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T.A.R. Campania, Napoli, VII Sezione, 21 ottobre 2020, n. 4646

    Procedimento disciplinare – Misure sanzionatorie – Discrezionalità amministrativa – Limite – Principio di proporzionalità – Gradualismo sanzionatorio

     

    Nel procedimento disciplinare l’Amministrazione ha l’obbligo di rispettare il principio di proporzionalità, il quale consiste in un canone legale di raffronto che, anche dopo la sua espressa codificazione a livello comunitario sulle suggestioni del diritto tedesco (art. 5, ultimo comma, del trattato CE, ora art. 5 trattato UE), non consente di controllare il merito dell’azione amministrativa, ma legittima il controllo sul rispetto del c.d. gradualismo sanzionatorio.

    Ed invero la valutazione discrezionale dell’Amministrazione non può prescindere da una congrua ed adeguata motivazione sulle ragioni per cui il comportamento del soggetto è ritenuto sanzionabile (1), avuto riguardo agli elementi che, in base alla legge, delineano la fattispecie punitiva. Del resto, ai sensi dell’art. 1 del d.P.R. n. 737 del 1981, l’irrogazione delle sanzioni è ispirata, rispettivamente, al criterio della graduazione delle stesse, in relazione alla gravità delle infrazioni ed alle conseguenze che le stesse hanno prodotto per l’Amministrazione o per il servizio, ed all’obbligo della motivazione del provvedimento che infligge la sanzione, con prescrizioni evidentemente connesse, poiché dalla motivazione del provvedimento deve emergere la ragione per cui sia stata adottata l’una e non altra misura sanzionatoria in rapporto all’insieme degli elementi rilevanti ai fini della sua graduazione (2)

    1.TAR Lazio, Roma, sez. I-ter, 6 marzo 2008, n. 5468.

    2.Cons. Stato, sez. VI, dec., n. 7379 del 2009; T.A.R. Emilia-Romagna Bologna Sez. I, 29 giugno 2020, n. 432.

     

    Massima a cura del dott. Francesco Allocca e dell’avv. Valeria Aveta.

     

     

    Pubblicato il 21/10/2020

    04646/2020 REG.PROV.COLL.

    00815/2020 REG.RIC.

    REPUBBLICA ITALIANA

    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

    Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

    (Sezione Settima)

    ha pronunciato la presente

    SENTENZA

    sul ricorso numero di registro generale 815 del 2020, proposto da
    -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato …, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

    contro

    Ministero …, in persona del Ministro legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domicilio pec come da Registri di Giustizia; domicilio fisico legale presso la sede di questa, in Napoli, alla via A. Diaz n. 11;

    per l’annullamento,

    previa sospensione dell’efficacia,

    1. a) del decreto n. 0166300-2019/40230/DS10, emesso dal Ministero …, Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, a firma del Capo del Dipartimento, -OMISSIS-, in data 15/01/2020, notificato in data 20/01/2020, con il quale si è irrogata al ricorrente la sanzione disciplinare della destituzione dalla data del primo aprile 2019, facendosi seguito al decreto di sospensione dal servizio n. 7630- 2019/40230/DS01;
    2. b) di ogni altro atto e/o provvedimento antecedente, presupposto, connesso e consequenziale.

     

    Visti il ricorso e i relativi allegati;

    Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero …;

    Visti tutti gli atti della causa;

    Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 ottobre 2020 il dott. Guglielmo Passarelli Di Napoli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

     

    FATTO

    Con ricorso iscritto al n. 815 dell’anno 2020, la parte ricorrente impugna i provvedimenti indicati in epigrafe. A sostegno delle sue doglianze, premette:

    – di essere membro della Banda Musicale del Corpo della Polizia …, la cui sede è presso la Scuola di Formazione e Aggiornamento del Corpo di Polizia e del Personale dell’Amministrazione …;

    – di essere uno dei componenti storici del detto Complesso Bandistico;

    – di svolgere la sua attività esclusivamente come musicista in seno alla Banda;

    – che, pertanto, le funzioni svolte da esso ricorrente risultano essere solo quelle prestate in seno alla Banda Musicale non ricoprendo egli alcun ruolo ordinario/operativo nella Polizia …;

    – che, in data 29.03.2019, il Nucleo Investigativo Centrale, attraverso il dipendente Nucleo Regionale della Campania, individuava tra gli orchestrali presenti alle nozze dei coniugi -OMISSIS-cinque musicisti appartenenti al Corpo di Polizia …, in servizio presso la relativa Banda Musicale, di stanza alla Scuola di Formazione dell’Amministrazione …;

