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T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI, SEZ. IV – 17 MAGGIO 2021 – n. 3234/2021

    Inoperatività del vincolo “a destinazione pubblica” ove l’immobile per ubicazione, dimensioni e uso pregresso non si presterebbe all’uso pubblico invocato e non provato dal Comune.

    E’ illegittimo il provvedimento cui è stato negato il permesso di costruire per cambio di destinazione d’uso (da “commerciale” e “deposito” a residenziale) sul presupposto che la tav. 8 del P.R.G. comunale include l’immobile interessato, un manufatto di circa 50 mq edificato prima del 1935, nelle “attrezzature di quartiere” laddove a seguito di verificazione è stato accertato che il vincolo derivante dalla tav. 8 è frutto di un errore in quanto l’immobile è, invece, qualificato nella tav. 7 come “unità edilizia di base otto – novecentesca originaria o di ristrutturazione a blocco”.

    La destinazione pubblica della tav. 8 è impressa con una campitura grafica palesemente non coincidente con l’immobile in questione: l’accertamento in sede di verificazione della erroneità della campitura grafica con cui è indicato l’immobile, unitamente ad ulteriori rilievi, quali la circostanza che l’immobile non sia in atto, né lo sia mai stato, destinato a uso pubblico conducono alla inoperatività del vincolo ad uso pubblico del manufatto.

    Non è condivisibile la tesi fatta propria dal provvedimento impugnato secondo cui l’assoggettamento all’uso pubblico del bene impedirebbe l’utilizzo residenziale: l’uso attuale è commerciale e, in quanto tale, è molto eccentrico rispetto alla destinazione a edilizia scolastica pretesa dalla P.A. né risulta che il Comune abbia inteso opporsi o indurre la parte a modificare tale attuale utilizzazione.

    La dimensione dell’immobile, di appena 50 mq e isolato, sebbene contiguo ad altri, conduce a ritenere quanto meno improbabile la possibilità di destinarlo a edilizia scolastica senza effettuare corposi interventi tali da unirlo materialmente agli immobili contigui. E a tali interventi il Comune non ha mai inteso fare riferimento, restando la pretesa destinazione all’uso indicato (scolastico) un mero proposito privo di qualsivoglia addentellato nella concreta situazione dell’immobile.

    Massima a cura dell’Avv. Rosita Brigante e della dott.ssa Fabia Balletta

     

     

     

     

    Pubblicato il 17/05/2021

    03234/2021 REG.PROV.COLL.

    00241/2017 REG.RIC.

    REPUBBLICA ITALIANA

    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

    Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

    (Sezione Quarta)

    ha pronunciato la presente

    SENTENZA

    sul ricorso numero di registro generale 241 del 2017, proposto da
    …S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati …con domicilio digitale presso la PEC indicata negli appositi registri pubblici e domicilio eletto presso lo studio …;

    contro

    Comune di … in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati …con domicilio digitale presso la PEC indicata negli appositi registri pubblici e domicilio eletto presso l’avvocatura municipale in …;

    per l’annullamento

    del provvedimento n. PG 2016/698787 del 7/9/2016, comunicato via PEC in data 17/11/2016, con il quale il Comune di …, Direzione Centrale – Pianificazione e Gestione del Territorio – Sito Unesco ha dichiarato “improcedibile” l’istanza di permesso di costruire presentata in data 20/7/2016, pratica n. 812/2016, avente ad oggetto un intervento di cambio di destinazione d’uso su un immobile sito in …;

    Visti il ricorso e i relativi allegati;

    Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di …;

    Visti tutti gli atti della causa;

    Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 aprile 2021 il dott. Luca Cestaro celebrata l’udienza e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale ai sensi degli artt. 4 co. 1 del D.L. 28/2020 (conv. con L. 70/2020), 25 del D.L. 137/2020 e dell’art. 6 del d.l. 1° aprile 2021, n. 44;

    FATTO

    1 – La parte ricorrente, … s.r.l., impugna il provvedimento n. PG 2016/698787 del 7/9/2016, comunicato a mezzo PEC in data 17/11/2016, con il quale il Comune di …, Direzione Centrale – Pianificazione e Gestione del Territorio, ha dichiarato “improcedibile” l’istanza di permesso di costruire presentata in data 20/7/2016, pratica n. 812/2016, avente ad oggetto un intervento di cambio di destinazione d’uso su un immobile sito in ….

