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T.A.R. Campania, Napoli, VI Sezione, sentenza 6 febbraio 2020, n. 580

    Accesso agli atti – Procedimento disciplinare – Oscuramento dei dati del denunciante – whistleblowing e tutela del dipendente – Non sussiste

     

    In materia di accesso agli atti nel procedimento disciplinare, è illegittimo il provvedimento con cui l’Amministrazione, in parziale diniego dell’istanza, oscura i dati del dipendente che ha segnalato la condotta passibile di sanzione. L’istituto del whistleblowing non è infatti utilizzabile nell’ambito di contestazioni o rivendicazioni inerenti al rapporto di lavoro nei confronti di superiori, in quanto la fattispecie non è riconducibile alle esigenze di contrasto di fenomeni corruttivi, cui è preposta la normativa di cui all’art. 54 del d.lgs. n. 165/2001 (1).

    Peraltro, la conoscenza dell’identità del segnalante è strumentale al diritto di difesa nell’ambito del procedimento disciplinare e pertanto l’istante è titolare di un interesse diretto, concreto ed attuale corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata in relazione ai documenti dei quali si chiede l’accesso.

    • Tar Campania sez. VI 23 maggio 2018 n. 3880

    Massima a cura dell’Avv. Valeria Aveta e del dott. Francesco Allocca

     

    Pubblicato il 06/02/2020

    00580/2020 REG.PROV.COLL.

    03657/2019 REG.RIC.

    REPUBBLICA ITALIANA

    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

    Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

    (Sezione Sesta)

    ha pronunciato la presente

    SENTENZA

    sul ricorso numero di registro generale 3657 del 2019, proposto da
    …., rappresentato e difeso dall’avvocato …., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

    contro

    Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca non costituito in giudizio;
    Ufficio Scolastico Regionale Campania, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale Napoli, domiciliataria ex lege in Non Presente, Non Presente;

     

    per l’annullamento del provvedimento dell’USR per la Campania, prot. 0015683, del 9.07.2019, di riscontro dell’istanza di accesso agli atti inoltrata dalla ricorrente in data 21.06.2019, nella parte in cui nega l’accesso in relazione ai segnalanti e ai contenuti della segnalazione; di tutti gli atti presupposti, conseguenti o comunque connessi se in quanto lesivi degli interessi della ricorrente e per la declaratoria del diritto della ricorrente a visionare ed estrarre copia di tutti gli atti richiesti con l’istanza presentata dalla stessa in data 21.06.2019 e conseguente condanna all’ostensione degli atti relativa al procedimento disciplinare aperto nei suoi confronti dall’USR per la Campania con atto di attestazione di addebiti del 17.06.2019.

     

    Visti il ricorso e i relativi allegati;

    Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ufficio Scolastico Regionale Campania;

    Visti tutti gli atti della causa;

    Relatore nella camera di consiglio del giorno 15 gennaio 2020 il dott. Carlo Buonauro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

    FATTO e DIRITTO

    Premette in fatto la ricorrente, dirigente scolastico del Liceo … di …, di aver ricevuto in data 17.06.2019 atto di contestazione di addebiti disciplinari a firma del D.G. dell’USR per la Campania, nel quale veniva fissata la data per l’audizione della ricorrente in data 10.09.2019.

    In data 21.06.2019 la dirigente presentava istanza di accesso con cui chiedeva di poter prendere visione di tutti gli atti relativi al procedimento in esame al fine di poter difendere i propri interessi. In particolare, di estrarre copia dei seguenti documenti: relazione dei Dirigenti tecnici incaricati della relazione ispettiva e acquisita dalla Direzione generale in data 22.05.2019; segnalazioni indicate in atti; verbali di audizione redatti durante la verifica ispettiva, nonché tutti gli atti in possesso dell’Ufficio V richiamati nella nota di contestazione o comunque utilizzati per la sua formulazione.

    L’istanza veniva parzialmente accolta in data 9.7.2019, parte della documentazione veniva infatti mostrata previo oscuramento parziale/totale circa l’identità dei controinteressati e il contenuto delle loro dichiarazioni.

    Pertanto, la ricorrente ricorreva in giudizio al fine di ottenere l’accertamento del proprio diritto a ottenere copia di tutti gli atti senza alcuna esclusione.

    Si è costituito per resistere il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca.

    Alla camera di consiglio del 15 gennaio 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.

    Il ricorso è fondato e va pertanto accolto.

    In sede di memoria l’amministrazione resistente ha sostenuto che l’accesso parziale con l’oscuramento di alcuni documenti trovi la sua ragione nell’essere la fattispecie regolata dall’art. 54 del d.lgs. 165/2001 e non dall’art. 22 ss. della L. 241/90 in materia di accesso documentale.

    L’ art. 54 del d.lgs 165/2001, come da ultimo modificato dall’art. 1 della legge n. 179/2017, disciplina il fenomeno del c.d. whistleblowing e consente di tutelare il dipendente pubblico che, venuto a conoscenza per ragioni d’ufficio della commissione di illeciti da parte di altri dipendenti, segnali gli stessi alle autorità preposte, pur consapevole delle eventuali ritorsioni, al fine di tutelare l’integrità della pubblica amministrazione.

