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Tribunale di Napoli, Sezione specializzata in materia di impresa, ordinanza del 26 febbraio 2020

    Marchio registrato – Presunzione di contraffazione – Identità tra i segni e identità tra i prodotti – Condotte lesive – Competenza

    Sussiste una presunzione di contraffazione ex art. 20 c.p.i. qualora sia riscontrabile l’identità tra il segno contraffattorio ed il marchio in relazione a prodotti e servizi identici al marchio registrato.

    Ricorre l’identità tra i segni nell’ipotesi in cui il secondo segno riproduca, senza modifiche e aggiunte, gli elementi caratterizzanti il marchio, laddove per l’identità tra prodotti e servizi è necessario che i medesimi presentino identità di caratteristiche, avendo riguardo – per entrambi i presupposti – alla figura del consumatore medio che è portato ad un esame fondato sulla impressione complessiva e sintetica.

    Anche la sola offerta in vendita di prodotti da parte dell’assunto contraffattore integra la condotta lesiva dell’altrui diritto sul marchio, e come tale consente la tutela del diritto di esclusiva.

    È attratta alla competenza funzionale della sezione specializzata in materia di impresa la domanda cautelare che abbia ad oggetto l’indebito utilizzo del marchio, ove ciò risulti evidente dalle allegazioni delle parti e dalle circostanze emerse in seno al procedimento cautelare.

    Massima a cura dell’avv. Gloria Valeria Ventura e dell’avv. Giancarlo Borriello

    R.G. n. 34760/2019

    TRIBUNALE DI NAPOLI

    SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA D’IMPRESA

    Il giudice designato, dr. Adriano DEL BENE

    SUL RICORSO EX ARTT. 129 E 131 C.P.I. E 669 BIS E SS. C.P.C.

    proposto da

    … S.R.L., con sede in … alla via … (p.iva. …), in persona del legale rappresentante p.t., dott.ssa …, rappresentata e difesa dall’avv. …, giusta procura in atti, elettivamente domiciliata presso il suo studio in … alla via …

    RICORRENTE

    contro

    … S.R.L.S. SOCIETA’ AGRICOLA, con sede in … alla contrada … (p. iva …), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa, in virtù di procura in atti, dall’avv. …, presso il cui studio è elettivamente domiciliata in … al viale …

     RESISTENTE

    letti gli atti, ha pronunciato la seguente

    ORDINANZA

    Con ricorso depositato il 10.12.2019 la … s.r.l. esponeva di essere titolare del marchio “…” e di agire nei confronti della …, società agricola fornitrice di prodotti alimentari e specificatamente di mozzarelle di bufala, che in difetto di autorizzazione, ha realizzato ed utilizzato imballaggi che dovevano contenere il predetto prodotto caseario, apponendo su di essi il marchio della ricorrente e sostituendo i propri riferimenti a quelli della … s.r.l. Invocava pertanto provvedimento inaudita altera parte di descrizione e sequestro delle buste di plastica utilizzate per il commercio e l’esportazione di mozzarella di bufala nel mercato giapponese.

    In particolare, la ricorrente si era accorta che per le spedizioni datate 19 novembre e 26 novembre 2019 controparte aveva ingannato la ricorrente, utilizzando le confezioni riportanti il marchio della ricorrente sebbene non si trattasse di mozzarella di latte di bufala al 100%, bensì di mozzarelle composte da latte vaccino e di bufala. Di tanto si era avveduta soltanto il 03.12.2019 quando riusciva ad evitare la spedizione delle nuove buste contraffatte.

    Con provvedimento emesso il 16.12.2019 il GD così disponeva:

    premesso in punto di diritto:

