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Licenza per l’esercizio di attività investigativa per conto di privati art. 134 T.U.L.P.S. e licenza per l’esercizio di attività investigativa nell’ambito del processo penale ex art. 327 bis c.p.p. – Autonome e diverse autorizzazioni  Discrezionalità della p.a. nella valutazione dei criteri per il rilascio delle licenze – Capacità tecnica, esperienza professionale, interessi pubblici coinvolti

    TAR NAPOLI, SEZ. V, SENTENZA 22 Giugno 2018 n. 4205

    Licenza per l’esercizio di attività investigativa per conto di privati art. 134 T.U.L.P.S. e licenza per l’esercizio di attività investigativa nell’ambito del processo penale ex art. 327 bis c.p.p. – Autonome e diverse autorizzazioni 

    Discrezionalità della p.a. nella valutazione dei criteri per il rilascio delle licenze – Capacità tecnica, esperienza professionale, interessi pubblici coinvolti

    Ai sensi dell’art.134 del T.U.L.P.S. senza licenza del Prefetto è vietato ad Enti o privati di prestare opera di vigilanza o custodia di proprietà mobiliari od immobiliari e di eseguire investigazioni o ricerche o di raccogliere informazioni per conto di privati.

    La licenza prefettizia viene rilasciata previa verifica della sussistenza di particolari requisiti soggettivi di idoneità, con particolare riferimento al requisito della capacità tecnica, espressamente prescritta all’art. 136 del T.U.L.P.S., che deve essere rapportata allo specifico servizio che si intende esercitare ed agli interessi pubblici coinvolti.

    L’art. 136 del T.U.L.P.S non contiene alcun riferimento ad eventuali parametri alla stregua dei quali l’autorità debba valutare la sussistenza del requisito della capacità tecnica del richiedente l’autorizzazione di polizia ex art. 134 T.U.L.P.S per compiere investigazioni, ricerche o raccolta di informazioni per conto di privati e per svolgere attività di investigazione ex art. 327 bis c.p.p. nell’ambito del processo penale. Tale requisito idoneativo, va rapportato alla specifica attività da svolgere e non ad una capacità “complessiva”, buona per tutte le varie tipologie di attività (anche solo nell’ambito di quelle di vigilanza e custodia) contemplate dalla norma citata e diversificabili nella pratica. Ne consegue che cambiando l’attività, cambiano di conseguenza i requisiti necessari per il suo svolgimento, di modo che è necessaria una nuova licenza, previo accertamento della relativa capacità tecnica, per ogni nuovo servizio che il privato intende esercitare.

    L’Amministrazione pubblica ha un ampio potere discrezionale per valutare qualsiasi circostanza che consigli l’adozione del provvedimento di rilascio e/o revoca di un’autorizzazione di polizia, potendo esercitare il suo potere nel rispetto dei canoni tipici della discrezionalità amministrativa, sia sotto il profilo motivazionale che sotto quello della coerenza logica e della ragionevolezza, in funzione dell’attività soggetta ad autorizzazione.

    L’attività di investigazione ex art. 327 bis c.p.p. nell’ambito del processo penale, per ricercare ed individuare elementi di prova su incarico del difensore, quale attività non coincidente con quella di generica investigazione privata di cui all’art. 134, T.U.L.P.S., necessita di una nuova ed autonoma licenza, con conseguente ulteriore valutazione dei requisiti per il suo svolgimento, previo accertamento della relativa capacità tecnica e della specifica esperienza professionale maturata dal richiedente.

    Massima a cura dell’avv. Benedetta Leone e del dott. Aniello Polise

    Pubblicato il 22/06/2018

    04205/2018 REG.PROV.COLL.

    03590/2011 REG.RIC.

