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T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI, SEZ. IV- 26 APRILE 2021 – n. 2660/2021

    Trasformazione di immobili sui quali pende istanza di condono: è ammissibile “per il solo completamento dell’opera” nel rispetto dei limiti prefissati dall’ art. 35, co. 14, L. n. 47/1985.

    In presenza di manufatti abusivi non sanati né condonati, gli interventi ulteriori (sia pure riconducibili, nella loro oggettività, alle categorie della manutenzione straordinaria, del restauro e/o risanamento conservativo, della ristrutturazione, della realizzazione di opere costituenti pertinenze urbanistiche) ripetono le caratteristiche di illegittimità dell’opera principale alla quale ineriscono strutturalmente sicché non può ammettersi la prosecuzione dei lavori abusivi a completamento di opere che, fino al momento di eventuali sanatorie, devono ritenersi comunque abusive con conseguente obbligo del Comune di ordinarne la demolizione.

    Questo non significa negare in assoluto la possibilità di intervenire su immobili rispetto ai quali pende istanza di condono, ma solo affermare che, a pena di assoggettamento della medesima sanzione prevista per l’immobile abusivo cui ineriscono, ciò deve avvenire nel rispetto delle procedure di legge, ovvero segnatamente dell’art. 35 della l. n. 47 del 1985.

    Detta norma consente il completamento “sotto la propria responsabilità” di quanto già realizzato e fatto oggetto di domanda di condono edilizio “solo al decorso del termine dilatorio di trenta giorni dalla notifica al Comune del proprio intendimento, con allegazione di perizia giurata ovvero documentazione avente data certa in ordine allo stato dei lavori abusivi”. In definitiva la trasformazione del bene oggetto di condono non è ammessa al di fuori di quanto stabilito per il solo completamento dall’ art. 35, comma 14, l. n. 47/1985. Pertanto, la trasformazione eseguita di fuori di detta procedura determina l’inaccoglibilità dell’istanza di condono, poiché l’intervento successivo comporta un mutamento del bene per il quale era stata chiesta la sanatoria, con opere che hanno realizzato un unicum tipologicamente e sostanzialmente differente, senza che l’originario bene sia più rinvenibile.

    Massima a cura dell’Avv. Rosita Brigante e della dott.ssa Fabia Balletta

     

    Pubblicato il 26/04/2021

    02660/2021 REG.PROV.COLL.

    04218/2018 REG.RIC.

     

    REPUBBLICA ITALIANA

    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

    Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

    (Sezione Quarta)

    ha pronunciato la presente

    SENTENZA

    sul ricorso numero di registro generale 4218 del 2018, proposto da

    …, rappresentata e difesa dall’avv. …, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico elettivo in … alla via … n. …;

    contro

    Comune di …, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti …, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico elettivo in …alla Piazza …, …;

    per l’annullamento

    1.del provvedimento dirigenziale n. 121 del 28 giugno 2018, successivamente notificato, con il quale è stato negato il permesso di costruire in sanatoria ai sensi della legge n.724/1994 e si è ordinata la demolizione delle opere realizzate in assenza di titolo abilitativo;

    2.in via presupposta, del sopralluogo della Polizia Locale del 14/11/2013 e della scheda urbanistica redatta dall’Ufficio e degli accertamenti e verbali della Polizia Locale;

    3.di ogni atto collegato, connesso e conseguente che comunque incida sulla pretesa della ricorrente all’ottenimento della sanatoria e alla conservazione del cespite

    Visti il ricorso e i relativi allegati;

    Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di …;

    Visti tutti gli atti della causa;

    Giudice relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 marzo 2021, tenuta ai sensi dell’art. 25 d.l. 28 ottobre 2020 n.137 e art.4 d.l. 30 aprile 2020 n.28 convertito, con modificazioni, in l. 25 giugno 2020 n. 70 e del D.P.C.S. 28/12/2020, la dott.ssa Ida Raiola e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

    FATTO

    Con ricorso notificato in data 09/10/2018 e depositato in data 02/11/2018, la ricorrente premetteva in fatto:

    -che, con il provvedimento impugnato, si affermava che l’area di sedime del cespite era sottoposta al vincolo archeologico;

