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Ottemperanza; giudizio; Annullamento della delibera; Competenza; -Differenti motivi (artt. 14 e 113 cod. proc. amm.) – Annullamento della delibera-Pronuncia di incompetenza (art. 15 c.p.a.)

    TAR NAPOLI, SEZ III, SENTENZA N. 12 aprile 2018 n. 2420

    Ottemperanza; giudizio; Annullamento della delibera; Competenza; -Differenti motivi (artt. 14 e 113 cod. proc. amm.)

    Nel caso in cui, nel giudizio per l’ottemperanza del giudicato, la sentenza di appello pervenga all’accoglimento della sentenza di primo grado unicamente quanto al dispositivo, ma per motivi differenti, il contenuto del dispositivo si presentera’ come “differente” rispetto a quello della sentenza di I grado, con conseguente competenza del Consiglio di Stato per il successivo giudizio di ottemperanza.

    Ai sensi dell’art. 113, comma 1, ultimo periodo, c.p.a., la cognizione del Giudice dell’ottemperanza è limitata ai propri provvedimenti confermati in appello con motivazione che abbia lo stesso contenuto dispositivo conformativo. Viceversa, nel caso in cui la sentenza del Consiglio di Stato abbia riformato la sentenza del giudice di primo grado, sostituendo il suo contenuto dispositivo con diversa e più ampia motivazione, la competenza è del Consiglio di Stato.

    Annullamento della delibera-Pronuncia di incompetenza (art. 15 c.p.a.)

    La pronuncia di incompetenza assume la forma di ordinanza unicamente allorquando venga resa in sede di decisione della domanda cautelare o nella camera di consiglio fissata per la pronuncia immediata sulla questione di competenza stessa. Il 4 comma dell’art.15 dispone, infatti, che sulla questione della sola competenza il giudice provvede con ordinanza nei soli casi di cui ai commi 2 e 3. Negli altri casi, pertanto, la pronuncia di incompetenza dovra’ essere dichiarata con sentenza.

    Massime a cura dell’avv. Valeria Aveta e Vittoria Chiacchio.

    Pubblicato il 12/04/2018

    02420/2018 REG.PROV.COLL.

    02323/2017 REG.RIC.

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    REPUBBLICA ITALIANA

    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

    Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

    (Sezione Terza)

    ha pronunciato la presente

    SENTENZA

    sul ricorso numero di registro generale 2323 del 2017, integrato da motivi aggiunti, proposto da:…., con sede in Napoli alla Via…., in persona del legale rappresentante Amministratore Unico pro tempore ing….., rappresentata e difesa dall’avvocato…, con domicilio eletto presso il suo studio in Napoli alla Via …..e domicilio digitale:…..;

    contro

    Regione Campania, in persona del legale rappresentante Presidente pro tempore della Giunta, rappresentato e difeso dagli avvocati ….dell’Avvocatura regionale, con domicilio eletto presso la sede dell’Ente in Napoli alla Via ….e domicili digitali:…;

    nei confronti

    Città Metropolitana di…., in persona del legale rappresentante Sindaco Metropolitano pro tempore, rappresentato e difeso dagli….., con domicilio eletto presso l’Avvocatura della Città Metropolitana in ….alla Piazza … e domicili digitali: …..
    (cointeressati)
    Comune di…. , in persona del legale rappresentante Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati…., con domicilio eletto presso il responsabile pro tempore della segreteria dell’Avvocatura comunale amministrativa in Napoli alla Piazza …..- Palazzo ……e domicilio digitale:…..;
    Comune di….., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;
    Comune di…., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;

    per l’annullamento

    (quanto al ricorso introduttivo)

    della delibera, mai comunicata, della Giunta Regionale della Campania n. 158 del 21/3/2017, pubblicata nel BURC del 13/4/2017, avente ad oggetto ”Contenzioso ANM/Comune di Napoli c/ Regione Campania -” e degli atti presupposti ivi inclusi; della delibera di Giunta Regionale della Campania n. 725 /2015, se e in quanto possa occorrere e nei termini richiamati nella delibera sub a); nonché di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenti ivi inclusa la relazione allegata al deliberato sub a), ed anche degli atti presupposti ed istruttori della delibera sub a) dei quali si ignora il contenuto e dei successivi D.D. di riparto del fondo regionale trasporti;

    (quanto ai motivi aggiunti)

    dei decreti del Dirigente della Regione Campania – Area Trasporti n. 50, n. 51, n. 11, n. 12, n. 35 e n. 36 del 3/7/2017.

    Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

    Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Campania, della Città Metropolitana di ….e del Comune di….;

    Viste le produzioni delle parti;

    Visti tutti gli atti della causa;

    Relatore per l’udienza pubblica del giorno 6 aprile 2018 il dott. Giuseppe Esposito e uditi per le parti gli avvocati ….per delega dell’avvocato ……

    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

    FATTO e DIRITTO

    1. – Con il ricorso introduttivo l’….., società in house del Comune di …. per lo svolgimento dei servizi di trasporto pubblico locale, ha impugnato la D.G.R. n. 158 del 21/3/2017, ad oggetto: ”Contenzioso con ANM-Comune di Napoli c/Regione Campania in tema di riparto di risorse del fondo regionale trasporti e oneri per il rinnovo contrattuale – Anni 2011-2012. Delibere di Giunta regionale n. 964/2010, n. 849/2011, n. 37/2012, n. 503/2012 e n. 725/2015. Sentenze Consiglio di Stato n. 6205/14, n. 5330/16 e n. 4451/2015”.

    Nelle premesse del ricorso sono diffusamente esposte le vicende che hanno condotto all’emanazione della delibera e ricordate le sentenze di questo TAR e del Consiglio di Stato che si sono pronunciati al riguardo.

    Con distinti motivi sono articolate censure di violazione dell’art. 21-septies della legge n. 241 del 1990, dell’art. 23 del d.l. n. 355 del 2003 e della L.R. n. 3 del 2002, oltre alla violazione del giudicato formatosi sulle richiamate sentenze del Consiglio di Stato, nonché all’eccesso di potere sotto plurimi profili.

    1.1. La Regione si è costituita in giudizio per resistere al ricorso.

    La Città Metropolitana di…., costituitasi in giudizio, ha chiesto che sia dichiarato il proprio difetto di legittimazione passiva.

    Si è costituito in giudizio anche il Comune di….., aderendo alla domanda della Società ricorrente e chiedendo l’accoglimento del ricorso.

    1.2. Con i motivi aggiunti sono stati impugnati i decreti dirigenziali indicati, adottati in esecuzione della D.G.R. n. 158 del 2017, aventi diverso oggetto (ripristino del criterio c.d. “storico” per la ripartizione del FRT e rideterminazione vincolata ai rinnovi contrattuali del personale addetto al servizio di trasporto pubblico; liquidazione delle somme).

    Ne è denunciata l’illegittimità, ribadendo le censure contenute nel ricorso introduttivo.

    1.3. La Società ricorrente ha chiesto la riunione tra il presente giudizio e il giudizio per l’ottemperanza al giudicato di cui alla sentenza di questa Sezione n. 5120 del 2014 (R.G. 2096/2016, chiamato nella stessa data all’udienza camerale del 6/4/2018).

    In seguito, ha formulato istanza di prelievo e, in data 6/3/2018, ha esibito l’ordinanza del Consiglio di Stato, sez. V, del 27/12/2017 n. 6069 (di cui si dirà appresso), chiedendo il differimento dell’udienza in attesa della decisione del Consiglio di Stato in sede di ottemperanza.

    All’udienza pubblica del 6 aprile 2018 il ricorso è stato assegnato in decisione, dopo aver formulato alle parti l’avviso, ai sensi dell’art. 73 c.p.a., sulla rilevabilità d’ufficio del profilo di incompetenza del TAR Campania in favore del Consiglio di Stato (trattandosi di questione inerente all’ottemperanza di decisioni del TAR Campania confermate dal Consiglio di Stato con diversa motivazione).

    2. – È opportuno innanzitutto riepilogare i passaggi dell’articolata vicenda all’esame del Collegio, ponendo in evidenza succintamente gli atti che la contraddistinguono e di specifico interesse in questa sede.

    2.1. Con delibera di Giunta Regionale n. 964 del 30/12/2010 veniva approvato il Piano dei servizi minimi di trasporto pubblico locale ai sensi della L.R. n. 3 del 2002, impugnata dall’…. (oltre che dal Comune di….), contestando il taglio per il 2011 dei trasferimenti delle risorse in proprio favore.

