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ABUSI EDILIZI TRAMITE CAMBIO DESTINAZIONE D’USO IN ZONA VINCOLATA

    TAR CAMPANIA, NAPOLI, SEZ. III – sentenza 6 luglio 2016 n. 3390

    Abusi edilizi tramite cambio di destinazione d’uso in zona vincolata

    Secondo l’orientamento più recente ed ormai prevalente della giurisprudenza amministrativa, presupposto del mutamento di destinazione d'uso giuridicamente rilevante, ai fini dell'eventuale adozione della sanzione interdittiva del cambio di destinazione non consentito, è che l'uso diverso, benché attuato senza opere a ciò preordinate, comporti un maggiore peso urbanistico effettivamente incidente sul tessuto urbano.

    L'elemento caratteristico del mutamento di destinazione d’uso – tale da giustificarne gli strumenti repressivi – è l’incidenza sui servizi quali, ad esempio: il pregiudizio alla viabilità ed al traffico ordinario nella zona, il maggior numero di parcheggi nelle aree antistanti o prossime l'immobile, l'incremento quantitativo e qualitativo dello smaltimento dei rifiuti conseguenti alla nuova attività ivi intrapresa.


    N. 03390/2016 REG.PROV.COLL.

    N. 02384/2012 REG.RIC.

    REPUBBLICA ITALIANA

    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

    Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

    (Sezione Terza)

    ha pronunciato la presente

    SENTENZA

    sul ricorso numero di registro generale 2384 del 2012, proposto da:
    A. M., rappresentato e difeso dal prof. avv. .. e dall’avv. .., con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Napoli, Via …;

    contro

    Parco Nazionale del …, in persona del rappresentante legale pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliata in Napoli,……..;

    e con l’intervento di

    ad opponendum:

    G. M., F. C.., rappresentati e difesi dall’avv. .., con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. .. in Napoli, Via …;

    per l’annullamento:

    1.dell’ordinanza n. 1 prot.n. 397 del 26 gennaio 2012, notificata il 29 febbraio successivo, emessa dal Direttore del Parco Nazionale del …;

    2. di ogni altro atto presupposto, connesso o conseguenziale, comunque lesivo dei diritti del ricorrente.

     

    Visti il ricorso e i relativi allegati;

    Visto l’atto di costituzione in giudizio del Parco Nazionale del …;

    Viste le memorie difensive;

    Visto l’atto di intervento ad opponendum di M. G. e C. F.;

    Vista l’ordinanza cautelare n. 974 del 5 luglio 2012;

    Visti tutti gli atti della causa;

    Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 aprile 2016 il dott. Gianmario Palliggiano e uditi per le parti gli avv.ti … su delega di … per il ricorrente, … dell’Avvocatura dello Stato, … per gli intervenienti.

    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

     

    FATTO

    Con l’odierno ricorso, notificato il 30 aprile 2012 e depositato il successivo 18 maggio, M. . ha impugnato l’ordinanza prot. n. 1 del 26 gennaio 2012, con la quale il Direttore del Parco nazionale del … ha ingiunto al ricorrente di sospendere i lavori nonché di eliminare ovvero rimuovere le opere abusive, realizzate nel fondo sito in località via …, nel Comune di Sant’Anastasia.

    Si è costituito in giudizio l’intimato Parco nazionale del … che, con memoria difensiva depositata il 29 maggio 2012, ha chiesto il rigetto del ricorso.

    Sono intervenuti ad opponendum M. e C., con atto depositato il 4 giugno 2012, per sostenere la legittimità dell’ordinanza impugnata nonché del relativo verbale di sopralluogo prot. n. 4755 del 2011.

    Il 2 e 3 luglio 2012, parte ricorrente ha depositato, rispettivamente, memoria e perizia di parte, ad ulteriore supporto delle proprie ragioni. In particolare con memoria del 2 luglio ha eccepito l’inammissibilità dell’intervento ad opponendum.

    Con ordinanza cautelare n. 974 del 5 luglio 2012, il Tar ha respinto la richiesta di sospensione cautelare del provvedimento impugnato.

    Il ricorso è stato inserito nel ruolo dell’udienza pubblica del 12 gennaio 2016, fissata per la verifica del permanere dell’interesse di una serie di cause. Nel corso dei preliminari, l’avvocato di parte ricorrente ha dichiarato l’interesse alla decisione.