    In particolare, con istanza acquisita al protocollo comunale in data 20/7/2016, pratica n. 812/2016 si chiedeva il “cambio di destinazione in residenza di un immobile destinato in parte ad attività al dettaglio … ed in parte a deposito”.

    Con il provvedimento impugnato, il Comune di … dichiarava improcedibile l’istanza “in quanto il cambio di destinazione d’uso in residenziale dell’immobile non è ammissibile essendo in contrasto con le previsioni della Tavola 8 specificazioni, così come disciplinata dall’art. 56 “attrezzature di quartiere” delle norme di attuazione del vigente PRG”.

    La parte ricorrente censura gli aspetti indicati di seguito.

    1. I) La violazione e la falsa applicazione del vigente P.R.G. in quanto l’immobile non rientrerebbe nell’art. 56 delle N.T.A. ove sono disciplinare le attrezzature di quartiere, ma, invece, nella zona A, insediamenti di interesse storico, e sarebbe classificato nel PRG, come risulta dalla Tavola 7 – Classificazione tipologica – quale “unità edilizia di base otto – novecentesca originaria o di ristrutturazione a blocco”, di cui all’art. 92 delle N.T.A.. Diverrebbe, quindi, applicabile l’art. 63 delle N.T.A., recante “disciplina per l’attuazione degli interventi”, laddove si prevede che “per ciascuna delle unità di spazio individuate e classificate nella tavola 7, a eccezione delle parti sottoposte a piani urbanistici esecutivi a tale scopo delimitate nella tavola 8”, il piano si attua con interventi diretti. Il rinvio alle delimitazioni di cui alla tavola 8, diversamente da quanto inteso nel provvedimento impugnato, va letto come unicamente funzionale alla soggezione a piani esecutivi e non già alla imposizione di vincoli.

    Peraltro, a conferma della vocazione privatistica del bene, il medesimo art. 63 dispone ulteriormente che “la presente disciplina è distintamente riferita: a) alle unità edilizie formatesi per assolvere prevalentemente alla funzione residenziale, denominate di base; b) alle unità edilizie formatesi per assolvere prevalentemente alle funzioni collettive, denominate speciali”.

    L’immobile è di ridottissime dimensioni ed è stato edificato negli anni ’30 per scopi agricoli; l’entità del manufatto dimostra ulteriormente l’erronea attribuzione allo stesso della vocazione pubblica quale “attrezzatura di quartiere”.

    L’inclusione tra queste ultime dell’immobile, quindi, sarebbe spiegabile con un mero errore nella cartografia – dovuto verosimilmente alla esiguità del manufatto – che, tuttavia, riceve correzione dall’esame della parte normativa.

    1. II) La mancata considerazione della natura espropriativa del vincolo in quanto le attrezzature di quartiere non sarebbero utilmente realizzabili da privati in relazione a un siffatto immobile;

    III) la violazione del giusto procedimento e il mancato invio del preavviso di rigetto di cui all’art. 10 bis L. 241/1990.

    2 – Con ordinanza n. 6961/2018, il T.A.R. disponeva verificazione onde “accertare il regime urbanistico – edilizio dell’immobile oggetto di causa ed in particolare in quale Tavola del PRG del Comune di …esso vada ricompreso e quali siano le Norme di Attuazione applicabili allo stesso”. Il termine per lo svolgimento della verificazione era, poi, prorogato con ordinanza n. 4245/2019.

    All’udienza del 12.2.2020, il Comune chiedeva rinvio per non essergli stata comunicata la ordinanza di fissazione dell’udienza medesima. Alla successiva udienza del 13.5.2020, su istanza del Comune, la causa era rinviata all’udienza del 29.9.2020, all’esito della quale, con ordinanza n. 4275 del 5.10.2020, il Collegio rilevava come il verificatore, nella relazione peritale depositata il 26.11.2019 avesse adottato valutazioni giuridiche di competenza del giudice. In particolare, si rilevava come il verificatore avesse basato le proprie conclusioni sulla ritenuta natura espropriativa – e sulla conseguente scadenza – dei vincoli espressi nella tav. 8. Il Collegio chiedeva, pertanto, al verificatore di rendere i seguenti chiarimenti: “se le prescrizioni delle tavole 7 e 8 delle N.T.A. siano o meno compatibili, come sostenuto dalla parte ricorrente, o se la seconda possa essere integrazione della prima, come sostenuto dal Comune; se nell’allocazione del bene in entrambe le tavole emergano elementi tali da far supporre la commissione di un errore materiale, come sostenuto dalla società ricorrente”.