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    REPUBBLICA ITALIANA

    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

    Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

    (Sezione Quinta)

    ha pronunciato la presente

    SENTENZA

    sul ricorso numero di registro generale 3590 del 2011, proposto da
    ….., in proprio e nella qualità di legale rappresentante de …. S.r.l.”, rappresentati e difesi dall’avvocato ….., con domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via ….;

    contro

    ….., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi …..;

    per l’annullamento

    1) del decreto ….. del Prefetto…. notificato il ….., con cui è stata respinta la richiesta di rilascio della licenza ex art. 134 del T.U.L.P.S., per eseguire investigazioni, ricerche o raccolta di informazioni per conto di privati nonché della licenza ex art. 327 bis c.p.p. per l’esercizio di attività di investigazioni nell’ambito del processo penale;

    2) ove e per quanto occorra, della circolare n. ….del …. del …. della cui si è conosciuta l’esistenza attraverso il provvedimento impugnato sub 1), di cui tutt’oggi non si conosce il contenuto;

    3) nonché di tutti gli atti interni comunque lesivi, di cui si è conosciuta l’esistenza attraverso il provvedimento impugnato sub 1, e tra questi della nota …. Del… e quella del ….. (di cui tutt’oggi non si conosce il contenuto), nonché delle note …. e …., nonché delle “intese” di cui alla riunione tecnica di coordinamento …. Dell…., di contenuto tutt’oggi sconosciuto;

    4) di eventuali ulteriori atti, anche interni e/o non noti;

    Visti il ricorso e i relativi allegati;

    Visti gli atti di costituzione in giudizio del ….. ;

    Visti tutti gli atti della causa;

    Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 marzo 2018 la dott.ssa Gabriella Caprini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

    FATTO e DIRITTO

    Parte ricorrente agisce per l’annullamento del decreto prefettizio recante il rigetto della richiesta tesa ad ottenere il rilascio della licenza ex art. 134 T.U.L.P.S., per eseguire investigazioni, ricerche o raccolta di informazioni per conto di privati, nonché della licenza ex art. 327 bis c.p.p. per l’esercizio di attività di investigazioni nell’ambito del processo penale. Chiede, altresì, il risarcimento del danno da ritardo nell’adozione di un provvedimento favorevole anche alla luce della disciplina sopravvenuta che richiede nuovi requisiti per l’accertamento della capacità tecnica, allo stato non riconosciuta.

    A sostegno del gravame deduce i seguenti motivi di ricorso:

    a) violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 10 bis della l. n. 241/1990, degli artt. 134 e 136 dei RR.DD. n. 773/1931 (T.U.L.P.S.) e 635/1940, dell’art. 222 del d.lgs. n. 271/1989, dell’art. 327 bis c.p.p., dell’art. 97 Cost. e del principio del giusto procedimento;

    b) eccesso di potere per falsità del presupposto, carenza di istruttoria e di motivazione, con rinvio per relationemad atto non conosciuto e comprensibile, contraddittorietà, illogicità e sviamento.

    III. Si è costituita l’Amministrazione intimata, nelle sue diverse articolazioni, concludendo per il rigetto del ricorso.

    All’udienza pubblica del 27.03.2018, fissata per la discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

    Il ricorso è infondato.

    Si premette in fatto che:

    già con decreto prefettizio del … era stata respinta l’istanza con la quale l’attuale ricorrente, in qualità di legale rappresentante della soc. …. s.r.l.”, aveva chiesto il rilascio delle licenze per eseguire le predette investigazioni, non essendo stato ritenuto in possesso del requisito della “capacità tecnica” espressamente prescritto dall’art. 136 del T.U.L.P.S.;

    con sentenza n. 9775/2008, questo tribunale accolse il ricorso e per l’effetto annullò detto decreto per l’assorbente censura di difetto di motivazione statuendo che l’Amministrazione non potesse limitarsi ad asserire che l’assenza del requisito, senza specificarne (anche in via esemplificativa) le caratteristiche. “In altri termini eraritenutoonere dell’Amministrazione indicare al ricorrente i titoli (anche di studio), le esperienze professionali e i mezzi minimi indispensabili per ottenere il rilascio della licenza”;

    avviata una nuova istruttoria, con prot. nn. … del … la Prefettura ha comunicato ex art. 10 bis Legge 241/1990 di aver avviato il procedimento finalizzato all’adozione di nuovo provvedimento di diniego, ritenendo permanere la sussistenza di ragioni ostative in quanto la circostanza che il sottoscritto abbia svolto attività «[…] quale amministratore unico dell’istituto di vigilanza privata …., non determina il possesso del citato requisito che si concreta nella capacità di svolgere l’attività investigativa, né tantomeno configura il possesso della specifica esperienza professionale di cui all’art. 222 D.Lgs. 271/89 per ricercare ed individuare elementi di prova su incarico del difensore»;