    In data 8 marzo 2016, parte ricorrente ha depositato altra memoria con la quale ha ribadito le proprie posizioni

    Il ricorso è stato quindi inserito nel ruolo dell’udienza pubblica del 5 aprile 2016, data in cui è stato trattenuto per la decisione.

    DIRITTO

    1.- Va in primo luogo respinta l’eccezione di inammissibilità dell’intervento ad opponendum.

    Gli interventori, M., sono proprietari di un terreno e di un fabbricato sino in Sant’Anastasia, via —, confinanti con il fondo del ricorrente.

    L’interesse alla tutela del territorio circostante la propria abitazione nonché l’interesse all’osservanza delle prescrizioni di legge ed urbanistiche tese a preservare il valore estetico ed il rilievo ambientale del territorio nel quale è inserito la loro proprietà, sono sufficienti a legittimare l’intervento.

    Come chiarito dalla giurisprudenza amministrativa, nel processo amministrativo l’intervento ad opponendum va riconosciuto ammissibile in presenza anche di un mero interesse di fatto dipendente da quello azionato in via principale e ad esso accessorio, che si identifica nel mantenimento del provvedimento impugnato (Cons. stato, sez. III, 2 ottobre 2015, n. 4613).

    Nel caso di specie la condizione di vicini e confinanti giustifica la loro posizione che non è meramente emulativa e preordinata ad un controllo generalizzato del territorio.

    2.- Ciò chiarito, col primo motivo di ricorso parte ricorrente censura l’eccesso di potere per violazione del giusto procedimento e per carenza d’istruttoria, travisamento dei fatti, motivazione erronea, difetto d’istruttoria e contraddittorietà. Sviamento di potere, violazione e falsa applicazione degli artt. 6, 11, 13 e 29 L. 394/1991; violazione e falsa applicazione della NTA del piano del Parco nazionale del Vesuvio, pubblicato sul BURC n. 9 del 19 gennaio 2010.

    A suo avviso, dalla lettura dell’atto impugnato emergerebbe un evidente difetto d’istruttoria. Secondo la ricostruzione dell’Ente parco sarebbero stati realizzati lavori di trasformazione dell’area che il ricorrente medesimo asserisce mai effettuati. Fa presente al riguardo che il fabbricato si presenta oggi nella stessa volumetria e superficie nonché sagoma, altezze e prospetti che ha sempre posseduto; contesta, quindi, che si sia realizzato un cambio di destinazione d’uso.

    Sostiene infatti l’impossibilità di distinguere un fabbricato a destinazione rurale da quello con destinazione a residenza civile, posto che in entrambi i casi gli edifici sono adibiti ad uso residenziale, con la sola differenza dell’uso prevalente e per l’attività svolta dai suoi abitanti.

    Nel caso di specie, l’immobile in questione avrebbe comunque perso il requisito di ruralità a far data dal 28 dicembre 2007.

    Conclude pertanto nel senso che, senza necessità di alcuna opera di trasformazione, un fabbricato, pur permanendo nella stessa consistenza e configurazione, da rurale nel tempo si trasforma in residenziale per il solo fatto che i suoi abitanti hanno dismesso l’attività agricola per svolgere legittimamente altra attività.

    3.- Le censure sono nel complesso infondate e non appaiono supportate dalle evidenze di fatto, come risultano dalla documentazione versata in atti dalla difesa erariale.

    3.1.- Secondo l’orientamento più recente ed ormai prevalente della giurisprudenza amministrativa, presupposto del mutamento di destinazione d’uso giuridicamente rilevante, ai fini dell’eventuale adozione della sanzione interdittiva del cambio di destinazione non consentito, è che l’uso diverso, benché attuato senza opere a ciò preordinate, comporti un maggiore peso urbanistico effettivamente incidente sul tessuto urbano.

    L’elemento caratteristico del mutamento di destinazione d’uso – tale da giustificarne gli strumenti repressivi – è l’incidenza sui servizi quali, ad esempio: il pregiudizio alla viabilità ed al traffico ordinario nella zona, il maggior numero di parcheggi nelle aree antistanti o prossime l’immobile, l’incremento quantitativo e qualitativo dello smaltimento dei rifiuti conseguenti alla nuova attività ivi intrapresa.

