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IRRILEVANZA DELLA VALUTAZIONE DELLA GIUNTA COMUNALE IN CASO DI DEMOLIZIONE IN DANNO

    TAR CAMPANIA, NAPOLI, SEZ. VII – sentenza 27 gennaio 2016, n. 404

    Irrilevanza della valutazione della Giunta comunale in caso di demolizione in danno

    In tema di demolizione in danno dell’immobile abusivo, la valutazione ad opera della Giunta comunale era richiesta nella formulazione del citato art. 41 anteriormente alla sua abrogazione disposta con l’art. 32, comma 49-ter, D.L. n. 269/2003 convertito, con modificazioni, dalla L. n. 326/2003.

    Tale valutazione non deve ritenersi quindi più necessaria, anche a prescindere dall’avvenuta dichiarazione di illegittimità costituzionale del richiamato art. 32, comma 49-ter; la Corte Costituzionale ha infatti censurato la detta disposizione per la parte in cui ha concentrato nell’autorità prefettizia la competenza a far effettuare le demolizioni conseguenti ad abusi edilizi, sottraendo così illegittimamente al Comune la possibilità di procedere direttamente all’esecuzione della demolizione delle opere abusive, senza che vi siano ragioni che impongano l’allocazione di tali funzioni amministrative in capo ad un organo statale (Corte cost. n. 196/2004).

    Per il resto deve ritenersi che la norma neo introdotta ex D.L. 269/2003 permanga in vita risultando caducata, nella sua lettura, solo la concentrazione istituzionale della attività demolitoria in capo al Prefetto.


    N. 00404/2016 REG.PROV.COLL.

    N. 02518/2014 REG.RIC.

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    REPUBBLICA ITALIANA

    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

    Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

    (Sezione Settima)

    ha pronunciato la presente

    SENTENZA

    sul ricorso numero di registro generale 2518 del 2014, proposto da: …… Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. ……., con domicilio eletto presso l’avv. …….;

    contro

    Comune di ……….. in persona del sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. ……. e dall’avv. ………;

    per l’annullamento

    – della disposizione di demolizione prot. n. 8286 del 2014 del Comune di ……..;

    – della delibera della Giunta comunale n. ….. del 7.3.2014 – atto di indirizzo tecnico-politico per la demolizione dell’ “ecomostro di …….”;

    – del provvedimento n. …. del 1.4.2014 a firma del responsabile del servizio urbanistico del Comune di ……….;

    – della nota n. …. del 13.3.14;

    – del decreto n. ….. del 18.9.2014 avente ad oggetto l’annullamento dell’accordo stipulato in data 19.7.2007;

    – del verbale di conferenza di servizi del 7.7.2014 prot. ……. avente ad oggetto i lavori di demolizione dell’ “ecomostro di ………”;

    nonché di ogni altro atto collegato;

    Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

    Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di ……..;

    Viste le memorie difensive;

    Visti tutti gli atti della causa;

    Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 ottobre 2015 il dott. Luca De Gennaro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

    FATTO e DIRITTO

    1.1 La società ……. srl è l’attuale proprietaria di un immobile sito in località …….. nel comune di …… su cui insisteva, all’epoca di proposizione del presente ricorso, un complesso edilizio destinato a struttura alberghiera ma mai completato (icasticamente denominato “ecomostro di …….”) situato su un costone roccioso della costiera sorrentina.

    Di tale complesso, la cui licenza edilizia risale al 1964, è stato realizzato soltanto lo scheletro di cemento armato. L’intero progetto non è stato infatti terminato per una serie articolate di vicende societarie, giudiziarie ed amministrative; in particolare, i lavori sono proseguiti fino al 1971; nel 1980 l’accesso ai luoghi è stato interdetto a causa del pericolo di crollo di massi dal costone roccioso (ordinanza n. ……/1980 della Capitaneria di Porto di  ………………..).