    -che l’accertamento del 23/12/2003 aveva accertato che nella “grotta” di 150 mq sottostante il manufatto erano stati eseguiti lavori di spicconatura degli intonaci e al massetto di calpestio in cls della grotta e che esisteva un fatiscente solaio intermedio di circa 60 mq in tavelloni e putrelle;

    -che, nel sopralluogo del 25/06/2008 la P.G. aveva rilevato: l’esecuzione di lavori di manutenzione straordinaria con ampliamento della soppalcatura del livello antistante l’arenile di … con ampliamento di 35 mq configurante un piano intermedio di complessivi 100 mq raccordati da scala interna, nuovi servizi di WC, la coibentazione delle pareti perimetrali impiantistica di nuova fattura e l’apertura di un vano luce privo di infissi;

    -che era stato, altresì, contestato: la copertura con guaina bituminosa del sovrastante piano verandato, la realizzazione di una canna fumaria e di ritti in ferro “finalizzati alla costruzione di una ringhiera”;

    -che risultava richiamato l’ulteriore atto di dissequestro che ha accertato la demolizione dell’incremento di 35 mq del solaio intermedio e della canna fumaria;

    -che, nel verbale del 4 febbraio 2014, l’UOTE aveva rilevato l’ampliamento del solaio intermedio per 35 mq con la posa in opera di 5 putrelle in ferro e tavolato in legno, che detto l’ampliamento era destinato a deposito, nonché che vi era stato il cambio di destinazione d’uso e la fusione del cespite;

    -che l’Ufficio aveva rilevato “l’assenza di idonea documentazione tecnico-amministrativa atta a stabilire l’astratta condonabilità delle opere chieste in sanatoria”;

    -che, inoltre, l’Ufficio aveva anche rilevato: 1) la trasformazione successiva alla presentazione dell’istanza di condono tale da configurare un organismo diverso per consistenza e destinazione d’uso; 2) l’ampliamento del solaio intermedio da 45 mq a 100 mq collegato con impianti scala interni; 3) la manutenzione straordinaria della sala ristorante contestata con il sopralluogo del 25 giugno 2008 che individuava che il solaio di copertura costituito da lamiere in ferro era stato sostituito da massetto in c.l.s.; 4) il posizionamento di ritti in ferro funzionali alla (futura) realizzazione di 3 una ringhiera; 5) la realizzazione di tali opere in pendenza della procedura di condono;

    -che, però, la ricostruzione dell’ufficio era inficiata da evidenti errori collegati a gravi carenze ricostruttive riconosciuta nella stessa motivazione dell’atto, con riferimento espresso alla “assenza di idonea documentazione tecnico amministrativa”;

    -che le risultanze e tecniche e giudiziali esibite da essa ricorrente provavano la inesistenza dei presupposti del provvedimento impugnato.

    Tanto premesso in fatto, la ricorrente articolava le seguenti censure in diritto:

    I.Violazione l. 724 del 1994 – art. 2, comma 37, lett d) della l. 662 del 1996 – Violazione l. 47 del 1985 – Eccesso di potere – Inesistenza dei presupposti – Omessa istruttoria in quanto, nel provvedimento impugnato, il Comune di … avrebbe illegittimamente rilevato l’omessa presentazione dei documenti richiesti con la nota prot. n46341 del 21/01/2014;

    II.Violazione l. 47 del 1985 e 724 del 1994 – Eccesso di potere – Inesistenza dei presupposti – Carente istruttoria in quanto sarebbero stati inesistenti gli abusi in contestazione e gli interventi eseguiti sul cespite avrebbero dovuto essere ricondotti ad attività di manutenzione ordinaria;

    III.Violazione art. 10 bis della l. 241 del 1990 – Violazione l. 47 del 1985 e 724 del 1994 – Simulazione procedimentale – Difetto di motivazione e di istruttoria in quanto il Comune non avrebbe tenuto conto degli atti allegati da essa ricorrente.

    Si costituiva in resistenza il Comune di … .

    Con ordinanza cautelare del 09/05/2019 n.727 l’istanza di sospensiva veniva respinta.

    Con ordinanza cautelare n. 3173/2019, il Consiglio di Stato accoglieva l’appello cautelare, sollecitando la fissazione dell’udienza di merito per la decisione del ricorso.

    Con ordinanze collegiali del 11/02/2020 n.646, del 16/07/2020 n.3153 e del 21/12/2020 n.6303 si provvedeva ad incombenti istruttori.