    1. a) che l’art. 20 del d.lgs. 30/2005, intitolato “Diritti conferiti dalla registrazione “ prevede: 1. I diritti del titolare del marchio d’impresa registrato consistono nella facoltà di fare uso esclusivo del marchio. Il titolare ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nell’attività economica: a) un segno identico al marchio per prodotti o servizi identici a quelli per cui esso è stato registrato; b) un segno identico o simile al marchio registrato, per prodotti o servizi identici o affini, se a causa dell’identità o somiglianza fra i segni e dell’identità o affinità fra i prodotti o servizi, possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico, che può consistere anche in un rischio di associazione fra i due segni; c) un segno identico o simile al marchio registrato per prodotti o servizi anche non affini, se il marchio registrato goda nello stato di rinomanza e se l’uso del segno senza giusto motivo consente di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza del marchio o reca pregiudizio agli stessi. 2. Nei casi menzionati al comma 1 il titolare del marchio può in particolare vietare ai terzi di apporre il segno sui prodotti o sulle loro confezioni; di offrire i prodotti, di immetterli in commercio o di detenerli a tali fini, oppure di offrire o fornire i servizi contraddistinti dal segno; di importare o esportare prodotti contraddistinti dal segno stesso; di utilizzare il segno nella corrispondenza commerciale e nella pubblicità. 3. Il commerciante può apporre il proprio marchio alle merci che mette in vendita, ma non può sopprimere il marchio del produttore o del commerciante da cui abbia ricevuto i prodotti o le merci”;
    2. b) che, ove ricorra l’identità tra il segno contraffattorio ed il marchio, per prodotti e servizi identici a quello per cui esso è stato registrato, l’art. 20, comma 1, lett. a) cpi, configura una presunzione di contraffazione che prescinde da ogni esame sul rischio di confusione determinato dall’attività illecita.

    Primo presupposto perché operi tale disciplina è che sussista quanto meno un’identità sostanziale tra i segni. Va detto, al riguardo, che a fronte di un dibattito dottrinario tra coloro i quali sostengono rilevi un’identità assoluta tra i segni e quanti sostengono, viceversa, che basti solo quella sostanziale di cui s’è riferito, si colloca in una posizione intermedia e condivisibile la giurisprudenza (soprattutto quella comunitaria), secondo cui è necessario che il secondo segno riproduca, senza modifiche e aggiunte, gli elementi caratterizzanti il marchio, nell’impressione complessiva e sintetica del consumatore medio (cfr. al riguardo Corte Giust. UE 18.3.2003).

    Secondo presupposto d’operatività della norma è che i segni interferenti siano utilizzati per prodotti e servizi identici (non solo che appartengono al medesimo settore e siano destinati a soddisfare le medesime esigenze merceologiche), che presentino quindi identità di caratteristiche agli occhi dello stesso consumatore medio.

    Ove ricorrano tali condizioni, la tutela del godimento da parte dell’avente diritto deve intendersi limitata a quegli atti d’imitazione o usurpazione che comportino un pericolo di confusione per i consumatori.

    1. c) che s’intende “marchio rinomato” quello conosciuto da una parte significativa del pubblico interessato ai prodotti o servizi da esso contraddistinti tanto da acquisire un valore economico in sé, che prescinde dalla funzione distintiva del segno e tale valore economico riceve tutela in forza dell’espresso disposto dell’art. 20, lett. c), D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30.

    Infatti, un marchio, oltre ad indicare l’origine di un prodotto, può altresì svolgere altre funzioni che sono meritevoli di tutela; esso può, in particolare, offrire una garanzia che tutti i prodotti provenienti da una determinata impresa abbiano la stessa qualità (funzione di garanzia) e può servire da strumento di pubblicità riflettendo il valore di avviamento ed il prestigio acquisiti sul mercato (funzione pubblicitaria).

    Pertanto, il marchio serve, oltre ad indicare l’origine di un prodotto, anche a trasmettere al consumatore un messaggio o una determinata immagine che sono incorporati nel segno, soprattutto in seguito all’uso, e che, una volta acquisiti, entrano a far parte del suo carattere distintivo e della sua notorietà. (Trib. Bologna, Sez. spec. propr. industr. ed intell., 20/09/2010, V. SPA C. V. S., Massima redazionale, 2010 in Platinum UTET 2013).

    1. d) che “il diritto di esclusiva vieta, oltre all’immissione in commercio di prodotti contraffatti, anche la semplice offerta di prodotti che indebitamente utilizzano il marchio altrui (nella specie, tramite la distribuzione di listini e depliants), mentre l’effettiva distribuzione dei prodotti sul mercato e l’ampiezza della loro vendita possono essere considerate ai fini dell’eventuale risarcimento dei danni. (Cass. civ., Sez. I, 30/07/2009, n. 17734, R.G. S.R.L. C. 2p Kart S.R.L. Mass. Giur. It., 2009, CED Cassazione, 2009; conf. ex multis Civ. 99/13592; Trib. Monza 31.7.200).

