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T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI, SEZ. I, 10 dicembre 2019, N. 5819

    Accesso agli atti in corso di causa, ex art. 116, II co. c.p.a. – Natura strumentale rispetto al ricorso introduttivo, di cui segue le sorti, in caso di sopravvenuta carenza di interesse.

    Il diritto di accesso agli atti, esercitato mediante istanza proposta non via autonoma, bensì in corso di causa ex art. 116, comma 2, del c.p.a. ed espressamente collegata dalla ricorrente alla necessità di tutelare i propri interessi nel prosieguo del giudizio, non può non risultare processualmente condizionato al ricorso al quale accede; diversamente opinando, l’utilizzo dello speciale rimedio di cui all’art. 116, comma 2, del c.p.a., lungi dal costituire legittimo esercizio del diritto all’informazione, si configurerebbe come una pretesa giudiziaria di carattere emulativo, vale a dire come una rivendicazione giudiziale di un diritto che in astratto spetta a colui che lo chiede, ma che, in concreto, non comporta alcun vantaggio apprezzabile e degno di tutela giudiziaria a favore di tale soggetto. Inoltre, aderendo all’opposta tesi della natura autonoma dell’accesso in corso di causa, si giungerebbe al paradosso di consentire la prosecuzione di un giudizio divenuto improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, al solo scopo di coltivare il rimedio dell’accesso che l’istante ha preferito azionare non in via autonoma ma nell’ambito della causa al quale esso accede.

    Attesa la natura strumentale dell’accesso in corso di causa, una volta dichiarato improcedibile il ricorso introduttivo, non può non prendersi atto della sopravvenuta carenza di interesse anche in ordine alla decisione sul reclamo ex art. 114, comma 6, del c.p.a, promosso dalla ricorrente avverso la relazione conclusiva del commissario ad acta nominato in sede di accesso, ritenendo non compiutamente adempiuto l’incarico.

    Massima a cura dell’avv. Giorgia Cicala.

     

     

    Pubblicato il 10/12/2019

    05819/2019 REG.PROV.COLL.

    01699/2015 REG.RIC.

    01615/2019 REG.RIC.

    REPUBBLICA ITALIANA

    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

    Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

    (Sezione Prima)

    ha pronunciato la presente

    SENTENZA

    sul ricorso numero di registro generale 1699 del 2015, integrato da motivi aggiunti, proposto da
    Società ……… di …….. & C., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato ……………, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, …………………..;

    contro

    Comune di Napoli, in persona del Sindaco pro tempore, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati ……………, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Napoli, piazza Municipio, Palazzo San Giacomo;
    A.S.L. Napoli 1 Centro, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato ………….., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, ………….;
    Regione Campania, in persona del Presidente pro tempore, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato …………, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso l’Avvocatura Regionale, in Napoli, via S. Lucia, 81;
    Commissario ad Acta per la Prosecuzione del Piano di Rientro del Settore Sanitario della Regione Campania, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliataria ex lege in Napoli, via Diaz, 11;

    sul ricorso numero di registro generale 1615 del 2019, proposto da
    Società …………………. di …………………… & C., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati ………………………, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Napoli, ……………………;

    contro

    Comune di Napoli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati ……………., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Napoli, piazza Municipio, Palazzo San Giacomo;
    Regione Campania, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato ………………., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso l’Avvocatura Regionale, in Napoli, via S. Lucia, 81;
    Commissario ad Acta per la Prosecuzione del Piano di Rientro del Settore Sanitario della Regione Campania, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliataria ex lege in Napoli, via Diaz, 11;
    A.S.L. Napoli 1 Centro, in persona del legale rappresentante p.t., non costituito in giudizio;

    per l’annullamento

    1. quanto al ricorso n. 1699 del 2015:
    2. I) con il ricorso introduttivo:

    – della nota n. 027/Comm. del 21 gennaio 2015 emessa dall’A.S.L. Napoli 1 Centro con cui è stato negato al laboratorio ricorrente l’autorizzazione alla realizzazione in ampliamento per l’attivazione del settore A6 di genetica medica, qualificando come improcedibile la relativa domanda, nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente afferente al procedimento di rilascio dell’autorizzazione ex D.G.R.C. n. 7301/2001, ivi compresa la nota prot. 027/Comm. e il verbale della seduta del 20 gennaio 2015;

    1. II) con i motivi aggiunti depositati il 4 settembre 2015:

    – della nota prot. 2015 0386036 del 4 giugno 2015 del Direttore Generale della Direzione Generale della Campania Coordinamento del Sistema Sanitario Regionale della Giunta Regionale della Campania, depositata in giudizio in data 10 giugno 2015 e in data 19 giugno 2015 in adempimento delle ordinanze istruttorie n. 769/2015 e n. 1041/2015;

    – della nota prot. n. 0386068 del 4 giugno 2015 a firma del Direttore Generale della Direzione Generale della Campania Coordinamento del Sistema Sanitario Regionale della Giunta Regionale della Campania, depositata in giudizio in data 10 giugno 2015 e in data 19 giugno 2015, in adempimento dell’ordinanza istruttoria n. 1041/2015, se ed in quanto lesiva;

    – del decreto del Commissario ad acta n. 59 del 29 maggio 2015 pubblicato sul B.U.R.C. n. 36 dell’11 giugno 2015 avente ad oggetto “il Piano di riassetto della Rete Laboristica privata del Decreto Commissariale n. 109 del 19711/2013. Ulteriori disposizioni ed adempimenti successivi” che approva le “Linee Guida per il completamento del riassetto della rete laboristica privata ai sensi del DCA n. 109/2013 e disciplina del Service di Laboratorio”, nella parte in cui al punto 3) stabilisce che “…si chiarisce che, con riferimento alle previsioni di cui al DCA n.109/2013, laddove recita che il laboratorio centralizzato ‘potrà erogare tutte le prestazioni relative alla branca di Medicina di laboratorio, modulando così l’assetto assistenziale in ragione delle prestazioni che intendeva erogare’ la formulazione ‘tutte le prestazioni relative alla branca…’ deve intendersi riferita a tutte le prestazioni rientranti nei settori specializzati per i quali i singoli laboratori facenti parte dell’aggregazione risultano già autorizzati e accreditati…”;

    – della delibera dell’A.S.L. Napoli 1 Centro n. 1107 del 30 giugno 2015 di presa d’atto del DCA n. 59/2015 avente ad oggetto “il piano di riassetto della rete laboristica privata ai sensi del DCA n. 109/2013…”;

    – nonché per la condanna delle amministrazioni al risarcimento dei danni subiti e subendi ai sensi dell’art. 30 c.p.a.;

    III) con i motivi aggiunti depositati il 30 maggio 2016:

    – del decreto del Commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro dai disavanzi del Settore Sanitario della Regione Campania n. 17 del giorno 8 marzo 2016 e dell’allegato documento esplicativo, pubblicato sul B.U.R.C. n. 17 del 14 marzo 2016, avente ad oggetto “Piano di riassetto rete laboristica DCA 109/2013 e s.m.i. Ulteriori determinazioni”, nella parte in cui prevede che “…si precisa che l’Aggregazione può essere autorizzata per il complesso delle attività analitiche di cui risultano già autorizzati i centri che la compongono. Di contra, in sede di accreditamento dell’Aggregazione, saranno riconosciute – in fase di prima applicazione e fino al processo di riorganizzazione della rete – esclusivamente le attività già comprese nei rispettivi decreti di accreditamento o delibere di accreditabilità…” (punto 7 del documento esplicativo), nonché del successivo DCA n. 28 del 27 aprile 2016, nella parte in cui richiama e conferma il DCA n. 59/2015, relativamente al profilo impugnato con i primi motivi aggiunti, e nella parte in cui richiama e conferma il DCA n. 17/2016;

    1. quanto al ricorso n. 1615 del 2019:

    – della nota del Comune di Napoli prot. n. 258027 del 19/3/2019 ad oggetto la conclusione del procedimento finalizzato al rilascio dell’autorizzazione all’implementazione del laboratorio ………… s.r.l. con attivazione del settore A6 Genetica Medica ai sensi della D.G.R.C. n. 7301/2001 e l’esecuzione della sentenza T.A.R. Campania, Sez. I, n. 3208/2018 e dell’ordinanza collegiale del T.A.R. Campania, Sez. I, n. 1344/2019;

    – della nota del direttore della Direzione Generale della Salute e il Coordinamento del Sistema Sanitario regionale della Regione Campania prot. n. 145077 del 5/3/2019 ad oggetto “…richiesta autorizzazione ai sensi della DGRC 7301/2001 – laboratorio analisi cliniche ………. s.r.l…”;

    – di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente in quanto lesivo degli interessi del ricorrente, ivi compreso il decreto commissariale n. 58/2018, resosi lesivo con la nota regionale impugnata e qualora sia ritenuto preclusivo per l’istanza del ricorrente, ferma ed assorbente la censura secondo cui si stratta di atto di indirizzo programmatico generale in materia di appropriatezza prescrittiva e non contenente la mappatura dei bisogni e dell’offerta privata autorizzata ed accreditata esistente, dunque atto inconferente rispetto alla procedura in questione.