    All’udienza pubblica del 17/03/2021, tenuta ai sensi dell’art. 25 d.l. 28 ottobre 2020 n.137 e art.4 d.l. 30 aprile 2020 n.28 convertito, con modificazioni, in l. 25 giugno 2020 n. 70 e del D.P.C.S. 28/12/2020, la causa passava in decisione.

    DIRITTO

    Il ricorso è infondato e va respinto.

    La ricorrente impugna il provvedimento (prot. n. 6052 del 02/07/2018), con il quale il Comune di …ha respinto l’istanza di concessione edilizia in sanatoria straordinaria (cd. condono edilizio) ai sensi della legge n. 724/1994 e ha contestualmente ordinato la demolizione delle opere eseguite e il ripristino dello stato dei luoghi.

    Il Collegio rileva che:

    -l’istanza di sanatoria edilizia straordinaria, presentata dalla ricorrente in data 28/02/1995 (prot. n. 27221) aveva od oggetto le seguenti opere realizzate in assenza di titolo abilitativo: a) realizzazione su un preesistente terrazzo, di una struttura in ferro e vetro adibita a sala ristorante con annessi servizi, per una superfice coperta di mq 112, 50 posta a confine col muro di sostegno di via …; b) realizzazione al piano inferiore, in una preesistente grotta, di un soppalco di circa 45 mq comunicante con il sovrastante ristorante. Nell’istanza si precisava, altresì, che a servizio del citato soppalco esisteva una balconata di mq. 29,58 di S.N.R. da ridursi al 60% e cioè mq. 17,75 e che le opere erano state realizzate entro il 15/03/1985 (cfr. allegato n. 3 della produzione documentale del 06/12/2019 di parte ricorrente);

    -a seguito di sopralluoghi effettuati dal Comune di … in epoche diverse (dicembre 2003, giugno 2008, settembre 2010, novembre 2013, febbraio 2014, gennaio 2017, cfr. relazione istruttoria. 3910110 del 04/06/2020) e, comunque, successive all’anzidetta domanda di sanatoria edilizia straordinaria -sopralluoghi le cui risultante sono state confermate anche dall’attività istruttoria svolta in corso di giudizio – sono stati accertati plurimi interventi edilizi sul cespite, di certo non ascrivibili alla categoria della manutenzione ordinaria;

    -in particolare, l’ultimo sopralluogo effettuato dal Comune di … in data 28/05/2020, nell’ambito delle attività istruttorie disposte con ordinanza collegiale n.646/2020, seppure svolto ab externo, per l’assenza del custode dell’immobile sottoposto a sequestro, non ha evidenziato difformità rispetto al precedente sopralluogo del 2017 (cfr. all. n. 2 della produzione documentale del Comune di …del 27/11/2020);

    -in dettaglio, sono stati accertati i seguenti interventi edilizi successivi: a) l’ampliamento del solaio intermedio (indicato come soppalco nell’istanza di sanatoria edilizia da mq. 45,00 a mq. 100; l’apposizione al un solaio di copertura della sala ristorante, originariamente costituito da lamiere in ferro, di un massetto in con sovrastante guaina bituminosa e posizionamento di ritti in ferro; c) trasformazione dell’intero cespite, anche nelle parti in precedenza adibite a deposito, in un’unica struttura destinata ad attività di ristorazione;

    -la consistenza originaria dell’immobile descritta in un atto di acquisto del 14/05/1946 (cfr. all. n. 1 della produzione documentale di parte ricorrente del 06/12/2019) era la seguente: “…un corpo di fabbrica allo stato rustico sulla banchina ad est di Palazzo … con annesso terrazzino confinante a nord con il muro di sostegno di via …, ad est col costone scosceso annesso allo stesso palazzo tra via … ed il mare e con ingresso da via … n…., a sud con la banchina da cui ha ingresso ed ad ovest con i locali scantinati del palazzo medesimo”;

    -il cespite in contestazione è ubicato in area soggetta ad una pluralità di vincoli (vincolo paesistico-ambientale ex d.m. n.54/1953; zona a P.I: ai sensi del Piano Paesistico Agnano-Camaldoli di cui al d.m. 14/12/1995; area di interesse archeologico; fascia di rispetto Coste marine, lacunari e fluviali), di tal che sarebbe stato necessario, ai fini della regolarità urbanistico-edilizia, acquisire i prescritti pareri e/o nulla osta delle competenti autorità tutorie.