    3 – Con successiva ordinanza n. 1866 del 19.3.2021, il Collegio dava atto della mancata presenza al fascicolo dei chiarimenti che, pure, risultavano essere pervenuti a conoscenza delle parti.

    Avvenuto, quindi, il deposito dei chiarimenti in data 19.2.2021, la causa passava in decisione all’esito dell’udienza pubblica del 7.4.2021.

    DIRITTO

    4 – Come descritto nella parte in fatto, il ricorso è mosso avverso il provvedimento che ha, in sostanza, negato il permesso di costruire per cambio di destinazione d’uso (da “commerciale” e “deposito” a residenziale) in quanto la tav. 8 del P.R.G. include l’immobile interessato, un manufatto di circa 50 mq edificato prima del 1935, nelle “attrezzature di quartiere” regolate dall’art. 56 delle N.T.A. L’assoggettamento all’uso pubblico del bene impedirebbe, nella tesi fatta propria dal provvedimento impugnato, l’utilizzo residenziale in commento.

    La parte ricorrente sostiene che il vincolo derivante dalla tav. 8 sia frutto di un probabile errore in quanto l’immobile è, invece, qualificato nella tav. 7 come “unità edilizia di base otto – novecentesca originaria o di ristrutturazione a blocco” di cui all’art. 92 delle N.T.A.; inoltre, l’immobile per ubicazione, dimensioni e uso pregresso non si presterebbe all’uso pubblico invocato dal Comune.

    Per tali immobili, siti nel cd. centro storico (zona A), l’art. 63 delle N.T.A. prevede un regime di maggiore limitazione per “le parti sottoposte a piani urbanistici esecutivi a tale scopo delimitate nella tavola 8”; sempre il primo comma del medesimo art. 63 reca la precisazione che: “in dette parti, nelle more dell’approvazione dei piani urbanistici esecutivi di cui alla disciplina degli ambiti, sono comunque consentiti interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro e risanamento conservativo, nel rispetto di ogni altra norma di cui alla presente disciplina per il centro storico”.

    5 – Il Collegio, come si è detto nella parte in fatto, ha disposto una verificazione con ordinanza n. 6961/2018 nominando il Dirigente della Direzione Generale per il Governo del Territorio, i lavori pubblici e la protezione civile della Regione Campania; questi, a ciò espressamente facoltizzato, incaricava l’arch. Carmine Salsano, funzionario del medesimo ufficio (con decreto dirigenziale n. 52 del 18.6.2019, allegato alla perizia). Il Collegio, in particolare, chiedeva al verificatore di “accertare il regime urbanistico – edilizio dell’immobile oggetto di causa ed in particolare in quale Tavola del PRG del Comune di … esso vada ricompreso e quali siano le Norme di Attuazione applicabili allo stesso

    L’arch. Salsano (di seguito indicato come “verificatore”) depositava una prima relazione, il 26.11.2019, nella quale si rilevava che:

    -) l’immobile era incluso in due tavole contraddittorie del P.R.G.;

    -) l’immobile non ha mai avuto una destinazione pubblica;

    -) il vincolo ad attrezzature pubbliche della tavola 8 era di natura espropriativa e, come tale, doveva ritenersi decaduto per decorrenza dei termini.

    Con successiva ordinanza n. 4275/2020, il Collegio mostrava di ritenere che tale conclusione impingesse profili giuridici estranei alle valutazioni tecniche sottese alla verificazione e, pertanto, invitava il verificatore a fornire i seguenti chiarimenti:

    “-) se le prescrizioni delle tavole 7 e 8 delle N.T.A. siano o meno compatibili, come sostenuto dalla parte ricorrente, o se la seconda possa essere integrazione della prima, come sostenuto dal Comune;

    -) se nell’allocazione del bene in entrambe le tavole emergano elementi tali da far supporre la commissione di un errore materiale, come sostenuto dalla società ricorrente”.