    Di conseguenza, ai fini indicati non importa che i prodotti contrassegnati dal marchio che determina confondibilità siano stati materialmente realizzati dall’assunto contraffattore, bastando che essi siano offerti, immessi in commercio, detenuti a tali fini, importati o esportati.

    Anche la semplice offerta di prodotti che indebitamente utilizzino il marchio altrui, del caso realizzata tramite web o per mezzo della distribuzione di depliants, integra quindi l’ipotesi vietata dalla norma e consente la tutela del diritto di esclusiva.

    Per meglio dire, anche la sola offerta in vendita di prodotti senza il consenso del titolare del segno distintivo, ove venga posta in essere su siti Internet mediante indicazione delle tipologie dei prodotti offerti, dei prezzi e delle modalità di vendita, indipendentemente dalla reale presenza dei prodotti, costituisce condotta lesiva dell’altrui diritto sul marchio (in termini, Trib. (Ord.) Napoli, 30/04/2004 Soc. Uniprof Italia C. Soc. Colgate Palmolive Italia, Foro It., 2005, 1, 1, 268).

    1. e) che l’art. 129 c.p.i. prevede che il titolare di un diritto di proprietà industriale può chiedere la descrizione o il sequestro ed il sequestro subordinatamente alla descrizione di alcuni o di tutti gli oggetti costituenti violazione di tale diritto, nonché dei mezzi adibiti alla produzione dei medesimi e degli elementi di prova concernenti la denunciata violazione e la sua entità.

    Mentre la descrizione ha la precipua funzione di acquisire la prova della contraffazione, il sequestro svolge una duplice funzione: quella probatoria nel senso che può avere ad oggetto uno o anche tutti gli esemplari che si ritengono configurare la contraffazione, ai fini dell’accertamento del quantum del danno, e quella cautelare in senso specifico perché può servire a staggire gli oggetti dei quali la sentenza di merito potrà ordinare la rimozione, la distruzione, l’aggiudicazione (Cass. civ., Sez. I, 09/02/2007, n. 2873, Soc. Editoriale Chiaravalle C. Barezzi, Foro It., 2007, 6, 1, 1740);

    1. f) che l’art. 131 c.p.i. stabilisce che il titolare di un diritto di proprietà industriale può chiedere che sia disposta l’inibitoria di qualsiasi violazione imminente del suo diritto e del proseguimento o della ripetizione delle violazioni in atto.
    2. g) d’altra parte, che in materia di privative industriali, stante la natura dei diritti violati, la pericolosità del ritardo deve essere considerata insita nelle conseguenze irreversibili che la contraffazione può produrre sul mercato nel tempo necessario a far valere il diritto in via ordinaria (Trib. (Ord.) Torino, Sez. spec. propr. industr. ed intell., 09/11/2009 Occelli Agrinatura s.r.l. C. Cooperativa Agricola La Poiana). Ed infatti lo sviamento di clientela, che rappresenta il tipico effetto dannoso dell’attività illecita, integra certamente, per costante giurisprudenza, gli estremi del pregiudizio irreparabile ed irreversibile; l’irreparabilità del danno deriva dall’obiettiva difficoltà di recupero della quota di mercato eventualmente perduta e dall’impossibilità di addivenire nel futuro giudizio di merito ad un’esatta quantificazione del pregiudizio patrimoniale arrecato all’immagine ed agli interessi della impresa pregiudicata.

    premesso in punto di fatto:

    che nella circostanza la ricorrente:

    1. a) ha documentato di essere società attiva nell’esportazione di prodotti alimentari italiani all’estero, con particolare riferimento a prodotti quali mozzarelle di bufala nei mercati asiatici;
    2. b) ha specificato di avvalersi dal febbraio 2018 della società … S.R.L.S. SOCIETA’ AGRICOLA per la fornitura di mozzarelle di bufala, fornendo alla medesima confezioni per l’imbustamento dei predetti latticini riportanti il marchio di titolarità della ricorrente “…”;
    3. c) ha denunciato che la …S.R.L.S. SOCIETA’ AGRICOLA avrebbe spedito sul mercato asiatico due partite di mozzarelle utilizzando involucri con il marchio “…” diversi da quelli riforniti dalla ricorrente (e nei quali viene indicato sul retro che i prodotti sono riferibili commercialmente alla …s.r.l., come si evince dalle buste originali indicate nel ricorso, cfr. doc.4);

    rilevato che:

    1. A) da quanto denunciato sembrerebbe che effettivamente la resistente abbia utilizzato confezioni riportanti il marchio della ricorrente senza la sua autorizzazione e che nel retro di tali confezioni non vi fossero i riferimenti commerciali della … s.r.l. bensì quelli della resistente, così realizzando una condotta di sviamento della clientela, che a questo punto contatterà direttamente la … S.R.L.S. SOCIETA’ AGRICOLA per rifornirsi di altri latticini;
    2. B) tale condotta ha determinato la necessità di impedire ulteriori spedizioni illecite e per la ricorrente anche la necessità di far stampare nuovi imballaggi (con aggravio dei costi) rivolgendosi ad un nuovo fornitore;

    ritenuto, pertanto:

    –              che ricorra il fumus a fondamento delle cautele invocate, versando in ipotesi di contraffazione di marchi, nel senso che la resistente ha utilizzato indebitamente il marchio della ricorrente per prodotti confezionati in buste che non riportano i riferimenti commerciali della …s.r.l. bensì quelli della …S.R.L.S. SOCIETA’ AGRICOLA, così scavalcando la stessa ed instaurando un rapporto commerciale diretto con la clientela;

    –              ritenuto, inoltre, che esiste l’attuale pericolo concreto di ulteriore sviamento della clientela della ricorrente, di compromissione dell’avviamento e dell’immagine commerciale della stessa (qualora risponda al vero la circostanza che le mozzarelle così esportate sul mercato giapponese non siano 100% di latte di bufala, come prospettato dalla ricorrente);

    –              ritenuto che eventuali ulteriori ritardi per il tempo necessario all’instaurazione del contraddittorio potrebbero cagionare pregiudizi irreparabili alla ricorrente di tal ché vadano indifferibilmente adottate le misure richieste;

    –              ritenuto, in particolare, che le misure dell’inibitoria, del sequestro, della sanzione penale prevista come segue siano sufficienti a cautelare le ragioni di chi ricorre;

    P.Q.M.

    Il Tribunale di Napoli, sezione specializzata in materia d’Impresa, pronunziando sul ricorso cautelare in oggetto, letti gli artt. 129, 131, c.p.i.:

    accoglie la domanda cautelare … S.R.L., e per l’effetto, inaudita altera parte:

    1)            ordina la descrizione e quindi in caso positivo il relativo sequestro a mezzo di ufficiale Giudiziario, anche con l’impiego di mezzi tecnici di accertamento, fotografici o di altra natura – presso la sede legale, le sedi secondarie, le unità locali della … S.R.L.S. SOC. AGR., nonché presso magazzini o depositi della stessa, presso rivenditori e/o agenti nonché presso terzi che ne facciano commercio – delle confezioni riportanti il marchio “…”;

    2)            inibisce a … S.R.L.S. SOC. AGR., in persona del legale rappresentante p.t., l’utilizzo di ogni confezione riportante il marchio registrato “…”;

    3)            fissa in € 500,00 la penalità da pagare in favore della ricorrente per ogni violazione successivamente constatata al presente provvedimento;

    4)            autorizza la ricorrente ad assistere alle operazioni di descrizione e sequestro con i propri difensori e con tecnici di sua fiducia;

    5)            fissa per la comparizione delle parti, per la conferma, modifica o revoca del presente provvedimento, l’udienza del 03.01.2020, h. 10,00;

    6)            fissa per la notifica del ricorso e del presente decreto termine perentorio sino al 24.12.2019;

    7)            assegna alle resistenti termini sino al 02.01.2020 per il deposito di propria memoria difensiva. Si comunichi.