    L’incremento del carico urbanistico altera, in definitiva, l’assetto del territorio, come originariamente stabilito nella pianificazione del tessuto urbano dall’Amministrazione locale.

    Ne consegue che anche il mutamento funzionale di destinazione d’uso necessita di un titolo abilitativo (Cons. Stato, sez. VI, 14 novembre 2014, n. 5597).

    3.2.- Nella fattispecie in esame, tuttavia, sono da smentire le premesse dalle quali muovono gli assunti della ricorrente, ossia che non sia intervenuta alcuna modificazione delle originarie consistente del fabbricato rurale.

    Emerge infatti che le opere effettuate nel tempo dal ricorrente non si limitano ad interventi di manutenzione straordinaria quanto di demolizione e ricostruzione di un fabbricato, realizzati in assenza di alcuna autorizzazione da parte dell’Ente Parco, necessaria ai sensi dell’art. 13 L. n. 394 del 1931.

    Sul punto si rinvia alla Relazione tecnica del Parco nazionale del …, la quale descrive in maniera del tutto puntuale le attività edilizie svolte dal ricorrente nel corso del periodo dal 2006 al 2010, con l’esatta indicazione delle difformità di volta riscontrate nonché delle diverse iniziative di controllo e sanzionatorie messe in atto dal Comune di Sant’Anastasia.

    Ancora più esplicativa appare sul punto la Relazione cartografia prot. n. 927 del 13 settembre 2911 riportante le verifiche cartografiche ed ortografiche, nel periodo 1997-2010 in merito al fondo in questione, dalle quali emergono, a partire dal 2007, una serie di manufatti e tracciati ex novo, descritti anch’essi in dettaglio.

    Ebbene, le opere compiute non solo hanno prodotto un significativo stravolgimento del preesistente ma hanno conseguentemente comportato un cambio di destinazione d’uso materiale, in quanto l’edificio con destinazione rurale originario è stato trasformato – a seguito degli interventi edilizi successivi in una civile abitazione, attualmente abitata dal ricorrente a partire dal mese di aprile 2011, così come dallo stesso dichiarato in sede di sopralluogo.

    In altri termini sono venuti meno gli aspetti propri perché il fabbricato possa essere definito rurale, ossia che:

    – sia adibito ad abitazione delle persone (e dei famigliari e conviventi a carico) addette alla coltivazione o alla custodia dei lavoratori, dei fondi e del bestiame;

    – sia luogo ricovero per animali e di custodia di macchine e attrezzi;

    – assuma le caratteristiche di opera preposta alla protezione delle piante (esempio: serra) e dei prodotti agricoli e zootecnici (esempio: silos).

    Che l’edificio avesse originariamente carattere rurale può desumersi, oltre che dalle visure catastali, anche dalla dichiarazione contenuta nell’atto di compravendita rep. n. 4939 – Racc. n. 668 del 20 marzo 1993, a firma del Notaio …., a favore del ricorrente, nel quale è esattamente riportato: “piccolo fabbricato rurale, sito in agro di S’Anastasia, alla contrada ”…..” composto da due vani terranei e comodi rurali costituiti da tettoia, forno, cisterna e minuscolo casotto adibito a porcile”.

    4.- In sintesi, gli interventi contestati perché realizzati in assenza della necessaria autorizzazione di cui all’art. 13 della Legge n. 394/1991, risultano essere quelli di seguito descritti.

    A. variazione planimetrica e volumetrica del fabbricato, in conseguenza di volumi aggiunti ed ampliati sul fronte SUD, con andamento a falda inclinata e solaio laterocententizio, e di tre corpi aggiunti posti sulla facciata EST. La sommità di tale falda è attualmente impostata al pari del cornicione perimetrale del corpo di fabbrica rettangolare, mentre è testimoniato che nell’anno 2005, tale falda era ben più bassa del coronamento superiore dell’edificio principale ed inoltre essa era in semplice lamiera ondulata.

    Sul punto, la difesa erariale è puntuale nel rilevare che da un confronto fra i grafici dello stato di fatto allegati alla DIA n. 147 dell’11 novembre 2005 e la DIA n. 82 del 17 giugno 2006 emergono notevoli difformità nella divisione interna del fabbricato, con diversa distribuzione degli ambienti e delle murature portanti trasversali, quali le bucature esterne che risultano essere distribuite in modo differente tra di loro.