    – che, con le note n. 7630 e n.1158/NIC/PG/AP, il Nucleo Investigativo Centrale della Polizia … comunicava alla Direzione Generale del Personale e delle Risorse – Ufficio XI di Disciplina – i nomi degli orchestrali che, in data 28.03.2019, avevano preso parte come musicisti – trombettisti al matrimonio di -OMISSIS-

    – che, specificatamente, il Nucleo Investigativo Centrale con le note GDAP 7630 e n. 1158/NIC/PG/AP del 29.03.2019, individuava tra i musicisti presenti all’evento i seguenti componenti: “Sostituto Commissario Coordinatore -OMISSIS-…, Ispettore Superiore -OMISSIS-…, Ispettore Capo -OMISSIS- …, Ispettore Superiore -OMISSIS-”;

    – che, tra i detti orchestrali, quindi, veniva individuato anche esso ricorrente;

    – di non essere stato a conoscenza dei nomi nonché dell’identità dei due nubendi, futuri coniugi, incensurati, per i quali avrebbe eseguito la prestazione professionale musicale oggetto di richiesta;

    – di essere, infatti, stato contattato da un’agenzia organizzatrice di feste e cerimonie del -OMISSIS-, la quale, agendo ed operando in collaborazione con la Wedding Planner incaricata dell’organizzazione dell’intero matrimonio, aveva proposto ad esso ricorrente lo svolgimento di attività lavorativa professionale musicale per cerimonia nuziale, senza rendere alcuna informazione circa l’identità dei due nubendi, futuri coniugi;

    – di non avere, inoltre, alcun legame e/o rapporto personale con gli sposi sigg. -OMISSIS-;

    – che, in data 01.04.2019, il Dipartimento dell’Amministrazione … sospendeva dal servizio esso ricorrente ex artt. 8 del d.lgs. 30 ottobre 1992 n. 449 e 92 del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 e, al contempo, avviava a suo carico il procedimento disciplinare n. 53/2019, per presunta violazione dell’art. 6, comma 2, lettere a), b) e d) del D.l.vo. 449/92;

    – che, in data 23.04.2019, il DAP, in persona del funzionario istruttore, invitava esso ricorrente a presentare le proprie giustificazioni nei termini e secondo le modalità di cui agli artt. 12 e 14 del D.l.vo. 449/92;

    – di aver pertanto presentato, in data 14.05.2019, all’amministrazione resistente le proprie note giustificative di discolpa relative alla contestazione degli addebiti sollevati in data 23 aprile 2019;

    – che, in data 24.05.2019, si concludeva l’istruttoria di inchiesta disciplinare a suo carico;

    – che il funzionario istruttore nelle proprie conclusioni rappresentava che: “dal foglio matricolare dell’Ispettore Superiore -OMISSIS- non risultano essere state comminate sanzioni disciplinari negli ultimi cinque anni e dove il giudizio complessivo è sempre stato ottimo negli ultimi dieci anni di servizio”;

    – che, in data 18.10.2019, con ordine di convocazione n. 532019, presso il Dipartimento dell’Amministrazione …, avveniva la trattazione orale del citato procedimento disciplinare n. 53/19, avviato dall’amministrazione resistente;

    – di aver, nel corso dell’udienza, contestato le infrazioni disciplinari ascrittegli dalla DAP ai sensi dell’art. 6, comma 2, lettere a), b) e d) del Regolamento di Disciplina della Polizia …;

    – che, in data 18.10.2019, il Consiglio Centrale di Disciplina del Corpo di Polizia …, deliberando nel procedimento disciplinare n. 53/2019, lo proscioglieva dall’incolpazione ex lettera d) dell’art. 6, comma 2, del D.l.vo 449/92 e, nello stesso tempo, proponeva al Capo del Dipartimento di infliggergli la sanzione disciplinare della destituzione;

    – che, successivamente, in data 15.01.2020, il Capo DAP emanava decreto n. 0166300-2019/40230/DS10 con il quale lo destituiva dal servizio di polizia … a far data dal 01.04.2019.

    Insta quindi per l’annullamento degli atti impugnati con vittoria di spese processuali.

    Si è costituita l’Amministrazione per resistere al ricorso, con memorie il cui contenuto sarà più specificamente indicato oltre.

    Con decreto n. 355/2020 l’istanza cautelare è stata provvisoriamente accolta.

    All’udienza camerale del 21.04.2020, con ordinanza cautelare n. 965/2020, l’istanza cautelare è stata accolta in sede collegiale.

    All’udienza pubblica del 14.10.2020, il ricorso è stato assunto in decisione.