    Alla luce dei rilievi testé formulati, appare corretta la determinazione negativa assunta dal Comune di … (così come la consequenziale sanzione ripristinatoria irrogata) con il provvedimento impugnato, atteso che “in presenza di manufatti abusivi non sanati né condonati, gli interventi ulteriori (sia pure riconducibili, nella loro oggettività, alle categorie della manutenzione straordinaria, del restauro e/o risanamento conservativo, della ristrutturazione, della realizzazione di opere costituenti pertinenze urbanistiche) ripetono le caratteristiche di illegittimità dell’opera principale alla quale ineriscono strutturalmente” (cfr. Tar Campania, Napoli, VI sez., 5 maggio 2010, n. 2811, 10 febbraio 2010, n. 847 e 28 gennaio 2010, n. 423; sezione seconda, 7 novembre 2008, n. 19372; negli stessi sensi, Cass. penale, sezione terza, 24 ottobre 2008, n. 45070), sicché non può ammettersi “la prosecuzione dei lavori abusivi a completamento di opere che, fino al momento di eventuali sanatorie, devono ritenersi comunque abusive” (Tar Campania, VI sez., 5 maggio 2010, n. 2811 cit. e 9 marzo 2006, n. 2834), con conseguente “obbligo del comune di ordinarne la demolizione”.

    Quanto rilevato non significa negare in assoluto la possibilità di intervenire su immobili rispetto ai quali pende istanza di condono, ma solo affermare che, a pena di assoggettamento della medesima sanzione prevista per l’immobile abusivo cui ineriscono, ciò deve avvenire nel rispetto delle procedure di legge, ovvero segnatamente dell’art. 35 della l. n. 47 del 1985, norma applicabile, in virtù di reiterati rinvii, anche alla successiva legislazione condonistica (art. 39 della l. 23/12./1994, n. 724 ed art. 32 della l. 24/11/2003, n. 326).

    Detta norma consente il completamento “sotto la propria responsabilità” di quanto già realizzato e fatto oggetto di domanda di condono edilizio “solo al decorso del termine dilatorio di trenta giorni dalla notifica al Comune del proprio intendimento, con allegazione di perizia giurata ovvero documentazione avente data certa in ordine allo stato dei lavori abusivi”. Procedura peraltro da seguirsi rigidamente anche per quanto attiene alle modalità di presentazione dell’istanza, sia al fine di conferire certezze in ordine allo stato dei luoghi che ad evitarsi postumi (tentativi di) disconoscimenti della circostanza che, come previsto dalla legge, l’esecuzione delle opere, pur se autorizzate, avviene sotto la propria responsabilità, ovverosia nella piena consapevolezza -resa esplicita dal ricorso espresso alla procedura ex art. 35 cit.- che, sebbene interventi di natura eminentemente conservativa possono essere ammessi, si sta agendo assumendo espressamente a proprio carico rischi e pericoli connessi, cosicché se il condono verrà negato si dovrà demolire anche le migliorie apportate, secondo quanto più volte affermato nelle pronunce innanzi richiamate.

    In definitiva a trasformazione del bene oggetto di condono non è ammessa al di fuori di quanto stabilito per il solo completamento dall’ art. 35, comma 14, l. n. 47/1985, rispettando l’iter ivi delineato. Pertanto, la trasformazione eseguita di fuori di detta procedura determina l’inaccoglibilità dell’istanza di condono, poiché l’intervento successivo comporta un mutamento del bene per il quale era stata chiesta la sanatoria, con opere che hanno realizzato un unicum tipologicamente e sostanzialmente differente, senza che l’originario bene sia più rinvenibile (TAR Napoli, sez. III, 05/08/2020 n. 3503; TAR Napoli, sez. VI, 27/01/2020 n.378; Cons. Stato, sez. II, 05712/2019 n.8314; TAR Napoli, sez. III, 05/06/2019 n.3048).

    Le considerazioni svolte consentono di ritenere superate le censure attoree di cui al secondo motivo di ricorso, anche in ragione dell’assorbente rilievo che l’onere della prova circa l’effettiva consistenza del cespite al momento della presentazione dell’istanza di sanatoria edilizia straordinaria e dell’assenza di qualsivoglia successiva attività manipolativa dello stesso – tanto più a fronte di specifiche attività di verifica compiute dall’ente territoriale nel corso degli anni – non può che gravare per intero sul soggetto richiedente la sanatoria.