    Visti i ricorsi i motivi aggiunti e i relativi allegati;

    Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Napoli, dell’A.S.L. Napoli 1 Centro, della Regione Campania, del Commissario ad Acta per la Prosecuzione del Piano di Rientro del Settore Sanitario della Regione Campania;

    Visti tutti gli atti della causa;

    Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 novembre 2019 il dott. Gianluca Di Vita e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

    FATTO

    1. Vengono in decisione i ricorsi in epigrafe proposti dalla società ……………. & C., autorizzata ed accreditata all’erogazione di prestazioni di laboratorio generale di base con settori specializzati A1 (chimica clinica) e A2 (microbiologia e sieroimmunologia), avverso gli atti in epigrafe con cui non è stata accolta l’istanza di autorizzazione ex art. 8 ter del D.Lgs. n. 502/1992 per l’erogazione di prestazioni di genetica medica – settore specializzato di laboratoristica A6.
    2. Con il primo ricorso iscritto al numero di R.G. 1699/2015 la società impugna, chiedendone l’annullamento, la nota dell’A.S.L. Napoli 1 Centro prot. n. 027/Comm. del 21 gennaio 2015, con cui è stata dichiarata non procedibile la richiesta di autorizzazione all’ampliamento del settore A6 (genetica) richiamando il c.d. “blocco delle autorizzazioni regionali” di cui ai decreti del Commissario ad Acta per la Prosecuzione del Piano di Rientro del settore sanitario della Regione Campania n. 21/2009 e n. 5/2010 e, altresì, la mancata conferma da parte della L. n. 114/2014 – in sede di conversione del D.L. n. 90/2014 – dell’art. 27, comma 2, del decreto legge che prevedeva l’abrogazione dell’art. 8 ter, comma 3, del D.Lgs. n. 502/1992 (secondo cui, in materia di autorizzazione di nuove strutture sanitarie e sociosanitarie, il Comune deve acquisire la verifica di compatibilità del progetto da parte della Regione in rapporto al fabbisogno complessivo e alla localizzazione territoriale dei centri presenti in ambito regionale).

    A sostegno dell’esperito gravame l’istante deduce violazione di legge ed eccesso di potere sotto distinti profili.

    Con successivi motivi aggiunti estende il gravame agli ulteriori atti indicati in epigrafe articolando censure di illegittimità autonoma e derivata ed ha altresì proposto domanda risarcitoria ex art. 30 c.p.a..

    In pendenza di giudizio l’istante ha poi formulato, ai sensi dell’art.116, comma 2, del c.p.a., istanza diretta ad ottenere l’accesso, mediante deposito nel presente giudizio, agli atti di programmazione regionale e dell’A.S.L. Napoli 1 Centro e di determinazione e individuazione dell’offerta esistente e del fabbisogno sanitario nel settore laboratoristico della genetica medica, ai fini della completa tutela degli interessi azionati in giudizio.

    Il T.A.R. ha disposto incombenti istruttori (ordinanze n. 769/2015 e n. 1041/2015), ha accolto l’istanza ex art. 116, comma 2, del c.p.a. (ordinanza n. 2071/2017), provveduto alla nomina del commissario ad acta per la relativa esecuzione (ordinanza n. 5273/2017), disposto la conversione del rito ex art. 32 c.p.a. e posto ai sensi dell’art. 73, comma 3, del c.p.a. la questione relativa alla eventuale improcedibilità del gravame per sopravvenuta carenza di interesse in ragione dell’adottanda attività amministrativa (ordinanza n. 3309/2018), infine ha definito un incidente di esecuzione relativo all’accesso (ordinanza n. 1643/2019).

    Le intimate amministrazioni hanno prodotto documentazione, replicato alle censure di parte ricorrente e concluso per il rigetto del ricorso.

    Il commissario ad acta nominato per l’esecuzione dell’ordinanza ex art. 116, comma 2, del c.p.a. ha depositato la propria relazione conclusiva, avverso cui la difesa di parte ricorrente ha proposto reclamo a questo T.A.R. ai sensi dell’art. 114, comma 6, del c.p.a., ritenendo non compiutamente adempiuto l’incarico.

    Con l’ultima memoria difensiva la difesa di parte ricorrente ha chiesto il differimento della trattazione della causa ovvero, in subordine, la cancellazione dal ruolo.

    1. Con il secondo ricorso R.G. n. 1615/2019 la società ……….. impugna gli atti in epigrafe, tra cui il provvedimento prot. n. 258027 del 19/3/2019 con cui il Comune di Napoli ha respinto la domanda di autorizzazione all’implementazione del laboratorio con attivazione del settore A6 (genetica).

    Giova premettere che l’avversata attività provvedimentale segue alla sentenza di questo T.A.R. n. 3202/2018 con cui veniva accolto il ricorso ex artt. 31 e 117 c.p.a. proposto per l’accertamento dell’obbligo di provvedere in ordine alla riproposizione dell’istanza di autorizzazione presentata dalla ricorrente, con conseguente condanna del Comune di Napoli, della Regione Campania e della A.S.L. Napoli 1 Centro all’adozione di un provvedimento conclusivo. Nella fattispecie, il Comune ha rigettato la domanda richiamando il parere contrario reso dalla commissione regionale ex D.G.C.R. n. 7301/2001 secondo cui, una volta definito il fabbisogno regionale di prestazioni laboratoristiche di genetica con decreto n. 58/2018 del Commissario ad Acta per la Prosecuzione del Piano di Rientro, i volumi di prestazioni di analisi cliniche programmati sono stati raggiunti e rapidamente esauriti dalle strutture pubbliche e private già accreditate con conseguente saturazione del mercato.

    Parte ricorrente affida il gravame a censure di incompetenza, violazione di legge ed eccesso di potere.

    Costituitosi in giudizio il Comune di Napoli eccepisce l’inammissibilità del ricorso, assumendo la natura non definitiva del diniego impugnato e ponendo in risalto che, successivamente all’adozione del provvedimento reiettivo, la società ricorrente ha presentato proprie controdeduzioni e istanza di riesame, allo stato non ancora definita.

    Le altre amministrazioni costituite chiedono il rigetto del ricorso.

    1. Dopo ulteriore scambio di memorie e documentazione, all’udienza del 6 novembre 2019 entrambi i ricorsi sono stati trattenuti in decisione.

    DIRITTO

    1. RIUNIONE DEI RICORSI.

    Preliminarmente, occorre disporre la riunione dei ricorsi in epigrafe attesa l’evidente connessione soggettiva ed oggettiva ai sensi dell’art. 70 c.p.a.; infatti, i gravami sono stati proposti dalla medesima parte ricorrente ed hanno ad oggetto gli atti con cui l’amministrazione sanitaria ha definito in senso non favorevole all’istante il procedimento di autorizzazione ex art. 8 ter del D.Lgs. n. 502/1992 per l’erogazione di prestazioni di genetica medica – settore specializzato di laboratoristica A6.

    1. RICORSO R.G. 1699/2015.

    In limine litis, occorre premettere che nell’ultima memoria difensiva parte ricorrente ha chiesto il rinvio della trattazione del ricorso n. 1699/2015 rappresentando, in sintesi, la necessità di acquisire gli esiti degli accertamenti emergenti nel giudizio R.G. n. 1615/2019 da far valere con azione risarcitoria mediante proposizione di motivi aggiunti, anche alla luce della giurisprudenza del Consiglio di Stato (Sez. III, n. 5293/2019) in materia di fabbisogno prestazionale nella macroarea della specialistica ambulatoriale nella Regione Campania.

    La domanda va respinta.

    Non può essere accordata la dilazione della causa motivata sulla prospettazione meramente ipotetica di un’azione risarcitoria che parte ricorrente si riserva di proporre all’esito delle risultanze di un giudizio distinto.

    Invero, l’eventuale proposito di articolare una futura impugnativa con motivi aggiunti non può impedire la definizione del ricorso in trattazione, tenuto conto anche della pendenza ultratriennale e della circostanza che esso si palesa sufficientemente istruito e maturo per la decisione, per cui l’eventuale differimento si porrebbe in contrasto con il principio di ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 della Costituzione.

    1. BREVE DISAMINA DEL PROCEDIMENTO DI AUTORIZZAZIONE SANITARIA NELLA REGIONE CAMPANIA.

    Per la migliore intelligenza delle questioni esaminate, occorre riportare in sintesi la disciplina in materia di autorizzazioni sanitarie nella Regione Campania.

    L’art. 8 ter del D.Lgs. n. 502/1992 stabilisce che la realizzazione di strutture e l’esercizio di attività sanitarie e socio – sanitarie è subordinata ad autorizzazione, per la verifica sia dei requisiti minimi strutturali, tecnologici ed organizzativi (quarto comma) che di compatibilità del progetto da parte della Regione, effettuata in rapporto al fabbisogno complessivo e alla localizzazione territoriale delle strutture presenti in ambito regionale, anche al fine di meglio garantire l’accessibilità ai servizi e valorizzare le aree di insediamento di nuove strutture (terzo comma).