    DIRITTO

    La parte ricorrente impugna i provvedimenti in epigrafe per i seguenti motivi:

    1) la norma applicata (l’art. 6, comma 2, lett. a) d.lgs. 449/1992) è in contrasto con la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea per mancanza dei requisiti di tassatività e determinatezza della fattispecie; sono stati violati i principi di logicità, proporzionalità ed adeguatezza, atteso che il ricorrente gode di ottimi precedenti disciplinari e di servizio, né tantomeno i fatti a lui imputati possono definirsi intenzionali e commessi con carattere di recidività e di abitualità; al più, avrebbe dovuto essere applicata la sola sanzione pecuniaria, ai sensi dell’art. 3, comma 2, lett. b) del D.l.vo 449/92, secondo cui: “è da applicarsi la sanzione della pena pecuniaria in caso di “esercizio occasionale di commercio e di mestiere incompatibile”; manca il dolo, atteso che il ricorrente non era assolutamente a conoscenza dell’identità dei due nubendi, futuri coniugi, incensurati, per i quali avrebbe eseguito la prestazione professionale musicale oggetto di richiesta; lo stesso Consiglio Centrale di Disciplina del Corpo di Polizia …, in data 18.10.2019, deliberando sul procedimento disciplinare n. 53/19, ha ritenuto di non poter qualificare il comportamento del dipendente come doloso;

    2) carenza di motivazione, atteso che la presunta violazione dei doveri comportamentali discendenti dal giuramento non giustifica assolutamente la diretta irrogazione della sanzione della destituzione; a destare lo scalpore nell’opinione pubblica non è stata la partecipazione dei membri della banda musicale della Polizia …, ma il fatto che per tale matrimonio “trash” fosse stata concessa la sala del Maschio Angioino e che lo stesso sindaco … avesse dato la propria disponibilità a celebrare le nozze; in casi analoghi non è stata adottata la sanzione della destituzione;

    3) l’istruttoria è stata erronea e superficiale; il ricorrente ha solo accettato di rendere una prestazione musicale senza alcuna interferenza con l’attività e con l’orario di lavoro;

    4) l’Amministrazione ha ritenuto di far decorrere gli effetti della sanzione della destituzione in via retroattiva a far data dal 01.04.2019, ledendo il legittimo affidamento del privato.

    L’Amministrazione eccepisce l’infondatezza del ricorso, atteso che la condotta sanzionata sarebbe di particolare gravità e rilevanza disciplinare, per l’ordinamento giuridico di riferimento, per gli appartenenti al Corpo di Polizia …, in quanto il ricorrente avrebbe agito in netto contrasto con i canoni deontologici che ispirano le regole di vita degli appartenenti ad un Corpo dello Stato, nei confronti del quale ha reso solenne giuramento.

    In memorie depositate in data 16.04.2020 ed in data 17.04.2020 la parte ricorrente ha ribadito la fondatezza del ricorso.

    Il ricorso è fondato e va accolto per i motivi di seguito precisati.

    Assume carattere preminente – ed assorbente – la evocata censura di sproporzionalità della sanzione rispetto alla condotta disciplinarmente rilevante contestata al ricorrente.

    Ed invero, in punto di fatto, la stessa amministrazione, in sede istruttoria, ha verificato la mancanza di intenzionalità della condotta in contestazione (tanto che il relativo capo di addebito è stato stralciato), per cui il fuoco della incolpazione risiede nello svolgimento di un’attività remunerata (sia pure un modo quasi simbolico) in un contesto sociale del tutto inadeguato rispetto al contegno che impone la divisa.

    In questa prospettiva la violazione accertata (far parte di una banda musicale in occasione di un matrimonio) non appare minare in modo così estremo il dovere pur contenuto nel secondo comma dell’art. 54 della Costituzione, alla stregua del quale tutti i cittadini cui siano affidate funzioni e compiti pubblici hanno il dovere di adempierli con disciplina e con onore, intendendosi per onore il sentimento e la pratica di regole etiche fondamentali che impediscano ognora di tenere condotte definite “devianti”, quale è quella della partecipazione ad eventi che palesano in pubblico contiguità con ambienti di criminalità organizzata.

    Non è dubitabile peraltro che, anche a seguire la giustificazione addotta dall’incolpato in sede di contraddittorio innanzi al Collegio di discipline, e cioè di ignorare completamente il tipo di evento ed i suoi protagonisti, la condotta resta disciplinarmente rilevante, in ragione di una inammissibile superficialità da parte di un agente di polizia penitenziaria; tuttavia non idonea a integrare le violazioni addebitate (riconducibili a “atti che rivelino mancanza del senso dell’onore o del senso morale”; e ad “atti che siano in grave contrasto con i doveri assunti con il giuramento”), né così grave da giustificare la misura della destituzione dall’impiego.