    2.2. Con sentenza di questa Sezione del 7/11/2011 n. 5162 veniva accolto il ricorso, limitatamente alla censura con cui si lamentava la disparità di trattamento (essendo stato confermato il contributo storico alle Province per la ripartizione del fondo regionale trasporti, riducendo invece quello riconosciuto ai Comuni capoluoghi).

    Per l’effetto, la sentenza annullava la D.G.R. n. 964 del 30/12/2010 “nella sola parte in cui ha omesso di motivare sulle ragioni del riparto del FRT tra Province e Comuni capoluogo, salvi gli ulteriori atti dell’amministrazione regionale intimata”.

    2.3. Con sentenza del 22/12/2014 n. 6205 il Consiglio di Stato, sez. V, accoglieva l’appello dell’…. (nonché l’appello riunito del Comune di…, avverso la sentenza n. 287/2012 avente lo stesso oggetto), sancendo l’illegittimità della delibera impugnata sotto ulteriori e sostanziali profili, cioè “per avere stanziato e ripartito il fondo per il trasporto locale sulla base del progetto di bilancio per l’anno 2011 e non già del bilancio definitivamente approvato con legge regionale” e “per avere stralciato dalle risorse da destinare al servizio di trasporto quelle, di provenienza statale, vincolate alla copertura degli oneri rivenienti dal rinnovo contrattuale dei dipendenti del settore, ai sensi dell’art. 23 del d.l. 24 dicembre 2003, n. 355” (sentenza del Consiglio di Stato n. 5330 del 2016, di cui ora si dirà).

    Alla pronuncia del Giudice d’appello faceva seguito l’emanazione da parte della Regione della delibera di Giunta n. 725 del 16/12/2015, dichiarata in parte nulla per elusione del giudicato con la suindicata del Consiglio di Stato, sez. V, del 16/12/2016 n. 5330.

    3. – Operata questa premessa, bisogna considerare che l’impugnata D.G.R. n. 158 del 21/3/2017 contiene una complessiva determinazione sul contenzioso di cui trattasi, ricognitiva di ogni precedente deliberato e riguardante sia l’annualità 2011 che quella 2012 (formante oggetto di altra sentenza del Consiglio di Stato n. 4451 del 2015).

    La stessa, come palesato sin dall’oggetto e per quanto emerge dal suo contenuto dispositivo, si pone quale esplicito provvedimento reso in ottemperanza alle suddette decisioni del Consiglio di Stato n. 6204 del 2014 e n. 5330 del 2016 (nonché della suddetta sentenza del Consiglio di Stato n. 4451 del 2015, relativamente all’annualità 2012).

    Nel merito delle censure sollevate dalla Società ricorrente, va osservato che sin dall’epigrafe dei motivi si deduce specificamente la violazione dell’art. 21-septies della legge n. 241 del 1990 e del giudicato formatosi sulle predette sentenze, ribadendo nei motivi aggiunti che le determine con essi impugnate procedono all’esecuzione delle decisioni dei giudici amministrativi, “sostanzialmente eludendone la portata precettiva” (pag. 7).

    3.1. Ciò posto, la decisione dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 2 del 2013 ha enucleato i principi valevoli in tema di rapporto tra actio iudicati e azione di annullamento, ammettendo la simultanea instaurazione del giudizio di ottemperanza e di quello di cognizione, spettando prioritariamente al giudice dell’ottemperanza di conoscere delle questioni poste dall’emanazione di un atto successivo al giudicato.

    Ciò in quanto il giudice dell’ottemperanza “per effetto degli art. 21 septies, l. 7 agosto 1990, n. 241 e 114, comma 4, lett. b) , cod. proc. amm., è competente, in relazione ai provvedimenti emanati dall’Amministrazione per l’adeguamento dell’attività amministrativa a seguito di sentenza passata in giudicato, per l’accertamento della nullità di detti atti per violazione o elusione del giudicato, e dunque della più grave delle patologie delle quali gli atti suddetti possono essere affetti” (Cons. Stato, sez. V, 27/7/2017 n. 3705).

    Cosicché è acclarato in giurisprudenza che “il giudice dell’ottemperanza, come identificato per il tramite dell’art. 113 cpa, deve essere attualmente considerato come il giudice naturale della conformazione dell’attività amministrativa successiva al giudicato e delle obbligazioni che da quel giudicato discendono o che in esso trovano il proprio presupposto” (Cons. Stato, Ad. Plen., cit.).