    Constatata quindi la difficoltà di realizzare il progetto e rilevato l’impatto paesaggistico derivante dalla struttura ormai fatiscente, il 19 luglio 2007 è stato stipulato un accordo di diritto pubblico, sottoscritto ai sensi dell’art. 11 L. 241/1990 dalla società proprietaria (allora la ………., precedente proprietaria) e dalle amministrazione interessate (tra cui il Ministero dei Beni culturali, la Regione ……….. e il Comune di ……….).

    Tale accordo – il cui testo non è stato prodotto da nessuna delle parti costituite – contemplava (secondo quanto pacificamente risultante dalle deduzioni delle parti):

    – la demolizione dello scheletro di cemento armato;

    – la riqualificazione dell’area ad opera della stessa società proprietaria mediante l’eliminazione delle strutture cementizie e delle relative macerie, il restauro paesaggistico anche attraverso l’impianto di vegetazione autoctona e l’allocazione di strutture turistico-ricreative stagionali di facile rimozione e di limitato impatto ambientale;

    – un contributo pecuniario a carico della ……. e della Regione Campania per il consolidamento del costone roccioso;

    – un contributo da parte della Soprintendenza per gli oneri legati alla demolizione;

    – la delocalizzazione della volumetria equivalente a quella del manufatto demolito nell’ambito del territorio comunale.

    Tale progetto di riqualificazione non è mai stato portato a termine sia per l’inerzia delle parti che per l’esito negativo della conferenza di servizi convocata a tal fine dal Comune di ……… in epoca successiva all’accordo (conferenza del 25.2.2008).

    Nel corso di detta conferenza di servizi è risultata infatti l’opposizione di alcune amministrazioni coinvolte: è stato acquisito il parere negativo della Provincia di ……, la quale ha rilevato la previa necessità del consolidamento del costone roccioso, dell’Autorità di Bacino, in quanto le disposizioni del piano di assetto idrogeologico impedirebbero la realizzazione di qualsiasi struttura e lo svolgimento di qualsiasi attività nell’area di cui si discute, nonché della Soprintendenza statale per la tutela dei beni paesaggistici. Quest’ultima ha osservato in particolare che: a) le opere di progetto si porrebbero in contrasto con le disposizioni del PUT regionale; b) al fine di superare tale insanabile contrasto occorrerebbe realizzare “un rigoroso restauro paesaggistico, prevedendo l’eliminazione di tutte le opere di calcestruzzo sia in elevazione sia di pavimentazione o di contenimento, con limitate struttura a servizio della balneazione (esclusivamente servizi igienici e pochi spogliatoi) e puntuali interventi di sistemazione dei percorsi pedonali interni per permettere l’accesso al mare, con eliminazione di quelli in calcestruzzo esistenti”.

    Sulla base di tali ragioni ostative, l’amministrazione comunale ha adottato dunque provvedimento di rigetto dell’intervento previsto dall’accordo (nota del Comune di ……….. prot. n………. del 26 maggio 2008 con la quale si comunica l’esito non favorevole della conferenza di servizi).

    Avverso tale nota è stato proposto ricorso presso questa Sezione, respinto con sentenza n. 5053/2013.

    Accertata l’impossibilità di dare esecuzione al progetto di riqualificazione, il Comune di …….. ha disposto, sulla base di un atto di indirizzo tecnico-politico della Giunta comunale (n. 36 del 7.3.2014), accertamenti volti alla verifica della legittimità della costruzione, incentrati in particolare sulla conformità delle opere ai grafici progettuali relativi all’autorizzazione paesaggistica n. ….. del 23.11.1963.

    In virtù di tali accertamenti il Comune ha verificato la non conformità sul piano paesaggistico dell’opera realizzata. Sulla base di tali risultanze, il Comune di ……..- Servizio Urbanistica ha disposto con il provvedimento impugnato prot. n. …. del 31.3.2014 la demolizione dell’intera struttura realizzata in località …….. (Fg. 14, p.lla n. 137).