    Nella Regione Campania, la disciplina del procedimento di autorizzazione è poi integrata dalle delibere di Giunta Regionale n. 3958/2001 e n. 7301/2001; come specificato in tale ultima delibera “nel regime autorizzativo per la realizzazione di nuove strutture rientrano anche le seguenti fattispecie: a) gli ampliamenti di strutture già esistenti ed autorizzate, in essi compresi: …2) l’attivazione di funzioni sanitarie e/o socio-sanitarie aggiuntive rispetto a quelle già autorizzate”.

    La chiara dizione letterale conferma che l’autorizzazione comunale occorre anche nella ipotesi – considerata alla stregua della realizzazione di nuove strutture in cui, pur lasciando invariata quella originaria, si intendano attivare funzioni sanitarie ulteriori rispetto a quelle originariamente assentite.

    La delibera n. 7301/2001 così scandisce la sequenza procedimentale preordinata al rilascio dell’autorizzazione alla realizzazione e all’ampliamento delle strutture sanitarie (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, n. 453/2015 e n. 3208/2015):

    – dopo la presentazione dell’istanza all’amministrazione comunale, al fine di acquisire la verifica di compatibilità del progetto rispetto al fabbisogno complessivo, alla localizzazione territoriale e ai requisiti minimi strutturali ed impiantistici, il Comune entro 3 giorni invia copia della documentazione all’A.S.L. nel cui territorio sarà ubicata la struttura alla quale si riferisce la domanda;

    – l’A.S.L., per il tramite di una apposita commissione (nominata dal Direttore Generale e presieduta dal Responsabile del Dipartimento di Prevenzione dell’A.S.L. con la partecipazione di soggetti esperti, anche esterni, in possesso di idonee professionalità) verifica la compatibilità del progetto rispetto al fabbisogno complessivo ed alla localizzazione territoriale della struttura da realizzare in base agli elementi di valutazione precisati in precedenza;

    – l’A.S.L. trasmette alla Regione, Assessorato Regionale alla Sanità – Settore Programmazione Sanitaria le risultanze delle verifiche effettuate ed il relativo parere di compatibilità entro 20 giorni dalla data di ricevimento, se trattasi di istanze inviate da Comuni con meno di 100.000 abitanti ovvero, entro 60 giorni, se trattasi di Comuni con più di 100.000 abitanti;

    – la Giunta Regionale per il tramite di una apposita commissione all’uopo nominata valuta il parere di compatibilità espresso dall’A.S.L. e trasmette al Comune richiedente e all’A.S.L. il parere definitivo entro i successivi 20 giorni, se trattasi di istanze pervenute da un Comune con meno di 100.000 abitanti ovvero, entro i successivi 30 giorni, se trattasi di Comune con più di 100.000 abitanti;

    – in caso di parere positivo il Comune rilascia la concessione o l’autorizzazione edilizia e l’autorizzazione alla realizzazione della struttura, dandone notizia all’interessato.

    Dalla disamina della disciplina di settore discende che non può dubitarsi circa l’imprescindibilità, nell’ambito del procedimento autorizzativo all’ampliamento di attività sanitarie e a realizzazione di nuove strutture, della presupposta verifica di competenza dell’A.S.L. in ordine alla sussistenza dei requisiti tecnico – organizzativi e alla compatibilità del progetto in rapporto al fabbisogno complessivo e alla localizzazione territoriale delle strutture presenti in ambito regionale, quindi chiaramente preordinata ad attuare una funzione programmatoria – distributiva, secondo criteri di contingentamento, ispirati ad indici di fabbisogno secondo la tipologia delle prestazioni da assicurare, nonché al rapporto tra domanda ed offerta avuto riguardo ad una determinata popolazione stanziale. E’ peraltro chiaro che l’eventuale valutazione negativa dell’A.S.L. si pone come condizione ostativa al rilascio dell’autorizzazione visto che, solo in caso di parere positivo, il Comune può rilasciare l’autorizzazione sanitaria richiesta; dando luogo ad un arresto procedimentale, non può quindi dubitarsi in ordine alla relativa impugnabilità dell’eventuale parere negativo.

    Nella Regione Campania il quadro normativo è stato poi definito con riferimento alla L. Reg. n. 4/2011 e alle disposizioni dettate dal Commissario ad acta per il Piano di Rientro dal disavanzo che, in conformità ai vincoli imposti dal Consiglio dei Ministri nelle delibere di nomina 24 luglio 2009 e 24 ottobre 2010, con decreti n. 21/ 2009, n. 5/2010 e n. 31/2011 ha vietato alle AA.SS.LL. competenti di procedere sia all’autorizzazione alla realizzazione/ampliamento sia all’accreditamento istituzionale di nuove strutture sanitarie private, fino alle determinazioni che saranno assunte in conseguenza dell’adozione del piano di riassetto della rete ospedaliera, della rete laboratoristica (adottato con DCA n. 109/2013 e successivi decreti modificativi) e della rete di assistenza specialistica ambulatoriale.

    In particolare, l’art. 1, comma 237 quater, della L. Reg. 4/2011 prevede il c.d. “blocco delle autorizzazioni sanitarie” – sul quale ci si soffermerà nell’esame del ricorso R.G. n. 1615/2019 – e, in particolare, dispone che, ferme restando le condizioni di cui agli artt. 8 ter e 8 quater, comma 1, del D.Lgs. n. 502/1992, il fabbisogno sanitario va soddisfatto, prioritariamente, attraverso l’accreditamento delle strutture private transitoriamente accreditate, successivamente delle strutture private già in esercizio e solo successivamente mediante accreditamento di strutture o attività di nuova realizzazione aggiungendo infine che “Il rilascio di nuove autorizzazioni per la realizzazione, nonché l’accreditamento di nuove strutture, è subordinato al completamento delle procedure di cui ai commi da 237 quinquies a 237 unvicies”.

    1. IL RICORSO INTRODUTTIVO.

    Il gravame introduttivo R.G. n. 1699/2015 ha ad oggetto la nota dell’A.S.L. Napoli 1 Centro prot. n. 027/Comm. del 21 gennaio 2015, con cui è stata dichiarata non procedibile la richiesta di autorizzazione all’ampliamento del settore A6 (genetica).

    A sostegno dell’atto reiettivo l’amministrazione ha richiamato il c.d. “blocco delle autorizzazioni regionali” di cui ai DCA n. 21/2009 e n. 5/2010 e l’attuale vigenza dell’art. 8 ter, comma 3, del D.Lgs. n. 502/1992 che, in materia di autorizzazione di nuove strutture sanitarie e sociosanitarie, prevede la previa verifica di compatibilità del progetto da parte della Regione in rapporto al fabbisogno complessivo e alla localizzazione territoriale.

    In rito, come già annunciato con ordinanza collegiale n. 3309/2018 va dichiarata l’improcedibilità del gravame per sopravvenuta carenza di interesse alla relativa decisione.

    Difatti, successivamente alla proposizione del ricorso di cui si controverte, la società ………….. ha riattivato il procedimento di autorizzazione ex art. 8 ter del D.Lgs. n. 502/1992 per l’ampliamento al settore specializzato di genetica A6 sul quale le amministrazioni intimate hanno serbato un contegno inerte.

    Con sentenza n. 3202/2018 questa Sezione ha accolto in parte il distinto ricorso R.G. 244/2018 proposto dalla medesima ricorrente avverso il predetto silenzio – rifiuto, dichiarando l’obbligo delle parti convenute di adottare un provvedimento conclusivo.

    In esecuzione di tale pronuncia, con nota prot. n. 258027 del 19/3/2019 il Comune di Napoli, all’esito del rinnovato procedimento amministrativo, ha definitivamente rigettato l’istanza richiamando il parere negativo espresso dalla commissione regionale istituita presso l’organo giuntale ex D.G.R.C. n. 7301/2001.

    Tale provvedimento comunale è stato impugnato dalla società ……. con il ricorso connesso iscritto al numero di R.G. 1615/2019.

    Pertanto, in considerazione della nuova attività provvedimentale sfociata nel rigetto dell’istanza di autorizzazione, viene meno l’interesse alla decisione sul ricorso introduttivo R.G. 1699/2015, visto che l’eventuale accoglimento non avrebbe alcuna utilità per la parte ricorrente; quest’ultima, infatti, non potrebbe comunque erogare le prestazioni di genetica A6 ostandovi il definitivo provvedimento negativo adottato dal Comune di Napoli gravato con separato ricorso.

    Peraltro, mette conto evidenziare che il ricorso introduttivo non reca alcuna richiesta di risarcimento danni; infatti, l’unica domanda di ristoro è quella avanzata con i primi motivi aggiunti ma riguarda un profilo distinto attinente non all’illegittimo diniego di autorizzazione sanitaria ma, come si vedrà, alla illegittimità del gravato decreto commissariale n. 59/2015 e alle presunte inadempienze dell’amministrazione sanitaria in merito ai tempi e alle modalità del processo di aggregazione laboratoristica.

    Pertanto, non è stato allegato, nelle idonee forme processuali, un interesse risarcitorio concreto ed attuale che giustifichi una pronuncia nel merito sulla predetta impugnativa ai sensi dell’art. 34, terzo comma, c.p.a..

