposta in sede cautelare, pienamente satisfattiva dell’interesse fatto valere in giudizio, ragion per cui la situazione di incertezza che ha subito parte ricorrente si è protratta per un lasso di tempo assai contenuto.

    Sul punto l’art.30, comma 3 c.p.a. recita “Nel determinare il risarcimento il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l’ordinaria diligenza, anche attraverso l’esperimento degli strumenti di tutela previsti”. Il danneggiato deve, ex art. 2697 c.c. , provare la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della relativa domanda e, in particolare, sia dei presupposti di carattere oggettivo (prova del danno e del suo ammontare, ingiustizia dello stesso, nesso causale), sia di quello di carattere soggettivo (dolo o colpa del danneggiante). Il comportamento dell’Amministrazione deve essere valutato unitamente alla condotta dell’istante, il quale riveste il ruolo di parte essenziale e attiva del procedimento e in tale veste dispone di poteri idonei a incidere sulla tempistica e sull’esito del procedimento stesso, attraverso il ricorso ai rimedi amministrativi e giustiziali riconosciutigli dall’ordinamento giuridico, tra cui il rito del silenzio che deve essere attivato con tempestività rilevando altrimenti, ai fini dell’art. 30, comma 3° del c.p.a. , in ordine all’accertamento della spettanza del risarcimento nonché alla quantificazione del danno risarcibile (TAR Sicilia, Palermo, III, 5.6.2015, n.1316; II, 26.5.2015, n.1243; Catania, I, 2.12.2015, n. 2829).

    La giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, III, 17.6.2019, n.4097; V, 11.3.2019, n.1610; 14.12.2018, n.7054) è consolidata nel ritenere che “qualora l’annullamento di un provvedimento amministrativo sia disposto per vizi formali, quali il difetto di istruttoria o di motivazione, non è riconoscibile il risarcimento del danno, ciò in quanto in tal caso non è effettuato alcun accertamento in ordine alla spettanza del bene della vita coinvolto nel provvedimento oggetto di impugnazione; ciò in quanto mentre la caducazione dell’atto per vizi sostanziali vincola l’Amministrazione ad attenersi, nella successiva attività, alle statuizioni del giudice, l’annullamento fondato su profili formali non elimina né riduce il potere della stessa di provvedere in ordine allo stesso oggetto dell’atto annullato e lascia ampio il potere in merito dell’Amministrazione, con il solo limite negativo di riesercizio nelle stesse caratterizzazioni di cui si è accertata l’illegittimità, sicché non può ritenersi condizionata o determinata in positivo la decisione finale”. Il risarcimento del danno non è, infatti, una conseguenza automatica e costante dell’annullamento giurisdizionale di un provvedimento amministrativo, ma richiede la verifica di tutti i requisiti dell’illecito (condotta, colpa, nesso di causalità, evento dannoso) e, nel caso di richiesta di risarcimento del danno conseguente alla lesione di un interesse legittimo pretensivo, è subordinato alla dimostrazione, secondo un giudizio prognostico, che il provvedimento sarebbe stato rilasciato in assenza dell’agire illegittimo della Pubblica Amministrazione (Cons. Stato, V, 23.3.2018, n.1859). In fattispecie come quella per cui è controversia, la prova della spettanza del bene della vita in presenza di annullamento dell’atto per vizi formali si raggiunge all’esito del riesercizio del potere in senso favorevole al richiedente: in tal caso, infatti, emerge in modo certo la spettanza del titolo.

    8.In questi termini il ricorso va accolto con conseguente annullamento dei provvedimenti oggetto di impugnazione.

    Le spese seguono, come di rito, la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

    P.Q.M.

    Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava) definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, lo accoglie nei termini in motivazione e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.

    Condanna il Comune di … al pagamento in favore di parte ricorrente delle spese di lite che liquida in € 1.500,00 (millecinquecento/00 euro).

    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

    La sentenza è depositata presso la Segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.

    Così deciso in Napoli nella Camera di Consiglio del giorno 14 dicembre 2020, tenutasi con collegamento da remoto in videoconferenza tramite Microsoft Teams (piattaforma in uso presso la Giustizia amministrativa giusto l’art 3, comma 2, dell’Allegato 3 al Decreto Presidente del Consiglio di Stato n.134 del 22 maggio 2020), ai sensi dell’art. 25 del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, con l’intervento dei magistrati:

    Francesco Gaudieri, Presidente

    Gabriele Nunziata, Consigliere, Estensore

    Viviana Lenzi, Primo Referendario

     

    L’ESTENSORE                     IL PRESIDENTE

    Gabriele Nunziata                  Francesco Gaudieri

    IL SEGRETARIO

     

     

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