    6 – Il verificatore, in data 19.2.2021, depositava i chiarimenti nel fascicolo telematico (in un primo momento, essi sono stati messi a disposizione delle parti, ma non erano visibili al Collegio nel fascicolo telematico; v. ord. n. 1866 del 19.3.2021), fornendo le seguenti risposte:

    -) le tavole 7 e 8 del P.R.G. sono, rispetto all’immobile in questione, insanabilmente contraddittorie poiché recano una diversa destinazione urbanistica;

    -) l’immobile in questione è tipologicamente diverso dal contiguo immobile, con destinazione scolastica, “effettivamente classificato ad attrezzature di interesse comune”;

    -) la destinazione pubblica della tav. 8 è “impressa con una campitura grafica palesemente non coincidente con l’immobile di proprietà del…”;

    -) l’immobile di cui ci si occupa è esteso appena 50 mq e “risulta evidentemente insufficiente ad assolvere un uso pubblico, mentre le vicine scuole hanno spazi più che adeguati alla loro funzione”.

    7 – Il Comune di … contestava tali conclusioni affermando che le due tavole siano complementari e, difatti, la tavola 8 reca delle “specificazioni” per l’intero territorio comunale che integrano la disciplina applicabile alle diverse zone regolate separatamente nel P.R.G.; la destinazione pubblica, quindi, si sovrapporrebbe rispetto all’indicazione tipologica della tav. 7. Il verificatore, inoltre, avrebbe errato nel giudicare non corretta la “campitura grafica” del bene che, invece, sarebbe ben indicato. Infine, non si sarebbe tenuta in considerazione la contigua presenza di beni destinati a uso pubblico (tra cui una chiesa sconsacrata) che, uniti a quello in oggetto, potrebbero essere effettivamente idonei a un uso scolastico quali “attrezzature di quartiere”.

    8 – Il Collegio ritiene di aderire alla prospettazione del verificatore che si presenta ben motivata e documentata.

    In particolare, è da ritenersi che vi sia una effettiva contraddizione tra le due tavole e che, tra le due, debba prevalere nel caso di specie, la destinazione impressa nella tavola 7.

    Invero, non può escludersi la complementarietà tra le tavole 7 e 8, ma essa deve essere armonica con quanto stabilito dalle N.T.A. che tale complementarietà espressamente regolano.

    Le norme rilevanti, in merito, sono l’art. 56 e l’art. 63 delle N.T.A.

    La prima disposizione regola le “attrezzature di quartiere” stabilite nella tavola 8 chiarendo che esse possono essere esistenti o “reperite” e definendo quali interventi siano ammessi. Peraltro, per quanto riguarda la zona A, dove ricade l’immobile in questione, la medesima norma prevede un’espressa eccezione quanto alla disciplina degli interventi che è riservata alla seconda parte delle N.T.A. specificamente dedicata, appunto, al centro storico (art. 56 co. 2 N.T.A.: “riguardo le trasformazioni fisiche, e fatta eccezione per la zona A, specificamente disciplinata nella parte II della presente normativa, è previsto …”).

    Inoltre, l’assoggettamento all’uso pubblico appare immediatamente cogente e non rimesso a ulteriori determinazioni (art. 56 co. 3 N.T.A.: “le attrezzature di cui al comma 1 sono pubbliche o assoggettate a uso pubblico”).

    La seconda disposizione, recata appunto nella parte II delle N.T.A., relativa alla zona A (cd. centro storico), prevede l’esecuzione di interventi diretti facendo eccezione per le parti sottoposte a piani urbanistici esecutivi delimitate nella tav. 8 (art. 63 co. 1 N.T.A.: “nella zona A – insediamenti di interesse storico – come identificata nella tavola 6 il piano si attua mediante interventi diretti, disciplinati dalle norme di cui alla presente parte II, per ciascuna delle unità di spazio individuate e classificate nella tavola 7, a eccezione delle parti sottoposte a piani urbanistici esecutivi a tale scopo delimitate nella tavola 8. In dette parti, nelle more dell’approvazione dei piani urbanistici esecutivi di cui alla disciplina degli ambiti, sono comunque consentiti interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro e risanamento conservativo, nel rispetto di ogni altra norma di cui alla presente disciplina per il centro storico”).