    1.2 Con il ricorso odierno la società proprietaria ha impugnato l’ingiunzione di demolizione deducendone l’illegittimità per i seguenti motivi:

    – violazione del TU 380/2001, violazione della L. 241/1990, eccesso di potere, inesistenza dei presupposti di fatto e diritto, sviamento, illogicità, violazione del giusto procedimento, difetto di motivazione e istruttoria.

    Con ordinanza n. 944/2014 questo Tribunale sul presupposto che “tutte le parti sostanzialmente concordano sulla sorte del manufatto, destinato alla demolizione” ha respinto la domanda cautelare di sospensiva.

    Con decreto n. …… del 18.9.2014 il responsabile comunale, accertata la non conformità dell’opera sul piano paesaggistico e stabilita la necessità di provvedere al recupero ambientale dell’area, è receduto dall’accordo sottoscritto il 19.7.2007, vista anche l’impossibilità di darvi attuazione.

    Convocata dunque una conferenza di servizi e bandita una gara per l’affidamento dei lavori di demolizione, la demolizione è stata eseguita su impulso del Comune di ………

    1.3 Con motivi aggiunti la …… srl ha impugnato anche queste ultime determinazioni comunali svolgendo le seguenti doglianze:

    – violazione e falsa applicazione del TU 380/2001, violazione della L. 241/90, eccesso di potere, inesistenza dei presupposti in fatto ed in diritto sviamento, illogicità manifesta, violazione del giusto procedimento, difetto di istruttoria e di motivazione;

    – violazione art. 27 TU 380/2001 ed art. 149 D.lgs. n. 42/2004, eccesso di potere, erroneità, inesistenza dei presupposti, eccesso di potere;

    – violazione art. 41 TU n. 380/2001, violazione del giusto procedimento, eccesso di potere, inesistenza dei presupposti, simulazione procedimentale;

    – violazione e falsa applicazione del TU 380/2001, violazione della L. 241/90, eccesso di potere inesistenza dei presupposti in fatto ed in diritto, sviamento, illogicità manifesta, violazione del giusto procedimento, difetto di istruttoria e di motivazione.

    All’udienza del 22 ottobre 2015 il ricorso è stato trattenuto per la definizione nel merito.

    2. Il ricorso principale è infondato.

    2.1 Il Comune resistente deduce in via preliminare l’inammissibilità dell’impugnativa per carenza di legittimazione attiva e di interesse a ricorrere.

    L’eccezione è infondata: è infatti dimostrata la legittimazione attiva della …… srl in quanto attuale proprietaria dell’immobile a seguito di fusione per incorporazione della società proprietaria ……. srl (atto di fusione del 20.11.2009, depositato in giudizio); l’atto impugnato ha altresì capacità lesiva – in quanto volto alla demolizione del manufatto insistente sull’area di proprietà – e giustifica dunque l’interesse a presentare l’odierno ricorso.

    2.2. Nel merito l’impugnativa non ha fondamento.

    La ricorrente contesta in primo luogo l’assunto del Comune, presupposto dell’ingiunzione di demolizione, secondo cui le opere realizzate sarebbero difformi rispetto a quelle autorizzate e descritte nei grafici di cui alla concessione edilizia originaria.

    Il motivo è infondato.

    La difformità è stata precisamente rilevata nel rapporto tecnico n. …… del 24.3.2014 redatto dall’Ing. ….., su disposizione dall’amministrazione comunale, che ha evidenziato la discordanza dell’opera rispetto all’autorizzazione paesaggistica rilasciata dalla Soprintendenza (nota prot. ….. del 23.11.1963 con allegati grafici).

    Tale rapporto si fonda sul rilievo operato a suo tempo dal consulente ing. …… incaricato dalla Procura della Repubblica di …….. (procedimento penale n. ……./2009) stante l’impossibilità di procedere all’esame diretto delle opere per la pericolosità dei luoghi e per la sottoposizione a sequestro giudiziario dell’area.