    Ed invero la norma prevede che “il pubblico dipendente che, nell’interesse dell’integrità della pubblica amministrazione, segnala al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza di cui all’articolo 1, comma 7, della legge 6 novembre 2012, n. 190, ovvero all’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), o denuncia all’autorità giudiziaria ordinaria o a quella contabile, condotte illecite di cui è venuto a conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro non può essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito, o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro determinata dalla segnalazione.

    Ai fini del presente articolo, per dipendente pubblico si intende il dipendente delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, ivi compreso il dipendente di cui all’articolo 3, il dipendente di un ente pubblico economico ovvero il dipendente di un ente di diritto privato sottoposto a controllo pubblico ai sensi dell’articolo 2359 del Codice civile. La disciplina di cui al presente articolo si applica anche ai lavoratori e ai collaboratori delle imprese fornitrici di beni o servizi e che realizzano opere in favore dell’amministrazione pubblica.

    L’identità del segnalante non può essere rivelata. Nell’ambito del procedimento penale, l’identità del segnalante è coperta dal segreto nei modi e nei limiti previsti dall’articolo 329 del codice di procedura penale. Nell’ambito del procedimento dinanzi alla Corte dei conti, l’identità del segnalante non può essere rivelata fino alla chiusura della fase istruttoria. Nell’ambito del procedimento disciplinare l’identità del segnalante non può essere rivelata, ove la contestazione dell’addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione, anche se conseguenti alla stessa. Qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione e la conoscenza dell’identità del segnalante sia indispensabile per la difesa dell’incolpato, la segnalazione sarà utilizzabile ai fini del procedimento disciplinare solo in presenza di consenso del segnalante alla rivelazione della sua identità.”

    Nel caso di specie, la controversia, come risulta dalle contestazioni in addebito, rileva quale ordinaria controversia di lavoro: pertanto la fattispecie non è riconducibile ad esigenze di contrasto di fenomeni corruttivi e quindi sotto l’egida dell’art. 54 dl.gs. 165/2001.

    Come già affermato da questo Collegio “l’istituto del whistleblowing non è utilizzabile per scopi essenzialmente di carattere personale o per contestazioni o rivendicazioni inerenti al rapporto di lavoro nei confronti di superiori. Questo tipo di conflitti infatti sono disciplinati da altre normative e da altre procedure” (Tar Campania sez. VI 23 maggio 2018 n. 3880).

    Le circolari emanate in materia inoltre hanno chiarito che le segnalazioni non possono riguardare lamentele di carattere personale del segnalante o richieste che attengono alla disciplina del rapporto di lavoro o ai rapporti con superiori gerarchici o colleghi, disciplinate da altre procedure (cfr. ad es. la Circ. 28 luglio 2015, n. 64 dell’I.N.A.I.L. o la Circ. 26 marzo 2018 n. 54 dell’I.N.P.S.).

    A ciò si aggiunga che ogni qualvolta le segnalazioni non siano indirizzate ai soggetti indicati nella norma, la segnalazione non è sottratta all’accesso previsto ai sensi dell’art. 22ss. della l.241/90 e successive modificazioni.

    Alla luce delle considerazioni svolte va riconosciuto alla ricorrente la piena tutela del diritto di difesa essendo sussistente un interesse diretto, concreto ed attuale corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata ai documenti dei quali si è chiesto di estrarre copia e prendere visione, essendo la conoscenza degli stessi strumentale per la difesa.

    L’accesso ai documenti costituisce infatti un principio generale dell’attività amministrativa ai sensi dell’art. 22 della l. 241/90 e la trasparenza è intesa come accessibilità totale alle informazioni ed anche nell’ambito dei casi di esclusione ai sensi dell’art. 24, comma 7 della legge 7 agosto 1990 n. 241, l’amministrazione deve valutare se l’accesso presenti il carattere della necessarietà, e quindi garantire, ai richiedenti, l’accesso ai documenti la cui conoscenza sia necessaria per curare e difendere i propri interessi giuridici, salvo i casi di dati sensibili e giudiziari per i quali l’accesso è consentito solo se strettamente indispensabile.