    con successiva nota … del … la Prefettura ha precisato «che il citato requisito della “capacità tecnica”, come indicato anche dalla locale Questura (cfr. nota. …. del ….), va inteso come capacità di svolgere attività investigativa nel senso più pregnante della parola da non confondere con il requisito della capacità professionale e direzionale richiesta ai titolari degli istituti di vigilanza … consistente nella capacità di svolgere attività amministrative e di direzione, coordinando i propri organi amministrativi e quadri direttivi, nell’ambito dell’attività di vigilanza». Con tale nota, la Prefettura ha, quindi, invitato parte ricorrente a produrre ulteriore documentazione “attestante eventuali prestazioni di collaborazione presso istituti di investigazione privata regolarmente autorizzati ai sensi dell’art. 134 del T.U.L.P.S. ovvero eventuali attestati di servizio presso le forze dell’ordine”;

    in data …. l’odierno ricorrente presentava memoria ex art. 10 bis Legge 241/1990 in cui insisteva per il rilascio delle licenze, specificando i requisiti posseduti e non valutati e relazionando, in particolare: a) sulla attività di … rivestita … per più di 20 anni, cui si accompagnano molteplici ulteriori attività, spesso in collaborazione con le forze dell’Ordine” (dal … al …)…b) sulle “funzioni di direttore generale, dal ….”; b) sull’avere “altresì svolto servizio militare presso il corpo scelto e pluridecorato dei …..”;

    non essendo emersi elementi nuovi tali da giustificare il possesso del requisito (nota della Questura, datata ….) con il decreto …. gravato, la Prefettura, specificate le differenze tra l’attività di vigilanza e l’attività investigativa, secondo quanto chiarito, incidentalmente, anche dalla circolare n. 5…. del …., ivi richiamata, ha nuovamente respinto l’istanza del ricorrente per carenza del requisito della capacità tecnica.

    VI.1. Con il primo motivo di ricorso la parte lamenta la violazione dell’art. 10 bis della l. n. 241/1990 dolendosi del difetto di motivazione che sarebbe derivato dall’omessa considerazione del contenuto delle memorie presentate a seguito della comunicazione del preavviso di rigetto.

    Osserva in particolare che alcun riferimento sarebbe rinvenibile nel decreto impugnato quanto ai motivi ostativi che non consentirebbero di tenere in debita considerazione ai fini del riconoscimento della capacità tecnica della documentazione prodotta.

    Ed invero, a parere del ricorrente, rilasciata con decreto del …. l’autorizzazione ad espletare, ai sensi dell’art. 134 T.U.L.P.S., una serie di servizi di vigilanza e custodia, con ciò ritenendo sussistenti tutti i requisiti oggettivi e soggettivi richiesti dalla normativa in materia di vigilanza privata, non vi sarebbe alcun motivo per non riconoscere anche il titolo per lo svolgimento delle attività di investigazione che, rispetto alle prime, rappresenterebbero un “minus”, tanto più in assenza di una predeterminazione legislativa quanto a criteri oggettivi per una precisa definizione della contestata capacità tecnica (TAR Campania, Napoli, sez. I, sentenza n. 3865/2001).

    VI.1.1. La censura è priva di pregio.

    VI.1.2. Ora, “l’art. 136 del t.u. n. 773 del 18 giugno 1931 non contiene riferimento alcuno ad eventuali parametri alla stregua dei quali l’autorità debba valutare la sussistenza del requisito della capacità tecnica del richiedente l’autorizzazione di polizia ex art. 134 t.u.l.p.s. per compiere investigazioni, ricerche o raccolta di informazioni per conto di privati e per svolgere attività di investigazione ex art. 327 bis c.p.p. nell’ambito del processo penale. Ciò determina un ampio margine di discrezionalità della p.a. che, tuttavia, comporta anche una parimenti ampia facoltà probatoria da parte del soggetto istante” (T.A.R. Toscana, Firenze, 5.10.2006 n. 4204).