    Da tale relazione risulta la non corrispondenza di quanto realizzato con l’autorizzazione paesaggistica e in particolare, dai riscontri dimensionali, seppur riconosciuta la difficoltà di operare con assoluta precisione stante lo stato dei luoghi, “differenze rispetto all’autorizzato (a volte in maior ed altre in minus)”.

    Nello specifico, con riferimento al primo corpo di fabbrica edificato, il tecnico comunale evidenzia difformità in punto di sagoma (mancata costruzione di una porzione posteriore) e prospetto (diverso angolo di apertura del fronte mare). Viene inoltre riscontrato che l’altezza del medesimo corpo risulta in contrasto con le prescrizioni contenute nella licenza edilizia n. …../1967 di rinnovo (19 metri invece dei 16 metri previsti, sei piani invece dei cinque autorizzati).

    Con riferimento al terzo corpo di fabbrica edificato, risulta che il solaio di copertura è posto ad “una quota superiore di almeno un metro”.

    Con riferimento al quarto corpo di fabbrica viene evidenziata la mancata costruzione del secondo piano fuori terra e il differente posizionamento rispetto al mare e agli altri corpi di fabbrica. .

    2.3 Ne risulta dunque complessivamente una difformità plano-volumetrica dell’immobile rispetto all’autorizzazione paesaggistica del 1963.

    Tali difformità sono pertanto recepite nel rapporto comunale e non appaiono suscettibili di smentita sulla base degli atti di causa anche fronte di contestazioni opposte dalla …….. srl che sono da giudicarsi non corredate da elementi probatori convincenti.

    2.4 Non ha poi fondamento il richiamo a trascorse pronunce giudiziali, in base alle quali il progetto sarebbe già risultato urbanisticamente conforme.

    Al riguardo, non ha in primo luogo pregio il richiamo alla sentenza TAR Campania n. 568/1979, passata in giudicato, che ha annullato il Decreto del Presidente della Regione ……. (adottato sulla base del provvedimento regionale n. …… dell’8.2.1976) con cui era stata contestata la difformità del progetto rispetto al Piano di Fabbricazione comunale.

    Tale decreto fu infatti annullato sulla base della tardività della determinazione regionale medesima, in quanto emesso oltre i 18 mesi di cui all’art. 27 L. 1150/1942; dal giudizio, il cui esito fu determinato dalla considerazione del superamento del termine di decadenza per l’esercizio del potere contestato, rimase comunque estranea la valutazione sul merito delle considerazioni urbanistiche ivi contenute; di conseguenza nessun effetto conformativo esplica il suddetto giudicato in merito alle valutazioni effettuate in tema di conformità edilizia-paesaggistica del complesso alberghiero.

    Né effetto conformativo può essere riconosciuto alla sentenza penale n. 368/1972 del Pretore di ……, posto che tale sentenza ha avuto ad oggetto essenzialmente l’accertamento della responsabilità penale dei singoli soggetti coinvolti e non la difformità sul piano paesaggistico dell’opera.

    2.5 La ricorrente deduce inoltre che l’amministrazione comunale nel disporre la demolizione avrebbe erroneamente attivato il procedimento di cui all’art. 27 DPR 380/2001 in luogo di quella di cui all’art. 31 DPR 380/2001.

    Anche tale doglianza non ha pregio.

    Va premesso che, per indirizzo pacifico, in presenza di opere edificate senza titolo edilizio in zona vincolata, l’ordinanza di demolizione sia essa ai sensi dell’art. 31, che dell’art. 27, d.P.R. n. 380 del 2001, è da ritenersi provvedimento rigidamente vincolato. La doverosità del provvedimento di demolizione non solo comporta che sia sufficiente evidenziare in motivazione la violazione del regime vincolistico e l’avvenuta costruzione in assenza del titolo abilitativo ma anche che, come nel caso di specie, occorre eliminare un manufatto incompleto la cui esistenza è pregiudizievole per il contesto paesaggistico protetto.