    9 – La lettura sistematica delle due norme induce a concludere, evidentemente, che la disciplina urbanistica del centro storico sia prevalente rispetto a quella della tavola delle “specificazioni” salvo che per le aree per cui è prevista l’approvazione di piani esecutivi, aree tra le quali non sembra rientrare – neppure il Comune ha argomentato in tal senso – l’immobile in oggetto.

    10 – Giova, altresì, precisare che, nel caso di specie, le considerazioni svolte dal verificatore corroborino la tesi dell’inoperatività del vincolo ad uso pubblico del piccolo manufatto di cui si discute.

    In particolare, rileva la circostanza che l’immobile non sia in atto, né lo sia mai stato, destinato a uso pubblico nonostante la pretesa operatività della “specificazione” di cui alla tavola 8. L’uso attuale è commerciale e, in quanto tale, molto eccentrico rispetto alla pretesa destinazione a edilizia scolastica né risulta che il Comune abbia inteso opporsi o indurre la parte a modificare tale attuale utilizzazione.

    Non v’è ragione, poi, per discostarsi dalla prospettazione del consulente circa l’erroneità della campitura grafica con cui è indicato l’immobile; le obiezioni svolte dal Comune solo nella memoria del 10.12.2020 non fanno, infatti, riferimento ad alcun elaborato tecnico idoneo a confutare le asserzioni del verificatore, in servizio presso un qualificato ufficio regionale e dotato di specifica competenza tecnica. In tal senso, la piantina depositata il 1.12.2020 avrebbe dovuto accompagnarsi a un elaborato di tipo tecnico tale da evidenziare con immediatezza le ragioni della pretesa inesattezza delle asserzioni del verificatore.

    Ancora, la dimensione dell’immobile, di appena 50 mq e isolato, sebbene contiguo ad altri, conduce a ritenere quanto meno improbabile la possibilità di destinarlo a edilizia scolastica senza effettuare corposi interventi tali da unirlo materialmente agli immobili contigui. E a tali interventi il Comune non ha mai inteso fare riferimento, restando la pretesa destinazione all’uso indicato (scolastico) un mero proposito privo di qualsivoglia addentellato nella concreta situazione dell’immobile.

    11 – Le argomentazioni che precedono inducono a ritenere la fondatezza della prima censura, mentre risulta assorbita la seconda in ragione della sancita inoperatività del vincolo “a destinazione pubblica”; al ricorrente – stante la descritta inoperatività dello stesso – non potrebbe derivare alcuna utilità dalla qualificazione del vincolo in questione quale espropriativo o conformativo

    Giova precisare, peraltro, che questo Tribunale ha, a più riprese, qualificato come “conformativo” il vincolo derivante dalla tav. 8 del P.R.G. ove applicabile (v., ad es., T.A.R. Campania, sez. IV, Sent. n. 198 del 16.01.2020).

    12 – È, altresì, fondata la censura sub III nella parte in cui lamenta il mancato invio del preavviso di rigetto di cui all’art. 10 bis L. 241/1990. La disamina di cui ai capi che precedono, infatti, esclude che possa trovare utile applicazione l’art. 21 octies co. 2 della L. 241/1990, non potendosi ritenere che sia “palese” che il contenuto del provvedimento “non avrebbe potuto essere diverso”.

    La interlocuzione procedimentale, anzi, avrebbe potuto condurre a meglio focalizzare la questione del regime urbanistico effettivamente applicabile all’immobile in rapporto alla sua entità e al suo uso attuale.

    13 – Il ricorso deve, quindi, essere accolto con conseguente annullamento del provvedimento impugnato. La obiettiva complessità della fattispecie conduce alla integrale compensazione delle spese di lite.

    P.Q.M.

    Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

    -) lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato;

    -) compensa le spese di lite;

    -) ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

    Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 7 aprile 2021 con l’intervento dei magistrati:

    Pierina Biancofiore, Presidente

    Luca Cestaro, Consigliere, Estensore

    Anna Corrado, Consigliere

    L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
    Luca Cestaro Pierina Biancofiore

     

     

     

     

     

    IL SEGRETARIO

     

     

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