    Se è pur vero che la richiamata disposizione prevede che “Quando, nel corso del giudizio, l’annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente, il giudice accerta l’illegittimità dell’atto se sussiste l’interesse ai fini risarcitori”, va osservato che laddove tale interesse non sia stato concretizzato tramite la presentazione di una specifica domanda (proponibile entro il termine di cui all’art. 30 c.p.a.) non si può affermare che competa al giudice rilevare ex officio l’ipotetica presenza di un interesse, la cui azionabilità è ancora nel potere della parte interessata, diversamente argomentando verrebbe altresì disatteso il principio processuale di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c., richiamato dall’art. 39 c.p.a. (T.A.R. Lombardia, Milano, n. 1516/2019; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, n. 1279/2015; T.A.R. Toscana, 731/2012; T.A.R. Lombardia, Milano, 2352/2011; T.A.R. Lombardia, Brescia, 373/2011).

    Per le ragioni illustrate va quindi dichiarata l’improcedibilità del ricorso introduttivo ai sensi dell’art. 35, comma 1, lett. c) del c.p.a..

    III. DIRITTO DI ACCESSO E RECLAMO.

    Venendo all’accesso in corso di causa azionato dalla società ricorrente ai sensi dell’art. 116, comma 2, del c.p.a., va rammentato che:

    – con ordinanza n. 2071/2017, questo T.A.R. accoglieva l’istanza con cui la difesa di parte ricorrente richiedeva l’ostensione di documentazione utile ai fini della completa tutela degli interessi azionati in giudizio (atti di programmazione regionale e aslina e quindi di determinazione ed individuazione dell’offerta esistente e del fabbisogno, con indicazione delle strutture sanitarie private già autorizzate ed accreditate per la genetica medica; della data di rilascio delle autorizzazioni e degli accreditamenti rilasciati alle altre strutture sanitarie esistenti e relative al settore della genetica medica – A6, nell’ambito della branca di patologia clinica);

    – in esecuzione del predetto provvedimento collegiale, l’A.S.L. Napoli 1 Centro depositava documentazione concernente i procedimenti di autorizzazione ai sensi della D.G.R.C. n. 7301/2001, mentre, riguardo alle altre amministrazioni inadempienti (Regione Campania e Commissario ad acta per la Prosecuzione del Piano di Rientro), si rendeva necessaria la nomina di un commissario ad acta per provvedere all’esecuzione dell’accesso (ordinanza n. 5273/2017);

    – in seguito il Tribunale definiva un incidente di esecuzione e forniva chiarimenti al commissario ad acta (ordinanza n. 1643/2019) specificando, in particolare, che “per la celere definizione del giudizio occorre fornire specifiche indicazioni in ordine all’oggetto dell’incarico commissariale di seguito riportate: accertare, acquisendo pertinente documentazione presso le amministrazioni interessate: a) se sia stato determinato o meno il fabbisogno di prestazioni laboratoristiche di genetica medica A6 in ambito regionale e, in particolare, nel territorio dell’A.S.L. Napoli 1 Centro in cui opera la ricorrente; b) in caso positivo, se tale fabbisogno sia stato o meno esaurito, indicando quante strutture sanitarie pubbliche e private operino nel predetto settore sul territorio dell’A.S.L. Napoli 1 Centro, distinguendo quelle pubbliche, private accreditate o meramente autorizzate”;

    – in data 3/7/2019 il commissario ad acta depositava la relazione conclusiva e produceva, tra l’altro, l’atto di programmazione del fabbisogno di test genetici in Campania (DCA n. 58/2018 recante “Rete di genetica Medica Clinica e di Laboratorio della Regione Campania”), l’elenco delle strutture sanitarie accreditate per il settore della genetica medica laboratoristica – A6 nel territorio dell’A.S.L. Napoli 1 Centro con indicazione degli estremi dei relativi decreti (nota della Direzione Generale per la Tutela della Salute della Giunta Regionale della Campania del 17/5/2018) ed il parere negativo espresso dalla competente commissione regionale ex D.G.R.C. n. 7301/2001 in merito alla richiesta di autorizzazione avanzata dalla società ………, in cui si dava atto della saturazione del fabbisogno regionale del settore della genetica;

    – la difesa di parte ricorrente ha proposto reclamo ex artt. 114 c.p.a., comma 6, del c.p.a. avverso la relazione depositata dal commissario ad acta ritenendo che l’incarico non sia stato correttamente espletato in quanto, da un lato, sarebbe inconferente l’acquisizione del DCA n. 58/2018 siccome adottato solo in data successiva all’istanza di accesso ex art. 116 c.p.a. e, dall’altro, mancherebbe la documentazione relativa alle autorizzazioni e agli accreditamenti riferiti a tutto il territorio regionale (e non solo all’A.S.L. Napoli 1 Centro) con indicazione delle date di rilascio dei titoli, così come disposto con ordinanza di questo T.A.R. n. 2071/2017.

    Il reclamo ex art. 114, comma 6, del c.p.a. non può trovare accoglimento.

    In via preliminare, va evidenziato che la trattazione del rimedio (soggetto al rito camerale ex art. 87 c.p.a.) può avvenire in udienza pubblica prevalendo, in caso di cumulo di domande soggette a riti diversi, quello ordinario ai sensi dell’art. 32 c.p.a..

    Sotto un primo profilo, sempre in rito, occorre prendere atto che l’istanza di accesso del 30/9/2016 è stata proposta non via autonoma bensì in corso di causa ex art. 116, comma 2, del c.p.a. ed espressamente collegata dalla ricorrente alla necessità di tutelare i propri interessi nel prosieguo del giudizio.

    Ne consegue che tale diritto non può non risultare processualmente condizionato al ricorso al quale accede; diversamente opinando, l’utilizzo dello speciale rimedio di cui all’art. 116, comma 2, del c.p.a., lungi dal costituire legittimo esercizio del diritto all’informazione, si configurerebbe come una pretesa giudiziaria di carattere emulativo, vale a dire come una rivendicazione giudiziale di un diritto che in astratto spetta a colui che lo chiede, ma che, in concreto, non comporta alcun vantaggio apprezzabile e degno di tutela giudiziaria a favore di tale soggetto (Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 3759/2013; n. 734/2003). Inoltre, aderendo all’opposta tesi della natura autonoma dell’accesso in corso di causa (pur sostenuta dalla giurisprudenza: Consiglio di Stato, Sez. V, ordinanza n. 3028/2018) si giungerebbe al paradosso di consentire la prosecuzione di un giudizio divenuto improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse (come nel caso in trattazione), al solo scopo di coltivare il rimedio dell’accesso che l’istante ha preferito azionare non in via autonoma ma nell’ambito della causa al quale esso accede.

    Attesa la natura strumentale dell’accesso in corso di causa, una volta dichiarato improcedibile il ricorso introduttivo, non può non prendersi atto della sopravvenuta carenza di interesse anche in ordine alla decisione sul reclamo ex art. 114, comma 6, del c.p.a..

    In ogni caso, si aggiunga che nel merito il reclamo è destituito di giuridico fondamento.

    Al riguardo, occorre evidenziare che il contenuto dell’ordinanza collegiale n. 2071/2017 – al quale, secondo la prospettazione attorea, non sarebbe stata data piena esecuzione – è stato chiarito dalla successiva ordinanza n. 1643/2019 resa in sede di incidente di esecuzione attivato su iniziativa di parte ricorrente ai sensi dell’art. 114 c.p.a.; quest’ultima richiedeva infatti a questo Tribunale di sollecitare e “dare istruzioni all’organo commissariale alla esecuzione dell’ordinanza di accesso concessa di modo da garantire l’effettività della tutela” (cfr. istanza del 10/4/2018). Tanto è avvenuto in ossequio a consolidato indirizzo pretorio, secondo cui in sede di giudizio di ottemperanza il giudice amministrativo può esercitare cumulativamente, ove ne ricorrano i presupposti, sia poteri sostitutivi che poteri ordinatori e cassatori e può, conseguentemente, integrare l’originario disposto del provvedimento con statuizioni che ne costituiscono non mera esecuzione, ma attuazione in senso stretto, dando luogo al c.d. giudicato a formazione progressiva (Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana n. 76/2019; Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 748/2011; Adunanza Plenaria n. 2/2013).

    Ebbene, ritiene il Collegio che il commissario ad acta non si sia discostato dalle coordinate tracciate nella predetta ordinanza n. 1643/2019 – alla quale quindi legittimamente ha fatto riferimento l’ausiliario nella propria relazione conclusiva – con cui era stato puntualizzato l’ambito delle verifiche commissariali (individuazione del fabbisogno e dell’offerta di prestazioni di genetica con specifico riferimento al territorio dell’A.S.L. Napoli 1); tale scelta risultava peraltro coerente con il quadro normativo che, in tema di autorizzazioni sanitarie, prevede che la verifica di compatibilità svolta dalla Regione venga effettuata, oltre che in relazione al fabbisogno complessivo, alla localizzazione territoriale delle strutture sanitarie (art. 8 ter, comma 3, del D.Lgs. n. 502/1992) quindi, nel caso specifico, con riferimento al territorio dell’A.S.L. Napoli 1 Centro in cui opera la società ricorrente.