    Al riguardo, non ha poi rilevanza che si tratta di difformità dal titolo (invece che di totale inesistenza dello stesso), che l’opera non sia completata e sia trascorso un notevole lasso di tempo dalla realizzazione: il potere esercitato, mira infatti a tutela il bene protetto da ogni tipo di violazione, e non è soggetto a termine decadenziale; sotto questo profilo la risalenza nel tempo di opere edilizie abusive non determina di per sé la illegittimità del relativo ordine di ripristino né fa automaticamente sorgere, in capo all’Amministrazione, l’obbligo di dare una motivazione rafforzata dell’ordine di rimozione ovvero di dare conto della sussistenza di uno specifico e ulteriore interesse pubblico alla demolizione.

    Quanto all’esistenza dell’accordo di diritto pubblico del 19.7.2007, non ancora risolto alla data dell’ingiunzione, esso non risulta di ostacolo all’emanazione dell’ordine di demolizione.

    A quanto risulta anzi, come già sommariamente rilevato da questo Tribunale in sede cautelare, uno dei punti principali di tale accordo aveva come specifico contenuto la rimozione del manufatto; in tale prospettiva l’iniziativa comunale, intervenuta dopo sette anni dalla stipula, non solo realizza in via definitiva la richiamata normativa – di natura inderogabile – in materia di tutela paesaggistica, ma supplisce all’inerzia o alle difficoltà delle parti stipulanti nell’attuazione del citato accordo, eliminando un struttura edilizia fatiscente, di pericolo per l’incolumità pubblica e che la stessa proprietaria aveva espressamente acconsentito a demolire.

    3. Il gravame per motivi aggiunti deve essere parimenti rigettato.

    3.1 Preliminarmente deve essere disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso per mancata notifica ad almeno uno dei controinteressati, individuati dalla difesa del Comune di …….. nelle altre amministrazioni partecipanti all’accordo pubblico del 2007.

    Ad avviso del Collegio, le altre amministrazioni non risultano portatrici di un interesse qualificato alla conservazione dell’assetto recato dal provvedimento impugnato, interesse che possa avere natura uguale e contraria a quello fatto valere dal ricorrente; ne consegue che a tali soggetti non va attribuita la qualifica di controinteressato ai fini processuali (art. 41 c.p.a.) mancando l’elemento sostanziale del difetto di interesse del soggetto da evocare in giudizio.

    3.2 Non può poi ritenersi il ricorso improcedibile per omessa impugnativa degli atti di affidamento dei lavori di demolizione; tali atti infatti non incidono direttamente nella sfera giuridica della ricorrente e sarebbero destinati a decadere, quali atti consequenziali e meramente esecutivi, a seguito dell’accoglimento (eventuale) del ricorso in epigrafe (in termini, cfr. Cons. Stato n. 1869/2009).

    3.3 Nel merito anche i motivi aggiunti sono parimenti destituiti di fondamento.

    3.4 Con il primo motivo si deduce che l’amministrazione comunale non poteva recedere unilateralmente dall’accordo del 2007 in quanto, essendo la costruzione assistita da legittimo titolo edilizio, non sono riscontrabili “sopravvenuti motivi di interesse pubblico”, stabiliti dall’art. 11, comma 4 L. 241/1990.

    Il motivo è infondato.

    La circostanza che, nella stipulazione di accordi ai sensi dell’art. 11, l. n. 241 del 1990, l’attività dell’Amministrazione si svolga secondo il modulo consensuale, invece che secondo quello autoritativo, non elide che l’azione della soggetto pubblico debba sempre essere orientata al perseguimento dell’interesse pubblico e debba attenersi ai canoni di legittimità propri dell’esercizio del potere discrezionale.

    Il potere di recedere (nel pubblico interesse) dagli accordi amministrativi, non rappresenta altro se non la particolare configurazione che la potestà di revoca assume quando il potere amministrativo è stato esercitato mediante un accordo iniziale anziché in forma unilaterale.

