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TAR CAMPANIA – NAPOLI, Sez. II, sentenza, 29 dicembre 2020, n. 6447.

    Esercizio del potere di autotutela ex art. 21-nonies, L. n. 241/1990. Il potere della P.A. di annullamento o di convalida di un atto annullabile per vizi formali, di procedura o di incompetenza ha natura discrezionale.

    La presentazione dell’istanza di condono per ottenere il permesso di costruire in sanatoria, in elusione dei limiti di cubatura prescritti dalla L. n. 326/2003, rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 21-nonies, comma 2-bis, l. 241/90.

    Stante la presenza di una sentenza di condanna del giudice penale per abuso edilizio che disponeva la demolizione degli immobili abusivi e per i quali era stato richiesto e rilasciato dal Comune il permesso di costruire in sanatoria, il giudizio di ponderazione degli interessi effettuato dalla amministrazione, con annullamento in autotutela del permesso precedentemente rilasciato, consente di dare prevalenza all’interesse pubblico alla caducazione dei titoli di sanatoria illegittimamente rilasciati, apparendo ragionevole e proporzionato, poiché non può considerarsi tutelabile l’affidamento del privato a fronte di istanze fondate su di una falsa rappresentazione dei fatti.

    La convalida, ai sensi dell’art. 21-nonies, L. n. 241/90, è subordinata alla sussistenza dei due requisiti della esistenza di un interesse alla conservazione dell’atto e del rispetto di un termine ragionevole. Nel caso di specie, l’interesse pubblico, giudicato prevalente dalla amministrazione, con valutazione immune da vizi di ragionevolezza e proporzionalità, è quello alla rimozione dei condoni annullati, essendo essi anche stati disapplicati dal giudice penale, e non quello alla loro conservazione.

    Massima a cura degli avv.ti Benedetta Leone e Sara D’Orso

     

    Pubblicato il 29/12/2020

    06447/2020 REG.PROV.COLL.

    02222/2016 REG.RIC.

    REPUBBLICA ITALIANA

    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

    Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

    (Sezione Seconda)

    ha pronunciato la presente

    SENTENZA

    sul ricorso numero di registro generale 2222 del 2016, proposto da
    (omissis), rappresentati e difesi dall’avvocato (omissis);

    contro

    Comune di (omissis);

    per l’annullamento

    1. a) del provvedimento prot. n. 2516 del 30.3.2016 a firma del responsabile del VI Settore del Comune di (omissis) avente ad oggetto comunicazione di conclusione del procedimento ai sensi della l. n. 241/90 s.m.i. per annullamento dei permessi di costruire in sanatoria nn.ri 6-7-8/2013, relativamente al fabbricato per civile abitazione sito alla via (omissis); b) della nota prot. 2515 del 30.3.2016, recante diffida dall’inizio dei lavori di demolizione della tettoia con destinazione deposito sita al piano terra del fabbricato in comproprietà sito alla via (omissis) di cui alla segnalazione certificata di inizio attività del 29.3.2016 (prot. n. 2449); c) di ogni altro atto preordinato, presupposto, connesso e conseguente, parimenti lesivo

    Visti il ricorso e i relativi allegati;

    Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di (omissis);

    Visti tutti gli atti della causa;

    Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 novembre 2020 la dott.ssa Maria Laura Maddalena e trattenuta la causa in decisione ai sensi dell’art. 25 del d.l. 137/2020;

    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

    FATTO e DIRITTO

    Con il ricorso in epigrafe, i ricorrenti impugnano il provvedimento con cui il Comune di (omissis) ha disposto l’annullamento in autotutela dei permessi di costruire in sanatoria n. 6, 7 e 8 del 2013. Essi impugnano, inoltre, la diffida dall’inizio lavori di demolizione della tettoia con destinazione deposito.

    Riferiscono, in punto di fatto, i ricorrenti che presentarono, il 10/04/2004, tre istanze di condono ex art. 32 della L. n. 326/2003, con riguardo ad un immobile sito in (omissis) meglio indicato in atti, in relazione alla realizzazione sine titulo di tre unità immobiliari ad uso residenziale, che furono assentite dal Comune intimato con i permessi di costruire in sanatoria nn. ri 6, 7 e 8 del 4.4.2013.

    A seguito del passaggio in giudicato della sentenza penale n. 426/2000 del Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Frattamaggiore, che condannava i ricorrenti per abuso edilizio e disponeva la demolizione degli immobili abusivi, la ricorrente (omissis) chiedeva alla Procura della Repubblica la sospensione della sanzione accessoria, essendo gli immobili stati medio tempore condonati.