    Risulta pertanto correttamente espletato l’incombente, avendo il commissario ad acta riferito, oltre che sulla individuazione del fabbisogno di prestazioni di genetica medica A6 e sulle strutture pubbliche operanti nel predetto settore (cfr. DCA n. 58/2018), anche sui centri privati accreditati nel territorio dell’A.S.L. Napoli 1 Centro, di cui sono stati riportati gli estremi dei titoli (nota della Direzione Generale per la Tutela della Salute della Giunta Regionale della Campania del 17/5/2018).

    Vero è che non risulta adempiuta quella parte dell’ordinanza che richiedeva di specificare anche quali fossero le strutture private meramente autorizzate (e non accreditate) per la genetica nel territorio dell’A.S.L. Napoli 1 Nord (cfr. lett. ‘b’ dell’ordinanza n. 1643/2019), tuttavia il Collegio non ritiene di dover nuovamente investire l’ausiliario per il completamento dell’incarico. In disparte la superfluità dell’incombente, vista la descritta sopravvenuta carenza di interesse del rimedio, occorre infatti prendere atto che in data 5/6/2017 l’A.S.L. Napoli 1 Centro ha depositato documentazione concernente i procedimenti di autorizzazione ai sensi della D.G.R.C. n. 7301/2001 che, seppur manchevole di alcuni atti evidenziati dalla ricorrente (cfr. memoria depositata il 26/10/2017), reca comunque indicazione dei centri che hanno inoltrato richieste di autorizzazioni per la genetica; ebbene, rispetto a tale elenco puntuale non vi è stata alcuna specifica richiesta mirata da parte della società istante che si è piuttosto doluta della mera incompletezza formale.

    Non resta quindi che rigettare il reclamo ex art. 114, comma 6, del c.p.a..

    1. I MOTIVI AGGIUNTI DEPOSITATI IL 4 SETTEMBRE 2015 E IL 30 MAGGIO 2016.

    I primi motivi aggiunti hanno ad oggetto le note in epigrafe depositate dall’amministrazione regionale in adempimento delle ordinanze istruttorie n. 769/2015 e n. 1041/2015 con cui questo T.A.R. richiedeva alla Regione Campania di riferire in ordine allo stato della procedura di accreditamento istituzionale definitivo inerente alle strutture di laboratorio insistenti nel territorio dell’A.S.L. Napoli 1 Centro.

    Con le impugnate missive, in sintesi, l’amministrazione regionale riferiva che il percorso per l’accreditamento istituzionale delle strutture laboratoristiche dell’A.S.L. Napoli 1 Centro era in fase di completamento, forniva i dati sulle strutture laboratoristiche accreditate e in corso di accreditamento alla data del 4 giugno 2015 (nota n. 386036 del 4.6.2015), rappresentava che ai sensi dell’art. 1, comma 237 quindecies bis della L.Reg. n. 4/2011, il fabbisogno programmato di strutture private accreditate eroganti attività di medicina di laboratorio e dei correlati volumi di prestazioni a carico del S.S.N. coincide per gli anni 2011 e 2012 con le consistenze in essere e che non sussistevano margini per l’autorizzazione all’ampliamento dei laboratori in altri settori specializzati nelle more della riorganizzazione della rete laboratoristica di cui al DCA n. 109/2013 e n. 59/2015 (nota n. 306068 del 4/6/2015).

    Inoltre, parte ricorrente impugna il DCA n. 59 del 29 maggio 2015 (“il Piano di riassetto della Rete Laboristica privata del Decreto Commissariale n. 109 del 19711/2013. Ulteriori disposizioni ed adempimenti successivi”) che, secondo la istante, avrebbe illegittimamente compresso la facoltà prevista dal DCA n. 109/2013 per i laboratori specializzati di estendere la propria operatività ad altri settori non previamente autorizzati.

    I motivi aggiunti sono in parte improcedibili e in parte infondati.

    In dettaglio, va ribadita la carenza di interesse di parte ricorrente a proporre impugnazione avverso le ulteriori ragioni ostative all’accoglimento della propria richiesta di autorizzazione emergenti dalle note istruttorie menzionate (censure nn. 1, 2, 3).

    Difatti, si è visto che, in seguito alla riattivazione del procedimento ad iniziativa di parte ricorrente, il Comune, all’esito di una rinnovata istruttoria, ha definitivamente respinto la domanda di autorizzazione con provvedimento prot. n. 258027 del 19/3/2019 autonomamente lesivo ed impugnato con separato ricorso, determinando una nuova valutazione dell’assetto del rapporto tra società e amministrazione sul quale, in definitiva, si sposta l’interesse a ricorrere.

    Invece, con la censura n. 4 il centro ricorrente impugna il DCA n. 59/2015 (“Piano di Riassetto della Rete Laboratoristica privata ai sensi del Decreto Commissariale n. 109 del 19.11.2013. Ulteriori disposizioni ed adempimenti successivi”).

    Il centro ricorrente sostiene che, essendo autorizzato ed accreditato per l’erogazione di prestazioni di laboratorio generale di base con settori specializzati A1 (chimica clinica) e A2 (microbiologia e sieroimmunologia) ed avendo manifestato l’intenzione di procedere all’aggregazione prevista dal DCA 109/2013, potrebbe erogare tutte le prestazioni – ivi compresa quelle di genetica A6 – avvalendosi della previsione commissariale secondo cui il “modello di rete…potrà erogare tutte le prestazioni relative alla branca di Medicina di Laboratorio, modulando così l’assetto assistenziale in ragione delle prestazioni che intende erogare. A tale riguardo dovrà aggiornare la propria autorizzazione all’esercizio…”.

    Ciononostante, prosegue l’istante, a soli due giorni dalla scadenza del 31/5/2015 previsto dal DCA n. 45/2014 per l’attuazione dell’aggregazione da parte delle strutture che avevano manifestato tale intenzione, la struttura commissariale adottava il DCA n. 59 del 29 maggio 2015 con cui, in sede di interpretazione autentica, circoscriveva la portata innovativa del primo decreto, statuendo quanto segue: “Si chiarisce che, con riferimento alle previsioni di cui al DCA n. 109/2013, laddove recita che il laboratorio centralizzato ‘potrà erogare tutte le prestazioni relative alla branca di Medicina di Laboratorio, modulando così l’assetto assistenziale in ragione delle prestazioni che intende erogare’, la formulazione ‘tutte le prestazioni relative alla branca’ deve intendersi riferita a tutte quelle prestazioni rientranti nei settori specializzati per i quali i singoli laboratori facenti parte dell’aggregazione risultano già autorizzati e accreditati”.

    Lamenta che l’impugnata previsione contenuta nel DCA n. 59/2015 svilirebbe la ratio del processo di riorganizzazione attuato con DCA n. 109/2013 il quale, pur comportando notevole investimento di mezzi e di risorse alle imprese del settore per dar vita ad un nuovo centro aggregato, nel disegno originario consentiva, secondo la ricorrente, l’estensione automatica dell’autorizzazione a tutti settori specializzati della laboratoristica (quindi anche alla genetica), a prescindere dal contenuto delle precedenti autorizzazioni già rilasciate agli operatori aggregati.

    Sussisterebbe violazione degli obblighi di correttezza, della buona fede e dell’affidamento riposto sulla possibilità per gli operatori sanitari aggregati di implementare la propria attività secondo il disegno originariamente contenuto nel DCA n. 109/2013 ed in relazione al quale, aggiunge l’istante, essa stessa aveva riorganizzato la propria attività anche mediante l’acquisto di un immobile e di macchinari da destinare all’erogazione delle prestazioni di genetica A6.

    A tale proposito, parte ricorrente propone anche domanda risarcitoria ex art. 30 del c.p.a. nei confronti delle amministrazioni convenute per i danni commisurati ai predetti investimenti e ai mancati introiti che potrebbe incassare erogando prestazioni di genetica in ambito privatistico: tali pregiudizi, secondo la prospettazione attorea, discenderebbero dalla illegittimità del gravato decreto commissariale n. 59/2015 e dalle inadempienze dell’amministrazione sanitaria in merito ai tempi e alle modalità del processo di aggregazione laboratoristica.

    Analoghi rilievi sono poi articolati con i motivi aggiunti depositati in data 30 maggio 2016 proposti avverso i successivi decreti commissariali n. 17/2016 e n. 28/2016 che hanno confermato la medesima previsione limitativa contenuta nel DCA n. 59/2015 già censurato dalla parte ricorrente.

    Con tale impugnativa la ricorrente evidenzia inoltre il contrasto con la prassi amministrativa instauratasi presso la medesima amministrazione (cfr. parere del Subcommissario ad acta prot. n. 198/C del 12 gennaio 2011), secondo cui, per i laboratori di analisi cliniche l’erogazione di prestazioni attraverso i settori specializzati, sarebbe consentita, non come ampliamento, bensì come mera implementazione del laboratorio generale di base.

    Le censure sono complessivamente infondate.

