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TAR CAMPANIA-NAPOLI, SEZ. IV- 2 MARZO 2021- n.1398/2021

    L’autorità di giudicato esterno delle sentenze sulla giurisdizione e riparto in materia di concessioni.

    Le Sentenze dei giudici di merito che statuiscano sulla giurisdizione sono idonee ad assumere autorità di giudicato esterno solo nel caso in cui la decisione in punto di giurisdizione si coniughi con una statuizione di merito.

    Le controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici (ad eccezione delle controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi e quelle attribuite ai tribunali delle acque pubbliche e al Tribunale superiore delle acque pubbliche) sono devolute alla giurisdizione del G.A.

    Le domande di rilascio del bene e di condanna al risarcimento del danno per l’abusiva occupazione dei locali a far data dalla scadenza del contratto di concessione riguardano un aspetto afferente al diritto soggettivo di proprietà e al possesso dei locali che esulano dalle prerogative pubblicistiche derivanti dalla natura concessoria del rapporto. La circostanza che la detenzione di un bene derivi da un atto amministrativo non è idonea a fondare la giurisdizione del G.A.

    Lo strumento concessorio: tipico provvedimento ampliativo di diritto pubblico. Inapplicabilità del rinnovo tacito alle concessioni di beni pubblici.

    La possibilità di attribuire a terzi la disponibilità di beni di proprietà pubblica, assoggettati allo svolgimento di un servizio pubblico è tradizionalmente rimessa allo strumento concessorio, tipico provvedimento ampliativo di diritto pubblico. La concessione di beni pubblici è istituto in cui è immanente l’interesse dell’amministrazione a un corretto utilizzo del bene affidato in uso speciale al privato concessionario di talché il contratto che regola il rapporto si rivela essere dal provvedimento con cui si estrinseca il potere di affidamento dell’uso del bene. A tale schema, peraltro, corrisponde la persistenza, anche nella fase esecutiva del rapporto, di poteri di supremazia dell’amministrazione

    Tale modalità di rinnovo è inapplicabile alle concessioni di beni pubblici. Tanto dipende dall’impossibilità di desumere la volontà della P.A. per implicito e, quindi, al di fuori del procedimento prescritto dalla legge per la sua formazione e senza le forme prescritte a tal fine. Alla medesima conclusione, conduce, inoltre, l’ampia portata del principio del divieto di rinnovo dei contratti pubblici scaduti. Tale principio – seppur previsto dalla legge con espresso riferimento agli appalti di lavori, servizi e forniture si estende anche al settore delle concessioni dei beni pubblici in quanto esso deriva dall’applicazione della regola, di matrice comunitaria, per cui i beni pubblici contendibili non devono poter essere sottratti per un tempo eccessivo e senza gara al mercato e, quindi, alla possibilità degli operatori economici di ottenerne l’affidamento.

    Massima a cura dell’Avv. Rosita Brigante e della dott.ssa Fabia Balletta

     

     

     

     

    Pubblicato il 02/03/2021

    01398/2021 REG.PROV.COLL.

    02600/2020 REG.RIC.

    REPUBBLICA ITALIANA

    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

    Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

    (Sezione Quarta)

    ha pronunciato la presente

    SENTENZA

     

    sul ricorso numero di registro generale 2600 del 2020, proposto da

    …, …, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi ex lege …, presso cui domicilia in …, via … ;

    contro

     

    …, in persona del legale rappresentante …, rappresentato e difeso dall’avvocato …, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in …, via … n. …;

    … non costituito in giudizio;

    per l’accertamento

     

    che i convenuti occupano SINE TITULO il locale adibito a bar ubicato all’interno dello stabile sede dell’Ufficio Territoriale di … dell’Amm.ne in epigrafe in … alla via … n. …, al piano terra, adiacente all’ingresso nell’edificio;

    per la condanna

    dei convenuti in solido e/o per quanto di ragione al rilascio, libero da persone e cose, il locale adibito a bar descritto nella precedente conclusione;

     

    e per la condanna

     

    dei convenuti in solido e/o per quanto di ragione, al pagamento del risarcimento del danno da occupazione senza titolo, corrispondente almeno ad € 4.900,00 all’anno, IVA esclusa, o a quella che sarà determinata definitivamente in corso di causa, dal 20.07.2010 fino alla data dell’effettivo rilascio, oltre interessi come per legge;

     

    Visti il ricorso e i relativi allegati;

     

    Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’…;

     

    Visti tutti gli atti della causa;

     

    Relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 febbraio 2021 il dott. Luca Cestaro, celebrata l’udienza e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale ai sensi degli artt. 4 co. 1 del D.L. 28/2020 (conv. con L. 70/2020) e 25 del D.L. 137/2020;

     

     

    FATTO

     

    1.1. … chiede dichiararsi la cessazione della concessione, originariamente disposta in favore dell’…. relativa “all’esercizio del bar, del servizio di distribuzione automatica di bevande calde e fredde e di cibi confezionati e quant’altro voglia … concedere in gestione per qualsiasi altro servizio” svolta “nei locali della struttura lavorativa in …” come da capitolato del 19.07.2004. L’…chiede, inoltre, il risarcimento del danno da occupazione sine titulo dei locali parametrato in euro 4.900 euro annui utilizzando come parametro il canone locatizio dell’intero immobile detenuto dall’ente (v. all. 12 prod. …).