    Peraltro, versandosi nell’ambito di attività edilizia compiuta in assenza di titolo in un’area di rilievo paesistico, oltre che storico e archeologico (il cespite è ubicato in prossimità dello storico Palazzo … a …), e, perciò, assoggettata ad una pluralità di vincoli, la prova a carico dell’istante dell’effettiva originaria consistenza del bene e dei successivi interventi sullo stesso non può che essere particolarmente rigorosa e affidata a riscontri oggettivi e adeguatamente documentati.

    Nel caso di specie, la pregevole ricostruzione, anche storica, contenuta nelle perizie di parte offerte dalla ricorrente (cfr. all. nn.4, 5, 6, 7 e 8 della produzione documentale di parte ricorrente del 06/12/2019; all. nn. 1, 2, 3 e 4 della produzione documentale di parte ricorrente del 29/10/2020), se consente di ritenere accertata la consistenza del cespite sino agli anni ’40 del secolo scorso (più o mendo in corrispondenza con l’atto di acquisto del dante causa della ricorrente, risalente al 1946) e, comunque, presuntivamente (in assenza di rilievi fotografici successivi al 1949) sino alla presentazione della domanda di condono del 1994, non contiene, però, elementi idonei – cioè, si ribadisce, oggettivi e documentati – per superare le risultanze degli accertamenti compiuti dal Comune di … negli anni successivi al 1994, accertamenti versati in atti assistiti da fede privilegiata (verbali di accertamento), con riguardo alla natura degli interventi edilizi posti in essere sull’immobile successivamente alla presentazione dell’istanza di sanatoria condonistica, interventi, i quali, appunto, per come descritti all’esito della riferita attività di verbalizzazione non possono di certo ricondursi – diversamente da quanto opinato dalla difesa attorea – a mera attività manutentiva ordinaria (ci si riferisce, in particolare, all’ampliamento del solaio intermedio di 35 mq, accertato e sottoposto a sequestro nel 2008 e alla realizzazione di un massetto di calcestruzzo con sovrastante guaina bitumonosa a copertura del solaio del preesistente solaio in lamiere di ferro, anch’essa accertata nel 2008): Interventi, questi ultimi, in ogni caso posti in essere senza osservanza della già descritta procedura di cui all’art.35, comma 14, della l. n. 47/1985.

    In ordine al primo e al terzo motivo di ricorso, infine, entrambi invero piuttosto genericamente formulati, il Collegio osserva, quanto alla doglianza attorea circa l’omessa considerazione della documentazione richiesta dal Comune con nota del 21/01/2014 (prot. n. 46341), che parte ricorrente non ha contestato di aver richiesto, in data 30/04/2014 (prot. n. 345873), la proroga del termine per la chiesta produzione documentale (circostanza di per sé idonea a comprovare l’avvenuta piena conoscenza della richiesta di integrazione documentale proveniente dall’Ente comunale), come testualmente riportato nella motivazione del provvedimento impugnato (pag. 2, terzo capoverso), e non ha provato – neppure a livello indiziario – come sarebbe stato suo onere (per il noto brocardo, ei incumbit probatio qui dicit non qui negat) di aver successivamente prodotto la documentazione richiesta a fronte della reiterata negazione di questa circostanza da parte del Comune.

    Il ricorso – in disparte dal rilievo di inammissibilità dell’impugnativa promossa contro atti di natura endoprocedimentale (cfr. n. 2 dell’epigrafe) – va, pertanto, complessivamente respinto.

    Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.

    P.Q.M.

     

    Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, sede di Napoli (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così provvede:

    a)rigetta il ricorso;

    b)condanna parte ricorrente al rimborso, in favore del Comune di …, delle spese di giudizio che liquida in complessivi €.3.000, 00# (euro tremila/00#), oltre IVA e CPA come per legge.

    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

    Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 17 marzo 2021 con l’intervento dei magistrati:

     

    Pierina Biancofiore, Presidente

    Ida Raiola, Consigliere, Estensore

    Luca Cestaro, Consigliere

    L’ESTENSORE                     IL PRESIDENTE

    Ida Raiola                   Pierina Biancofiore

    IL SEGRETARIO

     

     

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