    L’art. 11 L. 241/1990 – sulla base del quale era stato stipulato l’accordo del 2007 – prevede la possibilità per l’amministrazione di sciogliersi dal vincolo consensualmente formato quando siano rinvenibili “sopravvenuti motivi di pubblico interesse”.

    Tali motivi, richiamati nel decreto di recesso unilaterale n. 113/2014, risultano dai fatti sopra riportati e si sostanziano essenzialmente:

    – nella difformità plano-volumetrica di quanto realizzato rispetto all’autorizzazione paesaggistica, difformità che impone agli uffici comunali il ripristino dello status quo; il Collegio condivide l’indirizzo giurisprudenziale che esclude la facoltà di invocare l’applicazione degli accordi ex art. 11 L. 241/1990 a fronte dell’esercizio di un potere vincolato da parte dell’Amministrazione, se non per disciplinare, rispetto ad un’attività doverosa, talune modalità esecutive della condotta del privato o della Pubblica Amministrazione (così Tar Milano n. 1246/2015, Consiglio di Stato n. 2969/2012, n. 6344/2007);

    – nell’impossibilità fattuale e giuridica di portare a termini l’accordo di cui i fatti sopravvenuti hanno rivelato l’inattuabilità pratica e giuridica: di tanto il recesso rappresenta solo la conseguenza logico–giuridica necessitata; sotto questo profilo occorre richiamare la conferenza di servizi del 25.2.2008 (le cui conclusioni sono sopra riportate e sono state recepite nella nota del Comune di ……. prot. n…… del 26 maggio 2008 oggetto della citata sentenza Tar Napoli sez. VII n. 5053/2013): in quella sede le singole amministrazioni portatrici di specifici e preminenti interessi pubblici hanno evidenziato la contrarietà dell’accordo all’incolumità pubblica (parere negativo della Provincia di …… per la necessità del previo consolidamento del costone roccioso) al piano di assetto idrogeologico (parere negativo dell’Autorità di Bacino) della tutela del paesaggio come stabilità dal PUT regionale (parere negativo della Soprintendenza statale per la tutela dei beni paesaggistici).

    Ne consegue la piena legittimità del recesso volto al superamento di un accordo – risalente a sette anni prima e rimasto inattuato – in quanto contrastante con gli interessi pubblici evidenziati dall’istruttoria comunale.

    3.5 Con il secondo dei motivi aggiunti la ……. srl deduce che non sussisterebbe i presupposti per l’esercizio del potere di ingiunzione previsto dall’art. 27 DPR 380/2001 (1. opere iniziate in assenza di titolo 2. la sussistenza di un vincolo di inedificabilità).

    La censura non ha pregio.

    I presupposti, di cui viene dedotta la mancanza, sussistono entrambi.

    Come già rilevato, e sulla questione si rinvia per più ampi riferimenti a quanto esposto nell’esame del ricorso principale, il manufatto per la parte realizzata non risulta conforme all’autorizzazione paesaggistica rilasciata a suo tempo; le opere iniziate quindi non appaiono supportate da un valido titolo.

    Data dunque per pacifica l’esistenza di un vincolo sull’area, sussistono i presupposti di legge per l’operatività dell’art. 27 DPR 380/2001 previsto quando si accerti, come nel caso di specie, “l’esecuzione di opere eseguite senza titolo su aree assoggettate… a vincolo di inedificabilità”.

    Occorre infatti precisare che trattandosi di difformità in zona vincolata (ex LR n. 35/1987 PUT area ,,,,,,,, – zona terrioriale 1a in cui è prescritta l’inedificabilità assoluta) l’edificazione abusiva deve essere sempre sanzionata con la demolizione in quanto ex art. 32, comma 3 DPR 380/2001 qualsiasi variazione non autorizzata deve essere considerata variazione essenziale rispetto al permesso edilizio.

    3.6 Con il terzo dei motivi aggiunti si deduce che il dirigente avrebbe disposto la demolizione in danno senza aver richiesto la valutazione tecnico-economica della Giunta comunale come previsto dall’art. 41 DPR 380/2001.