    Con nota del 29.2.2016, la Procura della Repubblica comunicava il rigetto della istanza, sul presupposto della disapplicazione dei titoli abilitativi in sanatoria poiché illegittimi in quanto eccedenti cumulativamente il limite volumetrico di 750 mc ex art. 32, comma 25, L. n. 326/03.

    Il Comune, pertanto, avviava autonomamente il procedimento di annullamento in autotutela dei titoli abilitativi, fondandolo sull’assunto dell’illegittimità dei titoli abilitativi in sanatoria con riferimento al cumulo della cubatura.

    I ricorrenti, al fine di ricondurre il fabbricato entro i limiti volumetrici massimi previsti dalla normativa condonistica, presentavano una S.C.I.A. in data 29.3.2016 (prot. n. 2499), con cui chiedevano di demolire una tettoia pertinenziale per ricovero automezzi realizzata al pian terreno che occupa una superficie di 58,00 mq (ovvero 211,54 mc).

    Il Comune, tuttavia, con i provvedimenti oggi impugnati, annullava i permessi di costruire in sanatoria, sul presupposto della loro disapplicazione da parte del Giudice Penale; inoltre, provvedeva ad interdire l’attività di demolizione richiesta con la S.C.I.A. del 29.3.2016, diffidando dall’inizio dei lavori in mancanza di un’autorizzazione del Tribunale penale.

    Avverso detto provvedimento, i ricorrenti deducono le seguenti censure:

    1) violazione dell’art. 21 nonies l. 241/90, in quanto sarebbe decorso il termine massimo entro cui è ammissibile l’esercizio dei poteri di autotutela decisoria, cristallizzato positivamente in 18 mesi ex art. 6, comma 1, della L. n. 124/2015; mancherebbe inoltre la ponderazione dell’interesse pubblico specifico, concreto ed attuale, che possa giustificare la caducazione dei permessi in sanatoria.

    2) violazione dell’art. 32 della l. 326/2003, dell’art. 21 nonies l. 241/90, del principio di proporzionalità ed autonomia dell’azione amministrativa nonché del canone di conservazione degli atti amministrativi, rintracciabili congiuntamente nell’istituto della convalida codificato dal comma 2 dell’art. 21 nonies della L. n. 241/90.

    Secondo i ricorrenti, non si sarebbe dovuto ricomprendere nel computo complessivo dei 886 mc (derivante dalla somma delle volumetrie sanate dal Comune con il condono), anche la tettoia pertinenziale ad uso deposito realizzata al pian terreno, che occupa una superficie di 58,00 mq (ovvero 211,54 mc) in quanto le opere in esame, non avendo natura residenziale, non rientrano nel campo di applicazione della disposizione di sanatoria. A seguito della demolizione della tettoia, il Comune avrebbe dovuto disporre la convalida del titolo.

    Nel momento in cui i ricorrenti hanno mostrato la propria disponibilità a ricondurre a legittimità gli immobili, il Comune in applicazione del principio di conservazione degli atti amministrativi e del minimo sacrificio del privato avrebbe dovuto valutare la sanabilità degli immobili, mediante la demolizione delle opere che non avrebbero dovuto essere condonate, come previsto dalla SCIA presentata dai ricorrenti.

    Il Comune si è costituito e ha depositato una memoria, chiedendo il rigetto del ricorso.

    Con ordinanza n. 898/2016, la Sezione ha respinto l’istanza cautelare dei ricorrenti.

    In vista dell’odierna udienza, il difensore del Comune ha depositato un atto di rinuncia al proprio incarico, ma non è stato sostituito.

    I ricorrenti hanno depositato una memoria, equivalente alla presenza in udienza ai sensi dell’art. 25 del D.L. n. 137/2020, insistendo per l’accoglimento del ricorso.

    All’udienza del 10 novembre 2020, la causa è stata trattenuta in decisione.

    Il ricorso è infondato e pertanto deve essere respinto.

    Con riferimento al primo motivo di ricorso, come ha rilevato il Comune resistente, nel caso di specie, la presentazione di tre distinte istanze di condono per ottenere i Permessi di Costruire in sanatoria, in elusione dei limiti di cubatura prescritti dalla L. 326/2003, rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 21 nonies, comma 2 bis, l. 241/90 per cui “i provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti (…) possono essere annullati dall’amministrazione anche dopo la scadenza del termine di diciotto mesi di cui al comma 1”.