     

    1.2. L’… rappresenta che il contratto si è concluso, decorso il termine di sei anni, in data 19.07.2010 e che, da allora, l’ … non ha inteso rilasciare i locali in questione. L’azione era originariamente proposta innanzi al Tribunale di Torre Annunziata che con Sentenza n. 2634/2015 declinava la giurisdizione. Il processo era, quindi, riassunto innanzi a questo T.A.R. con ricorso n. 1279/2016 che si estingueva per perenzione con decreto del 01.08.2017.

     

    Il ricorso era, infine, riproposto in questa sede.

     

    1.3. … rileva come l’estinzione del precedente giudizio, nel quale era stata eccepita la tardività della riassunzione, lasci impregiudicata la questione di giurisdizione che spetterebbe al giudice ordinario, trattandosi di un ordinario rapporto di locazione che, in quanto tale, si è tacitamente rinnovato. A conferma della propria tesi, l’associazione rileva che l’… ha “incamerato” in data 31.05.2012 l’importo di euro 5.049,25 per i pregressi canoni e che, in ogni caso, è disponibile a corrispondere il “canone locativo” nella misura pattuita ossia 50 euro al mese.

     

    L’associazione rileva, anche, che i danni andrebbero in ogni caso richiesti alla società … a cui sono stati sublocati i locali a far data dall’11.12.2008 e, comunque, parametrati al canone pattuito nel capitolato e non altrimenti.

     

    1.4. All’esito dell’udienza pubblica del 3.02.2021, la causa era trattenuta in decisione.

     

    DIRITTO

     

    1. Come descritto nella parte in fatto, il giudizio costituisce la riedizione di quello già instaurato con ricorso n. 1279/2016, dichiarato perento in data 01.08.2017; nell’ambito di quel ricorso, il Tribunale di Torre Annunziata, sez. dist. Castellammare di Stabia, con Sentenza n. 2364/2015, ha negato la giurisdizione del giudice ordinario.

     

    Tale Sentenza, pur non impugnata, non fa ulteriormente stato in questa sede per essersi il giudizio nel cui ambito è stata resa estinto (v. Cass. SS.UU. n. 1007 del 27.01.1993). Le Sentenze dei giudici di merito che statuiscano sulla giurisdizione sono, infatti, idonee ad assumere autorità di giudicato esterno solo nel caso in cui la decisione in punto di giurisdizione si coniughi con una statuizione di merito (ex multis, v. Cass. civ., SS.UU n. 4997 del 02.03.2018 e n. 16458 del 30.07.2020), il che non è avvenuto nel caso di specie.

     

    3.1. Va, quindi, affrontata la questione di giurisdizione relativa alle tre domande proposte da parte della ricorrente.

     

    3.2. Quanto alla domanda di “accertamento dell’occupazione sine titulo” dei locali della sede di … dell’…, essa riguarda, come meglio precisato nel corpo del ricorso, l’esame del titolo in base al quale esiste tale detenzione; difatti, la parte ricorrente assume che la detenzione dei locali sia stata data in concessione, con conseguente esclusione del rinnovo tacito, mentre la parte resistente, l’…, pretende che essa derivi da una mera locazione, con conseguente operatività del rinnovo tacito.

     

    L’esame della questione di giurisdizione, quindi, implica l’esame della ragione di merito alla base del contenzioso tra le parti.

     

    3.3. Ebbene, la possibilità di attribuire a terzi la disponibilità di beni di proprietà pubblica, assoggettati allo svolgimento di un servizio pubblico, e, quindi, facenti parte del patrimonio indisponibile dell’ente pubblico, è tradizionalmente rimessa allo strumento concessorio, tipico provvedimento ampliativo di diritto pubblico (v. in tal senso, Cass. civ. SS.UU. n. 5487/2014).