    B. Movimento e riporto di terra nella parte bassa del fondo, mediante l’uso di mezzi meccanici, attività destinata a colmare una depressione del terreno posta nella parte terminale EST della proprietà.

    C. Realizzazione ex novo di una strada di accesso a fondo privato contiguo, direzione Sud-Nord; la strada risulta aperta sul fianco Nord della via di accesso al fabbricato del ricorrente, che parte dalla Via …, ed è delimitata da un cancello metallico scorrevole; tale via d’accesso è delimitata lateralmente da una recinzione con pali in legno infissi nel suolo, di altezza di circa 2.80 metri, rete metallica e telo che sorregge il terreno con una quota più alta rispetto la via descritta.

    D. Posa in opera di cancelli metallici su montanti, scorrevoli carrabile ed a battente pedonale, uno che conduce alla proprietà del ricorrente e l’altro a terza proprietà.

    E. Creazione di un dislivello ad ingresso del fondo di proprietà del ricorrente, mediante uno scavo in trincea realizzato sul piano di campagna, con battuto di pietrisco sul fondo con sottostante masso in conglomerato cementizio.

    5.- Ebbene, il complesso delle opere eseguite ha sensibilmente alterato non solo l’assetto dei volumi e delle superfici preesistenti ma la stessa originaria orografia del suolo.

    5.1.- E’ evidente che per il complesso delle opere compiute in fasi successive non sarebbe stata in alcun modo sufficiente lo strumento della DIA, ove si consideri che l’area oggetto degli interventi abusivi realizzati e contestati ricade in:

    – zona C di protezione e, nello specifico, nell’Unità di Paesaggio C1 “Paesaggio agrario del Somma”, della tavola P2.2d del Piano del Parco e di cui all’art. 14 delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano del Parco; tale Unità è costituita da un ampio settore dei versanti medi e bassi del Somma esposti a nord ed est;

    – Aree agricole di elevato valore storico – culturale della Tavola P2.2.d “Inquadramento strutturale ed aeree contigue: sistemi ambientali del Piano del Parco con la sola eccezione del fabbricato;

    – Sito di Interesse Comunitario (SIC) IT803321 – Monte somma ai sensi della direttiva 92/43/CEE (Direttiva habitat);

    – zona salvaguardata dal vincolo speciale sulle tipologie edilizie realizzabili stante l’accertata sismicità della zona (grado s.9) nonché da quello idrogeologico, correlato all’incombente pericolo di frane, sulle quali sovrintende l’Autorità di bacino.

    E’ chiaro quindi che l’assenza di autorizzazione per gli interventi sopra descritti ha comportato una diretta violazione delle Norme Tecniche di Attuazione (NTA) del Piano del Parco Nazionale del Vesuvio.

    5.2.- Sul punto va, in particolare, richiamato l’art. 14, comma 5, NTA per il quale nelle aree agricole di cui alla Zona C, gli interventi di Riqualificazione (RQ) relativi al patrimonio edilizio esistente possono essere realizzati esclusivamente attraverso le categorie RQ1 e RQ2.

    Per RQ1 si intendono gli interventi di “Ristrutturazione edilizia e demolizione con ricostruzione in sito, a parità di volumetria, anche mediante accorpamento di volumi relativi a corpi di fabbrica distinti, con cambiamento di destinazione d’uso dalla funzione residenziale permanente verso attività agro-silvo-pastorali, turistico-ricettive e di servizio, museali ed espositive”;

    Per RQ2 si intendono gli interventi di Ristrutturazione edilizia e demolizione con ricostruzione in sito, anche mediante accorpamento di volumi relativi a corpi di fabbrica distinti, per il miglioramento degli usi agricoli, agrituristici e residenziali degli edifici esistenti da parte dell’imprenditore agricolo.

    Tali interventi consentono un incremento del 20% di SUL per adeguamenti funzionali di manufatti al servizio di attività agro-silvo-pastorali o ad esse connesse.