    Il motivo non ha fondamento.

    Innanzitutto –in fatto– ogni determinazione del livello “politico” dell’ente comunale era inessenziale: è logicamente inferita, in una vicenda di tale rilievo, la sintonia finalistica fra livello burocratico ed elettivo tesa alla demolizione: sul piano attizio, basta richiamare (nuovamente) l’atto di indirizzo tecnico–politico della Giunta comunale n. …….del 7.3.2014.

    A ciò si aggiunga che, in diritto, la valutazione ad opera della Giunta comunale era richiesta nella formulazione del citato art. 41 anteriormente alla sua abrogazione disposta con l’art. 32, comma 49-ter, D.L. n. 269/2003 convertito, con modificazioni, dalla L. n. 326/2003.

    Tale valutazione non deve ritenersi quindi più necessaria, anche a prescindere dall’avvenuta dichiarazione di illegittimità costituzionale del richiamato art. 32, comma 49-ter; la Corte Costituzionale ha infatti censurato (si tratta di profilo irrilevante nella presente causa) la detta disposizione per la parte in cui ha concentrato nell’autorità prefettizia la competenza a far effettuare le demolizioni conseguenti ad abusi edilizi, sottraendo così illegittimamente al Comune la possibilità di procedere direttamente all’esecuzione della demolizione delle opere abusive, senza che vi siano ragioni che impongano l’allocazione di tali funzioni amministrative in capo ad un organo statale (Corte cost. n. 196/2004).

    Deve quindi ritenersi, ad avviso del Collegio, che la norma neo introdotta ex D.L. 269/2003 permanga in vita risultando caducata, nella sua lettura, solo la concentrazione istituzionale della attività demolitoria in capo al Prefetto.

    Come ha osservato la Consulta: “La disposizione in oggetto contrasta con il primo ed il secondo comma dell’art. 118 Cost., dal momento che non si limita ad agevolare ulteriormente l’esecuzione della demolizione delle opere abusive da parte del Comune o anche, in ipotesi, a sottoporre l’attività comunale a forme di controllo sostitutivo in caso di mancata attività, ma sottrae al Comune la stessa possibilità di procedere direttamente all’esecuzione della demolizione delle opere abusive, senza che vi siano ragioni che impongano l’allocazione di tali funzioni amministrative in capo ad un organo statale” (sul tema generale, cfr. Corte Cost. n. 13/2012 “il fenomeno della reviviscenza di norme abrogate non opera in via generale e automatica e può essere ammesso soltanto in ipotesi tipiche e molto limitate.. ne è un esempio l’ipotesi di annullamento di norma espressamente abrogatrice da parte del giudice costituzionale”).

    3.7 Con il quarto motivo aggiunto si ribadisce il contrasto tra i provvedimenti comunali impugnati con sentenze passate in giudicato e riguardanti la costruzione in oggetto (Tar Campania n. 568/1979 e Pretura Sorrento n. 368/1972).

    Il motivo è infondato per le ragioni già esposte nell’esaminare le censure dedotte in via principale in quanto tali pronunce non esplicano effetti conformativi che possano incidere sui provvedimenti impugnati nel presente giudizio.

    4. In conclusione, per le ragioni esposte, il ricorso viene rigettato.

    Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

    P.Q.M.

    Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Settima) pronunciando sul ricorso, integrato da motivi aggiunti, lo rigetta.

    Condanna la società ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio in favore dell’amministrazione comunale di ……., liquidate in euro 3.000,00= oltre Iva e Cpa.

    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

    Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 22 ottobre 2015 con l’intervento dei magistrati:

    Alessandro Pagano, Presidente

    Arcangelo Monaciliuni, Consigliere

    Luca De Gennaro, Primo Referendario, Estensore

    L’ESTENSORE

    IL PRESIDENTE

    DEPOSITATA IN SEGRETERIA

    Il 27/01/2016

    IL SEGRETARIO

    (Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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