    Si costituiva la società resistente, depositando comparsa di costituzione, contestando che sia stata commessa alcuna falsificazione del marchio né tantomeno attività anticoncorrenziale.

    Nella ricostruzione fattuale, la società resistente precisava che rispetto all’accordo iniziale che prevedeva che … S.R.L.S. SOCIETA’ AGRICOLA producesse al prezzo di euro 7,70 mozzarelle di bufala, che sarebbero state imbustate in confezioni fornite dalla ricorrente, si era convenuto successivamente tra la rappresentante legale della …s.r.l. il responsabile commerciale della …S.R.L.S. SOCIETA’ AGRICOLA – in ragione dell’aumento del costo del latte di bufala – una fornitura di mozzarella mista con l’utilizzo di buste riportanti sempre il marchio della ricorrente …, che però venivano procurate dalla resistente, anche in ragione del fatto che le precedenti buste non fossero conformi alle disposizioni del settore.

    La sussistenza di tale accordo sarebbe testimoniato dalla circostanza che le prime due spedizioni relative alle nuove buste contenenti mozzarella a latte misto sarebbero andate a buon fine, mentre solo la terza spedizione sarebbe stata bloccata dalla ricorrente. L’unico fine di tale comportamento culminato con il deposito del presente ricorso cautelare è riconducibile alla volontà della società ricorrente di non pagare le commesse per l’ammontare complessivo di circa 15.000 euro.

    Nella fattispecie in esame, secondo parte resistente, sarebbe ravvisabile soltanto un inadempimento contrattuale giammai un’ipotesi di concorrenza sleale. Tale circostanza determinerebbe il difetto di competenza della intestata sezione specializzata adita. Concludeva quindi chiedendo in via preliminare la declaratoria di incompetenza per materia ed in via subordinata il rigetto della domanda cautelare, con revoca del decreto emesso inaudita altera parte.

    All’udienza di comparizione del 03.01.2020, non essendo pervenuto il verbale di sequestro redatto dall’Ufficiale giudiziario, si disponeva il rinvio al 21.01.2020 ed all’esito della discussione, il giudice riservava la decisione.

    Preliminarmente, si ribadisce la competenza funzionale della intestata sezione specializzata, trattandosi di domanda cautelare finalizzata ad ottenere la descrizione ed il sequestro di imballaggi sui quali è stato apposto un marchio senza l’autorizzazione del suo titolare.

     

    Come espressamente previsto dall’art. 3 D. Lgs. n. 168 del 2003, “le sezioni specializzate sono competenti in materia di: a) controversie di cui all’art. 134 del decreto legislativo 10 febbraio 2005 n.30 e successive modificazioni…”.

    La lettera a) del citato art. 134 devolve alla cognizione delle sezioni specializzate in materia d’impresa: “i procedimenti giudiziari in materia di proprietà industriale e di concorrenza sleale, con esclusione delle sole fattispecie che non interferiscono, neppure indirettamente, con l’esercizio dei diritti di proprietà industriale”.

    E’ incontestabile che il ricorso alla tutela cautelare è fondato sull’indebito utilizzo del marchio “…” della ricorrente e quindi del connesso comportamento anticoncorrenziale della resistente che radica la competenza di questa sezione specializzata.

    I tentativi della … S.R.L.S. SOCIETA’ AGRICOLA di ricondurre la fattispecie ad un’ipotesi di mero inadempimento contrattuale risultano fallimentari sia perché non esiste alcun contratto scritto che regolamenti il rapporto di fornitura dei prodotti caseari (nella specie mozzarella di bufala) tra le due società contendenti, sia perché è indubitabile l’illegittimo utilizzo del marchio della ricorrente sulle buste riportanti gli estremi identificativi della … S.R.L.S. SOCIETA’ AGRICOLA.

    Le allegazioni su cui si fonda la difesa di parte resistente sono rimaste assolutamente non provate e rimesse unicamente ad una invocata prova testimoniale di un teste indicato come il responsabile commerciale della … S.R.L.S. SOCIETA’ AGRICOLA.