    Con l’ulteriore precisazione che, “nella valutazione dei requisiti per l’esercizio di attività investigativa l’autorità di pubblica sicurezza, dispone di un ampio potere di apprezzamento discrezionale, in funzione dell’attività soggetta ad autorizzazione e della delicatezza degli interessi pubblici coinvolti” (Consiglio di Stato sez. IV 21 luglio 2000 n. 4078). Essa può, quindi, esercitare il suo potere nel rispetto dei canoni tipici della discrezionalità amministrativa, sia sotto il profilo motivazionale che sotto quello della coerenza logica e della ragionevolezza, dando conto in motivazione dell’adeguata istruttoria espletata.

    VI.1.3. Orbene le valutazioni espresse dall’Amministrazione resistente a supporto del diniego non risultano, per le argomentazioni che saranno di seguito esposte, viziate da palese irragionevolezza o illogicità sicché il mancato accoglimento delle osservazioni presentate dall’istante nelle memorie infraprocedimentali, in quanto non ritenute sufficienti a superare gli elementi ostativi evidenziati, non è in grado di inficiare, in sé, in quanto non meramente condiviso, l’esito del giudizio sotteso al provvedimento di diniego. La diversa ampiezza dell’oggetto e, soprattutto, la profonda diversità dei compiti (che passano dalla mera protezione di beni esposti al pubblico dal rischio di appropriazioni indebite allo svolgimento di ben più complesse attività di ricerca ed acquisizione, a fini investigativi), rendono, infatti, evidente l’aliquid novi insito nella nuova istanza (Cons. di St., sez. VI, 23.04.2007, n. 1823).

    VI.2. Con il secondo e terzo motivo di ricorso, la parte lamenta la violazione degli artt. 134 e 136 del T.U.L.P.S. quanto alla attività investigativa privata, e dell’art. 327 bis c.p.p., quanto alle investigazioni nell’ambito del processo penale, parimenti deducendo la carenza istruttoria e motivazionale del provvedimento gravato.

    Sostiene, nella specie, parte ricorrente che le normative richiamate, si limiterebbero a richiamare, come unico presupposto per il rilascio delle relative autorizzazioni i presupposti della capacità tecnica, quanto alle prime, e della specifica esperienza professionale, quanto alle seconde (secondo la norma transitoria di cui all’art. 222 del d.lgs. n. 271/1999), senza indicare alcun criterio predeterminato per la verifica della sussistenza dei relativi requisiti.

    Tale circostanza implicherebbe la necessità, in capo all’Amministrazione procedente, dell’assolvimento di un onere motivazionale particolarmente puntuale ed analitico specialmente a fronte di provvedimenti, quale quello all’esame, di diniego. Nel caso di specie, invece, non vi sarebbe stata neppure alcuna specifica disamina autonoma delle attività, richiedenti, come detto, l’accertamento di presupposti diversi. L’Amministrazione si sarebbe limitata ad evidenziare la differenza tra la capacità richiesta per compiere l’attività di vigilanza, già autorizzata, e quella necessaria per le indagini private o nell’ambito del processo penale, meramente auspicata, sottolineando che la prima presenterebbe una connotazione meramente imprenditoriale, diversa da quella dell’investigazione professionale, senza, invece, considerare, in aggiunta, la complessiva esperienza lavorativa, i titoli posseduti dal ricorrente e, soprattutto, i nuovi apporti in termini di presentazione di un apposito progetto tecnico-organizzativo.

    VI.2.1. Le censure sono prive di pregio.

    VI.2.2. Ora, non ultronea appare la preliminare considerazione che il requisito della capacità tecnica costituisca presupposto ineludibile di ogni attività, atteso che, in assenza dei requisiti oggettivi e soggettivi per l’esercizio dell’attività, non può ragionevolmente disquisirsi in ordine alla specifica esperienza professionale a garanzia del suo corretto esercizio. L’attenzione deve, pertanto, soffermarsi, più che sulla differenza di presupposti, sulla connotazione ulteriore che si richiede per lo svolgimento di indagini, concretantesi nell’eseguire investigazioni o ricerche ovvero nel raccogliere informazioni per conto di privati ovvero nell’ambito del processo penale.