    Va rammentato che la legge finanziaria per l’anno 2007 (art. 1, comma 796, lett. ‘o’ della L. n. 296/2006) ha imposto alle Regioni l’obbligo di adottare piani di riorganizzazione della rete delle strutture pubbliche e private accreditate che erogano prestazioni specialistiche e di diagnostica di laboratorio, al fine dell’adeguamento degli standard organizzativi e di personale coerenti con i processi di incremento dell’efficienza resi possibili dal ricorso a metodiche automatizzate.

    In proposito, quanto alla Regione Campania, mette conto evidenziare che:

    – con decreto commissariale n. 109/2013 è stato delineato il piano di riassetto della rete laboratoristica privata prevedendosi all’uopo un cronoprogramma per la riorganizzazione dei laboratori mediante aggregazione delle strutture che erogano un numero di prestazioni inferiori alla soglia di minima efficienza appositamente determinata ai sensi dell’art. 8 quater, comma 3 lett. b), del D.Lgs. n. 502/1992;

    – il punto 2.3.1. del DCA n. 109 del 19 novembre 2013 disponeva, come visto, che il “modello di rete…potrà erogare tutte le prestazioni relative alla branca di Medicina di Laboratorio, modulando così l’assetto assistenziale in ragione delle prestazioni che intende erogare. A tale riguardo dovrà aggiornare la propria autorizzazione all’esercizio e di conseguenza il titolo di accreditamento, ai sensi della normativa regionale di riferimento. L’accreditamento è attribuito al soggetto giuridico titolare dell’aggregazione; il contratto ex art. 8 quinquies del d.lgs 502/1992 viene sottoscritto tra questi e la ASL presso la quale è ubicata la singola unità di rete”; in base a tale previsione, quindi, i laboratori centralizzati dovranno aggiornare la propria autorizzazione all’esercizio e il titolo di accreditamento in esito ad attività di adeguamento dei requisiti strutturali e funzionali rispetto ai nuovi carichi di lavoro;

    – con decreto commissariale n. 45 del 4 luglio 2014 è stato determinato il costo delle prestazioni utilizzate dalle strutture laboratoristiche per il calcolo della c.d. “prestazione equivalente” ai fini della determinazione della soglia minima di efficienza e sono state rimodulate le cadenze temporali del piano di riassetto della rete laboratoristica già fissate nel DCA 109/2013;

    – con decreto commissariale n. 59 del 29 maggio 2015 oggetto del presente gravame, la struttura commissariale ha elaborato le “Linee Guida per il completamento del riassetto della rete laboratoristica privata ai sensi del DCA n. 109/2013”;

    – per quanto rileva nel presente giudizio, si è visto che il par. 3 del predetto DCA n. 59/2015 prevede che “Si chiarisce che, con riferimento alle previsioni di cui al DCA n. 109/2013, laddove recita che il laboratorio centralizzato ‘potrà erogare tutte le prestazioni relative alla branca di Medicina di Laboratorio, modulando così l’assetto assistenziale in ragione delle prestazioni che intende erogare’, la formulazione ‘tutte le prestazioni relative alla branca’ deve intendersi riferita a tutte quelle prestazioni rientranti nei settori specializzati per i quali i singoli laboratori facenti parte dell’aggregazione risultano già autorizzati e accreditati”.

    Orbene, secondo consolidato orientamento, dal quale non vi è ragione di discostarsi, l’eventuale aggiunta di nuove prestazioni laboratoristiche specializzate ad altre generali di base con settori specializzati, come tali qualitativamente distinte e disomogenee (in argomento, cfr. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, n. 5397/2016), integra, in sostanza, una estensione delle attività (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, n. 2745/2009) che richiede il rilascio di uno specifico provvedimento di autorizzazione ex art. 8 ter del D.Lgs. n. 502/1992. In altri termini, l’implementazione delle autorizzazione per un settore specializzato non può conseguire automaticamente al possesso dell’autorizzazione sanitaria per altri singoli settori e neppure al mero possesso di dotazioni organiche e strutturali richieste per una determinata specialità.

    Dalle svolte considerazioni discende l’inconsistenza dei rilievi avverso il par. 3 del DCA n. 59/2015 e i successivi decreti commissariali n. 17/2016 e n. 28/2016 e, più a monte, l’infondatezza del ragionamento di parte ricorrente secondo cui il processo di aggregazione dei laboratori disciplinato dal DCA n. 109/2013 comporterebbe una estensione automatica dell’operatività dell’aggregazione a tutte le prestazioni relative alla branca di medicina di laboratorio, quindi anche ai settori specializzati per i quali le singole strutture aggregate non risultano già autorizzate.

    Ciò in quanto il DCA n. 59/2015 è coerente con la vigente normativa (cfr. art. 8 ter, commi 3 e 4, del D.Lgs. n. 502/1992) secondo cui detto ampliamento richiede uno specifico provvedimento di autorizzazione rilasciato dalla competente amministrazione alle strutture sanitarie subordinatamente, tra l’altro, alla verifica di compatibilità del progetto da parte della Regione effettuata in rapporto al fabbisogno complessivo e alla localizzazione territoriale delle strutture presenti in ambito regionale, anche al fine di meglio garantire l’accessibilità ai servizi e valorizzare le aree di insediamento prioritario di nuove strutture ed il possesso di requisiti minimi, strutturali, tecnologici e organizzativi.

    Contro i superiori approdi non possono poi trarsi argomenti difensivi dalla nota del Subcommissario ad acta per la prosecuzione del piano di rientro del settore sanitario nella Regione Campania, prot. n. 198/C, del 12 gennaio 2011, il quale, per sua natura, non può derogare al superiore sistema normativo in tema di autorizzazioni sanitarie (cfr. in fattispecie analoga, T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, n. 5222/2017).

    Per l’effetto, va rigettata la domanda risarcitoria difettando il presupposto dell’illegittimità dell’azione amministrativa di cui all’art. 30, comma 2, del c.p.a..

    1. DECISIONE SUL RICORSO R.G. N. 1699/2015.

    In definitiva, il ricorso e i motivi aggiunti vanno dichiarati in parte improcedibili e, per il resto, vanno rigettati. Va anche respinto il reclamo proposto dalla ricorrente ai sensi dell’art. 114, comma 4, del c.p.a. avverso la relazione del commissario ad acta nominato in sede di accesso.

    1. RICORSO R.G. 1615/2019.

    Il secondo ricorso proposto dalla società …….. ha ad oggetto il provvedimento del Comune di Napoli prot. n. 258027 del 19/3/2019 – adottato in esecuzione della sentenza di questo T.A.R. n. 3202/2018 – e gli ulteriori atti indicati in epigrafe con i quali, a seguito della riproposizione da parte della ricorrente, è stata respinta la domanda di autorizzazione all’implementazione del laboratorio con attivazione del settore genetica A6.

    A sostegno dell’atto reiettivo, l’amministrazione locale ha richiamato il parere contrario della commissione regionale ex D.G.R.C. n. 7301/2001 secondo cui, risultando definito il fabbisogno regionale di prestazioni laboratoristiche di genetica con DCA n. 58/2018, i volumi di prestazioni di analisi cliniche programmati sono stati raggiunti e rapidamente esauriti dalle strutture pubbliche e private già accreditate con conseguente saturazione del mercato.

    Preliminarmente, occorre sgomberare il campo dall’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla difesa del Comune.

    Secondo la difesa dell’ente locale il ricorso sarebbe inammissibile avendo ad oggetto un mero atto endoprocedimentale non definitivo, suscettibile di revisione, avendo la ricorrente presentato proprie controdeduzioni con richiesta di riesame.

    In senso contrario, giova riportare il contenuto della D.G.R.C. n. 7301/2001 che disciplina il procedimento di rilascio delle autorizzazioni alla realizzazione e all’esercizio di attività sanitarie e/o socio-sanitarie nella Regione Campania. Al riguardo, detta delibera prevede che “La concessione o l’autorizzazione edilizia e l’autorizzazione alla realizzazione della struttura sono rilasciate dal Comune contestualmente …. Nel caso di diniego dell’autorizzazione alla realizzazione…l’interessato può presentare, entro 30 giorni dal ricevimento dell’atto medesimo, le proprie controdeduzioni mediante istanza di riesame. Il Comune decide sull’istanza, sentita la Giunta Regionale, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento della stessa”.

    Alla luce della richiamata disposizione può ritenersi che l’eventuale attivazione del procedimento di secondo grado non esclude che l’istanza di riesame abbia ad oggetto un potere amministrativo già compiutamente esercitato. Non può quindi dubitarsi in ordine alla piena ammissibilità del gravame, sussistendo un interesse concreto ed attuale della istante alla rimozione di un provvedimento definitivo pregiudizievole senza che occorra attendere l’esito del riesame.

    Può passarsi al merito.

    La prima censura ha ad oggetto il parere sulla istanza di autorizzazione espresso dalla Regione Campania (nota della Direzione Generale della Salute e il Coordinamento del Sistema Sanitario della Regione Campania prot. n. 145077 del 5/3/2019); secondo la prospettazione attorea, l’atto regionale sarebbe viziato da incompetenza in quanto emesso da un organo monocratico, il solo Direttore Generale, anziché dell’organo collegiale previsto dal D.G.R.C. n. 7301/2001.

    Il rilievo è infondato in punto di fatto.