     

    Giova rammentare che la concessione di beni pubblici – qual è quella di cui si discute – è istituto in cui è immanente l’interesse dell’amministrazione a un corretto utilizzo del bene affidato in uso speciale al privato concessionario di talché il contratto che regola il rapporto si rivela essere dipendente logicamente e giuridicamente dal provvedimento con cui si estrinseca il potere di affidamento dell’uso del bene. A tale schema, peraltro, corrisponde la persistenza, anche nella fase esecutiva del rapporto, di poteri di supremazia dell’amministrazione (v. da ultimo, Consiglio di Stato, sez. V, Sent. n. 8100 del 17.12.2020).

     

    Nel senso della natura pubblicistica del rapporto in questione, depone anche la convenzione che lo regola (in atti); essa è rubricata quale “capitolato di concessione” e prevede, come suo oggetto, “l’esercizio del bar, del servizio di distribuzione automatica di bevande calde e fredde e di cibi confezionati e quant’altro voglia l’… concedere in gestione per qualsiasi altro servizio” svolta “nei locali della struttura lavorativa in …”. L’uso della terminologia appena riportata dimostra come le stesse parti abbiano inteso dar vita a un rapporto concessorio e non di tipo locativo.

     

    Le clausole contrattuali, peraltro, rimandano a un rapporto di stampo pubblicistico allorché regolano la tipologia di servizio da effettuarsi nei locali e prevedono un penetrante potere di controllo dell’Autorità concedente quanto alle modalità di svolgimento del servizio medesimo.

     

    In tal senso, il capitolato di concessione si spinge a regolare gli orari di apertura dell’esercizio (art. 8), i criteri di approvvigionamento conservazione dei generi di consumo (art. 9) ed è previsto uno specifico potere di controllo quanto ai prezzi dei beni da somministrare (art. 10) oltre a un potere di vigilanza con spiccati connotati pubblicistici (art. 19).

     

    Va, quindi, disattesa la tesi della parte resistente secondo cui si tratterebbe di una mera locazione: si tratta di un rapporto di tipo concessorio.

     

    4.1. In punto di riparto di giurisdizione, quanto si è appena argomentato vale a distinguere la fattispecie in esame dalle figure di concessione ascrivibili alle previsioni del codice degli appalti (d.lgs. 50/2016 art. 3 lett. ‘uu’ e ‘vv’) rispetto alle quali sta emergendo, nella Corte regolatrice, un indirizzo che restringe la giurisdizione del Giudice amministrativo applicando, per lo più, il criterio di riparto previsto nell’ambito delle procedura di evidenza pubblica (ossia quello di cui all’art. 133 lett. ‘e’ del c.p.a.; tra le altre, v. Cass. civ. SS.UU. n. 31027 del 27.11.2019 e n. 18267 dell’8.7.2019).

     

    Nel caso in esame, trova, invece, applicazione il criterio di cui all’art. 133 co. 1 lett. ‘b’ del c.p.a. per la concessione di beni pubblici che rimette alla giurisdizione esclusiva del G.A. le controversie “aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici, ad eccezione delle controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi e quelle attribuite ai tribunali delle acque pubbliche e al Tribunale superiore delle acque pubbliche”.

     

    4.2. Ebbene, la prima domanda di “accertamento dell’occupazione sine titulo”, come meglio specificata nel corpo del ricorso, afferisce alla durata del titolo in base al quale è attribuita la disponibilità dei locali ove viene esercitato il servizio bar e pertanto rientra nella giurisdizione del Giudice amministrativo quale giudice naturale del rapporto concessorio (v. C.d.S. n. 8100 del 17.12.2020, cit.).

     

    5.1. A diversa conclusione, deve invece pervenirsi per le altre domande recate nel ricorso di rilascio del bene e di condanna al risarcimento del danno per l’abusiva occupazione dei locali a far data dalla scadenza del contratto di concessione.

     

    5.2. Tali domande, infatti, riguardano un aspetto afferente al diritto soggettivo di proprietà e al possesso dei locali occupati dall’…: a essere azionato è, infatti, il diritto di proprietà e non, invece, le prerogative pubblicistiche derivanti dalla natura concessoria del rapporto.

     

    Pertanto, in tali casi, salvo che non si faccia ricorso a strumenti pubblicistici, ove positivamente attivabili, per il rilascio del bene, la controversia esula dalla giurisdizione del giudice amministrativo: la circostanza che la detenzione del convenuto derivi da un atto amministrativo non è idonea a fondare la giurisdizione del giudice amministrativo (Cass. civ. SS.UU. n. 3730/2016), che è, invece, da ritenersi limitata alle questioni relative al provvedimento concessorio o a quelle che, comunque, investano l’azione autoritativa della P.A. sul rapporto concessorio.

     

    5.3. La giurisdizione in merito alla domanda di rilascio del bene e a quella per ottenere il risarcimento da occupazione illegittima si radica, quindi, innanzi al Giudice ordinario.