    La prevalenza dell’azione di ottemperanza rispetto all’azione ordinaria di cognizione postula quindi che, ove la prima conduca alla declaratoria di nullità del provvedimento violativo o elusivo del giudicato, diviene improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse la domanda impugnatoria, dovendo altrimenti il giudice dell’ottemperanza disporre la conversione dell’azione di ottemperanza in azione di cognizione ordinaria (cfr. Ad. Plen. e Cons. Stato, sez. V, cit.).

    3.2. I principi enunciati dall’Adunanza Plenaria (per la fattispecie di simultanea proposizione o di unitaria trattazione delle due azioni) esigono un adattamento al caso di specie, in cui è stata proposta l’azione impugnatoria innanzi al giudice di primo grado, mentre anzitempo era stata già avanzata l’azione di ottemperanza della sentenza n. 6205 del 2014 dinanzi al Consiglio di Stato (che, come detto, ha in precedenza dichiarato la nullità parziale della D.G.R. n. 725/2015 con la sentenza n. 5330 del 2016) ed, inoltre, risulta pendente innanzi allo stesso Consiglio di Stato azione di ottemperanza della sentenza n. 4451 del 2015 (relativa all’annualità 2012, e nella quale è stata adottata l’esibita ordinanza n. 6069 del 27/12/2017, di cui ancora si dirà).

    In tale contesto, ritiene il Collegio che debba farsi esercizio del potere assegnato dall’art. 32 c.p.a., sebbene – giova precisarlo – per un aspetto peculiare non coincidente con quanto sancito dalla sopra citata decisione dell’Adunanza Plenaria (che non ammette che il Giudice dell’azione di cognizione converta la domanda di annullamento in domanda di ottemperanza), poiché non si tratta in questo caso di conversione dell’azione in senso stretto (che si pone quale eventuale e successiva alla qualificazione della domanda, “sussistendone i presupposti”: art. 32 cit.), bensì più in generale di individuazione dell’azione in base ai suoi elementi sostanziali.

    Tanto chiarito, va riconosciuto che l’azione promossa con il ricorso attualmente all’esame ha natura composita e deve essere qualificata come azione (anche e soprattutto) di ottemperanza.

    Invero, la controversia all’esame involge la pretesa della Società ricorrente all’esecuzione del giudicato derivante dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 6205 del 2014.

    Ne deriva che la stessa non può evidentemente essere trattata da questo Tribunale, stante la previsione dell’art. 113, primo comma, ultimo periodo, c.p.a., che limita la cognizione del Giudice dell’ottemperanza ai propri provvedimenti confermati in appello con motivazione che abbia lo stesso contenuto dispositivo conformativo.

    Viceversa, nel presente caso la sentenza del Consiglio di Stato n. 6205 del 2014 ha riformato la pronuncia di questa Sezione n. 5162 del 2011, sostituendo il suo contenuto dispositivo con diversa e più ampia motivazione, espressamente statuendo che “l’annullamento degli atti impugnati – già disposto dal TAR – vada inteso anche degli ulteriori profili di cui motivazione” (cfr., sul punto, la sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV, 1/2/2017 n. 409: “nel caso in cui, invece, la sentenza di appello pervenga alla conferma della sentenza di I grado, quanto all’esito del dispositivo, ma in base all’accoglimento di un diverso motivo di impugnazione (ad esempio, (ri)proposto con appello incidentale, ovvero modificando il contenuto del dispositivo di condanna), allora il contenuto dispositivo o conformativo della sentenza di appello si presenta indubbiamente come “differente” rispetto a quello della sentenza di I grado, con conseguente competenza del Consiglio di Stato per il successivo giudizio di ottemperanza”).

    Pertanto, in relazione all’azione di ottemperanza in cui si sostanzia la pretesa della Società ricorrente (che, per quanto detto, assume rilievo preminente e va esaminata prioritariamente per la sua ampiezza e per l’esito a cui può condurre) la cognizione della controversia spetta al Consiglio di Stato, ai sensi e per gli effetti di cui al combinato disposto degli artt. 14, terzo comma, e 113 c.p.a., che fissano la competenza funzionale inderogabile del Consiglio di Stato per l’esecuzione delle proprie sentenze e di quelle recanti la riforma della sentenza di primo grado con diversa motivazione.