    Si è visto che la D.G.R.C. n. 7301/2001 prevede un articolato procedimento per l’istruttoria delle domande di autorizzazione all’esercizio di attività sanitarie che vede la partecipazione: I) di una commissione istituita presso l’A.S.L. territorialmente competente che effettua la verifica di compatibilità del progetto rispetto al fabbisogno complessivo, alla localizzazione territoriale e ai requisiti minimi strutturali ed impiantistici; II) della commissione regionale appositamente istituita presso l’organo giuntale che valuta il parere di compatibilità espresso dall’A.S.L. e trasmette il parere definitivo al Comune e all’A.S.L.; III) del Comune cui compete, in caso di parere positivo, l’adozione dell’autorizzazione sanitaria.

    Nel caso specifico, dall’esame degli atti di causa (cfr. verbale n. 45 depositato dalla Regione Campania in data 3/5/2019) risulta che il parere “di seconda istanza” è stato espresso dalla commissione regionale ex D.G.R.C. n. 7301/2001, quindi dall’organo collegiale competente a valutare il parere di compatibilità espresso dalla commissione A.S.L. ed è stato successivamente comunicato con nota del Direttore Generale Tutela della Salute prot. 0145077 del 5/3/2019 impugnata.

    Con la seconda censura la ricorrente sostiene che l’amministrazione regionale avrebbe reso un parere errato, assume infatti che il DCA n. 58/2018 sarebbe un mero atto di indirizzo per il riordino della rete di genetica medica clinica e di laboratorio e non costituirebbe atto ricognitivo del fabbisogno sanitario e, inoltre, non recherebbe alcuna indicazione in ordine alla localizzazione territoriale delle strutture presenti in ambito regionale. Pertanto, così come statuito con la sentenza di questo T.A.R. n. 3202/2018, in assenza di programmazione regionale che fotografi le strutture esistenti, le localizzi e predetermini il bisogno territoriale ancora da soddisfare, la valutazione dovrebbe essere effettuata in riferimento al bisogno rilevato, caso per caso, nel territorio di riferimento.

    Con la terza censura parte ricorrente lamenta la violazione della disciplina regionale in materia di autorizzazione di nuove strutture sanitarie, rilevando che la nota regionale non avrebbe tenuto adeguatamente conto del parere dell’A.S.L. Napoli 1 Centro n. 358/2018 con cui sarebbe stato reso parere favorevole circa la compatibilità dell’istanza con il fabbisogno sanitario in considerazione della assenza di strutture eroganti prestazioni di genetica medica di laboratorio nel territorio distrettuale di riferimento. Viceversa, la Regione avrebbe posto a base del proprio parere contrario una valutazione che attiene alla compatibilità del progetto con l’analisi dei costi a carico delle Regioni, mostrando quindi di confondere due piani differenti: quello dell’autorizzazione (che postula una verifica di compatibilità con il fabbisogno di prestazioni sanitarie rilevato in relazione al territorio delle singole AA.SS.LL.) e quello dell’accreditamento (che attiene invece all’acquisto di prestazioni sanitarie erogate con oneri a carico della finanza regionale).

    Con la quarta censura la società ……….. ribadisce che né il Comune né la Regione avrebbero tenuto conto del parere favorevole dell’A.S.L. Napoli 1 Centro e, ancora, non sarebbe stata chiarita la c.d. “mappatura dei bisogni” o “mappatura dell’offerta”, cioè la indicazione delle strutture autorizzate ed accreditate che hanno saturato il fabbisogno sanitario di prestazioni di genetica medica, con indicazione delle date di rilascio dei relativi titoli da tenere in considerazione nel procedimento di autorizzazione di nuove attività.

    Con il quinto rilievo parte ricorrente lamenta che, in mancanza di criteri chiari e predeterminati, le intimate amministrazioni avrebbero di fatto impedito alla struttura ricorrente di conseguire l’autorizzazione all’erogazione di prestazioni sanitarie, nonostante sia stata rilevata una carenza di strutture di genetica sul territorio, finendo per rafforzare la posizione dei soggetti già autorizzati e presenti sul mercato in violazione degli principi di cui agli artt. 32 e 41 della Costituzione.

    I rilievi sono complessivamente infondati per le ragioni di seguito illustrate.

    E’ noto che nella Regione Campania vige il principio del c.d. “blocco degli accreditamenti e delle autorizzazioni sanitarie” di cui all’art. 1 comma 237 quater, della L. Reg. n. 4/2011 (“Ferma restando la sussistenza del fabbisogno e delle condizioni di cui agli articoli 8-ter e 8-quater, comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 …il fabbisogno va soddisfatto, prioritariamente, attraverso l’accreditamento delle strutture private transitoriamente accreditate, da intendersi provvisoriamente accreditate alla data del 1 luglio 2007, tenendo conto dell’organizzazione dei servizi ospedalieri di diagnosi e cura rappresentata e offerta a tal data in regime di accreditamento provvisorio, con le correlate prestazioni ospedaliere erogate nell’ambito delle specialità così come espresse e conseguenzialmente riconosciute successivamente delle strutture private già in esercizio e solo successivamente mediante l’accreditamento delle strutture o attività di nuova realizzazione. Il rilascio di nuove autorizzazioni per la realizzazione, nonché l’accreditamento di nuove strutture è subordinato al completamento delle procedure di cui ai commi da 237-quinquies a 237-unvicies”). Da tale norma si ricavano le seguenti indicazioni: I) va data priorità, ai fini del soddisfacimento del fabbisogno, alle strutture provvisoriamente accreditate alla data del 1 luglio 2007 rispetto a quelle già in esercizio ma non accreditate e, inoltre, a queste ultime rispetto a quelle di nuova realizzazione; II) quindi, la priorità per le strutture accreditate e per quelle già operative, è testualmente riferita all’obiettivo dell’accreditamento definitivo ed è collegata all’esigenza di non saturare il fabbisogno prima di aver definito l’accreditamento delle strutture che godono della priorità.

    La giurisprudenza amministrativa ha poi risolto in senso affermativo anche la questione dell’applicabilità del regime di blocco ex art. 1, comma 237 quater, della citata legge regionale alle ipotesi di rilascio di autorizzazioni sanitarie svincolate dall’erogazione di prestazioni a carico del Servizio Sanitario Regionale. Al riguardo, si è ritenuto che, nel bilanciamento di diritti costituzionalmente protetti, ma contrapposti, appare, per un verso, ragionevole e, per l’altro, conforme ai parametri dalla normativa statale di principio la scelta del legislatore regionale di sospendere il rilascio della autorizzazioni per nuove attività fino alla adozione dei piani di riassetto delle reti sanitarie, che costituiscono il presupposto della valutazione del fabbisogno complessivo e della localizzazione territoriale, dando la priorità, comunque, al completamento della procedura di accreditamento definitivo delle strutture già provvisoriamente accreditate nel luglio 2007. Infatti, pur considerando l’ipotesi del rilascio delle autorizzazioni alla realizzazione non preordinato alla successiva richiesta di accreditamento, tuttavia è intuibile che il blocco delle autorizzazioni di nuove attività, comunque, mantiene una congrua ragionevolezza quando le misure di razionalizzazione dell’offerta sanitaria a carico del Servizio Sanitario Regionale non sono ancora giunte a compimento; potrebbe, invero, rilevarsi che già le strutture accreditate siano in grado di soddisfare i fabbisogni di prestazioni richieste a carico dell’erario in una certa area, garantendo una soddisfacente accessibilità al servizio sanitario pubblico, cosicché la eventuale sufficienza dell’offerta di prestazioni da parte delle strutture accreditate, nell’ambito della programmata razionalizzazione del Servizio Sanitario Regionale, non risulta una variabile irrilevante anche quando la valutazione di compatibilità riguardi una struttura sanitaria, che, erogando prestazioni non a carico delle finanze pubbliche, non comporta ulteriori oneri finanziari al bilancio regionale (Consiglio di Stato, Sez. III, n. 3762/2014; n. 5908/2014). Alla luce di tali indirizzi deve allora ritenersi che il blocco delle autorizzazioni sanitarie previsto dalla legge regionale mantiene una sua intrinseca ragionevolezza a condizione che il fabbisogno di prestazioni sanitarie nel settore di cui si controverte non sia ancora stato quantificato, oppure che, pur essendo stato determinato, le strutture già definitivamente o provvisoriamente accreditate, sommate a quelle autorizzate e già in esercizio e interessate ad ottenere l’accreditamento, appaiano in grado di coprirlo interamente. Con l’ulteriore precisazione che, nel calcolo delle strutture idonee a coprire il fabbisogno, rientrano anche le strutture pubbliche eventualmente programmate, anche se non ancora operanti. La diversa ermeneutica incline ad una estensione del regime di blocco delle autorizzazioni non collegata alla copertura del fabbisogno, oltre che non risultare coerente con il descritto quadro ordinamentale, finirebbe anche per penalizzare l’iniziativa privata qualora questa risulti in possesso dei requisiti strutturali e funzionali previsti per ottenere l’autorizzazione (Consiglio di Stato, Sez. III, n. 2448/2017).