     

    1. Ancora in via preliminare, va evidenziata la peculiarità della presente controversia in cui la parte ricorrente è pubblica, mentre quella resistente è privata. Tale possibilità, di cui pure si è dubitato, nel campo della giurisdizione esclusiva, è stata definitivamente ammessa dalla Corte Costituzionale che, con Sentenza n. 179 del 15 luglio 2016 che ha, fra l’altro, precisato come “elementari ragioni di coerenza e di parità di trattamento” depongano in senso contrario alla creazione di materie a giurisdizione frazionata in funzione della differente soggettività dei contendenti: è necessario che la P.A. “possa avvalersi della concentrazione delle tutele che è propria della giurisdizione esclusiva e che le sia riconosciuta la legittimazione attiva per convenire la parte privata avanti il giudice amministrativo”, non potendo limitarsi la sua tutela, in simili casi, agli strumenti di autotutela pubblicistici (unici che residuerebbero una volta preclusa la possibilità di adire il giudice amministrativo).

     

    1. Passando al merito della domanda, le considerazioni spese ai capi che precedono dimostrano come non vi possa essere stato alcun “tacito” rinnovo. Tale modalità di rinnovo è, infatti, inapplicabile alle concessioni di beni pubblici.

     

    Tanto dipende dall’impossibilità di desumere la volontà della P.A. per implicito e, quindi, al di fuori del procedimento prescritto dalla legge per la sua formazione e senza le forme prescritte a tal fine (cfr. Consiglio di Stato sez. V, 26/09/2013, n. 4775; T.A.R. Roma, Sez. II, 04/05/2017, n.5239).

     

    Alla medesima conclusione, conduce, inoltre, l’ampia portata del principio del divieto di rinnovo dei contratti pubblici scaduti. Tale principio – seppur previsto dalla legge con espresso riferimento agli appalti di lavori, servizi e forniture (v. in particolare, l’art. 23 co. 2 della L. 62/2005) – si estende anche al settore delle concessioni dei beni pubblici in quanto esso deriva dall’applicazione della regola, di matrice comunitaria, per cui i beni pubblici contendibili non devono poter essere sottratti per un tempo eccessivo e senza gara al mercato e, quindi, alla possibilità degli operatori economici di ottenerne l’affidamento (T.A.R. Salerno, Campania, sez. II, 02/10/2019, n.1697; T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sent. n. 259 del 17.02.2020).

     

    La conclusione appena raggiunta non muta nel caso in cui vi sia stata una tolleranza iniziale in merito alla occupazione del bene. Un simile contegno, infatti, non radica alcuna posizione di diritto o di interesse legittimo in capo all’occupante ex concessionario, essendo irrilevante a tal fine anche il pagamento delle somme corrispondenti all’originario canone (Consiglio di Stato sez. V, 26/09/2013, n. 4775, cit.; Consiglio di Stato sez. V, 22/11/2005, n.6489; T.A.R. Napoli, Campania, sez. II, 27/02/2020, n.895).

     

    1. Va, quindi, accolta la domanda volta all’accertamento dell’avvenuta scadenza della concessione dopo sei anni dalla sua stipula e, quindi, a partire dal 20.07.2010, mentre vanno dichiarate inammissibili per difetto di giurisdizione le domande relative al rilascio dei locali e al risarcimento del danno da occupazione illegittima.

     

    Le spese di lite, liquidate in dispositivo, devono essere ripartite in ragione della soccombenza sulla questione principale e, quindi, poste a carico dell’Associazione resistente.

     

    P.Q.M.

     

    Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

     

    -) lo accoglie in parte e per l’effetto accerta l’intervenuta scadenza della concessione;

     

    -) per il resto lo dichiara inammissibile quanto alle domande relative al rilascio del bene e al risarcimento del danno da occupazione illegittima e tanto per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo;

     

    -) individua, in merito a queste ultime due domande, quale giudice munito della giurisdizione, il giudice ordinario, innanzi al quale, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute, sono fatti salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda, qualora il processo sia riproposto entro il termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della presente Sentenza;

     

    -) condanna … al pagamento delle spese di lite che si liquidano in euro 3.000,00 oltre agli accessori di legge e al contributo unificato nella misura effettivamente versata;

     

    -) ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

     

    Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 3 febbraio 2021 con l’intervento dei magistrati:

     

    Pierina Biancofiore, Presidente

     

    Ida Raiola, Consigliere

     

    Luca Cestaro, Consigliere, Estensore

     

     

     

    L’ESTENSORE                       IL PRESIDENTE

    Luca Cestaro               Pierina Biancofiore

     

     

     

     

     

    IL SEGRETARIO

     

     

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