    L’intervento al fabbricato non rientra nel caso di ristrutturazione RQ1 in quanto non vi è la condizione né di “parità di volume” né quella relativa ad un cambiamento di destinazione d’uso da “residenziale permanente” ad attività compatibili in Zona C.

    Non rientra altresì nel caso di ristrutturazione RQ2 in quanto non risulta alcun documento agli atti dell’Ente Parco, se non le dichiarazioni del ricorrente, che non risulta essere imprenditore agricolo, di utilizzo residenziale del fabbricato rurale.

    5.3.- Non meno significativo è l’art. 14, comma 8, NTA disposizione he, per la zona C, esclude tra gli altri:

    – gli interventi edilizi che eccedano quanto previsto alle lettere a), b) e c) dell’art. 3 del D.P.R. 380 del 2001. L’intervento di ristrutturazione edilizia al fabbricato è ascrivibile alla lettera c) del menzionato art. 14, comma 8, questo perché risulta la realizzazione di un organismo edilizio in parte diverso dal precedente con aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti e delle superfici;

    – modifiche alla rete idrografica, che non siano di Restituzione (RE) dell’originaria riconfigurazione degli alvei nell’ambito di interventi di rinaturazione di siti estrattivi dimessi;

    – modifiche alla forma del suolo, attraverso scavi e movimenti di terra, che non siano legate al consolidamento e al limitato ampliamento o nuova realizzazione (nei termini indicati all’art. 23) delle sistemazioni tradizionali (terrazzamenti e ciglionamenti) o ad imprescrittibili ragioni di sicurezza geomorfologica, alla rinaturazione di alvei e lagni o al recupera ambientale di cave dismesse, ferme restando le prescrizioni degli arti. 20 e 36;

    – interventi infrastrutturali non esclusivamente e strettamente necessari per la conservazione e il consolidamento dei tracciati rurali esistenti e per il mantenimento delle attività agricole o comunque specificatamente previsti dal presente PP nella tav. F22c;

    – interventi di riduzione delle attuali estensioni boschive;

    5.4.- Non va poi trascurato l’art. 17, comma 4, NTA per il quale in tema di “reti ecologiche e paesistiche” deve essere perseguita la eliminazione o la mitigazione degli elementi detrattori di maggiore evidenza, quali, tra gli altri:

    – manomissioni antropiche che hanno alterato incongruamente la configurazione degli elementi naturali;

    – edifici e opere accessorie contemporanei particolarmente emergenti dal contesto per dimensione, forma e colore;

    5.5.- Va anche ricordato che, ai sensi dell’art. 23, comma 8, NTA nell’ambito delle aree agricole non sono consentite:

    – la demolizione o l’alterazione della conformazione delle sistemazioni tradizionali connesse ai paesaggi agrari dei versanti medio-alti di elevato valore storico-culturale (terrazzamenti e ciglionamenti) e dell’infrastrutturazione rurale (strade poderali, siepi, muretti, fossi di drenaggio) e comunque la riduzione dell’estensione superficiale agraria anche nei casi di dismissione consolidata.

    Tali sistemazioni devono essere oggetto di conservazione, messa in sicurezza e manutenzione attiva, anche attraverso limitate modifiche che non ne alterino l’immagine e la funzionalità, con l’obiettivo di tutelare, oltre che il ruolo produttivo e i valori paesaggistici, il mantenimento dell’equilibrio idro-geologico e l’efficacia del ruolo di cuscinetto ecologico nei confronti delle aree a più elevata naturalità, situate alle quote superiori.

    Eventuali modificazioni in estensione e nuove realizzazioni, qualora non riducano la superficie dei boschi, potranno essere ammesse solo previa presentazione dì un P.R.I.V.I.U. ai sensi dell’art. 5 che illustri le ricadute sul paesaggio agrario esistente e sulla rete idrografica in cui tali nuove sistemazioni si inseriscono, fermo restando l’obbligo di utilizzo di tecniche costruttive tradizionali così come indicato nel Regolamento del Parco;

    – nuove costruzioni per utilizzi rurali e depositi, infrastrutture stradali, adduzioni della rete energetica e allacci alla rete fognaria che non siano connessi ad una dimostrata necessità comportata dalle lavorazioni agricole o agrituristiche aziendali e comunque, relativamente all’area del Parco, sono consentite nelle sole zone C e D;