    Ebbene, nel caso specifico il diniego opposto dall’amministrazione è legittimo in quanto la fattispecie rientra nelle ipotesi in cui opera il blocco delle autorizzazioni in quanto, pur essendo stato determinato il fabbisogno delle prestazioni sanitarie di genetica medica, le strutture pubbliche e private già autorizzate ed accreditate sono in grado di coprirlo interamente.

    A tale proposito, non può dubitarsi in ordine alla natura programmatoria del DCA n. 58/2018 (Rete di Genetica Medica Clinica e di Laboratorio della Regione Campania) che nell’allegato “B” reca espressa indicazione del fabbisogno prestazionale di test genetici in ambito regionale elaborato dal Gruppo Tecnico – Scientifico istituito con decreto commissariale n. 147 del 17/12/2012 pubblicato sul B.U.R.C. n. 33 del 17/6/2013 per il riordino della rete assistenziale della Genetica Medica, stima ottenuta “dalla valutazione dei dati epidemiologici regionali, dalla analisi dei costi pregressi sostenuti dalla Regione e dalla previsione, derivata dai nuovi LEA delle nuove esigenze dovute all’innovazione tecnologica e ai progressi scientifici soprattutto nel campo della genomica medica” (cfr. Allegato “B” del DCA).

    Peraltro, trattandosi di scelte programmatorie connotate da ampia discrezionalità, i dati relativi al fabbisogno non sono sindacabili da questo giudice amministrativo se non per macroscopici vizi di illogicità o di arbitrarietà che non sono stati evidenziati nel ricorso.

    Inoltre, in relazione all’ultima memoria difensiva di parte ricorrente, non si ravvisa contrasto con la pronuncia del Consiglio di Stato, Sez. III, n. 5293/2019 che – in un distinto giudizio ex artt. 31 e 117 c.p.a. – ha preso atto del contegno inerte della struttura sanitaria campana sulla istruttoria volta ad accertare l’avvenuta rilevazione del fabbisogno assistenziale nella macroarea della specialistica ambulatoriale per gli anni 2018/2019 e, per l’effetto, ha affermato l’obbligo di provvedervi.

    Invero, dall’esame della pronuncia non risulta che sia stato acquisito e valutato il predetto DCA n. 58/2018; tale atto programmatorio non ha costituito oggetto di giudiziale scrutinio e, pertanto, non è dato rinvenire statuizioni coperte da giudicato che contrastino con le considerazioni svolte in questo giudizio circa l’avvenuta definizione del fabbisogno della genetica per il tramite del predetto decreto commissariale.

    Il diniego di autorizzazione si fonda sul parere contrario della Regione che certifica la sussistenza dei presupposti cui la giurisprudenza amministrativa subordina la legittimità del blocco delle autorizzazioni sanitarie, cioè l’avvenuta definizione del fabbisogno di prestazioni sanitarie e la saturazione del medesimo da parte delle strutture pubbliche e private accreditate già in esercizio.

    Peraltro, a ben vedere, non vi è contrasto tra quanto attestato dalla Regione – secondo cui i volumi di prestazioni di analisi cliniche programmati sono raggiunti e rapidamente esauriti dalle strutture pubbliche e private già accreditate (considerato anche che dallo stesso DCA n. 58/2018 emerge che le strutture pubbliche laboratoristiche di genetica sono idonee a soddisfare, a regime, il 50% del fabbisogno regionale) – e quanto riferito dall’A.S.L. Napoli 1 Centro nell’ambito del procedimento di autorizzazione.

    Invero, parte ricorrente trae argomento dalla parere dell’A.S.L. prot. 358/Comm del 24/9/2018 per affermare la carenza di strutture che eroghino prestazioni genetica A6 nel territorio in cui essa opera. Tuttavia, a ben vedere, la nota A.S.L. del 27/12/2017 – richiamata nel predetto parere – si limita a riferire della inesistenza di strutture accreditate per la genetica non nel territorio dell’A.S.L. ma in un suo distretto, quindi in una porzione di territorio più circoscritta. Di contro, dall’esame della documentazione acquisita dal commissario ad acta in sede di accesso nel ricorso R.G. n. 1699/2015 (cfr. nota della Direzione Generale per la Tutela della Salute della Giunta Regionale della Campania del 17/5/2018) risulta che nel territorio dell’A.S.L. Napoli 1 Centro operano ben 18 centri privati accreditati (quindi anche autorizzati) per la genetica medica; pertanto non può ritenersi che il territorio dell’A.S.L. in cui ha sede la società ………risulti sprovvisto di strutture laboratoristiche A6.

    Non rileva poi la mancata definizione di una “mappatura dei bisogni” su scala territoriale locale.

    Ai fini della legittimità dell’azione amministrativa è infatti sufficiente rilevare che il diniego si fondi sulla rilevata saturazione del fabbisogno in ambito regionale e locale, dato quest’ultimo coerente con la presenza di diversi operatori accreditati nel territorio dell’A.S.L. in cui opera la esponente. Si aggiunga che non risulta provato alcun fabbisogno insoddisfatto nel predetto territorio, tale da giustificare l’ampliamento dell’operatività del centro ricorrente.

    Con il sesto, settimo e ottavo motivo di gravame la società ……… lamenta, in sintesi: I) il difetto di istruttoria in quanto il Comune avrebbe reiterato un diniego già disposto dall’incompetente Direttore Generale del preposto settore senza esercitare le proprie prerogative istituzionali in termini di titolarità della funzione di rilascio e/o diniego delle autorizzazioni; II) la nullità per difetto di attribuzione del parere espresso dalla Regione, per aver rigettato una richiesta di autorizzazione la cui cognizione era riservata al Comune e, inoltre, per elusione al giudicato formatosi sulla sentenza di questo T.A.R. n. 3202/2018 che ha accertato l’obbligo di provvedere e concludere il procedimento attivato con istanza di autorizzazione per il settore A6, anche in assenza di uno strumento di pianificazione generale, sulla base dei bisogni rilevati sul territorio; III) la violazione del DCA n. 50/2018 (“Piano di Riassetto della Rete Laboratoristica privata ai sensi del decreto commissariale n. 109 del 19.11.2013”) che, secondo la tesi attorea, avrebbe introdotto un procedimento autorizzativo “semplificato” per consentire alle nuove aggregazioni di ampliare la propria offerta estendendola anche ad altri settori specializzati, previo adeguamento dei relativi titoli.

    Le argomentazioni si infrangono avverso le seguenti considerazioni.

    Ribadita l’insussistenza del dedotto vizio di incompetenza del Direttore Generale della struttura regionale (giacché il parere “di seconda istanza” è stato reso, come si è visto, dall’organo collegiale regionale ex D.G.R.C. n. 7301/2001), tenuto conto della valutazione contraria della commissione regionale, il Comune ha legittimamente rigettato l’istanza di autorizzazione ai sensi della D.G.R.C. n. 7301/2001.

    Non ha giuridica consistenza il dedotto difetto di attribuzione, visto che l’atto conclusivo è stato adottato dal Comune e alcun vincolo conformativo in ordine al contenuto del provvedimento autorizzativo derivava dalla sentenza di questo T.A.R. n. 3202/2018 che, come si è visto, condannava le amministrazioni intimate alla definizione del procedimento con adozione di un provvedimento espresso (positivo o negativo, senza aver riconosciuto la fondatezza nel merito della pretesa) e, quindi, non è ravvisabile alcun profilo di elusione o violazione del giudicato.

    Anche in seguito all’adozione del DCA n. 50/2018 non è infine predicabile alcuna estensione automatica dell’operatività dell’aggregazione a tutte le prestazioni relative alla branca di medicina di laboratorio, quindi anche ai settori specializzati per i quali le singole strutture aggregate non risultino già autorizzate, dovendosi ritenere – anche a seguito dell’adozione del predetto decreto commissariale – che l’eventuale aggiunta di nuove prestazioni laboratoristiche specializzate ad altre generali di base con settori specializzati, come tali qualitativamente distinte e disomogenee, integri in sostanza una estensione delle attività che richiede il rilascio di uno specifico provvedimento di autorizzazione ex art. 8 ter del D.Lgs. n. 502/1992.

    In conclusione, ribadite le svolte considerazioni, il ricorso R.G. n. 1615/2019 va respinto siccome infondato nel merito.

    La complessità delle questioni esaminate e decise consente di disporre l’integrale compensazione delle spese processuali tra le parti costituite.

    P.Q.M.

    Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Prima), definitivamente pronunciando, così provvede:

    – quanto al ricorso R.G. n. 1699/2015 e ai relativi motivi aggiunti, li dichiara in parte improcedibili e, per il resto, li respinge; rigetta inoltre il reclamo proposto dalla ricorrente ai sensi dell’art. 114, comma 4, del c.p.a. avverso la relazione del commissario ad acta nominato in sede di accesso;

    – quanto al ricorso R.G. n. 1615/2019, lo rigetta;

    – compensa le spese processuali tra le parti costituite.

    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

    Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 6 novembre 2019 con l’intervento dei magistrati:

    Salvatore Veneziano, Presidente

    Gianluca Di Vita, Consigliere, Estensore

    Maurizio Santise, Primo Referendario

     
     
    L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
    Gianluca Di Vita Salvatore Veneziano
     
     
     
     
     

     

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