    Ne consegue la doverosa portata eccezionale – e come tale di stretta interpretazione con preclusione di opzioni ermeneutiche di stampo stensivo-analogico – da riconoscere ad ogni forma di limitazione o deroga alla complessiva trama ordinamentale tendente ad inverare il canone assiologico e valoriale della trasparenza amministrativa intesa come accessibilità totale alle informazioni (art. 11 del D. Lgs. n. 150/2009; art. 1 D.Lgs. n. 33/2013). In questa direzione, si muovono gli ulteriori

    interventi legislativi, come quello contenuto nella legge n. 190/2012 e nel citato e correlato D.Lgs. n. 33/2013, con l’introduzione dell’istituto dell’accesso civico; e poi, a seguito del D.Lgs. n. 97/2016 e alla riformulazione dell’art. 5 del D.Lgs. n.33/2013, la nascita del cd. accesso generalizzato, quale istituto attinente alla cd. solidarietà orizzontale, quale nuovo modello di cittadinanza attiva (sul fondamento dei vari istituti sommariamente descritti, vedi Cons. Stato, III, 6 marzo 2019, n. 1546, dove si legge che “Sia l’accesso documentale ex art. 22 della legge n. 241/90,

    sia l’accesso civico ex art. 5 del d. lgs. n. 33/2013, hanno lo scopo di assicurare l’imparzialità e la trasparenza dell’attività amministrativa e di favorire la partecipazione dei privati”) volto ad operare un controllo diffuso sul perseguimento delle finalità istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche.

    In tal senso, di recente ed inter partes, il giudice amministrativo di appello (Cons. Stato, VI, 2 gennaio 2020, n. 20) ha precisato come “la disciplina di cui all’art. 54 bis del D.Lgs. 165/2019 si ponga in rapporto di eccezione rispetto al principio generale di accessibilità nei casi in cui sussista un interesse giuridicamente rilevante. Tale eccezionalità è suffragata anche dalla lettura della disposizione stessa, che collega la sua applicabilità ad una serie di presupposti molto stringenti (in particolare l’interesse dell’integrità della pubblica amministrazione e i soggetti tassativamente indicati come destinatari della

    segnalazione). Ne deriva che l’istituto, secondo le regole delle norme eccezionale, non possa essere applicato “oltre i casi e i tempi in esse considerati”, secondo la regola di cui all’art. 14 delle disposizioni sulla legge in generale”.

    Proprio con riferimento all’esercizio della potestà disciplinare, ontologicamente fondata sull’esistenza di un interesse proprio dell’amministrazione, correlato all’esistenza del rapporto e al suo svolgimento (art. 55 D.Lgs. 165/2001 in combinato disposto con il richiamato art. 2106 c.c.), la citata pronunzia del giudice di appello, da un lato, evidenzia come “la lesione di questi interessi rappresenti il cuore del potere disciplinare stesso, tanto che un eventuale provvedimento che tutelasse ragioni estranee sarebbe irrimediabilmente illegittimo per carenza di potere”; per altro verso e richiamando adesivamente il citato precedente di questa Sezione (sent. 3880/2018 secondo cui l’istituto del whistleblowing non è utilizzabile per finalità di dimensione individuale nell’ambito della dialettica correlata allo svolgimento del rapporto di lavoro) concluda nel senso che se quindi le ragioni pubbliche devono necessariamente sussistere, la lettera della legge (che riporta, tra i presupposti di applicabilità dell’istituto stesso, che la segnalazione sia fatta “nell’interesse dell’integrità della pubblica amministrazione” – inciso non presente nelle prime due versioni dell’articolo in questione e introdotto solo con la modifica data dall’art. 1 della l. 30 novembre 2017, n. 179) deve essere letta in senso opposto a quanto questa Sezione, con distinta pronuncia cui quindi non viene più dato seguito in questa sede, aveva ritenuto (T.A.R. Campania-Napoli, VI Sez., 20 marzo 2019 n.1553, resa tra le parti, secondo cui “la sussistenza di una motivazione e di un interesse personale non esclude affatto che la denuncia riguardi fenomeni di cattiva amministrazione ai sensi della legge n. 190/2012; stessa cosa può verosimilmente accadere quando il rapporto di lavoro si dispiega in modo tale da avere dei riflessi non solo sul singolo ma sull’intera organizzazione amministrativa”), in quanto principio fondamentalmente tautologico atteso che se questi riflessi non esistessero, non vi sarebbe spazio per un procedimento disciplinare.

    Tanto premesso, avendo titolo la ricorrente alla visione di tutti gli atti richiesti, il ricorso va accolto, ordinando all’amministrazione il rilascio della ulteriore documentazione richiesta da parte attorea.

    Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo che segue.

    P.Q.M.

    Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, accoglie il ricorso e dichiara l’obbligo del Ministero dell’istruzione, università e ricerca – Ufficio Scolastico Regionale per la Campania – di consentire alla parte ricorrente di prendere integralmente visione ed estrarre copia, previo rimborso del costo di riproduzione e dei diritti di ricerca e visura, della documentazione richiesta con l’istanza di accesso di cui trattasi nel termine di giorni trenta decorrente dalla comunicazione o, se a questa anteriore, dalla notificazione della presente decisione.

    Condanna l’amministrazione resistente al pagamento in favore della parte ricorrente delle spese processuali liquidate in complessivi € 1.500,00

    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

    Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 15 gennaio 2020 con l’intervento dei magistrati:

    Paolo Passoni, Presidente

    Davide Soricelli, Consigliere

    Carlo Buonauro, Consigliere, Estensore

     
     
    L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
    Carlo Buonauro Paolo Passoni
     
     
     
     
     

    IL SEGRETARIO

     

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