    Inoltre, tenuto conto di tale circostanza nonché della presenza di una sentenza di condanna del giudice penale, il giudizio di ponderazione degli interessi effettuato dalla amministrazione, con prevalenza dell’interesse pubblico alla caducazione dei titoli di sanatoria illegittimamente rilasciati, appare ragionevole e proporzionato, considerata la non tutelabilità dell’affidamento del privato a fronte di istanze fondate su di una falsa rappresentazione dei fatti.

    Il primo motivo di ricorso va pertanto respinto.

    In relazione al secondo motivo di ricorso, il Collegio, con riferimento alla asserita omessa considerazione della SCIA del 29.3.2016, ritiene di dover confermare quanto statuito in sede cautelare, secondo cui “nel caso in esame non si tratta di intervenire sul provvedimento illegittimo per emendarne un vizio con un rinnovato esercizio del potere amministrativo, bensì di consentire la modificazione materiale dello stesso stato di fatto per ricreare ora quei presupposti di legittimità del condono che all’epoca mancavano e che, dunque, avrebbero già in origine reso doveroso e vincolato il rigetto delle relative istanze”.

    Sostengono tuttavia i ricorrenti la convalida del titolo sarebbe ammissibile giacché provvedimenti di condono sono parzialmente illegittimi perché la L. n. 326/2003 non si applica alle nuove costruzioni ad uso diverso da quello residenziale (come previsto dal comma 25 dell’art. 32); pertanto, non si sarebbe dovuto ricomprendere nel computo complessivo di 886 mc (derivante dalla somma delle volumetrie sanate dal Comune con il condono) anche la tettoia pertinenziale ad uso deposito realizzata al pian terreno, che occupa una superficie di 58,00 mq (ovvero 211,54 mc).

    Osserva sul punto il Collegio che la convalida, ai sensi dell’art. 21 nonies, l. n. 241/90, è subordinata alla sussistenza dei due requisiti della esistenza di un interesse alla conservazione dell’atto e del rispetto di un termine ragionevole. Nel caso di specie, come si è detto, l’interesse pubblico, giudicato prevalente dalla amministrazione, con valutazione immune da vizi di ragionevolezza e proporzionalità, è quello alla rimozione dei condoni annullati, essendo essi anche stati disapplicati dal giudice penale, e non quello alla loro conservazione.

    In ogni caso, poi, la scelta se procedere all’annullamento o alla convalida dell’atto annullabile rientra nella piena discrezionalità dell’amministrazione, che non appare nel caso di specie affetta da irrazionalità o irragionevolezza.

    Infine, va rilevato che la convalida consiste in una manifestazione di volontà della stessa Amministrazione rivolta ad eliminare il vizio dell’atto invalido per vizi formali o di procedura o per incompetenza (Consiglio di Stato sez. IV, 14/10/2011, n.5538 e sez. IV, n. 3371/2009) o anche, secondo un orientamento minoritario, vizi di natura sostanziale per eccesso di potere.

    Invece, secondo la prospettazione dei ricorrenti, nel caso di specie, l’amministrazione avrebbe dovuto disporre detta convalida, previo un annullamento parziale dei provvedimenti di condono, con riferimento alla cubatura eccedente il limite dei 750 mc, in quanto riferita a manufatto asseritamente non avente destinazione residenziale. Si tratta dunque di un procedimento complesso che prevedrebbe comunque la rimozione in parte qua dei provvedimenti di condono, con riduzione della cubatura assentita, in contrasto peraltro con quanto a suo tempo allegato dalle parti nelle istanze di condono, in assenza di alcuna sollecitazione in tal senso da parte dei ricorrenti in sede procedimentale e senza che vi sia agli atti prova della natura non residenziale della tettoia in questione.

    Per tutte queste ragioni anche il secondo motivo di ricorso va disatteso.

    In conclusione, il ricorso deve essere respinto.

    Le spese possono essere compensate, sussistendo giusti motivi attesa la peculiarità della vicenda.

    P.Q.M.

    Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

    Spese compensate.

    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

    Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 10 novembre 2020, tenutasi in collegamento da remoto ai sensi dell’art. 25 del d.l. 137/2020, con l’intervento dei magistrati.

    Paolo Corciulo, Presidente

    Maria Laura Maddalena, Consigliere, Estensore

    Carlo Dell’Olio, Consigliere

     
     
    L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
    Maria Laura Maddalena Paolo Corciulo
     
     

    IL SEGRETARIO

     

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