    5.6.- Devono altresì aggiungersi, l’art. 34, comma 13, NTA secondo cui “All’interno del Parco non è ammessa la costruzione di nuove strade ad esclusione di quelle che si rendano eventualmente necessarie ai fini della Protezione civile per l’evacuazione in caso di evento vulcanico.”; l’art. 36, comma 2, NTA secondo cui per le necessarie ed autorizzabili sistemazioni del terreno nonché per il consolidamento dei versanti o per le sistemazioni idrauliche “si deve fare ricorso a opere di ingegneria naturalistica, ovvero a opere finalizzate al conseguimento di condizioni di naturalistica che impieghino tecniche per la ricostruzione di una copertura vegetale compatibile con le condizioni ambientali dei siti”.

    5.- Infine, ma non ultimo, l’intervento in questione rientra in ZONA ROSSA dei Comuni Vesuviani, come formalizzato dalla Legge regionale n. 21 del 10 dicembre 2003.

    Giova ricordare al riguardo che l’art. 5, comma 1, dell’appena menzionata Legge regionale statuisce che dalla sua data di entrata in vigore (B.U.R.C. n. 59 del 15 dicembre 2003) e fino alla vigenza degli strumenti urbanistici generali ed attuativi di cui all’articolo 2, o degli strumenti urbanistici così come adeguati ai sensi dell’articolo 3, o anche delle varianti di cui all’articolo 4, nei comuni individuati all’articolo 1 è vietato il rilascio di titoli edilizi abilitanti la realizzazione di interventi finalizzati all’incremento dell’edilizia residenziale, come definiti dall’art. 2.

    La disposizione di legge regionale elide in radice qualsiasi possibilità di legittimare i molteplici e variegati interventi effettuati dal ricorrente, peraltro sulla base di mere denunce di inizio attività.

    6.- Col secondo motivo parte ricorrente censura la violazione e la falsa applicazione degli artt. 32 e 36 d.p.r. n. 380/2001; dell’art. 8 Legge regionale 19 del 2009; degli artt. 3, 4 e 6 Legge regionale 15 del 2000; il difetto di motivazione e l’eccesso di potere.

    In sintesi, il ricorrente censura il difetto di motivazione che affliggerebbe i provvedimenti impugnati; in particolare l’Ente parco avrebbe omesso di indicare puntualmente i riferimenti che ne sono a fondamento.

    Il motivo appare palesemente infondato.

    Al contrario dell’assunto del ricorrente, l’ordinanza impugnata si sofferma con puntualità e completezza sia sugli elementi di fatto sia su quelli normativi che ne costituiscono i presupposti.

    In ogni caso, secondo pacifica giurisprudenza, alla quale questa stessa Sezione ha in diverse occasioni aderito, l’ordinanza di demolizione non deve essere assistita da un corredo motivazionale ulteriore rispetto alla descrizione delle caratteristiche, dell’entità e dei profili di contrasto dell’abuso con la normativa urbanistica, la motivazione non deve estendersi fino all’enunciazione anche delle ragioni di interesse pubblico sottostanti la sanzione demolitoria ed alla comparazione di questo stesso con gli interessi del privato inciso; ciò anche nell’ipotesi in cui sia decorso tra la commissione dell’abuso e la sua sanzione, un lungo lasso di tempo, il quale non può mai legittimare una situazione di fatto contra ius (cfr., questa Sezione, 23 marzo 2016, n. 1521; 27 ottobre 2015 n. 5052; T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 25 agosto 2015 n. 866 ).

    7.- Per quanto sopra il ricorso va respinto.

    Le spese seguono la soccombenza e sono determinate nella misura indicata in dispositivo.

    P.Q.M.

    Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Terza)

    definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

    Condanna il ricorrente al pagamento di € 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori come per legge, in favore di ciascuno delle parti resistenti: il comune di S. Anastasia e la parte interventrice ad opponendum.

    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

    Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 5 aprile 2016 con l’intervento dei magistrati:

    Fabio Donadono, Presidente

    Vincenzo Cernese, Consigliere

    Gianmario Palliggiano, Consigliere, Estensore

    L’ESTENSORE

    IL PRESIDENTE

    DEPOSITATA IN SEGRETERIA

    Il 06/07/2016

    IL SEGRETARIO

    (Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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