    Il dato oggettivo invece che ha trovato pieno riscontro nel verbale di sequestro effettuato all’esito del provvedimento emesso inaudita altera parte – che si intende quindi confermare – è quello relativo al fatto che sulle buste rinvenute nella disponibilità della resistente è stato apposto il marchio “…” della ricorrente, in difetto di alcuna autorizzazione o licenza.

    La società comparente insiste nel sostenere di aver ricevuto un’autorizzazione verbale da parte della rappresentante legale della … s.r.l.

    Ma ciò che risulta inspiegabile, qualora fosse intervenuta tale autorizzazione verbale, è il motivo per il quale la … s.r.l. avrebbe dovuto accettare di eliminare del tutto dalle confezioni i propri riferimenti identificativi.

    Invero, le buste sottoposte a sequestro non riportano in alcuna parte gli estremi identificativi della società ricorrente, pertanto al cliente finale sarebbe giunto un prodotto in alcun modo riconducibile al soggetto giuridico titolare del marchio riportato sulle confezioni.

    Peraltro, dalla documentazione in atti emerge che negli ordini effettuati dalla ricorrente datati 06.11.2019 e 13.11.2019 si fa riferimento soltanto a “Mozzarella di latte di bufala” (mozzarella di latte di bufala al 100%) e quindi se fosse stata vera la circostanza dell’intervenuto accordo anche sul diverso tipo di mozzarella da esportare, allora l’ordine avrebbe dovuto riportare la diversa dicitura “Mozzarella con latte e latte di bufala” (quindi a composizione mista).

    Infine, non coglie nel segno la deduzione di controparte che afferma di essersi decisa a modificare la indicazione delle buste riportando i dati del produttore in conformità a quanto previsto dalla normativa di settore, sebbene abbia pacificamente accettato con le prime spedizioni in cui non risultava il nome del produttore delle mozzarelle (dal momento che sulle buste venivano riportati soltanto gli estremi identificativi della società ricorrente) di violare la medesima normativa.

    Inoltre, è priva di pregio la tesi di controparte, secondo cui l’indicazione sulle buste degli estremi della sola … S.R.L.S. SOCIETA’ AGRICOLA sarebbe superata dal fatto che nei documenti di trasporto si indica non solo il produttore ma anche il destinatario, in questo caso l’esportatore (…… s.r.l.).

    E’ di palmare evidenza che il documento di trasporto non è documento che entra nella disponibilità dell’acquirente finale del prodotto, il quale alla fine sulla busta delle mozzarelle troverà soltanto l’indirizzo della sede, i numeri di telefono e l’indicazione dei siti online della … S.R.L.S. SOCIETA’ AGRICOLA.

    Si ribadisce, quindi, che in tal modo al cliente finale perviene un prodotto contraddistinto da un marchio della ricorrente (“…”), senza che sulla busta siano presenti i propri riferimenti. Circostanza che ha determinato la decisione della …s.r.l. di interrompere le spedizioni con il Giappone, ricorrendo alla presente tutela d’urgenza.

    Risulta pertanto pienamente sussistente il profilo del fumus boni iuris, in ragione del palese utilizzo indebito di marchio altrui in difetto di alcun tipo di autorizzazione o licenza.

    Quanto al requisito del periculum si richiama quanto già affermato in sede di provvedimento emesso inaudita altera parte, in ragione dell’attualità del pericolo consistito nel ritrovamento in sede di sequestro di 42.000 buste riportanti il marchio della ricorrente.

    Le spese seguono la soccombenza e vanno poste a carico della resistente, liquidate come in dispositivo.

    P.Q.M.

    Il Tribunale di Napoli, Sezione Specializzata in materia d’Impresa, pronunziando sul ricorso cautelare proposto da … S.R.L. nei confronti di …S.R.L.S. SOCIETA’ AGRICOLA, così provvede:

    – conferma il decreto inaudita altera parte emesso in data 16.12.2019;

    – condanna … S.R.L.S. SOCIETA’ AGRICOLA al pagamento delle spese della presente fase in favore di … S.R.L., liquidate in € 545,00 per oneri ed in € 5.500,00 per compensi oltre iva e cpa e rimborso spese generali.

    Si comunichi.

    Napoli, 26.02.2020

    IL GIUDICE DESIGNATO

    ADRIANO DEL BENE

     

     

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