    Ciò è stato del resto già affermato nella richiamata sentenza n. 5330 del 2016, statuendo che: “L’azione proposta dalla ANM contro la delibera di giunta regionale n. 725 del 16 dicembre 2015 – che come sopra rilevato è stata adottata in dichiarata esecuzione del giudicato – è di nullità per elusione di quest’ultimo. In base all’art. 114, comma 4, lett. b), cod. proc. amm., questa azione è conoscibile dal giudice dell’ottemperanza, nell’ambito della piena cognizione di quest’ultimo su ogni questione concernente l’esatta esecuzione del giudicato, ai sensi degli artt. 112 e seguenti del codice del processo. Pertanto, non vi è dubbio che i motivi aggiunti proposti dall’ANM sono ammissibili, perché proposti al giudice funzionalmente competente”.

    Inoltre, l’esibita ordinanza del Consiglio di Stato, sez. V, del 27/12/2017 n. 6069 (che ha disposto verificazione sui ricorsi per l’esecuzione della sentenza n. 4451/2015, relativamente all’annualità 2012) conferma la deducibilità innanzi a quel Giudice dell’ottemperanza delle questioni insorte con la delibera n. 158 del 2017, espressamente richiamata nell’ordinanza.

    Per le suesposte considerazioni, va dichiarata l’incompetenza funzionale di questo Tribunale a conoscere della controversia, in favore del Consiglio di Stato in sede di ottemperanza.

    3.3. Giova precisare che la pronuncia di incompetenza nel presente caso va disposta con sentenza, come chiarito dalla giurisprudenza di questo Tribunale (cfr. la sentenza della Sez. IV del 25/7/2014 n. 4289: “Ai sensi della vigente formulazione dell’art. 15, comma 4, del c.p.a., in seguito all’art. 1, lett. b), d.lgs. 14 settembre 2012 n. 160, la pronuncia di incompetenza assume la forma di ordinanza quando viene resa in sede di decisione sulla domanda cautelare, ex comma 2 del medesimo articolo, o nella camera di consiglio fissata per la pronuncia immediata sulla questione di competenza, ai sensi del comma 3. Il comma 4 dell’art. 15 dispone difatti che sulla questione della sola competenza “il giudice provvede con ordinanza, nei casi di cui ai commi 2 e 3”. Da ciò si deduce che negli altri casi, ovverosia quando deve essere dichiarata come nell’ipotesi di specie all’esito del giudizio di merito in udienza pubblica, la pronuncia d’incompetenza territoriale deve essere adottata con sentenza”; conf., con specifico riguardo alla competenza funzionale del Consiglio di Stato in sede di ottemperanza, Sez. VI, 17/12/2014 n. 6700 e Sez. IV, 5/10/2017 n. 4653).

    In via analogica, è applicabile il termine di 30 giorni per la riassunzione innanzi al Giudice funzionalmente competente, ex art. 15, quarto comma, c.p.a. (cfr. le sentenze della Sez. IV n. 4289 del 2014 e n. 4653 del 2017, cit.).

    3.4. Il Collegio non trascura infine di evidenziare il riflesso che comporterebbe la statuizione del Consiglio di Stato, qualora esso ritenesse che la D.G.R. n. 185 del 2017 non possa tacciarsi di nullità per elusione o violazione del giudicato e, quindi, non sia conoscibile in sede di ottemperanza bensì nell’ordinario giudizio di cognizione.

    In tale evenienza, resta integro il diritto di difesa della parte nei confronti dell’atto amministrativo tempestivamente impugnato, dovendo trovare applicazione l’art. 105 c.p.a. sulla rimessione della causa al giudice di primo grado.

    4. – Alla stregua delle considerazioni che precedono, va dunque dichiarata la competenza funzionale del Consiglio di Stato in sede di ottemperanza, anche per la regolamentazione delle spese processuali, innanzi al quale il giudizio può essere riassunto nel termine di 30 giorni ex art. 15, quarto comma, c.p.a., come sopra precisato.

    P.Q.M.

    Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, dichiara la competenza funzionale del Consiglio di Stato in sede di ottemperanza, anche per la regolamentazione delle spese processuali, innanzi al quale il giudizio può essere riassunto nel termine indicato in motivazione.

    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

    Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 6 aprile 2018 con l’intervento dei magistrati:

    Fabio Donadono, Presidente

    Gianmario Palliggiano, Consigliere

    Giuseppe Esposito, Consigliere, Estensore

     
     
    L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
    Giuseppe Esposito Fabio Donadono
     
     
     
     
     

    IL SEGRETARIO

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