    Ed, invero, “premesso che gli art. 38 e 222, d.lg. 28 luglio 1989 n. 271 – recante norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del nuovo codice di procedura penale – hanno introdotto nel nostro ordinamento la previsione di un’attività investigativa specificamente tesa alla ricerca e alla individuazione di elementi di prova da far valere nel contesto del nuovo processo penale e svolta su incarico di un difensore della parte interessata da “investigatori privati autorizzati”, deve ritenersi che la suddetta attività – sostanzialmente non coincidente con quella di generica investigazione privata, di cui all’art. 134, t.u.p.s. – abbisogni di un’autonoma e diversa autorizzazione, rispetto a quella ordinaria di polizia, e non presupponga il previo possesso di quella” (T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, 27 maggio 1996 n. 178).

    VI.2.3. Ciò posto, “in base all’art. 136 comma 1 Tulps n. 773 del 1931 tra i requisiti necessari ai fini del rilascio della licenza per lo svolgimento di attività di vigilanza o custodia di proprietà mobiliari, di proprietà immobiliari, di esecuzione di investigazioni o di ricerche, raccolta di informazioni per conto di privati, vi è il possesso, da parte del richiedente, della “capacità tecnica ai servizi che intende esercitare”: tale requisito idoneativo, tuttavia, va rapportato alla specifica attività da svolgere e non ad una capacità “complessiva”, buona per tutte le varie tipologie di attività (anche solo nell’ambito di quelle di vigilanza e custodia) contemplate dalla norma citata e diversificabili nella pratica. Ne consegue che cambiando l’attività, cambiano di conseguenza i requisiti necessari per il suo svolgimento, di modo che è necessaria una nuova licenza, previo accertamento della relativa capacità tecnica, per ogni nuovo servizio che il privato intende esercitare (T.A.R. Toscana, Firenze, sez. I, 16.12.2002, n. 3359).

    VI.2.4. Conseguentemente, “correttamente l’amm.ne ha ritenuto che la acclarata mancanza di effettiva attività investigativa determini la mancata dimostrazione di possedere la capacità tecnica ai servizi che si intende esercitare (art. 136, co. 1, T.U.L.P.S.), giacchè il requisito della capacità tecnica, eventualmente valutabile in termini presuntivi ed astratti al momento del primo rilascio dell’autorizzazione allo svolgimento di attività investigativa, deve successivamente trovare conferma e concreta dimostrazione con il corretto e proficuo svolgimento della relativa attività” (T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. I, 18.07.2007, n. 1813).

    VI.3. Con specifiche censure, poi, avverso al contenuto della circolare ministeriale richiamata nel decreto impugnato a supporto della differenza ontologica ravvisabile tra l’attività di vigilanza, a tutela dei beni altrui, e quella investigativa che si annovera fra le competenze degli organi inquirenti, parte ricorrente deduce, da un lato, la non applicabilità al caso di specie, in quanto successiva all’avvio del procedimento e non richiamata nel preavviso di rigetto e, dall’altro, l’inidoneità ad integrare per relationem la motivazione carente del decreto gravato.

    VI.3.1. La censura, prima ancora che infondata, è inammissibile per carenza di interesse.

    VI.3.2. Invero, l’esplicitazione di ulteriori argomentazioni, fatte comunque proprie dell’autorità procedente, nulla aggiunge al decisum provvedimentale definitosi all’esito dell’ulteriore e previa istruttoria condotta nel corso del complesso iter procedimentale (parere negativi della Questura e comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza), fase nell’ambito della quale già emerge, con chiarezza, l’esplicitazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche a supporto della deliberazione poi assunta.

    VII. Sulla base delle sovra esposte considerazioni, il ricorso non è, pertanto, meritevole di accoglimento. L’infondatezza nel merito comporta, altresì, l’assenza di ogni profilo risarcitorio non potendosi configurare alcun danno ingiusto.

    VII. In ragione dell’evoluzione giurisprudenziale e normativa e delle vicende processuali che hanno caratterizzato l’oggetto della presente controversia, sussistono validi motivi per disporre la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

    P.Q.M.

    Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

    Spese compensate.

    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

    Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 27 marzo 2018 con l’intervento dei magistrati:

    Santino Scudeller, Presidente

    Diana Caminiti, Consigliere

    Gabriella Caprini, Consigliere, Estensore

     
     
    L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
    Gabriella Caprini

    Santino Scudeller

     
     
     
     
     

    IL SEGRETARIO

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