    Ed invero, il riferimento all’aver suonato “senza aver mai inoltrato alcuna autorizzazione né comunicazione di partecipazione all’evento all’Amministrazione di appartenenza”, avrebbe dovuto portare ad una contestazione ex art. 3 del D. L.vo 449/1992 (esercizio occasionale di commercio o mestiere incompatibili); la stessa contestazione di lesione del prestigio della divisa e di violazione dell’immagine dell’amministrazione, in base al principio generale della proporzionalità della sanzione rispetto alla condotta osservata, avrebbe dovuto indurre alla irrogazione di una misura che, per quanto grave, rimanesse nell’alveo delle sanzioni conservative del posto di impiego.

    In proposito, va ricordata la giurisprudenza costante in materia, che ha sempre precisato come nel procedimento disciplinare il giudizio si svolge con una larga discrezionalità da parte dell’Amministrazione in ordine al convincimento sulla gravità delle infrazioni addebitate e della conseguente sanzione da irrogare, e che il giudice amministrativo non può sostituirsi agli organi dell’Amministrazione nella valutazione dei fatti contestati, se non nei limiti in cui la valutazione contenga un travisamento dei fatti (nella specie insussistente) ovvero il convincimento non risulti formato sulla base di un processo logico e coerente (tra le tante, Consiglio di stato, sez. IV, n. 4371/2020).

    Nel contempo, tuttavia, l’Amministrazione ha l’obbligo di rispettare il principio di proporzionalità, il quale consiste in un canone legale di raffronto che, anche dopo la sua espressa codificazione a livello comunitario sulle suggestioni del diritto tedesco (art. 5, ultimo comma, del trattato CE, ora art. 5 trattato UE), non consente di controllare il merito dell’azione amministrativa, ma legittima il controllo sul rispetto del c.d. gradualismo sanzionatorio.

    Ed invero la valutazione discrezionale dell’Amministrazione non può prescindere da una congrua ed adeguata motivazione sulle ragioni per cui il comportamento del soggetto è ritenuto sanzionabile (cfr. TAR Lazio, Roma, sez. I-ter, sent. n. 5468 del 2008), avuto riguardo agli elementi che, in base alla legge, delineano la fattispecie punitiva. Del resto, ai sensi dell’art. 1 del d.P.R. n. 737 del 1981, l’irrogazione delle sanzioni è ispirata, rispettivamente, al criterio della graduazione delle stesse, in relazione alla gravità delle infrazioni ed alle conseguenze che le stesse hanno prodotto per l’Amministrazione o per il servizio, ed all’obbligo della motivazione del provvedimento che infligge la sanzione, con prescrizioni evidentemente connesse, poiché dalla motivazione del provvedimento deve emergere la ragione per cui sia stata adottata l’una e non altra misura sanzionatoria in rapporto all’insieme degli elementi rilevanti ai fini della sua graduazione (così, in linea di principio, Cons. Stato, sez. VI, dec. n. 7379 del 2009; T.A.R. Emilia-Romagna Bologna Sez. I, 29/06/2020, n. 432).

    Nel caso di specie, la valutazione pur discrezionale dell’amministrazione appare aver valicato questo limite di legittimità, non essendo dato comprendere in base a quali elementi sia stata riscontrata la riconducibilità dei fatti verificatisi alle riconosciute fattispecie di illeciti disciplinari, e la “gravità” del comportamento sanzionato, anche tenuto conto del fatto che lo stesso Consiglio di Disciplina aveva evidenziato l’inesistenza di una natura intenzionale della condotta, nonché tenuto conto di alcune circostanze emerse nel procedimento disciplinare, atte, ragionevolmente e in modo oggettivo, ad escludere ex ante il possibile configurarsi di situazioni rilevanti negativamente sotto il profilo ambientale.

    Il decreto che ha inflitto la sanzione, insieme alla presupposta delibera del Consiglio di Disciplina, pertanto, deve essere annullato, con assorbimento delle ulteriori censure, fatto salvo il potere-dovere dell’amministrazione di rideterminarsi in ordine al tipo di illecito disciplinare configurabile, e, comunque, di irrogare una diversa sanzione.

    Le spese del giudizio devono essere compensate, avuto riguardo alla complessità della controversia.

    P.Q.M.

    Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Settima Sezione di Napoli, definitivamente pronunciando, disattesa e respinta ogni diversa istanza, domanda, deduzione ed eccezione, così provvede:

    1. Accoglie il ricorso n. 815 dell’anno 2020 e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati, nei sensi di cui in motivazione;
    2. Compensa integralmente le spese tra le parti.

    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

    Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità.

    Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 14 ottobre 2020 con l’intervento dei magistrati:

    Michelangelo Maria Liguori, Presidente

    Guglielmo Passarelli Di Napoli, Consigliere, Estensore

    Cesira Casalanguida, Primo Referendario

    L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
    Guglielmo Passarelli Di Napoli Michelangelo Maria Liguori

    IL SEGRETARIO

     

     

     

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